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Prada Marfa – quel negozio di Prada in mezzo al deserto

“Buon giorno Upper East Siders. È Gossip girl che vi parla, la vostra unica fonte di informazioni sulle scandalose vite dell’elite di Manhattan.”

Questo è l’incipit di ogni puntata di Gossip Girl, celebre serie tv americana trasmessa dal 2007 al 2012. Famosa per raccontare la vita di un gruppo di liceali e delle loro famiglie della “New York bene” si è fatta conoscere anche per tutto il glam che ha portato, tra una borsa di Chanel e un sandalo di YSL, gioielli e limousine e appartamenti lussuosi. Ma c’era un altro dettaglio che colpiva lo spettatore quando i protagonisti si ritrovavano nell’attico della famiglia di Serena Van Der Woodsen. Un quadro con scritta nera su sfondo bianco che recitava Prada Marfa —> 1837 MI. Quel quadro diventò un vero fenomeno di costume negli anni in cui fu trasmessa la serie, tanto che venne rivisitato e riprodotto.  

 

Prada Marfa esiste per davvero, è infatti un’installazione artistica permanente realizzata nel 2005 dal duo scandinavo Elmgreen & Dragset, insieme agli architetti Ronald Rael e Virginia San Fratello.

La curiosa opera si trova nel bel mezzo del deserto del Chihuahua, in Texas, a circa 60 km da Marfa, piccola cittadina con poco più di mille abitanti che però divenne un punto riferimento per tutti gli appassionati d’arte quando nel 1971 Donald Judd, artista e architetto del movimento minimalista, vi si stabilì. 

L’opera anche se si trova sul territorio di Valentine, è stata finanziata dal Ballroom Marfa, centro di cultura e arte contemporanea, e dall’Art Production Fund, ed è per questo che il titolo vuole essere un riferimento chiaro a Marfa.

Prada Marfa non è altro che la fedele riproduzione di una boutique di Prada. Le insegne nere con logo bianco, il colore delle pareti, l’illuminazione e la pavimentazione sono tutti dettagli replicati dai veri negozi del marchio milanese. Sebbene l’opera non sia stata commissionata dalla maison italiana, Miuccia Prada ha voluto offrire il proprio appoggio ai due artisti, fornendo il “finto” negozio di alcuni accessori della del brand, e permettendo loro di utilizzare il logo Prada senza conseguenze legali. 

 
L’installazione nasce, in realtà, come un’opera di land art in quanto l’idea originale era il deterioramento della struttura stessa, abbandonata in un territorio ostile, senza alcun intervento di riparazione o restauro. Per questo motivo, i materiali usati per la costruzione dell’opera erano tutti biodegradabili. Alcuni giorni dopo l’inaugurazione, però, l’opera fu vandalizzata con scritte in vernice spray  mentre i prodotti di Prada furono rubati. Da allora la struttura e ogni oggetto all’interno è dotato di allarme, le vetrine installate sono resistenti agli urti, e dato i numerosi episodi di vandalismo, l’opera viene ciclicamente restaurata e ripulita, tradendo così le intenzioni originali degli artisti. 
Il lavoro di Elmgreen & Dragset fu concepito come una denuncia nei confronti del consumismo americano, del retail tourism, della gentrificazione, stagliandosi come una provocazione ironica verso il materialismo occidentale. Va tuttavia sottolineato che nel 2005, quando l’opera fu realizzata, Instagram e Facebook e di conseguenza la selfie culture che hanno originato, non esistevano. Con il passare degli anni, Prada Marfa è diventata una tappa obbligata per ogni blogger, influencer divenendo lo sfondo perfetto per selfie e foto.
Paradossalmente le migliaia di immagini di gente che salta di fronte al finto store sono la rappresentazione del tipo di società che l’opera voleva proprio andare a colpire e criticare, diventando esso stesso un atto consumistico, un luogo da utilizzare in funzione dei social, perdendo il proprio potenziale comunicativo.
Nonostante si siano ritenuti molto soddisfatti del successo del loro lavoro, Elmgreen & Dragset, non hanno potuto fare a meno di sottolineare che l’opera ha assunto, però un’identità diversa da quella originaria. Come hanno dichiarato i due artisti, i musei sono luoghi in cui l’arte va a morire, mentre l’arte pubblica vive di vita propria. Prada Marfa quindi non era concepito solo per dialogare con gli elementi naturali e il paesaggio che la circondano, ma è nata anche per dialogare con le persone che la visitano, che vivono ognuno a modo proprio l’esperienza dell’arte. Come ha dichiarato Elmgreen al Guardian, “Quando le persone interagiscono con l’arte, anche un atto vandalico può essere visto come qualcosa di positivo, significa che le persone hanno voce in capitolo sullo spazio pubblico.”
È forse ironico che per non incorrere in azioni legali e per evitare l’abbattimento dell’opera, Prada Marfa si fregi oggi del titolo di museo. 
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