Religione e Scienza: sono argomenti così distanti?
“Scienza e Religione combattono per impossessarsi degli uomini” Inquisitore anonimoIn quale rapporto si trovino religione e scienza è sempre stato nell’ordine di pensiero di filosofi, teologi, e scienziati per come definiamo noi oggi le diverse figure, in tempi non lontanissimi questi concetti non erano così diversi come oggi li intendiamo. Le prospettive sono diverse in base alle regioni geografiche, le culture e le epoche storiche, alcune delle quali caratterizzano il rapporto come un conflitto, altre lo descrivono come armonioso, e altre ancora dicono che vi sia una minore interazione.
La scienza è basata sulla ragione, ovvero l’intelletto come pensiero razionale, sull’empirismo, ovvero come conoscenza ottenibile solo attraverso i sensi (Locke,Berkeley,Hume, esponenti primari dell’empirismo inglese della seconda parte del seicento ) e poi sull’evidenza, ovvero la conoscenza al massimo grado della filosofia greca contro l’opinione; la religione include invece la rivelazione, ovvero il modo con cui la divinità si fa conoscere con profeti o veggenti come termine per colui che riceve la rivelazione, oppure se si vuole sminuire questa figura gli viene dato del visionario, e poi la fede, ovvero l’adesione di un singolo a un determinato messaggio fondato su una realtà invisibile che va accettata come tale anche se non se ne hanno prove, e sacralità, ovvero una serie di attributi o realtà che si aggiungono. Molte delle innovazioni scientifiche e tecniche antecedenti alla rivoluzione scientifica furono ottenute da società organizzate sulla base di tradizioni religiose rendendo i due concetti come non così lontani come si credono: alcuni elementi del metodo scientifico, ovvero lo spirito per cui si cerca una conoscenza della realtà affidabile e verificabile, furono dovuti a pionieri pagani, islamici e cristiani. Durante l’Età dell’oro islamica, furono gettate le fondamenta del metodo scientifico da Ibn al Haytham, chiamato Alhazen in Europa; Ruggero Bacone (Roger Bacon in inglese), che viene spesso accreditato come colui che formalizzò il metodo scientifico, era un frate francescano; per la religione induista la scienza apporta una conoscenza del mondo anche se questa poi è incompleta; per i confuciani invece la scienza nel tempo ha differenti visioni mentre per i buddisti (Oggi) la scienza è un complemento delle proprie conoscenze; la classificazione del mondo materiale degli antichi Indiani e Greci in aria, terra, fuoco e acqua era più filosofica, i medio-orientali medievali impiegavano l’osservazione pratica e sperimentale per classificare i materiali. Ma stiamo parlando di epoche e paesi troppo diversi.
Eventi storici in Europa come il processo a Galileo Galilei(1633), insieme alla rivoluzione scientifica (che si fa partire ipoteticamente con Copernico nel 1543, con il suo Revolutionibus Orbium Coelestium fino ad arrivare a Newton nel 1687 col suo Philosophiae Naturalis Principia Mathematica comprendendo la nascita del metodo scientifico da parte di Galileo Galilei) e all’età dei lumi. L’illuminismo fu un movimento sociale, politico, culturale e filosofico che si sviluppò in Europa nel XVIII secolo, nacque in Inghilterra ma ebbe il suo massimo sviluppo in Francia, poi fu portato in tutta Europa e raggiunse infine anche l’America: l’illuminismo francese fu, rispetto a quello inglese, meno condizionato dal potere politico, divenne in seguito il rappresentante dell’illuminismo in generale. Il termine “illuminismo” è passato a significare genericamente qualunque forma di pensiero di tipo razionalista che voglia “illuminare” la mente degli uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica, della ragione e dell’apporto della scienza.
L’accettazione pubblica dei fatti scientifici può essere influenzata dalla religione; molti negli Stati Uniti ancora oggi respingono l’evoluzione per selezione naturale specialmente per ciò che riguarda gli esseri umani e per questo l’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti ha dovuto specificare che «l’evidenza dell’evoluzione può essere completamente compatibile con la fede religiosa», una visione ufficialmente promossa da molte confessioni nel globo.
STORIA DEI CONCETTI DI RELIGIONE E SCIENZA
Scienza e religione sono un’invenzione recente: “religione” risale al XVII secolo, al periodo della colonizzazione, della globalizzazione, e della riforma protestante, “scienza” risale al XIX secolo, al periodo dei tentativi di definizione stretta degli studiosi della natura, e “religione e scienza” è un’espressione che risale al XIX secolo, a causa della reificazione( latino rei facere: fare diventare oggetto, rendere cosa) di entrambi i concetti (Enciclopedia della Filosofia, in Le Garzantine). I termini “Buddismo”, “Induismo”, “Taoismo”, e “Confucianesimo” risalgono al XIX secolo( Harrison, The Territories of Science and Religion, Josephson, The Invention of Religion in Japan). Nel mondo antico e medievale, le radici etimologiche latine sia di scienza (scientia), sia di religione (religio), erano intese come qualità interiori dell’individuo o come si chiamavano allora Virtù, mai come dottrine, pratiche, o effettive fonti di conoscenza.
Solo nel XVII secolo il concetto di “religione” assunse la sua forma moderna, in quanto gli antichi testi come la Bibbia, il Corano, e altri testi sacri non possedevano alcun concetto di religione nelle lingue originarie, e nemmeno lo avevano le persone o le culture nelle quali questi testi sacri furono scritti ( Nongbri, Brent (2013). Before Religion: A History of a Modern Concept). Nel XIX secolo, Max Muller fece notare che ciò che oggi viene chiamato religione antica, sarebbe stato chiamato “legge” nell’Antichità (Muller: Introduzione alla scienza della religione). Per esempio, non esiste un preciso termine equivalente a “religione” in Ebraico, e il Giudaismo non distingue chiaramente tra le identità religiose, nazionali, razziali o etniche. La parola sanscrita “dharma”, che viene a volte tradotta come “religione”, significa anche legge o dovere. Il Giappone medievale all’inizio ebbe un’unione simile tra il “potere imperiale” e l’universale “legge di Buddha”, per considerare entrambi i termini come uguali essendosi il potere imperiale identificato come potere di origine divina ma queste in seguito divennero indipendenti fonti di potere. Durante la sua lunga storia, il Giappone non ebbe un concetto di “religione”, in quanto non esisteva una parola giapponese corrispondente, niente di vicino a questo significato, ma quando le navi da guerra americane apparvero nei pressi delle coste del Giappone nel 1853 e forzarono il governo giapponese a siglare trattati, richiedendo, fra altre cose, la libertà di religione, il paese ebbe a che fare con questa idea occidentale per la prima volta.
Per ciò che la riguarda il concetto di scienza assunse solo nel XIX secolo la sua forma moderna con nuovi titoli professionali, come biologia e fisica, fra altri campi tecnici e titoli; vennero fondate istituzioni e comunità, e si verificarono applicazioni e interazioni senza precedenti con altri aspetti della società e della cultura( David Cahan, 2003). Il termine scienziato fu coniato per la prima volta dal naturalista-teologo William Whewell nel 1834 e fu applicato a coloro che ricercavano la conoscenza e la comprensione della natura. Dal mondo antico, a partire da Aristotele, fino al XIX secolo, il termine “Filosofia naturale” era l’espressione comunemente utilizzata per descrivere la pratica dello studio della natura e quindi quelle che noi oggi chiamiamo scienze e che allora erano una branchia della filosofia: l’opera di Newton Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (1687), il cui titolo si traduce con “Principi matematici della filosofia naturale”, riflette l’allora corrente utilizzo delle parole “filosofia naturale”, simile a “studio sistematico della natura”. Anche nel XIX secolo, un trattato di lord Kelvin e Peter Guthrie Tait, che aiutò a definire molta della fisica moderna, era intitolato Treatise on Natural Philosophy (1867), per cui sempre parlava di filosofia naturale riferendosi a quella che oggi chiamiamo fisica.
Passiamo quindi a parlare di come si rapportavano teologia e filosofia nel medioevo e nell’antichità, ricordando che le scienze erano in epoca antica e nel medioevo per capire bene il punto una branchia della filosofia come “Scienze naturali“.
RAPPORTO TRA TEOLOGIA E FILOSOFIA GRECA
Sant’Agostino (354-430) fu responsabile del primo incontro tra la fede cristiana e platonismo, con lui possiamo quindi parlare di un rapporto fra la fede religiosa e la ragione critica della filosofia, ma non ancora di un rapporto con la scienza moderna che pretende la prova sperimentale di quello di cui si parla. La “seconda navigazione” di Platone costituisce una delle più grandi conquiste del pensiero occidentale, vale a dire il guadagno della dimensione soprasensibile. Secondo Platone, saremmo più sicuri se avessimo una divina rivelazione, un divino logos (discorso) a cui affidarci; una tale rivelazione sarebbe una nave più solida(Reale e Antiseri, Storia del pensiero filosofico e scientifico, 2012). La tesi di Sant’Agostino comunque era la seguente: “Alcuni filosofi hanno compreso che c’è l’aldilà, ma la ragione umana da sola non poteva dare agli uomini il mezzo con cui pervenire nell’aldilà”. Tale mezzo era per lui la Croce di Cristo. Perciò, per Agostino, fede e ragione sono complementari, tesi riassunta nella formula «credo ut intelligam, intelligo ut credam» (credo per capire, capisco per credere); questa è la cosiddetta “terza navigazione”.
Si ha invece il più completo silenzio sui problemi delle scienze naturali che a noi interessano in questa sede come argomento; questa indifferenza che porterà a dimenticare via via le stesse conquiste del passato in questo genere di studi (Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico: 1975). Sant’Agostino afferma di voler conoscere soltanto Dio e l’anima Queste sue parole esprimono un atteggiamento generale dei Padri della chiesa. Qualche Padre si occupa di filosofia della natura secondo lui per combattere l’empio atomismo, altri per commentare il racconto biblico della creazione, per lui cercare le cause fisiche di un fenomeno fisico significa limitarsi alle «cause seconde» di questo fenomeno, fermarsi cioè a mezza strada nella sua spiegazione, e quindi compiere un lavoro inutile, potendosi subito avvalere della «causa prima» che sempre rimane Dio. Dedica qualche attenzione alla matematica ma non è poi molto questo interesse.
SIGIERI DI BRAMANTE E SAN TOMMASO: RELIGIONE E FILOSOFIA NEL MEDIOEVO INNOLTRATO (BASSO MEDIOEVO)
Sigieri di Bramante (1240-1284), seguendo la conoscenza del suo maestro Averroè (Aven Roshd, giurista, giudice, medico, filosofo arabo), si rende conto che non può esserci una unione di concetti tra filosofia e religione. Cerca pertanto di risolvere il problema ammettendo la coesistenza di filosofia e religione su due piani diversi, completamente indipendenti. Egli infatti si rende conto molto bene che ridurre il dogma cristiano al rango di teoria filosofica, esposta in veste mitologica per le persone incolte, significa a rigore negarne le cause divine. Alberto Magno ripropone dopo di lui che ogni questione ha i suoi mezzi per indagare il reale (Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, 1975).
Per Tommaso d’Aquino (1225-1274) la differenza tra la filosofia e la teologia non sta nel fatto che l’una si occupa di certe cose e l’altra di altre cose, perché entrambe parlano di Dio, dell’uomo, del mondo. La differenza sostanziale tra le due sta nel fatto che la prima offre una conoscenza imperfetta delle medesime cose di cui la teologia è in grado di chiarire aspetti e connotati specifici relativi alla salvezza eterna, quindi malgrado tale superiorità della fede sulla ragione, ovvero per lui la fede e la teologia sono i giudici ultimi della verità filosofica, la filosofia è pur essa in grado di rendere preziosi servigi alla conoscenza delle verità di fede, ossia alla teologia: abbiamo la philosophia ancilla theologiae. Riconosce inoltre Tommaso d’Aquino che vi sono argomenti che sono solo della filosofia e che questi sono degni di essere studiati in quanto tali
RAPPORTO NEL PERIODO DELL’UMANESIMO E DEL RINASCIMENTO
Nel periodo rinascimentale, vi era l’uomo che credeva essersi è liberato dai pesanti legami della società feudale e non provava più il bisogno di evadere dal mondo terreno( Geymonat 1975). Mira invece a conquistarselo e interpreta la stessa religione in funzione di questa conquista, non sente più la differenza tra l’umano e il divino. L’ascesa a Dio assume il carattere di attuazione completa della più profonda umanità. Gli umanisti ritengono che la speciale natura dell’Homo sapiens sia la cosa più importante al mondo, e che sia essa a determinare il significato di tutto ciò che accade nell’universo. Il bene supremo è il bene dell’Homo sapiens in quanto esso ha deciso la sua fede monoteistica e questa é la scelta di un’anima individuale, libera ed eterna. Quanto alla rivelazione, sono chiaramente identificabili nel rinascimento le due direttrici: da una parte la tendenza ad elaborare i concetti scientifici escludendo ogni presupposto teologico; dall’altra l’accettazione delle scritture e della rivelazione, collegata però col diritto dell’individuo di porsi come unico interprete e delle scritture e della rivelazione, questo in un certo senso può vedersi anche nella riforma luterana.
DIVISIONE TRA SCIENZA E TEOLOGIA
L’alleanza tra tecnici e scienziati diventò a questo punto della storia una necessità: assunse l’aspetto di un fenomeno sempre più diffuso e imponente. Si sbloccò il tradizionale isolamento dello scienziato, aumentò la sua reputazione sociale, crebbe la fiducia del pubblico nelle sue capacità (Geymonat, 1975) Si affacciarono alla cultura due grandi problemi di non facile soluzione: quello di elaborare teorie scientificamente serie e quello di tracciare una linea di netta demarcazione fra l’opera della scienza e l’opera della magia nel vastissimo campo dei problemi pratici. I maggiori indirizzi filosofici del rinascimento , ovvero neoplatonismo, aristotelismo e filosofia della natura come summa delle precedenti elucubrazioni hanno posto poi la natura al centro dei discorsi.
Galileo Galilei operò una distinzione fra scienza e fede in base all’ambito di attività e al fine ultimo affermando che la scienza ci dice come va il cielo, mentre la religione ci dice come si va in cielo. Galilei non nega che l’autorità religiosa sia in possesso di un prezioso patrimonio di verità: quelle rivelatele direttamente da Dio e che questo, dal punto di vista di un credente cristiano, sia necessario e sufficiente al conseguimento della salvezza eterna. Ciò che egli nega è che questo patrimonio esaurisca tutta la verità e che pertanto i testi sacri ci offrano l’unica via per giungere al vero durante la vita terrena: secondo lui oltre a questa via, e ben distinta da essa, vi è anche la via della ricerca scientifica. Egli rivendica alla ricerca scientifica una piena e completa autonomia, non solo rispetto al dogma, ma anche rispetto al patrimonio tradizionale della filosofia e in genere della cultura. Autonomia significa, per lui, «indipendenza», non «opposizione»; egli infatti non prova alcun senso d’insofferenza verso i grandi pensatori dell’antichità, li studia, anzi, con il massimo scrupolo, e non solo Euclide ed Archimede, ma anche Platone e Aristotele. Se infatti Aristotele tornasse in vita, praticherebbe il suo metodo di indagine, secondo lui, avrebbe in sostanza interrogato direttamente i fenomeni che si manifestavano e non libri che parlavano della natura.
Nel XVII secolo, i fondatori della Royal society prendono posizioni religiose ortodosse e convenzionali poiché un certo numero di questi uomini sono ecclesiastici. Mentre i quesiti teologici che avevano un potenziale di controversia erano tipicamente esclusi dalle discussioni formali della prima Società, molti dei suoi membri tuttavia credevano che le loro attività di ricerca fornissero supporto per le loro credenze religiose tradizionali (Sprat, The History of the Royal Society, 1667). Il coinvolgimento clericale nella Royal Society rimase alto fino alla metà del XIX secolo, quando della scienza per questa società cominciarono a parlarne soltanto scienziati.
L’EPOCA DEI LUMI E LO SCONTRO CON LA RELIGIONE
Durante l’illuminismo l’autorità delle scritture cristiane venne fortemente contestata, soprattutto perché fu un periodo caratterizzato delle sfide rivolte dai protestanti all’autorità della chiesa cattolica in materia di libertà individuale. Mentre la scienza avanzava, l’accettazione di una versione letterale della bibbia divenne «sempre più insostenibile». Delle religioni gli illuministi criticarono gli attribuiti umani dati alla divinità, in particolare quelli negativi e la credenza in fenomeni contro natura come i miracoli, le profezie e i misteri.
Secondo chi ci credeva l’epoca dei lumi rappresentava uno scontro con la Chiesa, questa aveva esercitato secondo loro un controllo autoritario su ogni campo del pensiero e della ricerca, usando il braccio secolare dello Stato per impedire indagini considerate empie e blasfeme, soprattutto quando, proponendosi di studiare l’origine dell’uomo, la nascita dell’universo, gli albori della storia, si trovassero in evidente contrasto con la narrazione biblica (Garzantine). Contro questo atteggiamento “oscurantista” gli illuministi condussero una lotta ideologica e pedagogica capillare in favore della libertà di pensiero e del diritto-dovere proprio di ogni uomo di usare la propria intelligenza indipendentemente da qualsiasi influenza esterna.
Per Kant ad esempio spiega che la metafisica di tradizione occidentale è caduta nell’errore di scambiare dei concetti trascendentali, in riferimento a ciò che esiste «in sé e per sé», ma è funzionale ad altro da sé, per principi costitutivi di conoscenze trascendenti, se si assume il significato etimologico di questa parola significa «ciò che è superiore ad ogni altro nello stesso genere», può essere attribuito a ciò che è al di sopra dell’esperienza sensibile e della percezione fisica umana, come il divino. Le tre Idee della ragione, ovvero anima, mondo e Dio, sono state utilizzate secondo Kant sono dei “regolatori”, la cui funzione è quella di garantire una rappresentazione organica e unificare la conoscenza. Pur non potendo essere usate per conoscere gli oggetti cui si riferiscono, servono a indirizzare la ricerca umana verso quella completezza ideale che esse incarnano( Abbagnano, La ricerca del pensiero ).Il discorso su Dio sarà ripreso successivamente nella critica alla ragion pratica, dove Kant postula l’esistenza di un Dio, che faccia corrispondere, in un altro mondo, quella felicità – che si prova con l’esercizio della virtù – che compete al merito e che non si realizza in questo mondo.
Generalmente accettata invece fu la credenza in un ente superiore che ha dato origine all’universo. Lo stesso Voltaire, che tanto si applicò a mostrare gli aspetti assurdi e perfino ridicoli dei dogmi religiosi, principalmente di quella ebraica e cristiana, non fu ateo, ma deista, ovvero credeva in un dio creatore, causa prima e ordinatore del mondo. Gli illuministi si impegnarono a mettere in luce le manipolazione operate dalla chiesa sui testi sacri, l’inattendibilità di gran parte di essi, l’incongruenza delle situazioni che vi vengono descritte, la miseria dell’immagine divina che ne risulta, l’immoralità del ricatto dell’inferno per costringere gli uomini a un’obbedienza avvilente (enciclopedia delle filosofie, le garzantine).
LA SCIENZA E IL SUO “PRIMATO” DALLA SECONDA META’ DEL DICIANNOVESIMO SECOLO
Come Prometeo nella mitologia la scienza lancia la sua sfida alla religione dal 1850 in poi. Si trattò di una vera e propria rivoluzione culturale, in cui la scienza strappò lo scettro della sapienza alla religione e alla filosofia e si insediò come regina incontrastata della società occidentale. Si diffuse la convinzione ottimistica che essa, formidabile motore del progresso, potesse realizzare sulla terra il migliore dei mondi possibili, debellando, grazie ai propri infallibili rimedi, tutte le ingiustizie sociali e ogni genere di sofferenza, la scienza diverrà il faro verso cui correre. Verso la fine del secolo questa visione andò via via vacillando. Tranne qualche tentativo di conciliazione, effettuato da cristiani aperti alla cultura moderna, la scienza del tempo era accanitamente atea, impegnata a smantellare tutti i capisaldi della fede. Charles Darwin con la sua origine delle specie parlò dell’evoluzionismo, facendo scomparire l’idea più che millenaria di un uomo fatto a immagine di Dio. Più o meno nello stesso periodo, si verificò la nascita della genetica, ad opera di un oscuro frate agostiniano moravo di nome Gregor Johann Mendel, che scoprì quelle leggi dell’ereditarietà che portano il suo nome.
Nella storia recente chiaramente i cristiani che accettano un’interpretazione letterale della creazione trovano un’incompatibilità fra la teoria darwiniana e la loro fede religiosa (Religion and Science, Stanford.edu). Dal canto loro i cristiani più radicali hanno creato l’antievoluzionismo per giustificare ciò che è scritto nella Genesi, questo studio ebbe inizio negli anni Sessanta come un impegno cristiano negli Stati Uniti per dimostrare l’inerranza biblica e portò perfino a falsificare le prove scientifiche dell’evoluzione( Evolution: The Remarkable History of a Scientific Theory). L’antievoluzionismo prese così tanto piede negli Stati Uniti che nel 1925, nello Stato del Tennessee, passò il Butler Act, che proibiva l’insegnamento della teoria dell’evoluzione in tutte le scuole dello stato. Dopo quell’anno, una legge simile passò nel Mississippi, e allo stesso modo, nell’Arkansas nel 1927. Nel 1968, queste leggi “anti-scimmia” furono considerate come anticostituzionali dalla Corte Suprema degli Stati Uniti «perché esse stabilivano una dottrina religiosa che violava sia il primo sia il quarto emendamento della Costituzione». Nel 1987, sempre la Corte Suprema ha stabilito inoltre che il creazionismo appartiene alla religione, e non alla scienza, e pertanto non può essere sostenuto nelle aule scolastiche pubbliche.
Bisogna inoltre dire che dalla pubblicazione de “L’origine delle specie” di Darwin nel 1859, le gerarchie della chiesa cattolica hanno lentamente definito e rifinito la loro posizione sull’evoluzione, evitando inizialmente di prendere una posizione ufficiale, contrariamente a quanto fecero le varie chiese protestanti, che, maggiormente legate ad un’interpretazione letterale della Bibbia, immediatamente avversarono il pensiero darwiniano. Questa iniziale e differente posizione di cautela della chiesa cattolica è riconosciuta anche da Margherita Hack nel suo saggio Libera scienza in libero stato, spiegandola come dovuta all’esperienza negativa del processo intentato a Galileo Galilei per poi parlare delle recenti posizioni anti-evoluzioniste sviluppatisi in ambito cattolico, dovute, secondo la Hack, a chi intende essere “più papista del papa”. Nel 1981, Giovanni Paolo II, l’allora papa della Chiesa cattolica romana, parlò del rapporto tra scienza e fede, dichiarando che la Bibbia parla dell’origine dell’universo non nella forma di un trattato scientifico ma per far emergere la relazione tra l’uomo e Dio. La Scrittura «non intende insegnare come sono stati fatti i cieli ma che va guardato il cielo».
PROSPETTIVE CONTEMPORANEE
Una visione moderna, viene descritta da Stephen Jay Gould con la formula «magisteri non sovrapposti» (NOMA; non-overlapping magisteria), dice che scienza e religione hanno a che fare con aspetti fondamentalmente separati dell’esperienza umana e così, quando ognuna rimane entro il proprio dominio, entrambe coesistono pacificamente. Mentre Gould parlava di indipendenza dalla prospettiva della scienza, W. T. Stace vedeva l’indipendenza dalla prospettiva della filosofia e della religione. Stace sente che quando la scienza e la religione, vengono considerate ognuna nel proprio dominio, entrambe sono consistenti e complete.
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