A colloquio con Mavina Graziani e Vittorio Hamarz Vasfi su 3 attori in affitto
L’ARTE E LA PARTE DI DUE PUNTIGLIOSI SEGUACI DELL’INGEGNO MALINCOMICO
Una conversazione con Massimiliano Serriello
Il carattere d’ingegno creativo non si trova a buon mercato. Non abbocca all’amo delle furbizie levantine. Non smacchia i leopardi. Né gioca a basket coi puffi. Il carattere d’ingegno creativo trascende l’impasse della bellezza dell’asino e il tallone d’Achille delle inquadrature lusinghiere che spesso gli interpreti con poco talento, ma molti santi in paradiso, impongono ai registi provvisti d’estro. Ma a corto di personalità. Con buona pace della scrittura per immagini che veicola, nel buio della sala, una volta portato a termine il lavoro, ad hoc, l’inarrestabile combinazione di associazioni di pensiero ed emozioni profondissime. Mavina Graziani e il suo regista nonché attore Vittorio Hamarz Vasfi (nella foto col sottoscritto) sul palcoscenico del teatro, come nella vita di tutti i giorni, si capiscono al volo. Senza pagare dazio ad alcun tipo d’incomprensione.
Il rapporto tra immagine e immaginazione in 3 attori in affitto, che domenica torna a Velletri al Teatro Tognazzi per rinverdire la virtù della commedia dell’arte di far ridere amaramente e di far riflettere ironicamente, passa attraverso l’affiatamento. Ringrazio Mavina per avermi presentato Hamarz.
Non ho ancora visto niente. Il Covid ha rotto le uova nel paniere a chi svolge la professione dell’interprete e del regista sulle tavole del palcoscenico. Tuttavia l’attitudine a stemperare nell’ironia le scorie dello stress per gli appuntamenti covati palmo a palmo e rimandati alle calende greche costituisce l’antidoto migliore contro l’ansia da prestazione. Hamarz questo tipo d’ansia non sa cos’è. Je rimbarza, come si dice nell’Urbe. Quello che gli preme è sottolineare gli sforzi compiuti da chi vuole guadagnare da vivere recitando senza mettere l’arte da parte.