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La pandemia ci ha fatto scoprire la fatica digitale

 

 

 

Il distanziamento sociale imposto dal nuovo coronavirus ha avuto un impatto evidente sulle nostre vite digitali. Non è chiaro se quest effetto sarà duraturo, né quando (e se) le nostre vite torneranno “normali”. Non sappiamo nemmeno se quelle stesse vite digitali usciranno fortificate o irrimediabilmente corrose da tutto questo.

Nel frattempo, un po’ alla volta, stiamo scoprendo la fatica digitale. Si tratta di una condizione difficile da riconoscere, che si manifesta talvolta in forme collaterali, ma ugualmente diffusa e in qualche maniera evidente. La vita digitale imposta dagli avvenimenti è faticosa e meno affascinante di quanto avremmo immaginato.

Lo dicono gli insegnanti, alle prese con la tecnologia che li connette ai loro studenti, se ne accorgono i lavoratori in smart working dal soggiorno di casa, lo segnalano gli studiosi che spiegano, per la verità non da ieri, come piccoli ostacoli tecnologici apparentemente innocui – per esempio il ritardo di ricezione del segnale audio/video nelle chat – siano fenomeni che, mentre la semplificano e la rendono possibile, complicano e rendono più stressante la nostra vita di relazione. Quello della nuova era digitale è un processo caotico, in cui euforia e difficoltà si manifestano allo stesso tempo.

La fatica digitale è una delle molte imperfezioni delle nostre esperienze online. Nuove frontiere che abbiamo idealizzato e descritto per molto tempo con benevola attenzione e che ora, mentre la storia improvvisamente le impone, mostrano anchei propri limiti.

L’elefante nella stanza
La tecnologia è da diversi decenni un tema inevitabile: lo era anche prima dall’emergenza coronavirus, ma è stata a lungo un elemento di completamento della nostra vita che molti sceglievano di ignorare. Nel tempo la tecnologia si è fatta ingombrante perché attraverso di essa, dopo l’esplosione di internet, si sono andate applicando nuove forme del dominio politico ed economico. Tuttavia la sua raggiunta centralità non ne ha cancellato i limiti, così come non ne ha potuto disinnescare le ulteriori aspirazioni di potenza. La discussione e le polemiche di questi giorni in Italia intorno alla app per tracciare i contatti dell’epidemia di coronavirus ne sono un buon esempio.

Se il dilemma centrale dei prossimi anni continuerà a oscillare tra il saper controllare la tecnologia e l’esserne invece controllati, forse una simile elaborazione potrà arricchirsi di una nuova consapevolezza. Saranno i momenti di stress come questo del lockdown mondiale ad aiutarci a ridisegnare i confini della nostra infatuazione (o della nostra avversione) verso gli ambienti digitali.

L’elefante nella stanza resta in ogni caso il fatto che la mancanza di presenza fisica, tipica dei contesti digitali, è lontanissima dall’essere risolta. Ed è una forma di riduzione che per ora non siamo in grado di accettare. La fatica digitale ne è solo un aspetto. È nel momento del confronto con il “prima” che la ricchezza della nostra vita di relazione precedente alla quarantena si mostra in tutta la sua evidenza.

Mentre nei prossimi mesi ci attendono nuove forme di fatica analogica, che è il sentimento che ci assale quando osserviamo le ipotesi di vita sociale dopo il coronavirus e il distanziamento sociale (per esempio le immagini dei ristoranti, o delle cabine degli aerei, o delle spiagge attrezzate con nuovi angoscianti diaframmi di sicurezza), sappiamo già che la fatica digitale è destinata a restare. Se la barriera di plexiglass che divide gli amanti in un ristorante di Wuhan o Milano è un presidio forse necessario ma temporaneo, il senso di straniamento e distanza delle interfacce digitali appartiene in maniera nativa a quelle tecnologie.

Non è chiaro se il successo delle piattaforme digitali potrà confermarsi quando altre tecnologie di relazione torneranno disponibili

I sistemi di videoconferenza che dominano le nostre vite familiari e lavorative durante la quarantena (Zoom, una delle piattaforme più utilizzate, nel mese di gennaio era stata scaricata ogni giorno da una media di circa 56mila persone, mentre nella sola giornata del 23 marzo, nonostante le molte polemiche che l’hanno riguardata, ha toccato 2,13 milioni di download) rispondono egregiamente alla logica del “good enough”, l’approccio sociale alle tecnologie che domina in questi tempi di bassa risoluzione digitale.

Benché tali piattaforme non abbiano al momento alternative e mostrino il proprio fascino tecnologico a una platea di utenti fino a ieri inimmaginabile, non è chiaro se una simile successo potrà confermarsi quando altre tecnologie di relazione torneranno disponibili. Tecnologie secolari, come una panchina al parco, una partita a tennis, una sera d’estate in un cinema all’aperto.

Per queste ragioni non saprei rispondere alla domanda che è rimasta qui sospesa fino ad ora; una domanda che sento ripetere spesso in questi giorni, e che incuriosisce e affascina anche me: cioè se davvero la quarantena per il coronavirus sarà un fattore decisivo per ridurre le nostre diffidenze verso le tecnologie.

Non so se i milioni di persone che oggi si arrabattano su piattaforme di videoconferenza come Meet, Zoom o Skype, che ne stanno scoprendo trucchi e difetti, domani continueranno a usarle per un aperitivo con gli amici o per il lavoro, per una lezione online o per qualsiasi altra cosa, nel momento in cui le vecchie alternative torneranno disponibili.

Nei paesi come l’Italia, che mostrano da sempre un basso tasso di adozione delle nuove tecnologie (molte delle quali nel frattempo non sono più per nulla nuove) esiste una dominante culturale difficile da contrastare. Quando alla fine della prima decade degli anni duemila si osservò la più inattesa e convinta adozione di massa di una piattaforma digitale in Italia e gli utenti di Facebook passarono dal milione del settembre 2008 ai dieci milioni del 2009 ai venti milioni del 2011, molti analisti immaginarono che questo sarebbe stato il primo grande passo verso una nazione nuova. Si pensava che l’utilizzo del social network avrebbe fatto da apripista alla vita digitale dei cittadini i quali, nel frattempo, ne avrebbero potuto scoprire le molte opportunità.

Dieci anni dopo, il Digital economy and society index (Desi), un indice che misura i livelli complessivi di digitalizzazione dei paesi dell’Unione europea, mette l’Italia al 24º posto tra i 28 stati dell’Unione. L’innamoramento per Facebook, insomma, non ha modificato lo scenario e la dominante culturale dell’Italia allergica al digitale è rimasta sostanzialmente intatta.

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È quindi possibile che la conversione digitale obbligatoria che le nostre vite, quelle degli insegnanti e degli studenti, quelle dei lavoratori e dei pensionati, stanno subendo in queste settimane, non influirà in maniera sostanziale sul nostro futuro. È altrettanto possibile che il digitale, vissuto oggi come vera e propria àncora di salvezza, crei una sorta di imprinting positivo del quale osserveremo gli effetti.

In entrambi i casi, paradossalmente, i limiti culturali che oggi le tecnologie di relazione sociale mostrano con grande evidenza potranno essere considerati, parafrasando un vecchio detto del Jargon File caro agli informatici del secolo scorso, non un difetto ma un pregio (“It’s not a bug, it’s a feature”).

La fatica digitale sarà un pregio, a patto che un simile bug orienti il percorso della nostra vita di esseri connessi verso l’unica traiettoria ragionevole fra le poche possibili. Quella secondo cui vita analogica e vita digitale sappiano trasformarsi in un unicum inestricabile.

Una sola vita, insomma, in grado di contenere la nostra umanità e il nostro destino di esseri tecnologici. Un unico grande cervello che dovrà “rassegnarsi alla pace”, come scrisse profeticamente Franco Carlini tanti anni fa.

 
 
 

Oltre l’Italia, le lingue e i dialetti neolatini

Il Romancio o Ladino: lingua del Canton Grigioni e delle Provincie di Bolzano e Trento

Raffaele Panico

La lingua Romancia o Ladina è sopravvissuta per secoli nelle isolate valli tra l’Italia, la Svizzera, l’Austria e dal 1947 anche in Slovenia. Il romancio è un antico idioma dalle origini latine che stava diventando sempre più marginale. È la quarta lingua ufficiale elvetica ed è tutelato anche in Italia, sensibile alle minoranze etniche autoctone. Infatti, l’uso del tedesco ha portato ad una riduzione delle persone che lo parlano. La lingua Ladina o Romancia aveva massima estensione attorno l’anno mille. Geograficamente copriva un’estensione che va dalle Alpi centro-orientali, la Lombardia (Ducato di Milano fine Quattrocento) e la Svizzera (oggi il Canton Ticino e il Canton Grigioni); le Alpi orientali (le attuali Province italiane dell’Alto Adige e del Trentino, e nell’area nord dello spartiacque, il Tirolo, fino alle Alpi Giulie, il Friuli e l’attuale Slovenia occidentale, aree delle province dell’ex Regno d’Italia. Il ladino deriva dall’incontro e fusione delle popolazioni germaniche e celtiche dell’Impero Romano rifugiatesi nelle valli delle Alpi orientali a partire dal V secolo, quando trovavano rifugio dalle invasioni dei barbari, Rugi, Avari e Slavi.

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Riconoscimento facciale per uscire dalla pandemia?

Uscire dalla pandemia è una sfida complessa per i paesi europei. Un’applicazione di tracciamento del contagio sembra, ma solo apparentemente, la possibile via di un ritorno a una vita normale per la maggior parte dei paesi. Di questa app nessuno sa con certezza come funzionerà, se sarà efficace, quante persone dovranno scaricarla per risultare utile.

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Contesto Economico e Mercati Finanziari, post emergenza Covid-19

SCENARI ECONOMICI PROSSIMI VENTURI
…..USCENDO DAL TUNNEL DOPO LA PANDEMIA

una analisi di  LOREDANA  FERRARA *

Nell’ambito dell’emergenza che si sta fronteggiando a livello ormai globale, risulta difficile districarsi tra le innumerevoli notizie e le serie infinite di dati forniti ogni giorno da ogni parte, a maggior ragione per la rapidità con cui esse variano sia quantitativamente che qualitativamente.

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CONGIUNTI: chi sono? Chi si potrà incontrare il 4 maggio?

 

Chi sono i congiunti? Da quanto il 26 aprile il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha annunciato l’inizio della cosiddetta fase due a partire dal 4 maggio, sono cominciate le discussioni sul significato della parola “congiunti”. Il decreto consente infatti “gli spostamenti per incontrare i congiunti”, facendo immediatamente sorgere la questione sul tipo di legami che definiscono questa categoria di soggetti.

All’articolo uno, il nuovo decreto in vigore dal 4 maggio dice: “Sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti, purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano usate protezioni delle vie respiratorie”.

Secondo i giuristi, il termine “congiunti” è ambiguo e non corrisponde a una definizione legale precisa, quindi può dare adito a diverse interpretazioni da parte della forza pubblica, tanto che il 27 aprile Palazzo Chigi ha annunciato che presto pubblicherà un questionario di domande e risposte proprio per chiarire gli articoli del decreto che riguardano questo aspetto.

L’avvocato Carla Quinto, esperta di diritto di famiglia, spiega: “La parola congiunti è presente solo all’articolo 307 del codice penale, secondo cui i prossimi congiunti sono gli ‘ascendenti, discendenti, coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, fratelli, sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti”. In questo elenco non sono presenti né i cugini, né gli amici, né i fidanzati. “A mio parere rimangono escluse tutte quelle persone che hanno un legame stabile, ma non certificato né da un matrimonio né da una forma di unione civile, questo potrebbe ledere il principio di uguaglianza, intesa come uguale possibilità di godere di uguali diritti anche se non si è formalizzata un’unione”, continua Quinto.

I fidanzati e la cassazione
Al di fuori del codice penale, invece, non è chiaro cosa si debba intendere per congiunto. Dopo la pubblicazione del decreto, molti giuristi hanno argomentato che una sentenza della corte di cassazione (46351/2014) ha stabilito che anche un fidanzato è da considerarsi un congiunto, cioè qualcuno con cui si ha un solido e duraturo legame affettivo a “prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali”. In seguito alle critiche, in una nota del 27 aprile Palazzo Chigi ha chiarito che i congiunti sono “parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili”.

Ma la discussione si è spostata quindi sul concetto di “affetto stabile” e sulla possibilità di dimostrare “la stabilità” di un rapporto. “Se si ammette di estendere il concetto di congiunti a qualsiasi relazione affettiva o amichevole, la norma sarebbe svuotata di contenuto, perché non vi sarebbe evidentemente più alcun limite al suo perimetro applicativo”, spiega in un articolo il Sole 24 ore. D’altro canto, ribadisce l’avvocata Quinto: “È importante in questo momento emanare provvedimenti che sappiano cogliere la diversità delle formazioni sociali che stanno tutte affrontando una grave crisi e garantire l’uguaglianza dei diritti”.

Basti pensare ai single, o agli anziani soli senza figli. Durante la quarantena sono stati spesso aiutati da una rete di amici e conoscenti, che però hanno dovuto agire al limite della legalità. In altri paesi europei sono state consentite visite di amici e fidanzati, nel rispetto di tutte le norme sulla sicurezza e fatto salvo il divieto di assembramento.

Ma a questo punto, il governo dovrà specificare con ulteriori documenti che cosa intende esattamente per congiunti. Tra l’altro, secondo il nuovo Dpcm (decreto del presidente del consiglio dei ministri), sarà possibile rientrare dall’estero in Italia per incontrare “i congiunti” o per rientrare nel proprio domicilio o residenza. “Gli italiani che rientrano in patria, al momento dell’arrivo, dovranno comunicare i motivi del viaggio, l’indirizzo completo dell’abitazione o della dimora in Italia dove sarà svolto il periodo di quarantena, il mezzo di trasporto privato che verrà utilizzato per raggiungere la stessa e il proprio recapito telefonico”.

 
fonte https://www.internazionale.it
 

 

Inglesismi da esterofilia dilagante

“INGLESISMI”

 RICCARDO PEDRIZZI

In primis fu Luigi Di Maio, che destò meraviglia e qualche imbarazzo parlando del “vairus” che minacciava il mondo e anche l’Italia. Aveva osato trasformare perfino un termine latino come virus, veleno, in una parola pronunciata all’inglese, anzi all’americana. Ma dal suo punto di vista, come capo della Farnesina, aveva ragione lui: all’estero in tanti dicono “vairus”. E nella diplomazia internazionale, sempre più spesso si tende ad americanizzare perfino il latino. Come media, da molti pronunciato “midia”, anche dai giornalisti italiani.

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Tutela del Lavoro nel modo delle scuole – Fisascat Cisl, Roma

COMUNICATO STAMPA SINDACALE 

Pulizia nelle scuole, Imperatori (Fisascat-Cisl Roma): “Oltre mille lavoratori nel Lazio esclusi da internalizzazione. Per alcuni di loro, oltre al danno, un’inaccettabile beffa. ….. Gioco subdolo e pericoloso: alcune società inviano lettere di trasferimento a oltre 50 Km di distanza, costringendo di fatto il personale alle dimissioni. Nessuno deve restare escluso”

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“Dopo il danno, un’inaccettabile ‘beffa’: 1024 lavoratrici e lavoratori sul territorio laziale, esclusi dal processo di internalizzazione degli appalti per la pulizia delle scuole di Stato, sono ‘in sospensione non retribuita’, ovvero senza alcun soldo in tasca, e ancora in attesa di ricevere l’assegno del Fondo di integrazione salariale (Fis): oltre a ciò, alcuni di loro stanno ricevendo in questi giorni lettere di messa a disposizione che prevedono il trasferimento in altre regioni, oltre i 50 Km di distanza e gli 88 minuti di percorrenza, essendo di fatto costretti a dimettersi per giusta causa perché impossibilitati a raggiungere il nuovo luogo di lavoro”.
E’quanto denuncia Sara Imperatori, della Fisascat-Cisl di Roma Capitale e Rieti, aggiungendo che “le loro dimissioni comporterebbero l’esclusione dal processo di internalizzazione. Si tratta di un gioco subdolo e pericoloso, che sta mettendo profondamente in difficoltà numerose famiglie, che hanno come unica prospettiva l’apertura del fondo di integrazione salariale aperto da tutte le società”.
“Come abbiamo sempre affermato, congiuntamente agli altri sindacati confederali – conclude -, adesso lo ribadiamo: nessuno deve restare escluso dalla ‘Fase 2 dell’internalizzazione, che riguarda 4mila lavoratori in Italia e 1024 a Roma e nel Lazio. Si deve agire presto e bene a tutela di migliaia di persone. Non serve propaganda, ma fatti concreti: faremo tutto il possibile per ottenerli”.

Roma, 28 aprile 2020

Caterina Mangia
Ufficio Stampa

IL 25 Aprile 2020 ………..
in alcune interpretazione “fuori dal coro”

RASSEGNA STAMPA…. “FUORI DAL CORO 

Qui di seguito viene presentata una breve raccolta di interpretazioni, osservazioni e riflessioni sul XXV Aprile, quasi una piccola “Rassegna Stampa” dedicata ad una ricorrenza che non meriterebbe essere esaltata come una “Festa Nazionale”, bensi come una data su cui bisognerbbe meditare. Tale rassegna stampa, in particolare, è riservata a coloro che detengono, incarnano, rappresentano ed utilizzano il potere, con l’arroganza tipica delle loro caste o clan di appartenenza, tutte asservite al “Pensiero Unico Dominante”. 
E quando il “Potere” deriva da una investitura della Democrazia e non della Meritocrazia, Noi che apparteniamo – secondo la vulgata comune – alla così detta “parte sbagliata” dobbiamo sempre tenere a mente il celebre motto di Brenno, condottiero dei Barbari della Gallia, rivolto ai Romani: VAE VITCIS ! 
….E’ senz’altro un motto da ricordare, ma è anche una esortazione a non arrenderci

______________Giuliano Marchetti  

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Note sul “25 Aprile” da una visuale …..di Monarchia-LiberalDemocratica

25 APRILE 1945 CONSIDERAZIONI IMPOLITICHE

in una analisi di DOMENICO  GIGLIO *
  con “note a margine” (*1) di Giuliano Marchetti

Il 25 aprile fu la data della insurrezioni di tutte le forze patriottiche e partigiane (*2) deciso dal CLNAI e dal comando militare dello stesso, avendo le forze alleate, delle quali facevano parte anche i Gruppi di Combattimento del Regio Esercito, sferrato l’offensiva definitiva contro le linee germaniche, sfondandole ed avanzando su tutto il fronte, dal Tirreno all’Adriatico, raggiungendo Bologna e puntando verso  la pianura  lombardo-veneta. In realtà le operazioni belliche terminarono alle ore 14 del 2 maggio, dopo  la resa delle truppe tedesche, firmata  il 29  aprile nelle  Reggia  di Caserta.

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“Consiglio d’Europa” e consigli all’Europa, da due autori della Britannia o Regno Unito

A.J.TOYNBEE e H.TREVOR-ROPER

Raffaele Panico

Ha scritto Hugh Trevor-Roper, storico inglese specialista in Storia dell’età moderna e della Germania nazista, su Arnold Joseph Toynbee nel giugno 1957: “Toynbee […] non solo predica un vangelo di deliberato oscurantismo; egli sembra voler fiaccare la nostra volontà, voler dare il benvenuto alla nostra sconfitta; sembra guardare con crudele sarcasmo la fine della nostra civiltà, non perché sia favorevole alla forma di civiltà che ci vuole distruggere, ma perché è animato da ciò che potremmo soltanto chiamare un «desiderio masochistico di essere conquistati». […] Egli brama spiritualmente la nostra sconfitta.”
Arnold Joseph Toynbee era uno storico esperto di storia comparata e filosofo della storia che, durante la prima guerra mondiale aveva operato per conto dell’“Intelligence” inglese, e venne poi delegato alla Conferenza di Pace di Parigi nel 1919. Hitler nel 1936 lo volle ricevere e lui si portò nel suo quartier generale.

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“CONSIGLIO D’EUROPA” e consigli all’Europa, dall’Italia dei Diritti e dei Doveri

Europa e i Doveri dell’Uomo, secondo Giuseppe Mazzini

Raffaele Panico

Roma, ottobre 1972 si stampa l’edizione critica dei “Doveri dell’Uomo” di Giuseppe Mazzini, a cura della Camera dei Deputati, promossa per le onoranze del centenario di questo Grande Italiano – patriota, pensatore e politico. Il Comitato era presieduto da Sandro Pertini, allora Presidente della Camera dei Deputati, ed era composto da illustri componenti dei due rami del Parlamento. 

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ITALIA & RUSSIA, la Bella Donna e la Madre Russia, bellezze nel Mondo che si parlano alla finestra

Nuovi scenari per l’Italia “Indipendenti sempre isolati mai”

Raffaele Panico

La celebre frase di Visconti Venosta, “Indipendenti sempre isolati mai”, il diplomatico, politico e più volte ministro degli Esteri, veniva spesso da lui ripetuta per la visione geopolitica del Regno d’Italia. L’Italia veniva effigiata come una Bella Donna contesa tra le altre potenze europee. Tali ricordi sono evocati per tentare di riannodare la malasorte della storia degli italiani. Storia lacerata dalla guerra – 10 giugno 1940, la fine della belligeranza attiva – l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’inizio della guerra civile, gli eserciti invasori in pesanti scontri fino al 1945 sul Belpaese e le conseguenze a “cascata” dopo il Trattato di Pace 10 febbraio 1947. Fasi importanti e occorre con realismo ricordare che gli americani avrebbero voluto un trattato molto più favorevole per l’Italia (Linea Wilson sul confine orientale, scongiurarono l’annessione della Valle d‘Aosta, erano per una estesa Amministrazione o status quo per le Colonie pre-fasciste, come avvenne solo per la Somalia fino al 1960). Dopo la tragedia del 1940-45 l’Italia riprende il percorso grazie all’aiuto degli USA, con il piano che prende il nome dal generale Marshall allora Segretario di Stato americano. Un intervento importante per la ricostruzione e la ripresa, che poi portò a vivere tra la fine degli anni Cinquanta e la fine dei Sessanta un decennio di grande crescita economica. Un decennio di diffusione del benessere economico certo con delle luci e ombre nella società civile.

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Da Predappio la cittadinanza onoraria
alla memoria al generale polacco Wladyslaw Anders

Tra pochi giorni ricorrerà la “Festa della Liberazione”, celebrativa di quel 25 Aprile 1945 che, finalmente, vide l’Italia intera liberata dal nazifascismo e dalla guerra. Da allora sono, ormai, trascorsi 75 anni, eppure la memoria di quell’evento ancora divide, contrappone gli italiani, anche risvegliando rancori mai sopiti: siamo tuttora incapaci, sia per pochezza ideologica che politica, vissute, spesso, in modo anacronistico, di condividere il valore essenziale del 25 Aprile, la Libertà.

Certo, la Liberazione fu riscatto, affrancamento dall’occupazione nazista e dall’oppressione fascista, ma, soprattutto, segnò la fine della peggiore sventura che possa toccare ad una nazione, al suo popolo, alla sua stessa identità politica, sociale e culturale ovvero la contrapposizione di una guerra civile, fratricida, nel nostro caso tra italiani fascisti e italiani antifascisti. Realizzata, però, la Liberazione, un obbiettivo, credo, ampiamente consolidatosi in 75 anni di vita democratica, penso che sia davvero tempo che tutti, senza distinzione forzata e pretestuosa di credo politico o ideologico, condividiamo, senza se e senza ma, solo la Libertà ossia il contenuto essenziale di quell’affrancamento del 25 aprile ’45, inteso come condizione essenziale di ogni cittadino libero e partecipe di una comunità libera.

Il 25 Aprile dovrebbe divenire, definirsi “Festa della Libertà”, proprio per confermare la memoria di ciò che è stato e non vogliamo che mai più accada: dobbiamo essere solo una coesa comunità nazionale di italiani liberi, ciascuno degno di vivere come tale le proprie idee, i propri progetti per il futuro. Voglio, però, ricordare come quel 25 Aprile, per noi Liberazione dal nazifascismo, sia stato possibile anche per l’impegno militare di tanti senza più libertà, esuli dal loro paese dopo l’invasione tedesca e dopo la crescente ostilità dei sovietici, sì parlo dei polacchi, eroici combattenti del II° Corpo d’Armata Polacco al comando del valoroso Generale Wladyslaw Anders.

Ironia della sorte, anzi della storia, oppressi fuggitivi polacchi liberarono oppressi italiani! Tra gennaio e luglio ’44 i soldati di Anders si distinsero eroicamente nelle battaglie di Cassino e Ancona, poi risalirono la penisola, attraversarono l’Appennino forlivese, liberando, il 28 ottobre ’44, Predappio, località di notevole rilievo simbolico perché luogo natale di Mussolini; quindi, d’intesa con gli inglesi lasciarono a questi l’onore di liberare Forlì, e proseguirono verso Imola e Bologna, liberando entrambe le città nel mese di aprile ’45. A guerra finita al generale Anders e a 75 ufficiali a lui vicini fu tolta la cittadinanza dalla Polonia occupata dai sovietici, ma nessun onore fu riconosciuto neppure dal nuovo governo italiano. Al generale restò solo la via dell’esilio sino alla morte a Londra nel 1970.

Vorrei che la Romagna attraverso il Comune di Predappio, a suo tempo beneficiario del valore militare di Anders, liberatore senza libertà patria, concedesse al generale la cittadinanza alla memoria come previsto dall’art. 114 della Costituzione Italiana, dal Testo Unico degli Enti Locali e dallo stesso Statuto del Comune; in mancanza di una disposizione comunale, in proposito, il Consiglio Comunale può votare a maggioranza un’apposita delibera.

Simile riconoscimento alla figura di Wladyslaw Anders, tantopiù se sostenuto da tutte le forze politiche di Predappio, sarebbe davvero un segno di riconciliazione e, ancora di più, un grande tributo al valore comune, condiviso della Libertà.
Non dimentichiamo come la memoria del generale polacco sia oggi affidata alla figlia Anna Maria Anders, attuale Ambasciatore di Polonia in Italia.

 

Nel ricordo, dunque, del generale Anders e del II° Corpo d’Armata Polacco, nella memoria di quanti caduti su fronti opposti, ma comunque italiani, sempre e soltanto italiani, un solo, eterno Viva la Libertà e sereno 25 Aprile.

 

 

Il Natale di Roma. L’Alta Italia Risorge

L’INNO A ROMA DI PASCOLI
AB URBE CONDITA MMDCCLXXIII

L’Inno a Roma venne scritto da Giovanni Pascoli per il Natale di Roma del 1911, ricorrendo il 50° Anniversario della Proclamazione del Regno d’Italia. In quell’occasione fu solennemente inaugurato il Vittoriano, il Monumento dedicato al Re Vittorio Emanuele II e all’Unità d’Italia, per questo detto anche Altare della Patria.

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“Food therapy”: in quarantena con i libri di cucina

In questo periodo di “reclusione” forzata, che ci vede costretti a casa, cosa possiamo fare? Sistemare ed ordinare, fare il cambio di stagione, diventare personal training di se stessi, guardare tutto ciò che le piattaforme possono offrirci (a proposito ringrazio anche l’ultima arrivata Disney + !), improvvisarci chef e magari anche dare spazio ai libri visto che il tempo e la calma non mancano. Certo lettura più azzeccata sarebbe il Decamerone di Boccaccio ma visto che agli italiani piace parlare del cibo perché non unire l’utile al dilettevole leggendo libri che appunto trattano come tema principale il cibo?

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FONDAZIONE NAZIONALE COMMERCIALISTI: sulla G.U. i D.L. “Cura Italia” e “Liquidità”

Comunicato Stampa FONDAZIONE NAZIONALE COMMERCIALISTI

CONSIGLIO E  FONDAZ. NAZIONALE DEI COMMERCIALISTI: “LE NOVITÀ DEI DECRETI SULL’EMERGENZA DA COVID-19
(D.L. “CURA ITALIA” N. 18/2020 E D.L. “LIQUIDITÀ” N. 23/2020)”

Una analisi completa delle principali disposizioni. Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato il documento “Le novità dei decreti sull’emergenza da COVID-19 (D.L. “Cura Italia” n. 18/2020 e D.L. “Liquidità” n. 23/2020)”

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Il Bazooka di Latta: il decreto “liquidità” del Governo

UN  BAZOOKA di LATTA 

un’analisi sulla crisi di Torquato CARDILLI

Vorrei provare a mettere in fila le tante storture, pecche, errori di gestione della crisi. Premesso l’attenuante che una pandemia del genere coronavirus non era mai avvenuta e che l’Italia, al pari di altre nazioni, si è fatta cogliere impreparata, va sottolineato che sarebbe bastato un atto di umiltà nell’ammettere la difficoltà iniziale, anziché dichiarare che eravamo pronti a far fronte all’emergenza.

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Operazione Valchiria e il doppio verso

 Germania il controllo degli stranieri e dell’opposizione interna: dal piano all’operazione Valchiria

Raffaele Panico

Germania oggi. Quanti sono gli stranieri nel Paese teutonico? Dati riferiti al 31 dicembre 2018 ci dicono di 10,9 milioni di presenze senza cittadinanza, pari al 13,1% sul totale di 82,9 milioni di tedeschi. Tra gli stranieri erano circa 620 mila gli italiani. Nello stesso periodo in Italia su 60 milioni di cittadini gli stranieri risultavano circa 5,2 milioni, in percentuale l’8,5% della popolazione.
Questo il dato prossimo di riferimento di presenze straniere nei due Paesi al tempo del Mondo di prima, cioè “Ante Covid-19”. Ed oggi, che siamo bombardati non dalla RAF inglese o dagli Alleati, bensì dai media che ci propinano ora minuti e quarti d’ora ad ogni giro di telecomando, dati terribili sulle morti giorno dopo giorno, quante presenze e quanti milioni di italiani se la passano molto male in termini di sussistenza?
Di tanto in tanto si riportano alcuni dati statistici intermezzati dai consigli sanitari sulla quarantena forniti agli italiani che tengono duro e sopportando sperano. Oltre ai dati inquietanti della massa impressionante di migliaia di persone decedute, tra i caduti in prima linea, oltre 129 medici, decine di infermieri e addetti in “prima linea” e, dato che ci aspetta, a data da definirsi, un Mondo nuovo che verrà, cosa è stato in realtà progettato?

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Che la Fede ci aiuti !

 Oggi, Domenica 19 Aprile, la Redazione della Consul Press
ripropone  quanto già pubblicato Domenica 12 Aprile,
ricorrendo
in questa giornata la Celebrazione della Pasqua
per tutti i nostri Confratelli e Consorelle di Religione Ortodossa

 

 DA PARTE NOSTRA UN  “GRANDE GRAZIE
AI MEDICI, AL PERSONALE INFERMIERISTICO, AGLI AUSILIARI, AI RICERCATORI,
 AI CAPPELLANI OSPEDALIERI e agli altri SACERDOTI,
A TUTTI COLORO CHE SONO IN PRIMA LINEA ….  

UN REQUIEM PER COLORO CHE CI HANNO LASCIATO 
E SOLIDARIETA’ VERSO LE FAMIGLIE E LE COMUNITA’ COLPITE,

UN AUSPICIO CHE QUESTA PASQUA DI RESURREZIONE
SIA ANCHE L’INIZIO DI RESURREZIONE PER IL NOSTRO PAESE