PerdutaMente il film di Paolo Ruffini che parla di Alzheimer
In PerdutaMente il protagonista, Paolo Ruffini, si mette in viaggio per l’Italia alla ricerca di incontri, esperienze, confronti con persone affette dall’Alzheimer. Ma, anche, con chi se ne prende cura: parenti, amici, affetti, perché sono loro la principale fonte di aiuto e motivazione per continuare a vivere per chi ne è affetto. Quello che emerge, sorprendente e irrefrenabile, non è un resoconto della malattia, ma è un racconto d’amore. Di un amore come cura, e non di chi è colpito dall’Alzheimer, ma di chi è vicino ai pazienti. Il documentario ci racconta le storie di un’Italia nascosta, quella di cui si conosce poco, colpita da un male ma che con la straordinaria forza dell’amore riesce a reagire.
Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza. Un termine generale che si riferisce alla perdita di memoria e di altre abilità intellettuali talmente grave da interferire con la vita quotidiana. Il morbo di Alzheimer rappresenta il 50-80% dei casi di demenza.
Il sintomo precoce più comune del morbo di Alzheimer è la difficoltà a ricordare informazioni apprese recentemente. Infatti i cambiamenti dovuti al morbo di Alzheimer hanno inizio generalmente nella parte del cervello che riguarda l’apprendimento. Colpisce le cellule nervose di varie regioni celebrali (corteccia, gangli e ippocampo), e comporta una progressiva diminuzione delle capacità cognitive. Non rappresenta un normale elemento dell’invecchiamento. Anche se il massimo fattore di rischio conosciuto è rappresentato dall’aumentare dell’età, e la maggior parte delle persone affette dal morbo di Alzheimer hanno 65 e più anni. Tuttavia, non è solo una malattia della vecchiaia. Fino al 5% delle persone che ne soffre riscontra un’insorgenza precoce del morbo di Alzheimer (noto anche come “insorgenza anticipata”), che spesso appare quando una persona ha tra i quaranta e cinquanta anni, o tra i cinquanta e sessant’anni.
Il morbo di Alzheimer è una malattia progressiva, nella quale i sintomi di demenza peggiorano gradualmente in un certo numero di anni. Nelle sue fasi iniziali, la perdita di memoria è leggera. Tuttavia, in fase avanzata, le persone perdono la capacità di portare avanti una conversazione e di reagire nel loro ambiente. Negli Usa rappresenta la sesta causa di morte. Chi soffre del morbo di Alzheimer vive in media otto anni da quando i sintomi diventano evidenti agli altri. Ma, la sopravvivenza può variare da quattro a vent’anni, a seconda dell’età e di altre condizioni di salute.
Attualmente, il morbo di Alzheimer è incurabile, tuttavia sono disponibili dei trattamenti per i sintomi, mentre la ricerca continua. Anche se non possono fermare la sua progressione, ne rallentano temporaneamente il peggioramento e ne migliorano la qualità della vita delle persone affette e di chi si occupa di loro. È in corso attualmente uno sforzo mondiale per trovare modi migliori per curare la malattia, ritardare la sua insorgenza, e impedirle di svilupparsi.
L’avanzare della patologia provoca sintomi sempre più gravi, tra cui disorientamento, cambiamenti della personalità, confusione spazio–temporale, depressione, ansia, allucinazioni e deliri, difficoltà nel linguaggio e nei movimenti, nonché gravi perdite di memoria da breve a lungo termine. Secondo il rapporto Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) e ADI (Alzheimer’s Disease International) la demenza, nelle sue molteplici forme, è stata definita “Una priorità mondiale di salute pubblica”.
Paolo Ruffini in PerdutaMente attraversa l’Italia per intervistare persone affette da questa malattia e i loro familiari. Definiti “seconde vittime” dell’Alzheimer, si trovano ad affrontare un carico fisico ed emotivo enorme accompagnando i propri cari attraverso il doloroso cammino. L’amore di chi li circonda è fondamentale per alleviare gli animi di chi ne soffre. Infatti il centro narrativo del documentario non è la malattia, ma le emozioni e i sentimenti che legano i pazienti ai propri cari.
Attraverso le interviste si raccontano le diverse tipologie di amore e le diverse dimensioni: quello tra compagni di vita, tra genitori e figli, nonni e nipoti, tra fratelli e sorelle. In questo viaggio, tra storie e sentimenti, mentre la memoria della realtà viene progressivamente sgretolata dalla malattia, resta invece quella emotiva che rappresenta l’unico legame che i pazienti conservano con la vita che li circonda. “Io non so chi sei, ma so di amarti”.
Paolo Ruffini è un attore, regista e autore poliedrico, la sua carriera spazia dal cinema, alla televisione, al teatro. Da sempre dedito al mondo del sociale, negli anni ha realizzato diversi progetti artistici che avevano in comune lo sviluppo e l’analisi di temi complessi come quello della patologia mentale, con i documentari “Quore Matto“, “Secondo te“, “Cosa Vuoi?“, “Peter Panico“. Ma anche la felicità nel dolore con il documentario “Resilienza“, e la disabilità con il Progetto UP&Down, un happening comico con attori con sindrome di Down che ha riempito i più prestigiosi teatri d’Italia. Da cui è poi nato l’omonimo documentario cinematografico “UP&Down” – Un film normale, che ha ottenuto il premio Kineo alla 75° Mostra del Cinema di Venezia e una menzione speciale ai Nastri d’Argento 2019. Inoltre è diventato un libro “La Sindrome di UP”.
Giorgia Iacuele