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POST 5 MARZO: il fallimento di una classe di incapaci

LA PROVA DEL NOVE

Un’analisi dell’Ambasciatore Torquato Cardilli

Nei giorni prima del voto i cittadini sono stati rimbambiti da un profluvio di promesse mendaci fatte da politici imbroglioni con tutti mezzi, per accalappiarne il consenso, e inondati da insulsi, inutili, e ripetitivi spot televisivi per analfabeti sull’età dei votanti, sul colore delle schede, sull’orario dei seggi, che non hanno mai spiegato le conseguenze pratiche di votare per Tizio e ritrovarsi eletto come parlamentare Caio, non votato.

Dovrebbe essere conferito ai primi il premio dell’ipocrisia e agli autori dei secondi, che si nascondono nella Presidenza del Consiglio e nel Ministero dell’interno, il premio dell’imbecillità per aver ripetuto fino alla noia, che la crescita si era consolidata, che la disoccupazione era scesa senza spiegare i trucchi e gli inganni di una legge mal fatta.

Il partito di governo per volontà del segretario, che ha collezionato negli ultimi due anni una serie di sconfitte politiche, una più bruciante dell’altra, ha voluto far apparire al popolo la visione di una Maria Maddalena capace di partorire una riforma costituzionale (bocciata dal popolo) e una legge elettorale che il mondo ci avrebbe invidiato, relegata ad un seggio di Bolzano. Ma dopo tanti strombazzamenti il popolo non si è lasciato imbrogliare ed ha creduto di più ad un’altra fonte omonima e cioè al costituzionalista Maddalena che ha bollato di inconsistenza giuridica la previsione delle coalizioni nella legge elettorale.

Il professor Maddalena ha fatto piazza pulita della noia dei discorsi degli addetti ai lavori, dei politologi, dei politici trombati e ripescati dal naufragio, dei ben pensanti che non ne hanno azzeccata una, di quanti discettano di alchimie e di fumisticherie per immaginare quale possa essere lo sbocco della crisi politica che ha scosso l’Italia dalle fondamenta. L’elettore ha votato per i partiti e per i loro simboli, e il trasferimento della sua volontà di preferenza, data in maggioranza schiacciante al M5S, da una singola forza politica alla coalizione è stata una mistificazione, una superfetazione, in poche parole un inganno contro quanto previsto dalla Costituzione che all’articolo 49 parla appunto di partiti e non di coalizioni, all’articolo 48 sancisce che il voto sia oltre che libero e segreto anche eguale e all’articolo 3 che i cittadini sono uguali di fronte alla legge non consentendo di attribuire all’elettore ciò che neppure pensa.

Insomma i politici maneggioni e gli addetti all’informazione, ridotti al rango di megafoni del potere, non fanno l’unica cosa che invece sarebbe obbligatoria. Leggere, sillabando, il voto della stragrande maggioranza del popolo italiano che, votando M5S, ha detto no alla politica del governo, ha detto no ai partiti tradizionali, ha detto no ai privilegi, ha detto no alla riduzione dei diritti dei lavoratori.

Gli elettori con quel minuscolo segno sulle schede hanno urlato tutta la loro rabbia contro una classe politica e imprenditoriale che non li rappresenta più, contro i media che gli hanno fatto credere una cosa per un’altra, spargendo ottimismo sulla crescita in atto senza avere la minima  considerazione per i disagi quotidiani che non venivamo alleviati. Quella che lor signori definivano antipolitica e populismo era invece l’affermazione del concetto più nobile di politica, rivolta al bene comune fuori dall’intrallazzo, dalla corruzione, dal conflitto di interessi, dall’inverecondo teatrino del mercato delle poltrone.

Un ceto politico parlamentare di governo e sotto governo decotto ed un’amministrazione pubblica sclerotizzata, cementificata con regole e procedure ottocentesche, hanno dato ancora una volta la prova della loro inettitudine ed incapacità nel governare in modo semplice ed agile, in modo tecnico al passo con i tempi, il fenomeno elettorale. Non c’è alunno delle scuole elementari e medie che non abbia sentito parlare della prova del nove, di quel test che consente la verifica immediata, nell’espletamento delle quattro operazioni, anche con cifre complesse, della correttezza della procedura seguita e del risultato del calcolo, consentendo un notevole abbattimento dei tempi che sarebbero necessari per la rielaborazione del calcolo ex novo.

Lista delle Sezioni prive di barriere architettoniche

Le elezioni del 4 marzo 2018 non sono state precedute da nessuna prova del nove, da nessun test di funzionamento, da nessun modello sperimentale pratico, da nessuna verifica empirica che avesse potuto evidenziare tutte le incongruenze, le disfunzioni, la disorganizzazione operativa, i passaggi burocratici inutili, nelle operazioni di voto e di spoglio delle schede. Non c’è stata sezione elettorale o seggio che abbia potuto compiere le operazioni con un metodo univoco, senza incappare in macroscopiche lentezze, con file di ore per votare che hanno scoraggiato molti elettori affacciatisi al seggio più volte, o con persone anziane colpite da mancamenti per la protrazione dell’attesa in piedi. Presidenti e segretari  di seggio incapaci di eseguire alla lettera le istruzioni operative, lette appena la sera prima, scrutatori non informati sul da farsi che hanno portato lo spoglio ad ore interminabili. L’apice della demenzialità che ha governato l’evento è stato raggiunto con i registri delle verbalizzazioni. Solo chi abbia visto da vicino le tante difficoltà, pari solo al numero degli errori di attribuzione delle preferenze, può rendersi conto del grado di perfidia intellettuale di chi ha codificato le istruzioni redatte come il manuale operativo della denunzia dei redditi.

L’ottusa mentalità burocratica ottocentesca, senza alcuna considerazione della dilatazione dei tempi necessari, ha voluto che le schede fossero depositate nelle urne una alla volta dal presidente, incaricato del distacco del talloncino antifrode, il cui numero era stato previamente annotato dal segretario e poi estratte dall’urna sempre una per volta per consentire al presidente di dare lettura del voto. I registri dovevano essere compilati a mano con lapis colorati, obbligando per ogni scheda a segnare il voto due volte e a cambiare pagina di registrazione.

La casistica dei seggi in cui si sono verificati errori di schede stampate male o distribuite al seggio sbagliato è numerosa. Alcuni esempi: in un seggio a Roma-Parioli il voto è stato sospeso perché venivano utilizzate schede sbagliate, quando 36 elettori avevano già votato; a Palermo le schede di 200 sezioni sono state ristampate di notte al posto di quelle sbagliate con il conseguente ritardo di tre ore nell’apertura dei seggi; sempre a Palermo ed in altre città alcuni seggi non consentivano l’accesso ai disabili per l’assenza di appositi scivoli o di montascale, costringendo all’improvvisazione, sotto la sorveglianza dei carabinieri, di allestire seggi volanti in giardino; schede sbagliate anche a Rivalta Bormida (Alessandria) con operazioni sospese quando avevano già votato 40 elettori e a Mantova; ci sono stati poi persino casi di seggi spostati di qualche chilometro per indisponibilità dell’edificio scolastico senza che gli elettori ne fossero stati informati.

Il massimo del caos si è verificato a Castelnuovo di Porto (Roma Nord) nel centro polifunzionale della protezione civile ove sono confluiti i voti provenienti dall’estero. In quel paesetto di 8 mila abitanti si sono concentrate quasi 10 mila persone tra volontari, rappresentanti di lista, scrutatori, segretari e presidenti si seggio, operatori dell’ordine pubblico, agenti municipali, pompieri, per operare nei 1858 seggi incaricati di scrutinare quasi due milioni di schede. La strada Tiberina è rimasta per ore bloccata per l’ingorgo fino al raccordo anulare causato dall’imponente afflusso di persone tanto che circa 200 seggi sono stati aperti con varie ore di ritardo ed in alcuni casi c’è stata la totale assenza di presidenti e scrutatori.

In molti seggi non è stata verificata l’effettiva corrispondenza del tagliando assegnato a ogni elettore con l’iscrizione nel registro, da alcuni presidenti sono state ritenute valide schede che pur votate allo stesso modo sono state annullate in altri, in alcuni casi l’apertura delle urne è avvenuta in anticipo sull’orario previsto in contemporanea con lo spoglio delle schede metropolitane, in altri ancora per l’assenza di presidenti e scrutatori si è proceduto su base volontaria utilizzando il personale addetto alla sicurezza e all’ordine pubblico. Inoltre il meccanismo di scrutinio è stato ulteriormente complicato dal fatto che le schede votate erano contenute in una doppia busta per ogni singolo elettore con cedolino di codice da controllare. Le operazioni di scrutinio e di verbalizzazione (con l’aggiunta delle annotazioni delle singole preferenze dato che per l’estero non c’era il sistema uninominale) durate oltre 24 ore hanno avuto anche momenti di panico con persone che hanno ceduto allo stress e si sono sentite mancare con intervento delle ambulanze, altre che hanno dato in escandescenze, altre ancora che a metà scrutinio se ne sono andate perché non sopportavano più la fatica della lunga notte.

A questo punto il Ministro dell’Interno, il Prefetto, il Sindaco, ciascuno per la parte di competenza e di responsabilità non potrà più chiamarsi fuori nell’individuare il perché delle inefficienze che hanno addossato al cittadino questi disagi intollerabili, e non garantito l’onesto svolgimento delle operazioni di scrutinio, senza prendere dei provvedimenti. C’è quanto basta per ripensare da capo il sistema di scrutinio ispirandoci ai migliori modelli già sperimentati con successo all’estero.

Abbiamo un anno di tempo prima del prossimo appuntamento elettorale (parlamento europeo 2019); ci sono tutte le possibilità e i modi di innovare, facendo gli appositi stress test e le prove empiriche con centinaia di figuranti come se fosse un set cinematografico, perché il giorno delle elezioni non si trasformi in uno strazio per gli elettori, e per gli operatori.

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