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I Funerali del Re Vittorio Emanuele II

ROMA CAPITALE
LA MORTE DEL PRIMO RE D’ITALIA

Subito dopo la proclamazione di Roma Capitale, di cui quest’anno ricorre il 150° Anniversario, la città eterna fu sottoposta a un processo di modernizzazione e si trovò ad affrontare molte trasformazioni, con gran velocità per adeguarsi ai nuovi tempi, coerente con la sua Alta Missione, che la Storia gli aveva affidata. Tra gli avvenimenti più importanti che si svolsero nella Nuova Capitale, ricordiamo i funerali del Re e del Pontefice, artefici del grande cambiamento.

Il 9 Gennaio 1878, dopo pochi anni dalla proclamazione di Roma Capitale, avveniva la morte del Re Vittorio Emanuele II, a Roma. Il 7 Febbraio dopo circa un mese moriva anche il Papa Pio IX. I grandi artefici del Risorgimento Italiano saliti al potere quasi contemporaneamente, il papa nel 1846 e il re nel 1849, si spegnevano insieme in una Roma non più città pontificia, ma ormai capitale del Regno d’Italia. Il Re Cattolico Vittorio Emanuele II e il Papa Italiano Pio IX, dal 1848 al 1878 lottarono ciascuno per difendere il proprio ruolo e la propria missione, l’uno a tutela del Patrimonio Petri e l’altro a tutela dell’Unità Nazionale.

Si decise una sepoltura degna del Primo Re d’Italia. Il pensiero si posò subito sul Pantheon, monumento romano la cui prima costruzione risale all’Imperatore Augusto, il fondatore dell’Impero, nel luogo dove avvenne l’apoteosi di Romolo.
Si intendeva con questa sepoltura legare il destino di Roma al destino d’Italia. In fondo fu proprio con l’Impero che i confini di Roma coincisero con i confini d’Italia e si ebbe una prima idea di Italia Unita. Dopo la caduta dell’Impero l’Italia è sempre stata divisa, bisognerà attendere l’Augusta Casa Savoia per avere una nuova Unità d’Italia con Roma Capitale. La salma del Sovrano venne esposta al Quirinale, nella Sala degli Svizzeri, per permettere agli Italiani l’ultimo saluto al Re, ogni giorno fu visitata da 25.000 a 50.000 persone.
Il 17 Gennaio si svolsero i Solenni Funerali al Pantheon. In quest’occasione si espletò il primo picchetto di Guardia d’Onore. Gesto spontaneo, silenzioso ed esplicito, che diede vita all’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, la più antica associazione combattentistica d’Italia.

Ancora oggi si mantiene vivo quel Giuramento effettuato nel lontano 1878, quando quei primi soldati devoti si impegnarono a prestare in turno il servizio d’onore della guardia alla Tomba del Re Vittorio Emanuele II al Pantheon.

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CUSTODI DI VALORI ANTICHI SEMPRE ATTUALI

Suggestiva la descrizione dei Solenni Funerali del Re Galantuomo raccontata da Edmondo De Amicis, nel libro Cuore, che riportiamo integralmente:

I FUNERALI DI VITTORIO EMANUELE
Quest’oggi alle due, appena entrato nella scuola, il maestro chiamò Derossi, il quale s’andò a mettere accanto al tavolino, in faccia a noi, e cominciò a dire col suo accento vibrato, alzando via via la voce limpida e colorandosi in viso:
– Quattro anni sono, in questo giorno, a quest’ora, giungeva davanti al Pantheon, a Roma, il carro funebre che portava il cadavere di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, morto dopo ventinove anni di regno, durante i quali la grande patria italiana, spezzata in sette Stati e oppressa da stranieri e da tiranni, era risorta in uno Stato solo, indipendente e libero; dopo un regno di ventinove anni, ch’egli aveva fatto illustre e benefico col valore, con la lealtà, con l’ardimento nei pericoli, con la saggezza nei trionfi, con la costanza nelle sventure. Giungeva il carro funebre, carico di corone, dopo aver percorso Roma sotto una pioggia di fiori, tra il silenzio di una immensa moltitudine addolorata, accorsa da ogni parte d’Italia, preceduto da una legione di generali e da una folla di ministri e di principi, seguito da un corteo di mutilati, da una selva di bandiere, dagli inviati di trecento città, da tutto ciò che rappresenta la potenza e la gloria d’un popolo, giungeva dinanzi al tempio augusto dove l’aspettava la tomba. In questo momento dodici corazzieri levavano il feretro dal carro. In questo momento l’Italia dava l’ultimo addio al suo re morto, al suo vecchio re, che l’aveva tanto amata, l’ultimo addio al suo soldato, al padre suo, ai ventinove anni più fortunati e più benedetti della sua storia. Fu un momento grande e solenne. Lo sguardo, l’anima di tutti trepidava tra il feretro e le bandiere abbrunate degli ottanta reggimenti dell’esercito d’Italia, portate da ottanta uffiziali, schierati sul suo passaggio; poiché l’Italia era là, in quegli ottanta segnacoli, che ricordavano le migliaia di morti, i torrenti di sangue, le nostre più sacre glorie, i nostri più santi sacrifizi, i nostri più tremendi dolori. Il feretro, portato dai corazzieri, passò, e allora si chinarono tutte insieme, in atto di saluto, le bandiere dei nuovi reggimenti, le vecchie bandiere lacere di Goito, di Pastrengo, di Santa Lucia, di Novara, di Crimea, di Palestro, di San Martino, di Castelfidardo, ottanta veli neri caddero, cento medaglie urtarono contro la cassa, e quello strepito sonoro e confuso, che rimescolò il sangue di tutti, fu come il suono di mille voci umane che dicessero tutte insieme: – Addio, buon re, prode re, leale re! Tu vivrai nel cuore del tuo popolo finché splenderà il sole sopra l’Italia. – Dopo di che le bandiere si rialzarono alteramente verso il cielo, e re Vittorio entrò nella gloria immortale della tomba.

Il 16 Febbraio, dopo un mese, sempre al Pantheon, si svolsero altre Solenni Esequie, in onore del Sovrano defunto. Nel Tempio per l’occasione venne realizzato un suggestivo allestimento, con una grande Stella d’Italia al centro dell’oculo della maestosa cupola, e altre illuminate a gas in ogni lacunare, oltre 140 stelle furono collocate in alto. Al centro l’imponente catafalco ricoperto di velluto nero. Anche la facciata esterna del Pantheon fu degnamente addobbata.

Al fine di realizzare una degna sepoltura per il Padre della Patria si affidarono i lavori all’architetto Manfredo Manfredi e tutto il Monumento fu sottoposto ad un’opera di ripristino del suo aspetto e assetto originario. Furono, in questa occasione, abbattuti i due campanili commissionati dal Papa Urbano VIII Barberini a Gian Lorenzo Bernini e il Pantheon fu liberato da qualsiasi presenza estranea, lungo tutto il suo perimetro esterno. Ricordiamo che nel 1883 ricorrevano i 400 Anni della Nascita di Raffaello.

Il 5 Gennaio 1884 si verificò la traslazione della salma del Re dal loculo provvisorio nella Tomba definitiva. Vi fu collocata una lastra di bronzo, ottenuta dalla fusione di cannoni austriaci della Seconda Guerra d’Indipendenza, decorata con un’aquila romana, un fascio e una spada e la suggestiva scritta “Vittorio Emanuele II Padre della Patria”. L’evento ebbe una tale risonanza che giunsero da tutta Italia in pellegrinaggio alla Tomba del Primo Re d’Italia oltre 80.000 persone, come fu riportato dalla rivista “L’Illustrazione Italiana”, in cui si evidenziava l’enfasi e l’entusiasmo di quei giorni, che offrivano “uno spettacolo nuovo, nuovo perché mai un popolo si è recato con tanta purezza di sentimento, con tanta sincerità di affetto, di venerazione, alla tomba del padre suo liberatore”. In quella occasione fu distribuito un opuscolo con il testo dell’elogio funebre scritto da Terenzio Mamiani per la morte del Re Galantuomo, dove veniva esaltata l’Unificazione Italiana con Roma Capitale.

 “A te anima nobilissima di Vittorio Emanuele,
sul cui sepolcro noi c’inchiniamo,

dalle cui sacre ossa trarremo vigorezza animosa,
al proposito alto e immacolato di proseguire l’opera tua e di accostare,
la patria italiana a qualcuna delle cime della sua perduta grandezza.

Imperocchè alla Roma guerriera e alla Roma sacerdotale,
tu, mente eroica ed invitta, facesti succedere la Roma civile,
iniziando una terza era e un terzo rinascimento.

                                                        Massimo Fulvio Finucci e Clarissa Emilia Bafaro

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