Pesca nel rifugio di Speranza (Hope), Castel S. Elia
Pesca Pesca burning bright in the forest of the day
Mi trovo in campagna in mezzo a un mare d’erba, quasi mi sembra che questo inverno sia troppo verde, vicino a me un bel cinghiale femmina che risponde al nome di Pesca, fitto il suo pelo e docile il suo sguardo, mi chiedo quanto dovesse sembrare terribile il cinghiale di Erimanto ad Ercole quando sconfisse questa mitologica creatura, mi trovo nel rifugio di Speranza (Hope) e mi chiedo quanti sogni e speranze rimangono all’uomo oggi giorno.
Quanto manca alla prossima catastrofe? Quante ecatombi di animali dobbiamo ancora commettere prima che si verifichi finalmente la nostra fine terrena, sudditi o credenti di queste nuove realtà che ci si manifestano: Mauro Biglino che si presenta sulla Rai poco prima del Natale parlando apertamente di divinità spaziali ed altre amenità citando quella che lui dice essere la traduzione letterale della bibbia.
Quando nell’anime Tekkaman giunge sulla terra l’alieno Andro Meuda (biondo e con i capelli afro), profugo di un pianeta distrutto dal male e dalla cattiveria di invasori alieni, ce lo presentano su una spiaggia a guardare il tramonto, a fargli da contraltare una scimmietta giocattolo quasi distrutta che lui schiaccia con un piede mentre dice queste parole: “L’uomo ha distrutto anche questo pianeta” (ed erano ben 50 anni fa! ).
La navicella del mio intelletto fa un passo falso e mi torna la cinghialessa Pesca in mente come la famosa Maria di un testo di Giorgio Gaber: che me ne importa del Vietnam, della Cambogia, delle divinità spaziali, se io voglio parlare solo di Pesca? Per parlare di lei bisogna parlare di chi la protegge, del contesto in cui lei é stata salvata e del modo in cui vive adesso.