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A colloquio con Piero Tarticchio e Claudio Bronzin sul Giorno del Ricordo

DUE TESTIMONIANZE CHE ONORANO I LEGAMI DI SANGUE E DI SUOLO CEMENTANDO IL SENSO DEL RICORDO

Una conversazione con Massimiliano Serriello

La Memoria è fondamentale. Soprattutto quella Storica. Affinché i corsi e ricorsi storici non riguardino mai i reati commessi contro L’Umanità. Nel concetto di Umanità rientra il valore della Civiltà, della Patria, della Famiglia e della Fede. Il Ricordo è imprescindibile. Per non dimenticare. Non esistono guerre tra martiri della Champions League e martiri dell’Interregionale. I conti dei caduti portano fuori strada. Al pari delle distinzioni di comodo e delle discipline di fazione. La coscienza, cementata dall’onestà intellettuale, aliena alla palla al piede delle prese di posizione, permette di ascoltare il cuore. Al di là della sensibilità che veleggia sulla superficie. Per andare in profondità bisogna trascendere l’impressionismo soggettivo. Il numero dei caduti dello Shoa è un conto; quello delle vittime dei partigiani comunisti riguarda una parentesi isolata? Giustificabile? Chi usa le scorciatoie del cervello e sente il cuore solo quando gli tornano i conti delle impuntature ideologiche certe castronerie le andasse a dire guardandoli negli occhi, che non mentono mai a differenza dei seguaci delle banalità scintillanti della propaganda, a chi serba il Ricordo delle azioni d’infoibamento ai danni dei propri cari. Dei trasferimenti coatti. Dell’Esodo Giuliano Dalmata. Della condizione di esule indesiderato nel suo stesso Paese. Perché gli Istriani sono Italiani. Hanno scelto di esserlo sulla scorta dei veri legami di sangue e di suolo. Sarebbe interessante a quel punto ascoltare la campana degli alfieri dell’ipocrita e menzognero livellamento ugualitario, avvezzo sottobanco a portare l’acqua al mulino dell’appartenenza alla tessera di partito, in merito all’accoglienza nei confronti degli emigranti. Che affrontano viaggi impervi per venire nel Bel Paese. È stato un Bel Paese l’Italia per gli Istriani che si portavano dietro lutti, traumi e ricordi di un’efferatezza pianificata ed empia oltre ogni possibile immaginazione. Oggi è il Giorno del Ricordo. Un Giorno che volge al termine. Cosa ne resterà da qui a domani e nei giorni a venire?

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L’universo di Tolkien, uno specchio per comprendere il presente

J.R.R. Tolkien, uno dei più grandi autori del genere fantasy, scrisse in una delle sue lettere che  Ci vuole un grande amore per la realtà per usare la fantasia”. Scrittore, filologo, glottoteta, accademico e linguista inglese fu tra i fondatori di un gruppo di scrittori, The Inklings. Questi erano professori dell’Università di Oxford, che promuovevano la narrativa Fantasy; tra di loro anche C.S. Lewis, autore de Le Cronache di Narnia. Il suo capolavoro è senza dubbio “Il Signore degli Anelli“, preceduto da “Lo Hobbit“. Ma non possiamo tralasciare “Il Silmarillion“, pubblicato postumo dal figlio, in cui descrive la mitologia del mondo da lui creato, “La terra di Mezzo”.

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AUTOIRONIA E PSICOTECNICA DI 3 ATTORI IN AFFITTO

NON CALA IL SIPARIO PER I REGISTI E GLI INTERPRETI “DE CORE”

«Maledetto er core e chi ce l’ha» sosteneva Pasquino interpretato da Nino Manfredi in Nell’anno del signore di Luigi Magni. Per chi all’epoca della Roma papalina e baciapile si mascherava da “pecione” che ripara le scarpe ai signori e ignora l’alfabeto, per poi poter affiggere sui muri dell’Urbe il verbo del malcontento popolare col favore delle tenebre, l’etichetta di popolo “de core”, ossia buono, intento ad anteporre i sentimenti ai ragionamenti strategici, ed ergo all’arte della guerra sottobanco per svegliare le coscienze e unire l’Italia sotto il tricolore, non era un valore. Bensì un disvalore. Ci sarebbe da discutere. Tuttavia l’impasse delle prese di posizione pro e contro non trova nessun appiglio quando si tratta d’amore allo stato puro. Ed è quello che i registi, gli attori, le attrici d’oggi giorno, mica dell’Ottocento, sentono per le tavole del palcoscenico. Anche se è un retaggio dell’Ottocento, di Scarpetta, quest’amore per il teatro. La regìa e il cast di 3 attori in affitto raccolgono quel tipo d’eredità, tramandata di bottega in bottega? Cadono nell’accidia delle idee prese in prestito? Pagano dazio ai plagi camuffati da omaggi? Ci mettono del loro?

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Eclario Barone e Jacopo Ravenna in Lettera ad Amerigo

La doppia mostra alla Galleria Arte e Pensieri in memoria dell’artista Amerigo Schiavo

E’ stata inaugurata in questi giorni la doppia mostra degli artisti Jacopo Ravenna ed Eclario Barone, fortemente voluta in ricordo dell’amico Amerigo Schiavo. Artista e sculture salernitano classe 1963 che, spinto da Guttuso a perseguire questo percorso artistico, vi dedicò tutta la vita, diventando mentore per le nuove generazioni di artisti locali.

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A colloquio con Mavina Graziani e Vittorio Hamarz Vasfi su 3 attori in affitto

L’ARTE E LA PARTE DI DUE PUNTIGLIOSI SEGUACI DELL’INGEGNO MALINCOMICO

Una conversazione con Massimiliano Serriello

Il carattere d’ingegno creativo non si trova a buon mercato. Non abbocca all’amo delle furbizie levantine. Non smacchia i leopardi. Né gioca a basket coi puffi. Il carattere d’ingegno creativo trascende l’impasse della bellezza dell’asino e il tallone d’Achille delle inquadrature lusinghiere che spesso gli interpreti con poco talento, ma molti santi in paradiso, impongono ai registi provvisti d’estro. Ma a corto di personalità. Con buona pace della scrittura per immagini che veicola, nel buio della sala, una volta portato a termine il lavoro, ad hoc, l’inarrestabile combinazione di associazioni di pensiero ed emozioni profondissime. Mavina Graziani e il suo regista nonché attore Vittorio Hamarz Vasfi  (nella foto col sottoscritto) sul palcoscenico del teatro, come nella vita di tutti i giorni, si capiscono al volo. Senza pagare dazio ad alcun tipo d’incomprensione. 

Il rapporto tra immagine e immaginazione in 3 attori in affitto, che domenica torna a Velletri al Teatro Tognazzi per rinverdire la virtù della commedia dell’arte di far ridere amaramente e di far riflettere ironicamente, passa attraverso l’affiatamento. Ringrazio Mavina per avermi presentato Hamarz. 

Non ho ancora visto niente. Il Covid ha rotto le uova nel paniere a chi svolge la professione dell’interprete e del regista sulle tavole del palcoscenico. Tuttavia l’attitudine a stemperare nell’ironia le scorie dello stress per gli appuntamenti covati palmo a palmo e rimandati alle calende greche costituisce l’antidoto migliore contro l’ansia da prestazione. Hamarz questo tipo d’ansia non sa cos’è. Je rimbarza, come si dice nell’Urbe. Quello che gli preme è sottolineare gli sforzi compiuti da chi vuole guadagnare da vivere recitando senza mettere l’arte da parte. 

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