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Armani: “è tempo di togliere il superfluo e ridefinire i tempi” lettera aperta al sistema moda

 

Nuovamente in prima linea Armani, dopo la donazione al Sacco di Milano e dopo aver convertito le su aziende affinché possano produrre camici per il personale medico, si fa sentire con una lettera aperta al mondo della moda. Uno sfogo a gran voce con il quale afferma che “lavorare così è immorale”.  Un bisogno, quello di ripartire, quando l’emergenza coronavirus sarà superata, dalle priorità rallentando quei ritmi forsennati che il sistema moda ha avuto in questi anni, da quando il lusso è diventato fast.

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Fase 2: maggio il mese delle possibili riaperture ma come sarà cenare nuovamente al ristorante?

Il 4 maggio, il giorno che tutti gli italiani hanno segnato in rosso sul calendario, partirà la tanto attesa fase 2. Sicuramente non  un “libera tutti” dopo il quale sarà tutto come prima, ma un piccolo passo verso la così desiderata normalità. Già da oggi 14 aprile, hanno riaperto librerie, cartolibrerie (ad eccezione della Lombardia), negozi di articoli per neonati e bambini; dal 20 aprile dovrebbe poter iniziare la produzione in diverse fabbriche. Dal 4 maggio appunto, riapriranno negozi e attività commerciali con ingressi che andranno probabilmente scaglionati in una qualche modalità ancora da definire. Poi toccherà a tribunali e studi professionali l’11 maggio; il 25 maggio riaprono estetisti, parrucchieri ma con ingressi singoli ed il 31 maggio ripartirà lo sport professionistico.

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I librai sono lavoratori non simboli

Riportiamo l’articolo di Adalgisa Marrocco pubblicato su  https://Huffington Post

 

“Dunque, saranno le librerie ad assumere il ruolo simbolico di un Paese che dovrà pian piano ripartire, rialzando le serrande dal 14 aprile (eccezion fatta per Campania, Lombardia e Piemonte: regioni che hanno preso decisioni autonome in materia rispetto alle indicazioni dell’ultimo Dpcm). Ma a quali condizioni? E a che pro?

Il provvedimento dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) dare un po’ di ossigeno al comparto dell’editoria, in queste settimane praticamente fermo (come quasi tutti gli altri settori) non solo a causa della chiusura delle librerie. Anche gli store online, infatti, lavorano comprensibilmente a scartamento ridotto e l’evasione degli ordini è lenta. Diverse librerie di quartiere hanno provato a riorganizzarsi con la consegna a domicilio (si veda, tra tutte, l’iniziativa #libridasporto), ma i dati del settore parlano chiaro.

Se l’Associazione Italiana Editori (AIE), infatti, riferisce un crollo del 75% dei fatturati, l’Associazione Librai Italiani (ALI) fa eco lamentando perdite, per le librerie indipendenti, di 25 milioni. A poco sembrerebbe servita l’entrata in vigore, a fine marzo, della legge sul libro che, limitando lo sconto massimo sul prezzo di copertina, metterebbe (almeno in teoria) i piccoli negozi di quartiere in grado di competere coi giganti dell’online.

Ma la riapertura delle librerie servirà davvero a ridare slancio al settore? Difficile pensarlo. Va da sé che un negozio aperto possa vendere e incassare, mentre un negozio chiuso non può farlo, ma ci sono alcuni elementi da tenere in considerazione. Il primo è che il tessuto delle librerie di quartiere, negli ultimi anni, è stato letteralmente decimato. Dunque, nelle grandi città (per non parlare della provincia), per trovare una libreria aperta è necessario muoversi con i mezzi o con la macchina: spostamenti al momento non consentiti.

In secondo luogo, la libreria appartiene a quella tipologia di negozio che funziona se può essere “vissuta”. Difficile pensare che, allo stato attuale, i lettori possano serenamente muoversi tra gli scaffali, sfogliare volumi o scambiare opinioni col libraio. C’è poi da aggiungere che le piccole librerie hanno puntato molto, negli ultimi anni, sulle presentazioni e sugli eventi, attività purtroppo irrealizzabili ora, e chissà per quanto tempo. Queste variabili non sfuggono ai negozianti del settore: in diversi hanno già annunciato che, nonostante il via libera, non rialzeranno la serranda. Anche e soprattutto per non mettere a repentaglio la propria salute, quella dei dipendenti e dei clienti. Non è chiaro, infatti, quali misure vadano adottate per garantire la sanificazione degli ambienti (nonché dei libri) e la sicurezza di librai e lettori nella frequentazione dei punti vendita.

Nelle scorse ore, un gruppo di 150 librai (indipendenti e di catena) hanno redatto una lettera pubblicata da Minima&Moralia, in cui si legge: “Riaprire le librerie non può essere considerato un puro gesto simbolico, ma deve essere un’azione strutturata e gestita nella sua complessità, così come dovrebbe avvenire per tutte le altre attività necessarie alla vita sociale”.

“Tanti di noi hanno continuato a lavorare senza alcuna certezza di sostegno economico, ad altri non è stato possibile portare avanti il proprio lavoro nel quotidiano, ma non abbiamo mai smesso di fare cultura […] Ora non abbiamo intenzione di esporci al solo scopo di fingere una ‘ripresa culturale delle anime’ che ci potrà essere davvero solo quando sarà possibile la messa in sicurezza di tutti i corpi. In mancanza di garanzie sulle richieste qui avanzate molti di noi si riservano di non riaprire comunque l’attività nemmeno dopo l’entrata in vigore del decreto, finché non sarà possibile esercitare il nostro lavoro nelle condizioni e con le tutele adeguate”, si legge ancora nella lettera redatta da LED – Librai Editori Distribuzione in rete.

E come dichiara la stessa Associazione Librai Italiani , che pure ha accolto con favore il provvedimento del governo, sarebbero altre le misure di cui il settore avrebbe bisogno. “Chiediamo l’istituzione di un Fondo speciale con contributi a fondo perduto”, dichiara il presidente Paolo Ambrosini. Difficile pensare a misure drastiche, soprattutto in un periodo di crisi. Ma qualcosa, forse, potrebbe essere fatto su altri fronti.

Un’idea potrebbe essere quella di estendere il regime forfettario al settore dell’editoria: per le piccole attività significherebbe un taglio importante dei contributi previdenziali, che attualmente rappresentano una ‘stangata’ da quattromila euro l’anno. Un’altra possibilità potrebbe essere quella di un equo canone per l’affitto dei locali alle librerie, da compensare con una cedolare secca e un taglio dell’IMU per i proprietari”, mi racconta un ex libraio indipendente che, come altri colleghi, la saracinesca ha dovuto abbassarla due anni fa. Definitivamente.

Restituire alle librerie la loro centralità è encomiabile ma, al di là dei romanticismi, bisogna essere pragmatici. Perché i librai sono lavoratori, non simboli. Perché le librerie non sono solo luoghi di sogno, ma anzitutto luoghi di lavoro.

 
 

DEMOCRAZIA FUTURISTA

Dal secondo Manifesto futurista: “La Democrazia futurista – Dinamismo politico”, di Filippo Tommasi Marinetti 1919 per la Rinascita italiana 

Raffaele Panico

Ci ritroveremo dopo l’estate tornati negli anni Cinquanta. Dovremmo perciò porci subito la domanda, come fare? La Rinascita italiana senza mezzi termini deve opportunamente essere tanto di sinistra quanto di destra non importa, purché ci consenta livelli di vita sostenibili. Ritrovare dunque quasi a voce sommessa la vera Italia, quella dei padri e padri dei padri, nel tempo che si ripresenta come la pandemia della spagnola oggi covid-19 e quello che una volta si diceva unire il Paese Reale e quello Legale. Tutto il resto, la fuffa, verrà travolto dall’onda della verità storica. Un po’ come già avvenne in campo sovietico quando si iniziava a parlare di trasparenza a partire dal 1986-87 tempi di Gorbaciov. Ora noi possiamo agire in fretta grazie alla rete delle nuove comunicazioni e mettere mano a una situazione drammatica tragica surreale. Tutta la manfrina dei Diritti senza Doveri imposta da vinti e vincitori insieme dal 1944, con la dichiarazione universale degli americani, e dal 1948 gli italiani e le idee di Giorgio La Pira, è andata al vento e volge al termine. Tutti i riferimenti, i paradigmi, sono mutati!

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Bruno Caruso un occidentale in Vietnam

“L’analisi della Situazione del Mondo oggi manifesta che il secolo passato, il Novecento, ha lasciato irrisolti problemi e significative tracce, molteplici, profonde, multiformi, a fronte delle quali troviamo poche soluzioni risolte. Sebbene molte sono state le vie intraprese anche nonostante e contro i maggiori egoismi e esclusioni che sembrano la norma, per lo sviluppo della persona e le nuove generazioni. La Situazione del Mondo passata e presente ha prodotto sforzi spesso riduttivi rispetto alle prospettive dei primi sette decenni del Novecento e delle successive previsioni nell’ultimo cinquantennio. L’esame, l’analisi, rivedere Il Diario del Mondo e la Situazione, le occasioni mancate tanto nei regimi totalitari quanto nei regimi a carattere democratico, ed esaminare le trasformazioni in luoghi e nel tempo con le voci dei protagonisti, ci permette una disanima più esaustiva, previsionale e a carattere universale.”

Raffaele Panico

Bruno CARUSO un Occidentale in Vietnam. Una intervista – maggio 2005
Redazione testo a cura di Raffaele Panico

Bruno Caruso e l’Arte

Caruso, nato a Palermo l’8 agosto 1927, è scomparso il 4 novembre 2018 a Roma, all’età di 91 anni. Si vuole ricordare una intervista inedita che si è svolta nel suo studio artistico, dove si trova la finestra sul Teatro Marcello, al centro di Roma, ricorrente nelle sue lezioni su l’arte, e dove il pittore Bruno Caruso spiega i suoi rapporti con Giorgio De Chirico di fronte ad una sua tela dipinta che reinterpreta l’opera “Isola dei Morti” di Boecklin, in cui Caruso aveva sovrapposto un ritratto dell’amico pittore.

Ma l’abbinamento alla pittura di Boecklin, e all’Isola dei Morti, non piaceva a De Chirico, questioni di “iella” sorride e spiega Caruso.

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A 500 Anni dalla Morte di Raffaello Sanzio III°

PARTE TERZA
IL GENIO RINASCIMENTALE AL PANTHEON

Nel giorno del Venerdì Santo di 500 Anni fa, il 6 Aprile 1520, moriva a Roma il grande artista Raffaello Sanzio, giovanissimo all’età di 37 anni. Per sua volontà fu sepolto al Pantheon. Fu un evento che sconvolse gli animi, notizia sopraggiunta all’improvviso, dopo appena un anno dalla morte di un altro Genio Universale Leonardo da Vinci, 2 Maggio 1519.

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