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Niccolò Tommaseo e Pasquale Paoli dagli studi di Virgilio Missori

Tommaseo, dalmata nato a Sebenico, Giampietro Viesseux e il Risorgimento
Raffaele Panico
 
Nel solco degli studi sul dalmata italiano, Niccolò Tommaseo, degno di tante fatiche è stato anche
l’importante carteggio intercorso tra Giampietro Viesseux e il Tommaseo. Abbraccia gli anni 1835-1863. In realtà, lettere tra i due amici vennero scambiate anche in anni precedenti, ossia fin dalla
reciproca conoscenza, dal 1826 circa. Ma, quelle sopra ricordate, rappresentano il periodo più significativo del nostro Risorgimento, e dovevano venire alla luce come necessario e autorevole
complemento dell’altra conversazione: Gino Capponi e Niccolò Tommaseo. Conversazione venuta
alla luce per merito di due studiosi, Paolo Prunas e Isidoro Del Lungo. Il Carteggio Vieusseux-Tommaseo è stato studiato, per oltre quaranta anni, grazie al merito di un valoroso studioso tommaseiano, il professor Virgilio Missori, sacerdote rosminiamo, scomparso a Roma nell’autunno del 2005.

La pubblicazione del Carteggio Tommaseo-Rosmini, sembra superfluo, ma è doveroso ribadirlo, è di una importanza notevole, per ricordare agli studiosi del nostro Ottocento il riscatto della patria verso l’Unità nazionale di cui, a breve, festeggiamo i primi 150 anni (…intervista e redazione articolo del 2003). E Virgilio Missori è stato quasi il solo uomo a sostenere e rialzare la sorte d’oblio caduta per tanti anni sul grande dalmata, e almeno fino al 2002, anno del suo bicentenario della nascita che ha visto celebrare alcuni convegni, in Italia e anche a Zagabria. Diverse volte ebbe a raccontare a me, i viaggi in Dalmazia, a Sebenico, patria di nascita del Tommaseo (nato oltre i confini dell’Italia geografica, come Ugo Foscolo nato a Zante isola oggi greca, o Ruggero Boscovich, nato a Ragusa-Dubrovnik di fatto Quinta repubblica marinara) quando ancora vi era Tito e la Jugoslavia.
Il Carteggio Vieusseux-Tommaseo invece si presentava come impresa immane, a detta degli storici
competenti (mi ribadiva Missori, personalmente). Per il numero notevole di lettere senza data, con grafia spesso incomprensibile, o incapacità del copista che scrive sotto dettatura di un uomo divenuto cieco, e tagli apportati alle lettere per inopportunità di rilevare alcune circostanze delicate o pericolose (ovvero, per aspetti della vita privata e per giudizi taglienti, oggi detta privacy), sono alcuni aspetti del lavoro al quale il professor Missori, memore dei consigli di autorevoli e benemeriti cultori di studi tommaseiani, già allora scomparsi, aveva affrontato.
Nuovi, ma ancora modesti rispetto a Missori, ideali collaboratori dell’impresa di riscoperta della
storia patria, emergono grazie anche alla ricorrenza dei 150 di Italia unitaria, e ci si augura che le
presenti note servano a ridestare maggiore sensibilità intellettuale dell’autorità competenti istituzionali (cultura e memoria garantiscono il futuro). Un uomo solo studiando non poteva fare Scuola (ha più volte ricordato Missori), occorre un adeguato sostegno, in tutto, e che non sia più
solo nella sua immane e quarantennale fatica. Per il bene di una maggiore conoscenza delle nostre
tradizioni culturali italiane, da parte degli accademici e già negli insegnamenti della scuola dell’obbligo. Sebbene Missori sembra che sia riuscito a inoculare la sua “febbre quarantennale” a più di qualche giovane allievo affascinato dal grande dalmata, dal volume terzo, edito dalla Fondazione Spadolini (Nuova Antologia Le Monnier “Carteggio Vieusseux-Tommaseo III”, tomo I
(1840.1847- Firenze 2002), altre note rilevanti emergono dall’analisi di questo Carteggio: Tommaseo aveva scelto di stabilirsi a Venezia perché lì, la parlata veneta era quella di suo padre, il
dialetto veneto, come era l’italiano la lingua ufficiale in uso in Dalmazia, così come era redatto il
Proclama di Napoleone Bonaparte ai dalmati, quando era giunto con le sue armate in quella terra
“orientale” dell’Adriatico, lui corso, come Pasquale Paoli, ampiamente citato tra i due, Vieusseux e
Tommaseo e che, quest’ultimo, aveva particolarmente a cuore il Paoli, e sosteneva la stampa delle
“Lettere di Pasquale Paoli” (si veda la nota a pagina 399, n°69 […] “Lettere di Pasquale Paoli.
Dalla loro pubblicazione sarebbero venuti alla luce aspetti inediti della storia còrsa.”)
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