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Giovanni Morandi, l’ inviato speciale de “La Nazione”, scrive un resoconto degli scorsi trent’anni

Un giornale fatto coi piedi

Giovedì 11 luglio a Firenze, al Teatro Niccolini, è stato presentato un libro insolito: è un diario, è una raccolta di suggerimenti , ma è soprattutto un riepilogo di storia nazionale e no che va dagli anni settanta a qualche anno fa.

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Polemizzando sulla Teologia della Liberazione con “IL SOLE 24 ORE” ed il Cardinale RAVASI

“Il Sole 24 Ore” censura le critiche sulla Teologia della liberazione

La Redazione della Consul Press pubblica parte della risposta del Senatore Riccardo Pedrizzi ad un articolo del Cardinale Gianfranco Ravasi apparso nell’inserto della Domenica de “Il Sole 24 Ore” e che, sino ad oggi, la Redazione di tale quotidiano economico ha ritenuto non dover “ospitare”.  Ciò, probabilmente, per non dispiacere all’ illustre Collaboratore fisso domenicale e con l’intento di non aprire (come era stato fatto pur presente al Direttore del quotidiano editato dalla Confindustria) un dibattito sulle varie sensibilità presenti nel mondo cattolico ma che, evidentemente, si vogliono ignorare per non “disturbare il manovratore”.

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A colloquio con Maria Pia Paravia, autrice di libri d’arte che cattura gli istanti epocali

LA RICERCA DELLA SEMPLICITÀ DI MARIA PIA PARAVIA:
UN’ INTELLETTUALE DEDITA ALLA GEOGRAFIA EMOZIONALE

Una conversazione con Massimiliano Serriello

Non è certo un caso che Pioggia nel pineto di Gabriele D’annunzio sia la sua lirica preferita.

Il senso di appartenenza si va ad amalgamare a spron battuto alla conoscenza delle immagini del territorio. La loro evocazione, lungi dal fermarsi in superficie, penetra le viscere e colpisce tanto al cuore quanto al cervello. I mezzi per raggiungere l’espressione artistica spesso sono più misteriosi del dovuto. La colpa è dei tromboni che si atteggiano a eruditi spiegando in modo difficile cose in verità semplici. A Maria Pia Paravia interessa compiere l’operazione contraria. A beneficio dei lettori che non devono sentirsi intimiditi dalla ricercatezza di un linguaggio per certi versi terroristico.
La geografia emozionale l’ha guidata nella stesura del libro Pompei. Crononi: gli ultimi istanti.
La densità lessicale impreziosisce la scelta di parole brevi, intense, folgoranti.
Le possibilità di rilettura ed ergo di riflessione vanno oltre certe elucubrazioni care ai falsi esperti che vogliono fare la parte dei leoni, anche se hanno il cuore delle pecore e l’occhio annebbiato quando si tratta di discutere gli elementi costitutivi dell’estro.
Le poche righe, intrise di un lirismo pervicace, con dei cortocircuiti talora perfino schernitori, favoriscono invece il passaggio dal lavoro di sottrazione, fiore all’occhiello dei maestri dell’antiretorica, alla negazione della morte. La grande mietitrice non è mai nominata ma orienta la signora Paravia pure nei cascami teatrali ed espliciti rei, di quando in quando, di smentire la natura asciutta ed essenziale dei nastri di partenza. La folta galleria dei personaggi, costretti a coniugare la loro vita all’imperfetto nel momento in cui Pompei resta vittima dell’atroce evento eruttivo, riesce, al contrario, ad appaiare i timbri interiori ed esteriori e conferire, perciò, la stessa precisione di accenti e sfumature a un’ampia gamma di umori.
L’istante prima della fine diviene un valore di rappresentazione inedito, sebbene gli echi cinematografici si sprechino, perché congiunto al livello d’iconocità costituito dai quadri, dai graffiti e dalle sculture che accompagnano il lettore in un viaggio sui generis. Odi et amo. Viene da pensare a Catullo e al suo celebre distico giacché il confronto dell’amor vitae con il cupio dissolvi riserva molte sorprese.
I sentimenti contrastanti cedono poi spazio alla topofilia, intesa come amore per dei luoghi da proteggere. Bisogna evitare che la storia si ripeta imparando dal passato. Il monito per Maria Pia non assume tuttavia mai i toni saccenti dell’oracolo. La forza dell’ironia la sorregge al punto dal garantire una sapida pregnanza al disegno psicologico dei caratteri costretti a condividere lo spietato destino col luogo natìo. Il fatto predominante resta lo schietto desiderio di non trascinare mai il lettore nel tedio alleggerendo l’intero contesto con l’egemonia dell’autentico lirismo della narrazione sull’esplosiva ambiguità della poesia. Che si manifesta lontano dai fuochi fatui del consumismo e dal dubbio gusto del pettegolezzo. Il gusto dimenticato sta addosso al presente. Il recupero della lingua osca, scambiata per un’operazione arcaica dagli scettici avvezzi a usare le scorciatoie del cervello, rinsalda un tipo di fonetica capace di arricchire la dimensione spoglia ed evocativa dei versi. Ulteriormente impreziositi dal margine d’enigma ad appannaggio dell’arte.

La razionalizzazione dell’assurdo, frammisto agli elementi del reale legati al senso dell’addio insito nel trapasso, prevede la dolcezza riposta nell’illusione dei miracoli. Si tratta d’istanti fulminei. L’inevitabile avverrà. Ma aver saputo allargare i confini della fantasia non è un’accattivante reclame. Bensì la prerogativa della fabbrica dei sogni. L’idea di un documentario, sulla scorta del mix di acuto ragguaglio ed elaborazione creativa in grado di trascendere la registrazione nuda e cruda di quegli sconvolgenti accadimenti, non è certo campata in aria. Bisogna capire quale regista raccoglierà la sfida per coordinare i fattori espressivi uniti al nesso tra habitat ed esseri umani. Intanto Maria Pia (nella foto) ha già pronto un altro libro. La sua verve non conosce soste.

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1). D / Per quale motivo ha scritto un libro d’arte incentrato sul territorio raccontando l’esperienza della ‘non vita’?
R /
L’ho ambientato a Pompei perché sono campana: amo la mia regione in maniera viscerale. Inoltre ho vissuto l’esperienza del coma. Per ben tre volte. Quando ne sono uscita, ho compreso che la velocità con cui rivedevo la mia vita era sorprendentemente breve. Ho messo i crononi nel titolo di questo libro in quanto rappresentano proprio un milionesimo di secondo.

2). D / Tra i suoi criteri di valore ha quindi una parte importante la virtù di allargare gli spazi dell’immaginario cogliendo l’attimo?
R / Sì. Ognuno di noi imposta la vita a modo proprio: razionalmente o irrazionalmente. Come diceva Benedetto Croce (nella foto): c’è l’intelligenza emotiva e c’è l’intelligenza razionale. Essendo fornita in discreta misura di entrambe, ho sempre razionalizzato la scrittura ricercando la semplicità. Molte scritture complesse mancano di acume e abbondano di superbia. Quelle semplici sono le migliori: hanno il dono dell’estro e della sintesi. Per cui ho voluto riassumere nel libro in quattro o cinque righe i tratti essenziali di una personalità traducendo la complessità in semplicità. Nasco come settecentista e quel percorso, insieme all’esperienza di eventi traumatici ma rivelatori, mi ha insegnato a spiegare le cose difficili in modo semplice. Di presa immediata.

3). D / Così facendo ha razionalizzato anche l’assurdo poetico, in altre parole la parte irrazionale connessa alla poesia?
R / Dante Alighieri
applicava i concetti geometrici ed euclidei e quindi razionalizzava le cose. Anche quella a cui lei fa riferimento: l’aura contemplativa. Che serve a riconoscere la vera poesia e distinguerla dal poeticismo.

4). D / Nell’introduzione di Pompei. Crononi: gli ultimi istanti cita lo scrittore e poeta Lawrence Durrell in Balthazar. Crede davvero che ogni interpretazione della realtà sia unica?
R / Ho imparato tanti anni fa che la verità comprende tante sfaccettature: non esiste una verità assoluta. Come non esiste, a parer mio, un Dio assoluto e una religione assoluta. Non c’è nulla di assoluto né di certo. L’unica cosa certa è il cambiamento. Ognuno di noi può osservare la verità attraverso un’ottica personale. Ma non è detto che sia la verità. Non credo quindi tanto nell’interpretazione della verità quanto piuttosto nella percezione della sensazione. È una cosa molto diversa.

5). D / Il dialogo con la morte rimanda, in chiave cinefila, a Il settimo sigillo di Ingmar Bergman e all’ironia sopraffina ed eminentemente surreale dell’ingegnoso Luis Buñuel. Quali sono gli altri suoi numi tutelari?
R / L’unico autore che amo in modo totale e incondizionato è Samuel Beckett (nella foto). Dopo di lui, è tutto cambiato. Confesso di non aver letto l’Ulisse di Joyce. Anche se mia sorella è un’esperta del drammaturgo irlandese. Però io trovo noioso il suo modo di scrivere. Una barba! Pure Ezra Pound, che lei apprezza molto, è pesante in alcuni passaggi. Ritengo che la demitizzazione in tal senso sia utile e altresì giusta. Anche quando vediamo in questa prospettiva i personaggi di potere, fuori dai loro alti incarichi, emerge un lato ridicolo e quindi degno di nota.

6). D / Indro Montanelli scrivendo Storia di Roma ha attuato un criterio simile. A beneficio del lettore, che avrebbe pagato sennò dazio alla noia con eventi epocali e monumenti statici.
R / Lei è molto perspicace. Antonio Spinosa è stato il mio padrino ma Montanelli è stato il mio maestro. Ho ancora chiari in testa i suoi insegnamenti: parla molto, scrivi poco.

7). D / Perché nel suo libro il congedo dalla vita ha un ruolo di prim’ordine?
R /
Ho cercato di rappresentare molti congedi. C’è chi, tra loro, lotta, impreca, si abbandona, sospira. Alcuni affrontano l’addio alla Vita in modo inconsapevole. Per dabbenaggine oppure per innocenza. Come il bambino che invoca la Madre. Metto in risalto, con poche righe, la dignità delle persone in procinto di morire. Una mamma quando partorisce non deve mai gridare. Il decoro è importante. Sia quando si viene al mondo sia nel momento del congedo dall’esistenza occorre estrema eleganza.

8). D / Nel recupero della lingua osca è stata ispirata dalla nostalgia del passato o dal desiderio di semplificare le cose complesse?
R / Ho chiesto a Gianni Letta di far leggere questo mio libro a l’uomo più cattivo di sua conoscenza. Il quale invece ha dato un responso positivo. Allora ho pensato di scriverlo in latino. Tradotto con il fronte retro. E lui si è messo a ridere: “E chi lo leggerà?”. Il recupero però della lingua osca, che si trova nelle scritte sulle facciate della città sepolta dall’eruzione del vulcano, era necessario. Ai fini di un idoneo lirismo narrativo. Il passato serve per il presente. Lo Tsunami ha causato gli stessi disastri, pure dal punto di vita ecologico. Gli esperimenti atomici in quelle zone sono all’origine del cataclisma. Ciò mi ha ferito profondamente ispirando il desiderio di redigere un libro semplice per trattare di qualcosa di complesso che riguarda il passato e il presente. Un conto però sono le calamità naturali e un altro gli addetti ai lavori che vendono i cieli. Che non sono loro.

9). D / La scelta del fronte retro in italiano e in inglese invece a cosa è dovuta?
R /
Al fatto, in primo luogo, che io scrivo poco: la casa editrice doveva pubblicare un libro corposo. La seconda ragione risiede nel fatto che come libro d’arte si prestava a un largo oggetto di studio ed esame critico all’estero anche per le tesi di laurea.

10). D / Certe tipologie di personaggi che mette in luce, dall’usuraio alla meretrice, acquistano uno spicco particolare. Il passaggio dal semplice “vedere” all’attento “guardare” coinvolge anche l’interazione tra “apparire” ed “essere”?
R /
Ci sono due modi di percepire la realtà. Uno è capire, l’altro è comprendere. A capire è capace pure un bambino. Comprendere implica la necessità di soffermarsi sui valori dell’esistenza. Per me la comprensione è un atto infinito.

11). D / E quindi sarà la comprensione, intesa nella sua accezione metafisica, ad animare pure le pagine del suo prossimo libro per produrre degli effetti empatici?
R /
Affronterò
in questa chiave di riflessione ed empatia un personaggio storico bistrattato. Una donna che invece di essere compresa è giudicata. La comprensione costituisce il più alto livello d’intelligenza. Comprendere significa rispettare e quindi dare dignità agli altri come si dà a sé stessi. È un valore assoluto. Il migliore.

12). D / L’autorialità, intesa come la capacità di raccontare un fatto intimo trovando la corrispondenza in uno collettivo, può rendere lo stato psichico del lettore simile a quello del sogno?
R /
Ci riescono, come ha dato bene a intendere lei, solo gli autori. I grandi maestri. Il compianto Andrea Camilleri (nella foto), scomparso appena due giorni fa, era uno di questi. Un genio. Perché ha fatto sognare i suoi lettori con dei testi apparentemente scarni, se non rozzi, in realtà pieni di senso. Sapeva condurre il lettore in un’altra atmosfera. 

13). D / La logica comunicativa dell’immagine, quando è superficiale, sottrae forza significante alla parola. Nel suo caso, invece, le immagini prese dal Museo archeologico di Napoli contribuiscono ad accrescere il rapporto tra spazio e tempo. La parola, connessa un alto margine d’enigma, è stata la ciliegina sulla torta?
R /
La pittura di per sé è muta. La componente parlata, ridotta all’essenzialità a beneficio del lettore, diviene un arricchimento anche se, come lei ha sottolineato, contiene una sorta di trappola enigmatica. Come dire che non voglio stressare chi legge con una scrittura aulica e logorroica ma mi servo del carattere enigmatico per stimolare nel profondo il modo di percepire le cose. Questo significa dare voce alle immagini.

14). D / In effetti l’interazione tra le parole, sintetiche ma dense, e le immagini trasmette la percezione del viaggio. Un documentario può tradurre ancor meglio in immagini queste tecniche ascetiche?
R / Nel momento in cui mi accingo a scrivere ho in mente molto il teatro. E anche il cinema. Le visualizzazioni sono al contempo nitide e colme di significato. Questo testo è già pronto sia per il proscenio sia per il grande schermo. Educare i giovani al pensiero attraverso la scrittura classica e pure tramite la scrittura per immagini, tipica del cinema, è una cosa che si può e si deve fare. Occorre, chiaramente, saperlo fare.

MASSIMILIANO SERRIELLO

Così si scrive il futuro – intervista a Mauro Mazza

 

“Soltanto se la politica saprà individuare e vivere principii e valori di riferimento, ispirando a questi programmi e progetti, un’affermazione elettorale non sarà un successo precario, ma la prima pagina di un domani impegnativo e avvincente”. Pensa alla politica ad ogni latitudine Mauro Mazza, ma soprattutto alla destra, quando dice: “Se ci sarà un’altra occasione, e tutto lascia immaginare che sia così nel prossimo futuro, si dovrà fare tesoro degli errori del recente passato. Chi è maggioranza elettorale ha il dovere di agire nel profondo, di segnare il tempo della propria responsabilità, di far discendere le scelte dalla cultura che dà fondamento all’azione politica”.

Nel suo recente saggio “In Coscienza” (Pagine editore, 2019, pagg. 212, € 18,00) l’analisi dello studioso si sovrappone all’esperienza del giornalista. Marco Marconi ha intervistato Mauro Mazza, già direttore Rai e autore di una decina libri, tra saggi e romanzi.

Al centro della sua riflessione, in questo libro, figura una politica oggi in evidente affanno, incapace di coinvolgere le nuove generazioni nell’impegno e nell’azione. Da dove nasce questa crisi?

Mi sono convinto che la crisi della politica sia cominciata quando si sono affievoliti, fino a scomparire, i riferimenti culturali, i valori e i principii, l’ambizione di cambiare il corso delle cose. Quel bagaglio dava ai partiti il senso di un essere comunità. Per le generazioni del dopoguerra la politica era attrattiva, chiamava all’impegno, alla militanza. Riusciva a calamitare la “meglio gioventù”. Oggi non è più così. I giovani migliori sono indifferenti alla politica, con poche eccezioni. Preferiscono altre forme di partecipazione. Direi che, con il venir meno delle ideologie, non si è saputo né voluto riempire quel vuoto. Ci si è accontentati di conquistare un consenso precario e volatile con forze politiche destinate a breve vita, talvolta a travolgenti successi e a rovinose, rapidissime cadute.

– Pensiero gender, superstizione, tecnocrazia, predominio dell’economia e della finanza sulla politica. Le gerarchie morali della tradizione – scrive nel suo libro – appaiono sovvertite. Cosa stiamo perdendo in questo processo? E cosa servirebbe per correggere la rotta?

Oggi la politica è soggetta all’economia e questa alla grande finanza. Per secoli non è stato così. La superiorità della morale della politica, l’interesse di una parte, era accettata dall’economia, la cui morale era l’utile. Sopra tutto era però la morale religiosa, il bene comune, la consapevolezza di cosa fossero il bene e il male, il vero e il falso. Come si può correggere la rotta? Forse individuando temi che uniscano, impegni comuni, battaglie condivise. Sarebbe un segno molto importante se, ad esempio, le culture più attente e sensibili – cattoliche o laiche, cristiane o realmente “illuminate” – si unissero nella condanna dell’aberrante pratica dell’utero in affitto: una forma disumana di schiavitù, un’offesa della dignità della vita umana, un sopruso nei confronti di donne deboli, povere, disperate. Sarebbe una buona battaglia, da condurre nel Palazzo di Vetro, a Strasburgo, nei parlamenti nazionali.

Nel libro molte pagine sono dense di ricordi della politica italiana nella Prima Repubblica. Con particolare attenzione al percorso della Destra, dal “ghetto” al governo. Cosa ci può essere dietro l’angolo per questo versante della politica?

La Destra italiana ha avuto diverse espressioni. In un certo senso, la storia della Democrazia cristiana è stata anche quella di un partito che convogliava un consenso certamente moderato, di destra, per seguire quasi sempre politiche di apertura a sinistra. Poi è venuto Berlusconi, che segnato un’epoca. Ha portato Il MsI-An al governo, ha impedito che sulle macerie del vecchio sistema prevalesse la sinistra post-comunista. Ma non è riuscito a realizzare la promessa “rivoluzione”. Colpa di una coalizione sui generis, ma anche della disattenzione alla cultura politica che avrebbe dovuto guidare le scelte. Le tv berlusconiane e le case editrici controllate dal suo gruppo non hanno accompagnato né sostenuto l’avventura. Ora tutto lascia prevedere che ci possa essere una nuova opportunità per la Destra. Ma soltanto con un’ispirazione politico/culturale precisa, con una classe dirigente selezionata per competenze e per rigore etico, si potrebbe sperare in un esito diverso e migliore.

 

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Il cardinale Müller critica l’ “Instrumentum laboris” del Sinodo sull’Amazzonia

SUL CONCETTO DI RILEVAZIONE,   
come riportato nell’ Instrumentum Laboris del Sinodo sull’Amazzonia

Il Cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha reso noto un documento in cui analizza alcuni punti chiave dell’ Instrumentum Laboris, la bozza di lavoro del Sinodo sull’Amazzonia pubblicata dalla Santa Sede lo scorso 17 giugno. Questo documento, secondo il cardinale Müller, contiene un “falso insegnamento” riguardante soprattutto le fonti della Rivelazione.  La dichiarazione del cardinale Müller, che appare il 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo, viene pubblicata contemporaneamente in quattro lingue: in italiano da Corrispondenza Romana; in inglese da LifeSiteNews; in tedesco da Die Tagespost, Kath.net e CNA Deutsch; e in spagnolo da Infovaticana
“Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello già posto, che è Gesù Cristo” (1 Cor 3, 11)

A seguire il testo trasmesso alla Redazione di Consul Press, da parte di 
“C R” – AGENZIA  CATTOLICA d’INFORMAZIONE 

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1. Sul metodo dell’Instrumentum Laboris (IL)

Nessuno metterebbe in discussione la buona volontà di coloro che sono coinvolti nella preparazione e attuazione del sinodo per la Chiesa in Amazzonia e la loro intenzione di fare tutto il possibile per promuovere la Fede cattolica tra gli abitanti di questa grande regione e il suo affascinante paesaggio.  La regione amazzonica deve servire per la Chiesa e per il mondo “come pars pro toto, come paradigma, come speranza per il mondo intero” (IL 37). Già questo compito stesso mostra l’idea di uno sviluppo “integrale” di tutti gli uomini nell’unica casa della terra, per la quale la Chiesa si dichiara responsabile.
Questa idea si trova ripetutamente nell’Instrumentum Laboris (IL). Il testo stesso è diviso in tre parti: 1) La Voce dell’Amazzonia; 2) Ecologia integrale: il grido della terra e dei poveri; 3) Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranza. 
Queste tre parti sono costruite secondo lo schema che anche la Teologia della Liberazione usa: Vedere la situazione – giudicare alla luce dei Vangeli – agire per stabilire condizioni di vita migliori.

2. Ambivalenza nella definizione dei termini e degli obiettivi

Come spesso accade quando si scrivono questi testi preparatori, ci sono sempre gruppi di persone con una mentalità simile che lavorano su singole parti con il risultato che ne derivano faticose ridondanze. Se si dovessero cancellare rigorosamente tutte le ripetizioni, il testo potrebbe facilmente ridursi a metà della sua lunghezza, e forse anche meno. 
Il problema principale però non è la lunghezza quantitativamente eccessiva, ma il fatto che i termini chiave non vengono chiariti e vengono utilizzati in modo inflazionistico: cos’è un percorso sinodale, cos’è lo sviluppo integrale, cos’è una Chiesa samaritana, missionaria, sinodale e aperta? Oppure una Chiesa protesa verso l’esterno, la Chiesa dei poveri, la Chiesa dell’Amazzonia e altro ancora? Questa Chiesa è qualcosa di diverso dal Popolo di Dio o deve essere intesa semplicemente come la gerarchia di Papa e Vescovi? E ne costituisce una parte, o si trova dalla parte opposta al popolo? Popolo di Dio è un termine sociologico o teologico? O non è piuttosto la comunità dei fedeli, insieme ai loro pastori, ad essere in pellegrinaggio verso la vita eterna? Sono i vescovi che dovrebbero ascoltare il grido del popolo, o è Dio che, proprio come fece a suo tempo con Mosè durante la schiavitù di Israele in Egitto, ora dice ai successori degli Apostoli di allontanare i fedeli dal peccato e di preservarli dall’empietà del naturalismo e dell’immanentismo secolarista per condurli alla salvezza per mezzo della Parola di Dio e dei sacramenti della Chiesa?

3. Ermeneutica al rovescio

La Chiesa di Cristo è stata forse posta dal suo Fondatore come una sorta di materia grezza nelle mani di vescovi e papi, che – illuminati dallo Spirito Santo – possono ora trasformarla in uno strumento aggiornato, con degli obiettivi anche secolari? 
La struttura del testo presenta un’inversione radicale nell’ermeneutica della teologia cattolica. Nella concezione classica, la relazione tra la Sacra Scrittura e la Tradizione apostolica da una parte, e il Magistero della Chiesa dall’altra, è stata determinata in modo tale che la Rivelazione è pienamente contenuta nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, mentre è compito del Magistero – assieme al sensus Fidei di tutto il Popolo di Dio – di dare interpretazioni autentiche e infallibili. La Sacra Scrittura e la Tradizione sono quindi i principi costitutivi per conoscere la professione di Fede cattolica e il suo riflesso teologico-accademico. Il Magistero, per parte sua, agisce in maniera semplicemente interpretativa e regolativa (Dei Verbum 8-10; 24).
Invece, nel caso dell’IL, è esattamente l’opposto. L’intera linea di pensiero si trasforma in percorsi autoreferenziali e circolari attorno ai nuovi documenti magisteriali di Papa Francesco, nei quali vengono inseriti alcuni riferimenti a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. La Sacra Scrittura viene citata poco, i Padri della Chiesa a malapena e, quando lo sono, in maniera esclusivamente illustrativa e per sostenere tesi già preesistenti per altri motivi. Forse si vuole mostrare così una speciale lealtà al Papa, o si crede, in questo modo, di essere in grado di evitare le sfide del lavoro teologico, rimandando costantemente alle ben note e spesso ripetute parole-chiave di Francesco, che gli autori del documento chiamano – in un modo piuttosto sciatto – “il suo mantra” (IL 25). Questa adulazione viene poi portata all’estremo quando gli autori, dopo aver affermato che “il soggetto attivo dell’inculturazione sono gli stessi popoli indigeni” (IL 122), aggiungono la strana formulazione secondo cui “come ha affermato Papa Francesco: ‘La grazia suppone la cultura’”. Come se fosse stato lui a scoprire questo assioma – che è ovviamente un assioma fondamentale della stessa Chiesa cattolica. Nell’originale, però, è la Grazia che presuppone la Natura, così come la Fede presuppone la Ragione (cfr. Tommaso d’Aquino, Summa  theologiae, I, q. 1 a.8).

Accanto alla confusione dei ruoli sia del Magistero che della Sacra Scrittura, l’IL arriva addirittura a pretendere che ci siano nuove fonti di Rivelazione. IL afferma al n. 19: “Inoltre, possiamo dire che lAmazzonia – o un altro spazio territoriale indigeno o comunitario – non è solo un ubi (uno spazio geografico), ma anche un quid, cioè un luogo di significato per la fede o lesperienza di Dio nella storia. Il territorio è un luogo teologico da cui si vive la fede ed è anche una fonte peculiare della rivelazione di Dio. Questi spazi sono luoghi epifanici dove si manifesta la riserva di vita e di saggezza per il pianeta, una vita e una saggezza che parlano di Dio”. 
Se qui un determinato territorio viene dichiarato “una fonte peculiare della rivelazione di Dio”, si deve affermare che si tratta di un insegnamento erroneo, in quanto per 2.000 anni, la Chiesa cattolica ha infallibilmente insegnato che la Sacra Scrittura e la Tradizione Apostolica sono le uniche fonti di Rivelazione e che nessuna ulteriore Rivelazione può essere aggiunta nel corso della storia. Come afferma la Dei Verbum, “non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica” (4). La Sacra Scrittura e la Tradizione sono le uniche fonti di Rivelazione, spiega la Dei Verbum (7): “Questa sacra Tradizione e la Scrittura sacra dell’uno e dell’altro Testamento sono dunque come uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia, com’egli è”. “La sacra tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa” (Dei Verbum 10),

Oltre a queste impressionanti dichiarazioni e riferimenti, l’organizzazione Rete Ecclesiale Panamazzonica (= REPAM) – che è stata incaricata della preparazione dell’IL e che è stata fondata proprio per questo nel 2014 – così come gli autori della cosiddetta Theologia india [Teologia indiana], nel testo citano principalmente sé stessi. 
È dunque una ristretta società di persone con la stessa visione del mondo, come si evince facilmente anche dalla lista dei nomi di coloro hanno partecipato agli incontri pre-sinodali a Washington e a Roma, dove troviamo un numero sproporzionato di europei per lo più di lingua tedesca. 
Questi uomini si sentono immuni dalle più serie obiezioni perché ritengono che esse si basino solo su di un dottrinalismo o un dogmatismo monolitici, così come su di un ritualismo (IL 38; 110; 138), o su di un clericalismo incapace di dialogo (IL 110), sul rigido modo di pensare dei farisei o sull’orgoglio della ragione degli scribi. Discutere con persone di questo genere sarebbe per loro solo una perdita di tempo e uno sforzo inutile.

Tra loro, non tutti conoscono il Sud America e partecipano solo perché pensano che ciò sia in linea con la strategia ufficiale e possa servire a controllare i temi dell’attuale percorso sinodale della Conferenza episcopale tedesca e del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (abolizione del celibato, accesso delle donne al sacerdozio e a posizioni chiave di potere contro il clericalismo e il fondamentalismo, adattamento della morale sessuale rivelata all’ideologia di genere e apprezzamento per le pratiche omosessuali). 
Io stesso sono stato attivo in campo pastorale e teologico in Perù e in altri paesi per 15 anni consecutivi, ogni anno per 2-3 mesi, principalmente nelle parrocchie e nei seminari sudamericani. Non sto quindi giudicando in una prospettiva puramente eurocentrica, come certamente qualcuno vorrebbe rimproverarmi. 
Qualsiasi cattolico concorderà con un’importante obiettivo dell’IL, e cioè che i popoli dell’Amazzonia non dovrebbero essere oggetto di colonialismo o neocolonialismo, né oggetto di forze interessate solo al profitto e al potere, a scapito della felicità e dignità degli altri. È chiaro nella Chiesa, nella società e nello stato che le persone che vivono lì – specialmente i nostri fratelli e sorelle cattolici – sono uguali e agiscono liberamente nelle loro vite e nel loro lavoro, nella loro Fede e nella loro morale, e in ciò sta la nostra comune responsabilità davanti a Dio. Ma come può essere realizzato questo?

4. Il punto di partenza è la rivelazione di Dio in Gesù Cristo

Senza dubbio, la proclamazione del Vangelo è un dialogo, che corrisponde alla Parola (= Logos) di Dio indirizzata a noi e alla nostra corrispondenza, secondo il dono gratuito dell’obbedienza alla Fede (Dei Verbum 5). Poiché la missione viene da Cristo, l’Uomo-Dio, e poiché Egli ha trasmesso la sua missione dal Padre ai suoi apostoli, le alternative di un approccio dogmatico “dall’alto” versus un approccio pedagogico-pastorale “dal basso” non hanno senso, a meno di non rifiutare ciò che è definito il “principio divino-umano del caso pastorale” (Franz Xaver Arnold). 
Ma l’uomo è il destinatario del mandato missionario universale di Gesù (Matteo 28, 19), “il mediatore universale e unico della salvezza tra Dio e tutta l’umanità” (Giovanni 14, 6; Atti 4, 12; 1 Tim 2, 4 sgg .), e l’uomo può riflettere, con l’aiuto della sua ragione, sul senso della vita tra la nascita e la morte; la sua vita è scossa da crisi esistenziali ed egli, in vita e in morte, pone tutta la sua speranza in Dio, origine e fine di  ogni essere.

Una cosmovisione con i suoi miti e la magia rituale di Madre “Natura”, o con i suoi sacrifici agli “dei” e agli spiriti che spaventano il nostro intelletto o che ci attirano con false promesse, non può essere il giusto approccio per l’avvento del Dio Trino nel suo Verbo e nel Suo Santo Spirito. E ancor meno l’approccio può essere quello della visione del mondo scientifico-positivista di una borghesia liberale che accetta il cristianesimo solo in quanto comoda sopravvivenza di valori morali e rituali civili e religiosi. 
Ma davvero, nella formazione dei futuri pastori e teologi, la conoscenza della filosofia classica e moderna, dei Padri della Chiesa, della teologia moderna, dei Concili sarà ora sostituita dalla cosmovisione amazzonica e dalla saggezza degli antenati con i loro miti e rituali? 
Se l’espressione “cosmovisione” significa solo che tutte le cose create sono interdipendenti, si tratterebbe di un semplice luogo comune. A causa della sostanziale unità del corpo e dell’anima, l’uomo si trova al punto di intersezione del tessuto dello spirito e della materia. Ma la contemplazione del cosmo è solo occasione per la glorificazione di Dio e della Sua meravigliosa opera nella natura e nella storia. Non è il cosmo che deve essere adorato come Dio, ma solo il Creatore stesso. Non prostriamoci in ginocchio davanti all’enorme forza della natura e davanti “a tutti i regni del mondo e al loro splendore” (Matteo 4, 8), ma solo davanti a Dio, “poiché è scritto, il Signore Dio tuo adorerai e Lui solo servirai” (Matteo 4, 10). È così che Gesù respinse il diabolico seduttore nel deserto.

5. La differenza tra l’incarnazione del Verbo e l’inculturazione come via di evangelizzazione

La “Theologia indigena e l’eco-teologia” (IL 98) è una derivazione del romanticismo sociale. La teologia è la comprensione (intellectus fidei) della Rivelazione di Dio nella sua Parola, nella Professione di Fede della Chiesa, e non è una continua miscela di sentimenti e visioni del mondo o di costellazioni religiose-morali di un sentimento cosmico del tutto-in-uno, in un rimescolamento del sentimento del proprio sé con il mondo (hen kai pan). Il nostro mondo naturale è la creazione di un Dio personale. La fede in senso cristiano è quindi il riconoscimento di Dio nel Suo Verbo Eterno che divenne Carne; è illuminazione nello Spirito Santo, così che riconosciamo Dio in Cristo. Con la fede, ci vengono le virtù soprannaturali di speranza e carità. È così che comprendiamo noi stessi come figli di Dio, i quali, attraverso Cristo, dicono a Dio nello Spirito Santo, Abba, Padre (Rom 8,15). Se mettiamo tutta la nostra fiducia in Lui, Egli ci renderà suoi figli, liberi dalla paura delle forze elementari del mondo e delle apparizioni demoniache di dei e spiriti, che ci attendono malignamente nell’imprevedibilità delle forze materiali del mondo. 

L’Incarnazione è un evento unico nella storia che Dio ha liberamente determinato nella Sua volontà universale di salvezza. Non è un’inculturazione, e l’inculturazione della Chiesa non è un’incarnazione (IL 7; 19; 29; 108). Non è stato Ireneo di Lione, nel suo quinto libro di Adversus haereses (IL 113), ma Gregorio di Nazianzo a formulare il principio: quod non est assumptum non est sanatum – ciò che, non è stato assunto, non può essere sanato” (Ep. 101, 32). Ciò che qui si intendeva era la completezza della natura umana contro Apollinare di Laodicea (315-390), che pensava che il Logos nell’Incarnazione avesse assunto solo una natura umana, senza un’anima umana. Ecco perché la seguente frase è completamente astrusa: “La diversità culturale richiede unincarnazione più reale per assumere modi di vivere e culture diversi” (IL 113).

L’Incarnazione non è il principio di un adattamento culturale secondario, ma è concretamente e principalmente il principio di salvezza nella “Chiesa come Sacramento della salvezza del mondo in Cristo” (Lumen gentium 1:48), nella professione di fede della Chiesa, nei suoi sette Sacramenti e nell’episcopato con in testa il Papa, nella successione apostolica. 
I riti secondari delle tradizioni dei popoli possono aiutare a radicare nella cultura i Sacramenti, che sono i mezzi di salvezza istituiti da Cristo. Possono, tuttavia, non diventare indipendenti, così che, ad esempio, improvvisamente le usanze matrimoniali diventano più importanti della parola-Sì [“Ja-Wort”] che è costitutiva del Sacramento del Matrimonio stesso. I segni sacramentali, come sono stati istituiti da Cristo e dagli Apostoli (parola e simbolo materiale), non possono essere modificati per nessun motivo. Il battesimo non può essere validamente amministrato in alcun altro modo che nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e con l’acqua naturale; e nell’Eucaristia, non si può sostituire con il cibo locale il pane fatto di grano e il vino della vite. Ciò non sarebbe inculturazione, ma un’interferenza inammissibile nella volontà di Gesù come fondatore [“Stiftungswillen”] e sarebbe anche una distruzione dell’unità della Chiesa nel suo centro sacramentale.

Se l’inculturazione qui si riferisce alla celebrazione esterna secondaria del culto divino e non ai Sacramenti – che sono ex opere operato, attraverso la Presenza vivente di Cristo, il fondatore e vero dispensatore di grazie in questi segni sacramentali – allora la frase seguente è scandalosa o perlomeno sconsiderata: “Senza questa inculturazione la liturgia può ridursi in un ‘pezzo da museo’ o in ‘un possesso di pochi’” (IL 124).

Dio non è semplicemente ovunque e ugualmente presente in tutte le religioni, come se l’Incarnazione fosse solo un fenomeno tipicamente mediterraneo. In realtà, Dio come Creatore del mondo è presente come un tutto e in ogni singolo cuore umano (Atti 17, 27sgg.) – anche se gli occhi dell’uomo sono spesso accecati dal peccato, e le sue orecchie sono sorde all’amore di Dio. Ma Egli arriva attraverso la sua auto-rivelazione nella storia del suo popolo eletto, Israele, e si avvicina molto a noi stessi nel suo Verbo incarnato e nello Spirito che è stato versato nei nostri cuori. Questa auto-comunicazione di Dio come grazia e vita di ogni uomo viene diffusa nel mondo attraverso la proclamazione della sua vita e del suo culto da parte della Chiesa – vale a dire, attraverso la missione mondiale secondo il mandato universale di Cristo. 
Ma Egli già lavora con l’aiuto e l’anticipazione della Sua grazia nel cuore di quegli uomini che ancora non Lo conoscono espressamente e per nome, così che, quando sentiranno parlare di Lui nell’annuncio Apostolico, potranno identificarlo come il Signore Gesù, nello Spirito Santo (1 Cor 12, 3).

6. Il criterio di discernimento: l’auto-comunicazione storica di Dio in Gesù Cristo

Ciò che manca nell’IL è una chiara testimonianza dell’auto-comunicazione di Dio nel verbum incarnatum, della sacramentalità della Chiesa, dei Sacramenti come mezzo oggettivo di Grazia invece di semplici simboli autoreferenziali, del carattere soprannaturale della Grazia, perché l’integrità dell’uomo non consiste solo nell’unità con una bio-natura, ma nella Divina Figliolanza e nella comunione piena di grazia con la Santissima Trinità in maniera tale che la vita eterna è la ricompensa per la conversione a Dio, la riconciliazione con Lui, e non solo con l’ambiente e con il nostro mondo condiviso.

Non si può ridurre lo sviluppo integrale ad una semplice fornitura di risorse materiali, perché l’uomo riceve la sua nuova integrità solo attraverso la perfezione nella grazia, ora nel battesimo, per mezzo del quale diventiamo una nuova creatura e figli di Dio, e un giorno nella visione beatifica nella comunità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e in comunione con i suoi santi (1 Giovanni 1, 3; 3: 1 sgg). 
Invece di presentare un approccio ambiguo ad una vaga religiosità e l’inutile tentativo di trasformare il cristianesimo in scienza di salvezza, sacralizzando il cosmo, la bio-diversità della natura e l’ecologia, si tratta di guardare al centro e all’origine della nostra fede: “Piacque a Dio  nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura” (Dei Verbum 2).

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NOTE A MARGINE – da parte della Consul Press si desidera segnalare che il Cardinale Gerhard Ludwig Müller ha partecipato come Relatore, con una sua ponderosa prefazione, alla presentazione del libro “Il Salvadanaio – Manuale per la sopravvivenza economica”, recensito recentemente anche dalla nostra Testata. Tale volume è l’ultima delle opere sino ad oggi pubblicate dal Senatore Riccardo Pedrizzi, Presidente Nazionale del Comitato Tecnico Scientifico dell’ UCID, scrittore e saggista, nonché cultore ed esperto della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica. Una Dottrina che meriterebbe essere maggiormente conosciuta, osservata ed applicata nel mondo imprenditoriale ed economico, costituendo un concreto correttivo ed una sana alternativa al neo-liberismo e alla finanza apolide di un capitalismo a volte becero e spesso senza anima.  Ed infatti tale Dottrina potrebbe costituire un “ponte” o comunque un percorso simile e/o compatibile con quella “Terza Via” più volte applicata od auspicata da vari regimi che si sono ispirati ai concetti dello “Stato Organico” ed incentrati su “L’Umanesimo del Lavoro”. 
A tale scopo, qui di seguito si riportano altre due belle recensioni apparse su qualificati Quotidiani, anche se di diversi orientamenti e collocazioni politiche, a dimostrazione che le Idee – se valide – possono ben superare le Ideologie ___________ G.M.

PER ACCEDERE AI DUE ARTICOLI, CLIK  su 

IL MATTINO di Napoli – …..La parola al Cardinale Muller

IL FATTO Quotidiano- la via cattolica per l’economia

 

 

 

 

 

 
 
 

I Problemi della “NOTIZIA” nell’ Epoca delle “Nuove Tecnologie”

IL RAPPORTO TRA L’INFORMAZIONE E I MULTIMEDIA:
VECCHIE REGOLE ED ETICA SEMPITERNA

Le lagnanze di chi rievoca a ogni piè sospinto i tempi passati e vede nel nuovo che avanza un chiaro segno d’involuzione, a dispetto della forza della tradizione ed ergo della consuetudine, lasciano, il più delle volte, il tempo che trovano. In tutti i sensi. Tuttavia, in qualche circostanza, persino il tanto vituperato rimpianto, quantunque sintomo di un’incapacità ad adattarsi ai cambiamenti, fa la spia a certe contraddizioni perlomeno curiose. In primo luogo appare chiaro che alla corsa all’adeguatezza al presente partecipino anche persone ideologicamente contrarie agli effetti della modernizzazione ma decise a non perdere il treno. Così da restare agganciate al ventaglio di possibilità e convenienze ad appannaggio di una divulgazione di messaggi di presa immediata. Senza alcun intoppo, quindi, tra emittenti e destinatari. Basti pensare, in tal senso, a Giampiero Mughini. Personaggio televisivo e polemista, balzato agli onori della cronaca come ospite fisso della trasmissione Controcampo, nei panni assai discussi di juventino di provata fede, però al contempo uomo d’indubbia cultura affezionato alla stesura giornalistica caduta in disuso.

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Laura Boldrini e Patrizia Prestipino:
“intervista lampo” con la Consul Press

Una riforma populista della Costituzione
per un  “Parlamento meno contemporaneo”

Intervista a cura di Edoardo Maria Franza 

 
L’ex Presidente della Camera Laura Boldrini, intervistata giovedì pomeriggio 11 luglio, in occasione della Festa de l’Unità del IX Municipio, tenutasi presso Agricoltura Nuova, Castel di Leva 371, Roma, ospite d’onore insieme all’On. Patrizia Prestipino, dice la sua sulla riforma costituzionale, appena passata in Senato. 
La riforma, che prevede il taglio dei parlamentari ed il referendum propositivo, passa il terzo dei quattro step previsti dall’art. 138 della Carta Costituzionale. Spetterà dunque alla Camera dei Deputati l’ultima fase che, in settembre, potrebbe portare alla revisione del testo costituzionale.
 

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La filosofia di Nietzsche vista da Laura Langone

L’autrice, Laura Langone, laureata in filosofia alla Sapienza, con questo libro dedicato al tema della libertà nella filosofia di Nietzsche, delinea un percorso interpretativo attraverso una analisi dei principali testi del filosofo.
Partendo da “Così parlò Zarathustra”, ovvero da quelle tre metamorfosi dello spirito in cammello, leone e fanciullo, che inaugurano nuove esperienze per la soggettività, esperienze destinate a rimettere radicalmente in discussione l’esercizio della libertà, la modalità di vivere il tempo, le forme del linguaggio e della conoscenza, l’esperienza morale e religiosa, il rapporto mente/corpo e persino i fondamenti ultimi della realtà.
Con l’attenzione riservata a questi nuclei tematici di sottolineare l’importanza decisiva che in essa riveste l’atto creativo nell’esercizio pratico della libertà, si arriva all’annunciare , in questo quadro definito decostruttivo, la figura dello Übermensch, che Nietzsche propone come metafora di uno sguardo capace di rivolgersi verso la dimensione abissale dell’oltre.

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Il “Premio Strega 2019” ad Antonio Scurati:
…un “elogio” alla disinformazione romanzata

“M. IL FIGLIO DEL SECOLO” E’ UN COMPENDIO DI FALSITA’
ED UN KILLERAGGIO STORICO, CHE PIACE ALLE “STREGHE” *

*  ….. ecco come, in nome di un celebre e nobile Liquore,
si può propagandare una ubriacatura di “Anti-Fascismo”
!

di Franco D’Emilio

Antonio Scurati ha vinto il Premio Strega 2019 con il suo “M Il figlio del secolo”, insomma un romanzo su Benito Mussolini.
La vittoria non mi ha sorpreso, era nell’aria per due evidenti motivi, sempre più intrecciatisi tra loro: uno strettamente personale, riguardante l’autore stesso; l’altro, invece, attinente alla nuova strategia culturale del centrosinistra, spesso e tanto pesantemente sconfitto nelle ultime tornate elettorali, amministrative ed europee.

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“Aeropoemi fascisti” di Filippo Tommaso Marinetti

 

Filippo Tommaso Marinetti – Aeropoemi fascisti 1919 – 1944

Questo libro è una imprescindibile testimonianza dello stile futurista – e del fondatore del movimento in particolare -, anche nel suo mutare, nell’arco di venticinque anni, ma è pure una “traccia” utile, nello stesso arco temporale, per seguire momenti essenziali della storia d’Italia, dalla riunione di piazza San Sepolcro alla RSI.

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Le Toghe in Giallo ed il loro teatro inchiesta presentano “Tortora, la storia della colonna infame”

martedì 16 luglio 2019

L’Associazione Culturale Centrarte Mediterranea e Teatro91

presentano

Le Toghe in Giallo in Teatro-Inchiesta

 

Tortora, la storia della colonna infame

a cura di Luigi di Majo

 

Giardini della Filarmonica

Via Flaminia, 188 – Roma

ore 21.30

 

A Belluno: “Cattolici tra europeismo e populismo” presentato il libro di Matteo Castagna

Lo scorso 22 giugno nella splendida cornice del ristorante Al Borgo, in località Anconetta di Belluno, Matteo Castagna ha presentato il suo libro, su invito del Prof. Daniele Trabucco, docente universitario di diritto costituzionale, che ha introdotto il testo.
 
Prima della presentazione, l’autore ha ricevuto dalla Famiglia Nordio-Pasqualato il premio “Flaminius Corner” 2019 costituito da una piastra in cristallo incisa dal maestro d’arte Raimondo Maddaluno, raffigurante il Leone alato marciano con spada e Vangelo. Corner fu illustre Senatore e storico veneziano (1693-1778) esperto della cristianità della sua terra. Il Maresciallo Rosetti ha letto la motivazione, legata alla sua tenacia ed alla sua costanza nella battaglia per Cristo Re. Castagna ha ringraziato commosso, tra gli applausi del numeroso e interessato pubblico.
 
Particolarmente gradito l’intervento della Prof.ssa Ilenia Rento, che aveva già letto il libro e ne ha fatto un’ apprezzatissima recensione.
 
Qui il video della presentazione:
https://youtu.be/ol8pgc8FNMA
 
Ulteriori immagini ed il video della presentazione di Matteo Castagna sono visibili sulla pagina Facebook di Christus Rex-Traditio.
 
 

articolo di Lucia Rezzonico, via agerecontra.it

 

Consiglio Programmatico Università Popolare Federiciana

A ROMA, incontro con l’ UNIVERSITA’ FEDERICIANA 

Presso la sede FAI CISL in via Tevere si è tenuto, lunedì 24 giugno 2019, il consiglio programmatico dell’Università Popolare Federiciana, momento di incontro tra i docenti dell’università, e occasione per la presentazione del libro “Gran Tour a volo d’Aquila”, di Goffredo Palmerini, testo che il giornalista Nicola Pomponio ha definito “una ricerca appassionata, piena di empatica curiosità, di meraviglie del Belpaese e di luoghi mentali, culturali e spirituali”.

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Con Il Foglio in uscita la prima de Il Buon Leviatano

Da sabato 22 giugno, per due settimane, esce in edicola in abbinamento al quotidiano «Il Foglio», al prezzo speciale di 4,50 euro, la prima parte del romanzo di Pierre Boulle Il Buon Leviatano.
Pierre Boulle, insieme a Jules Verne, è uno tra gli scrittori francesi di fantascienza più letto ed apprezzato, autore del Pianeta delle scimmie e del Ponte sul fiume Kwaï.

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CANTO DELL’OCCIDENTE – presentazione del volume di Alessandro Guzzi

Mercoledì 26 giugno

 

CANTO DELL’OCCIDENTE

presentato da Maria Pia Paravia e Massimiliano Serriello

sarà presente l’autore

 

Horafelix 

Via Reggio Emilia, 89 – Roma

ora 18.30

“Il mondo contemporaneo è visto come la scena di un crimine, e la trasformazione di una civiltà cristiana in un immenso apparato satanico. Un’investigazione si rende necessaria, se tutta l’informazione e la pubblicità, che sembrerebbero oggi il piatto forte, i servizi non-stop offerti dalla contemporaneità, consistono in un’immensa menzogna, funzionale agli interessi dell’élite satanica dominante. Comprendere il Nuovo Ordine Mondiale, il progetto di mondo che stanno realizzando attorno a noi, è lo scopo di questo libro. Esso ci insegna a vederlo, a smascherarlo dove è più nascosto, a diradare la nebbia, cioè la nostra distrazione, che ce lo rende invisibile”

Al Centro Russia Ecumenica presentato il Libro-Inchiesta di Anna Maria Turi sul “Caso Emanuela Orlandi”

“EMANUELA NELLE BRACCIA DELL’ ISLAM ?
Sufismo e Jihad della donna dai mille volti”

Cronaca di un dibattito, analizzato ed ‘interpretato’ da MARILU’ GIANNONE   

Il libro, presentato giovedì 20 giugno presso il Centro Russia Ecumenica, in un dibattito organizzato dallo Studio Scopelliti-Ugolini, ha riproposto l’interesse per un caso fra i più dolorosi della storia d’Italia degli ultimi trent’anni, mai dimenticato fin dal momento in cui accadde.

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CONTAMINACTION DAY TOR VERGATA

ContaminAction Day torna a far parlare di sé,
con
l’evento targato Tor Vergata e App to you

La terza edizione del ciclo annuale di conferenze e brainstorming, con il quale imprenditori, imprese e università possono incontrarsi, scambiarsi idee e “contaminarsi”, ha preso luogo oggi, 20 giugno 2019, nella storica villa Mondragone, Frascati.
La villa, ceduta nell’81 all’Università degli studi di Tor Vergata dalla compagnia di Gesù, fu sede di un evento di portata epocale: la riforma, voluta da papa Gregorio XIII del calendario Giuliano, sostituito con la Bolla “inter gravissimas” da quello Gregoriano.

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