BORIS JOHNSON ……a Kilometri “ZERO” DALLA BREXIT
una analisi a firma di FABRIZIO FEDERICI (*)
Edimburgo – Il nuovo premier britannico, Boris Johnson, continua a fare pressioni sull’Unione europea con l’intenzione di guadagnare terreno nella vicenda Brexit. Il nuovo esecutivo metterà a punto, in fretta e furia, i preparativi per abbandonare l’Ue nei prossimi tre mesi senza un accordo. La maggior parte degli investitori credono che una mossa del genere possa avere ripercussioni economiche in tutto il mondo, nonché far sprofondare il Regno Unito in recessione.
Londra ne uscirebbe indebolita e soprattutto verrebbe spodestata dal ruolo di centro della finanza internazionale.
La notizia che sembrerebbe confermare i presentimenti è arrivata nella giornata di lunedì, quando la sterlina, che durante il referendum del 2016 valeva 1.50 $, è caduta in picchiata fino ad arrivare a valere 1,2282 $, il picco più basso da marzo 2017. La moneta britannica ha perso ben due centesimi da quando Johnson è stato eletto primo ministro, martedì scorso. La scommessa dell’ex sindaco di Londra è legata alla minaccia di una Brexit senza accordo che potrebbe persuadere le maggiori potenze del blocco, tra cui Germania e Francia, ad accordare la revisione della bozza proposta dall’ex premier Theresa May a novembre. Quest’ultima ha però fallito nel convincere il parlamento britannico ad approvarla. La clausola più contesa è quella del “backstop”, inserita per mantenere aperta la frontiera irlandese. Il backstop costringerebbe il Regno Unito ad adeguarsi alle regole di mercato dell’Ue, se i futuri legami commerciali non dovessero riuscire a garantire una frontiera aperta. Tuttavia, tutti e 27 i Paesi membri dell’Unione hanno dichiarato pubblicamente che l’accordo che include il backstop non verrà ridiscusso. Johnson, in visita in Scozia proprio per discutere il tema della Brexit, rimane fiducioso. Secondo il premier britannico, infatti, ci sarebbe possibilità di trovare una nuova soluzione. E’ convinto che l’Ue possa concedere un nuovo accordo commerciale e, al contempo, eliminare la clausola del backstop. “Vogliamo ribadire che si tratta di un’idea sbagliata, morta e che va esclusa categoricamente. Possiamo stringere un nuovo patto con l’Europa”, ha dichiarato Johnson.
Le divergenze sull’uscita dal blocco hanno logorato i rapporti con le restanti parti del Regno Unito. A testimonianza di ciò,molti elettori scozzesi e nordirlandesi hanno votato per il ‘remain’ nel referendum del 2016. La promessa fatta dal leader del Partito Conservatore di abbandonare l’Unione europea, con o senza accordo, lo ha messo in disaccordo anche con alcuni suoi colleghi dei Tories, tra cui il capofila del ramo scozzese del partito, Ruth Davidson. Nel frattempo, la leader nazionalista, Nicola Stugeon, ha scritto a Johnson sottolineando come i suoi piani potrebbero danneggiare gravemente l’economia scozzese e che continuerà a programmare il secondo referendum sull’indipendenza del Paese. Prima di approdare ad Edimburgo, ha voluto minimizzare le minacce mosse all’unità della nazione, che ha descritto come “la migliore unione politica ed economica della storia”. Poi, lunedì, si è espresso anche sulla possibilità di nuove votazioni: “Il referendum del 2014 sull’indipendenza è stato un unicum e non ce ne sarà un altro”.
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(*) il presente articolo è stato già pubblicato il 31 luglio sulla Rivista “KILOMETRO ZERO” e ripreso dalla Consul Press, per gentile autorizzazione dello stesso autore, Fabrizio Federici, già nostro collaboratore nonché un nostro “Antico Amico”.
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