Skip to main content

Roberto Bartini italiano nato a Fiume, divenuto cittadino russo

La geniale attività di Progettista e di Ingegnere Aeronautico
per oltre mezzo secolo nella Russia Sovietica

di  Raffaele Panico

Roberto Oros di Bartini era nato a Fiume il 14 maggio 1897.  Un grande italiano un onore per la storia dei giuliano-dalmati, gente esule qui in Patria. La memoria, il valore e la sua genialità è tanta, molta storia, che ci corre ricordare: la vicenda di un ingegnere e di un vero italiano poi naturalizzato russo. Intelligente ed eclettico si era interessato anche, e ha pubblicato vari lavori, sulla cosmologia e la fisica teorica. È lui una parte importante della storia dei rapporti italiani con la Russia, nato nella parte orientale d’Italia che ha dato così tanti uomini geniali, a volte la si preferisce ricordare solo dopo la tragedia della seconda guerra mondiale con la conta funerea dei numeri sugli infoibati. Queste figure le loro personalità che hanno vissuto in pieno i rigori e le tragedie del Novecento, la storia, il loro tempo dovrebbero essere insegnate agli studenti.

Osserviamo che Bartini è conosciuto con più nomi. Tanto nel rispetto dapprima della tradizione russa di utilizzare il patronimico, e poi con la disciplina entrata in vigore nell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche veniva abolito il nobiliare suffisso “di”, e così prende il nome di Robert Ljudvigovič Bartini, in cirillico russo Роберт Людвигович Бартини. Utilizzò poi, dopo il secondo conflitto, vari nomi. Oltre Cortina di Ferro era stato soprannominato “il Barone Rosso” per la sua ascendenza nobile. Fu sepolto a Mosca, presso il cimitero Vvedenskoe nel dicembre 1974. Una domanda corre d’obbligo: ha tradito l’Italia?

Vediamo! Il nostro Bartini nasce a Fiume, allora città italiana, ma dell’Impero austro-ungarico. Giuseppe Ciampaglia ha scritto in una biografia che sua madre, appena diciassettenne ha cresciuto il figlio Roberto da sola. Il padre era già sposato con un’altra donna e la famiglia materna si curò del bambino. Erano originari di Miskolc oggi in Ungheria, ed erano di origini aristocratiche finite in decadenza e poi in povertà. Il padre naturale si rifiutò di riconoscere il bambino, che aveva ormai tre anni, e la madre si uccise per annegamento. Il piccolo Roberto fu allora affidato agli zii della madre, i quali lavoravano come giardinieri per il barone Ludovico Oros di Bartini, che lo adottò e gli trasmise il cognome. La moglie del barone nel corso degli anni verificò che il padre naturale era proprio suo marito.

Diplomatosi nel 1915, fu ammesso all’accademia militare di Banská Bystrica oggi in Slovacchia. A fine corso era un ufficiale di fanteria dell’esercito austroungarico. Nel 1916, nel corso della prima guerra mondiale, combatté sul fronte orientale, e l’esercito zarista presa la Galizia lo fa prigioniero e lo spedisce in Russia fino al 1919 nei campi di prigionia di Chabarovsk e Vladivostok.

Durante questa prigionia diventa un convinto rivoluzionario marxista-leninista. Tornato in Italia nel 1920 si iscrisse alla sezione d’ingegneria aeronautica del Politecnico di Milano, lavorando nello stesso tempo come operaio all’Isotta Fraschini e facendo attività politica. Prese parte al nascente Partito Comunista d’Italia e con attività coperte diede assistenza ai comunisti ungheresi che si erano rifugiati in Italia alla fine della breve Repubblica sovietica ungherese di Béla Kun. Nel 1922 frequenta la scuola di pilotaggio della Compagnia Nazionale Aeronautica a Roma presso l’aeroporto di Roma-Centocelle e ottenne il brevetto di pilota. Nel 1923 Bartini veniva schedato dalla polizia come agitatore e così sorvegliato. Il partito lo aiuta a espatriare in URSS per sottrarlo a eventuali rappresaglie fasciste e per consentirgli di contribuire al rafforzamento del nuovo Stato comunista in qualità di progettista d’aeroplani. Arrivato in Russia Bartini conseguì la laurea in ingegneria aeronautica, poi fu autorizzato ad arruolarsi nell’Aviazione dell’Armata Rossa dove proseguì la sua specializzazione tecnico-scientifica. Presso il centro sperimentale dell’aviazione di marina a Sebastopoli diventa capo-ingegnere dell’ammiragliato aeronautico per il Mar Nero. Così inizia a ideare i suoi primi aeroplani. Nel 1928 era già Maggior generale comandante di brigata aerea. 
Nel 1929 prese parte alla missione “Nazione Sovietica“, un volo dimostrativo verso gli Stati Uniti, di cui pianificò il tratto di rotta che sorvolava il mare
I suoi primi progetti di massima furono esaminati dall’Istituto centrale di aeroidrodinamica, a partire dal 1929. Riguardavano tre idrovolanti e un nuovo tipo di caccia che furono trovati particolarmente promettenti, cosicché gli esperti del prestigioso istituto dettero parere favorevole alla prosecuzione dell’attività del giovane ingegnere. Il Consiglio superiore dell’economia e quello militare rivoluzionario approvarono allora la nomina di Bartini a costruttore capo responsabile e direttore di un proprio ufficio di progettazioni sperimentali. 

Realizzazioni che, per tipologia costruttiva e dimensioni, erano totalmente innovative per l’URSS, tanto che il similare Tupolev MK-1 sarebbe stato realizzato solo quattro anni dopo. Il progetto di Bartini fu esaminato in alternativa a uno proposto dal costruttore russo Dmitrij Pavlovič Grigorovič, ma questi si ritirò dalla competizione riconoscendo la miglior validità della proposta di Bartini.

Nel 1930 ebbe luogo una vasta riorganizzazione dell’industria aeronautica di Stato sovietica. Alcuni uffici tecnici vennero riuniti in un unico grosso Supercollettivo o ufficio centrale di progettazione, per incrementare drasticamente il ritmo di messa a punto di nuovi prototipi d’aereo, richiesti dalle forze armate.

Nel Supercollettivo si manifestarono dei seri problemi dovuti in parte a gelosie e rivalità personali degli ingegneri capo. Bartini da vero marxista, era contrario a qualsiasi forma di personalismo, tanto da non voler mai identificare i propri velivoli con le sue iniziali, e presentò alle sue autorità del Partito comunista sovietico la scarsa efficienza del nuovo Supercollettivo.

Ne seguì tra l’Ente aeronautico e il Partito un duro confronto, l’italiano venne sacrificato e privato del suo incarico direttivo, venne abbandonato il suo progetto, poi realizzato in forme simili da Andrej Nikolaevič Tupolev con la collaborazione dello stesso Bartini. La genialità dell’italiano erano affermate tanto che vertici della direzione della flotta aerea civile in accordo con l’Armata Rossa, gli affidarono la direzione dell’Ufficio progetti dello OOS-GVF un ente fondato nel 1928 e denominato abitualmente Stal’ , Acciaio che si occupava della realizzazione di aerei civili con il preciso scopo di sostituire l’acciaio al più costoso alluminio allora importato dall’Occidente.

Bartini in quel tempo progettava anche un nuovo caccia monoplano lo “Stal-6” dalle prestazioni avveniristiche per i primi anni Trenta, superando la velocità di 400 km/h. La potenza dei motori, successivi collaudi, evidenziarono una velocità massima di 420 km/h con un tempo di salita a 1.000 metri inferiore al minuto. Fu un enorme successo per Bartini negli ambienti tecnico-militari sovietici, e venne rapidamente messo in condizioni di creare una versione, la Stal’-8, rimasta prototipo e costruita al 90% nell’ottobre del 1940 che teoricamente avrebbe superato i 600 km/h. Non andò in produzione per la vulnerabilità del sistema di raffreddamento e la cattiva visibilità per il pilota. Innovazione aerodinamica ancora conosciuta come “effetto Bartini“.

Durante il periodo del Grande Terrore molti progettisti aeronautici vennero arrestati dalla polizia politica. Anche Bartini venne arrestato il 14 febbraio 1938 e tenuto carcerato senza specifiche accuse. Lasciato in attesa il processo non venne mai celebrato. L’italiano non accettò di sottoscrivere alcuna lettera di autodenuncia, le sue recenti realizzazioni finirono in stallo, ma il record mondiale del suo progetto Stal’-7 finirono per rimetterlo in libertà. L’eccellente progetto di Bartini intanto si realizzava grazie ai suoi discepoli.

Durante il secondo conflitto Bartini era incaricato di compiere studi e progettare velivoli a reazione. A partire dal 1944 l’italiano di Fiume si dedicò alla progettazione di diversi velivoli da trasporto siglati con lettera T. Lo stato detentivo speciale di Bartini terminò nel 1946. Riammesso nel PCUS nel 1955 con Nikita Chruščëv, l’Unione Sovietica riconosceva il genio di Bartini conferendogli nel 1967 l’Ordine di Lenin e quello della Rivoluzione d’Ottobre. Il costruttore Capo italiano dagli anni Venti era stato geniale nelle costruzioni aeronautiche, le sue nuove metodologie matematiche di rappresentazione e calcolo aerodinamico e strutturale erano vincenti. Perfezionava un metodo analitico di ottimizzazione delle prestazioni dei velivoli, particolarmente apprezzato dalla scuola aeronautica sovietica, trovava sempre sistemi per migliorare contemporaneamente più problemi e parametri discordi in un velivolo.

Negli anni Cinquanta riusciva con successo nella ricerca puramente teorica di nuove forme aerodinamiche capaci di consentire a un velivolo pesante a propulsione di mantenere una velocità di crociera bisonica su tratte intercontinentali.

Anticipava velivoli che solo anni dopo le sue idee si realizzavano, e si rifacevano ai progetti di Bartini e lui generosamente metteva a disposizione i relativi disegni, rafforzando il suo ruolo di genio, le geniali idee che sarebbero state utilizzate poi per decenni dall’intera industria aeronautica sovietica. Bartini nei decenni della sua attività aeronautica, condotta in completa riservatezza, visse un totale distacco dall’Italia, in fondo la sua città Fiume era stata unita alla patria italiana dopo il periodo della Reggenza del Carnaro e lo status di Città libera, nel 1924, e Bartini difatti era stato italiano solo per pochi anni dopo la prima guerra mondiale e poi è stato naturalizzato russo. Con le celebrazioni del cinquantenario della rivoluzione d’Ottobre 1967, si tenne a Mosca una conferenza sulla figura di Antonio Gramsci: relatore principale fu Umberto Terracini. Al convegno era presente Bartini che avvicinò il dirigente e altri esponenti del PCI per ricordare gli anni di lotta politica trascorsi insieme. Bartini mantenne amicizia con Adriano Guerra corrispondente da Mosca del quotidiano l’Unità che gli ha dedicato un articolo biografico poche settimane dopo, dicembre 1967. E successivamente per commemorare la sua scomparsa. Il necrologio ufficiale dell’italiano Bartini, apparve 4 giorni dopo la sua scomparsa, il 10 dicembre 1974 a firma di Dmitrij Fëdorovič Ustinov, futuro ministro della Difesa e di quattro tra i più grandi costruttori sovietici ancora viventi: Tupolev, Ilyushin, Antonov e Yakovlev. In Italia, dopo mezzo secolo di intensa attività aeronautica in Russia, era tutto. Di recente è stato ricordato con onori e celebrato da una televisione visibile al link  TV delle Federazione Russa.  Così nella presentazione del filmato della durata di circa 44 minuti: “Robert Bartini è un famoso progettista di aerei sovietico. In tutti i questionari nella colonna “nazionalità” ha scritto “russo” per molti anni, pur essendo un aristocratico italiano. La sua personalità era avvolta nelle leggende. Ma è passato alla storia, prima di tutto, come un brillante sviluppatore. Ha fatto la maggior parte delle sue invenzioni in custodia, lavorando in un carcere chiuso del tipo carcerario, soprannominato dal popolo “sharashka”.

Condividi: