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La Grecia, vittima di un “Golp Economico” in un Libro a firma di Alterio e Fracassi

Uno scorcio di luce e verità su un COLPO DI STATO,

narrato da Franco Fracassi e Tiziana Alterio

ripercorrendo le tappe del debito greco, dall’800 ad oggi

di MATTEO PLATANIA

La crisi greca del 2015 è andata quasi nel dimenticatoio: né i quotidiani, né i giornalisti ne parlano più. A tornare sull’ argomento il libro “Colpo di Stato” di Franco Fracassi e Tiziana Alterio, con prefazione di Elio Lannutti,  presentato alla libreria/caffè letterario Horafelix mercoledì 26 settembre.

Per colpo di Stato s intende il rovesciamento illegale del potere costituzionale da parte di più soggetti in modo non conforme alla legge, spesso violenta, al fine di causare un mutamento di regime. Questo è avvenuto in Grecia nel 2015, fatto sta che il sottotitolo recita “l’assalto dell’Europa e della finanza alla Grecia e ai paesi del Sud Europa”. Un solo testo affronta tre grandi temi: politica, storia ed economia.

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Nessun segno sulla neve, noir di Daniela Alibrandi

Figli della violenza

Fra i titoli dei noir scritti da Daniela Alibrandi, numerose volte premiati in Italia e negli U.S.A., è attualissimo, anche per il ricorrere di un cinquantenario del ’68, un periodo duro e convulso, “Nessun segno sulla neve”.

Sembra un romanzo, d’amore, di gioia, di giovinezza: ideali, primavere lucenti, ragazzi con i loro segreti e con gli impulsi all’emancipazione dalla famiglia, come tutti, come sempre. Si inizia a leggerlo per aprirsi ad un sorriso che vuol essere di partecipazione e di memoria, o di ambedue: la semplice verità dello stile letterario dell’Autrice, spontaneamente neorealista, è come il pennello forte e leggero di Raffaello. Spontaneamente neorealista perchè talvolta il neorealismo ha qualche forzatura di ricerca che qui viene meno, con l’ esito di permettere un’immersione totale nella realtà che viene esposta come se la si vivesse al momento.

“Nessun segno sulla neve” descrive l’affermarsi dei movimenti pseudorivoluzionari del 1968, la contestazione giovanile, studentesca soprattutto, anche se è servita di veicolo ad esponenti di altre professioni popolari al di là del ceto medio ed alto che hanno, semmai, avuto qualche rara superbia di leaders, ma hanno penetrato con la politica un mondo che ne era indenne. La composta e talvolta vittoriana educazione degli adolescenti si spezza in icebergs di prese di coscienza che non sono altro che le cime di quel malcontento postbellico e postottocentesco nei riguardi delle idee e dei comportamenti ormai obsoleti, messi a nudo dal paziente rinascere da un conflitto disastroso .

Sotto questo mosaico spesso tragico della società si nota chiaramente una divinità rosea, semisdraiata, con la mano gentile posata su una cornucopia di frutti multicolori e multiforme: Roma.

Il basso continuo dei libri di Daniela è questo, è la sua città amatissima, anche nei momenti e negli angoli di personalità lutulenti. Appare in tutte le ore del giorno, sotto le nubi, sotto l’azzurro cielo, è la vera matrice e inapparente protagonista delle opere dell’Alibrandi: è piaciuta la descrizione dell’evolversi dei quartieri storici nel noir “Una morte sola non basta”, scuote la relazione poliedrica di zone e residenze illustri o di normali ma tipiche abitazioni. Roma dorata nel Gianicolo mattutino, Roma punteggiata dalle luci di festa o da finestre alla sera. Non si fa menzione di particolari monumenti, il romanzo non è una guida, è un canto del cuore a questa armonia creatrice, o un triste appoggiare la testa alle braccia delle sue vie nelle situazioni di dolore: Monteverde come Parioli, l’EUR come Piazza Vittorio. E’ interessante notarne anche la diversa importanza nel passare dei tempi e delle mode, ma senza marcarne la voce: è questo muoversi sommesso a dare evidenza ai luoghi. Si viene ad apprendere così una Roma sconosciuta ed incantevole, si segue l’orgoglio mai ridondante dell’Autrice a dichiararsene figlia.

Questo scenario ai fatti dei libri, tutti, di Daniela Alibrandi, costruito su una Roma vera fino al nucleo, in quanto è vista senza sentimentalismi o caratteri precostruiti, è comune a tutti i suoi noir, e, se si estrapolano fondali e quinte di esso, viene a costituirsi un libro a sè, un libro su Roma tanto presente quanto poco còlta ed apprezzata: spesso, infatti, per quello che riguarda ogni passante, l’interesse che lo trae durante al giorno, fatto di motivi di lavoro o più personali, distoglie l’attenzione a questo immenso affresco di una città che non s’impone con capitelli e tramonti, ma che è là, aperta come una porta sull’infinito, magica perchè corrisponde a quella via indicibile di ricerca, diversa da tutte le altre, che ogni uomo ha.

L’Autrice, che non si pone su di essa come un erudito e non la trascura a vantaggio del filo del narrare, sembra averla di fronte come una grande amica, con la quale si può avere confidenza, anche discutendoci, soprattutto ascoltandola, magari prendendola sottobraccio. Con questo animo infatti personaggi di “Una morte sola non basta” cenano in friggitoria, parlano del futuro seduti su una panchina, cercano assistenza durante una fuga, o rammentano attimi d’amore, e, come in “Nessun segno sulla neve”, attendono ad un incontro, o soffrono delle lentezze del traffico che distingue la città da secoli, se si fa mente ad Orazio o Persio, o altri.

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Il “sessantotto a Roma non ha le tragedie eclatanti di Piazza Fontana, ma le ha più tacite e forse più terribili: “Nessun segno sulla neve” lo esprime chiaramente riportando il mutare atroce perpetrato dalle idee politiche da semplice contrasto adolescenziale o giovanile in odio sterminatore . In questo noir non si fa a pugni; ci si accoltella senza pietà, biechi, corrotti da voci di ideologie estremiste ed assassine venute da lontano, o aventi la mano nel vicino Est. Il contrasto fattosi odio ricopre ogni aspetto: da puro e solo antagonismo verso i professori, verso autorità impietrite, che spesso vedeva i ragazzi associati a buon diritto, a desiderio di distruzione, di morte, di rovina l’uno verso l’altro, sia esso uomo o donna, come se si volesse risputare la catastrofe della guerra in una coazione a ripetere. Perchè, oltre le ragioni degli storici, e da dove, al di là di Berkeley e da Parigi? Vale l’espressione di un semplice: perchè non era solo un diverbio fra età ed autorità, ma era lo strumento di penetrazione di un partito politico di stampo sovietico, al fine di prendere il potere d’Europa attraverso la destabilizzazione di ogni Stato. Un modo diverso, ma lo stesso scopo subdolo del liberismo globalizzante.

Il vero motivo del ’68 era un rovesciamento della società per la costruzione di una nuova: le donne, prima solo legate all’obbedienza, in lotta per l’emancipazione, cioè per la parità sociale e la costituzione di un proprio futuro, il riconoscimento della validità di ogni classe sociale, la fiducia nel senso di ricerca dell’istruzione, nell’innovazione; in questo, è sulla via di una totale riuscita, a cinquant’anni dalla sua manifestazione. Altro, ed i modi usati per raggiungere l’obbiettivo sono stati solamente negativi.

 Protagonista vero dei libri di Daniela Alibrandi è l’indifesa innocenza, che l’egoismo di chi dovrebbe amarla o proteggere strazia, provocando conseguenze anche a distanza atroci, sia sotto forma di difesa dell’inerme, che di vendetta o ancora compensazione di un orribile vuoto creato. Che le vittime siano spesso di sesso femminile, è perchè chi vulnera è fisicamente il più forte, stato favorito tipico dell’ego prevaricatore, ma non mancano figure maschili, come lo stesso protagonista di “Nessun segno sulla neve”, la sensibilità del quale in ogni atto è oscurata da debolezza . I noir di Daniela sono una presa di posizione contro la violenza attraverso l’esito delle tremende distorsioni che produce, che il linguaggio espositivo netto e veritiero rende ancora più ineluttabile ed agghiacciante. Ogni frase è disposta a questo, ogni vocabolo, come precise frecce diritte al bersaglio dell’umano intelletto, perchè non le sia dato adito. La poesia cede, l’amore si raggela: la violenza uccide un’anima, e quella di chi la commette, e la muta in nulla ed in lemure diabolico.

Marilù Giannone

MObile JOurnalism: giornalismo con lo smartphone

10 e 11 ottobre corso base e avanzato in mobile journalism

 2 GIORNATE – 16 CREDITI  
CON POSSIBILITÀ DI PARTECIPARE ANCHE ALLE SINGOLE GIORNATE (8 CREDITI)
FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA DEI GIORNALISTI

 

10 OTTOBRE – CORSO BASE
INTRODUZIONE AL MOBILE JOURNALISM

In questa giornata, ci avvicineremo al Mobile Journalism, impareremo come realizzare video professionali con lo smartphone, come utilizzare il girato per un efficace racconto giornalistico per immagini, con cenni alla realizzazione di prodotti creati su mobile per utilizzo su mobile.
Ecco alcuni dei temi trattati: evoluzione del video giornalismo come e perchè siamo arrivati al mojo; elementi di grammatica dell’immagine; esempi dalla produzione mondiale in mobile (giornalistica e non); uso di FilmicPro ed elementi di “fotografia”; cenni di montaggio non lineare, cenni di montaggio mobile (KineMaster, iMovie…anticipazioni su LumaFusion).

11 OTTOBRE – CORSO AVANZATO
IL MOJO IN PRATICA

In questa giornata metteremo in pratica le competenze acquisite nel corso base. Verranno realizzate delle simulazioni di alcune tra le più ricorrenti condizioni di ripresa. A titolo indicativo: la conferenza stampa; l’intervista.
I partecipanti realizzeranno il proprio prodotto girato e montato, affrontando condizioni prossime a quelle reali sul campo. I prodotti verranno poi revisionati insieme alla classe, condividendo pro e contro del lavoro.

Le simulazioni vengono qui descritte titolo indicativo perché nei limiti di tempo i docenti tenteranno di prendere in considerazione anche le richieste della classe rispetto ad altre condizioni di utilizzo, purchè non eccessivamente settoriali e quindi a beneficio di tutti i partecipanti. Nel caso verrà presa in considerazione anche un’uscita in esterna.

 

Il Centro di Documentazione Giornalistica, attraverso il Centrostudi Giornalismo e Comunicazione organizza il corso di formazione “Mobile Journalism (mojo): giornalismo con lo smartphone“. Il corso si articola in due giornate che assegnano ciascuna 8 crediti per la formazione professionale continua dei giornalisti.

La quota di partecipazione è di 102,00 euro per la singola giornata, e di 162,00 euro per le due giornate.

Per l’occasione i partecipanti al corso potranno acquistare il libro “Mobile Journalism“, scritto dal docente Nico Piro, ad un prezzo scontato di 20 € anzichè 29 €.

 

 

Convegno su “La Sovranità torni al Popolo” un saggio dell’Avv. Antonio Pulcini

LA  SOVRANITA’  TORNI AL  POPOLO :

RILANCIO  E  SVILUPPO DELL’ ECONOMIA NAZIONALE 

A Roma,  presso la Sala ANEC in l.go Italo Gemini 1,  venerdì 21 settembre si è svolto un Convegno sul tema della “Sovranità Popolare” e sul rilancio e sviluppo dell’ economia nazionale, in occasione della presentazione di un libro scritto dall’ Avv. Antonio Pulcini, che svolge la Professione Forense con patrocnio innanzi alle Magistature Superiori. 

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Un nuovo libro di Alessandro Curti “SIAMO SOLO PIATTI SPAIATI”

IL TERZO ROMANZO,  dopo “Padri imperfetti” e “Mai più sole” 

Siamo solo piatti spaiati è la storia di Davide, un giovane che si trova a fare i conti con i propri errori, lontano da casa e dalla sicurezza della famiglia. Il romanzo racconta il mondo degli adolescenti attraverso il filtro del loro sguardo fresco e onesto sul mondo, e di come sia spesso difficile per loro fidarsi e confrontarsi con gli adulti.

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Cagliostro: una biografia realistica

Oltre il velo del mistero, con la maestria del Dott. Pavone, Chirurgo

Si è scritto tanto su Cagliostro senza mai lasciare il lettore pienamente soddisfatto di averne compreso la personalità: la parola “mistero” è di moda, attira curiosi e poi, li delude. Questa volta il racconto della vita, meglio, del passaggio di Cagliostro, sia pure senza donare il voluto finale deciso, è chiaro.

Giuseppe Balsamo, ripreso e descritto da un medico siciliano come lui, uomo di grande cultura anche in materia di simboli, Mario Pavone, ha la dimensione giusta: è un Sapiente, un illuminato, un Fratello Massone profondamente esperto nel seguire la via che porta alla costruzione della Pietra Filosofale. L’autore di questa biografia ha lasciato da canto le falsità tese a fare dell’oggetto del libro un essere strano, pericoloso, o illuso: Giuseppe Balsamo ha finalmente una dimensione regolare, è un uomo con una straordinaria facoltà, teso a raggiungere ciò che egli stesso ha espresso: una voce che chiama le voci di ognuno eguali alla sua.

Il dottor Pavone è anche Presidente di un settore dell’Accademia dei Filaleti, Federico II° di Palermo, segue la sapienzialità Templare, ha dunque tutte le chiavi per comprendere il discusso conterraneo e lo fa in modo assolutamente convincente. Balsamo è un uomo di volontà, di sapere, che ha difetti e mende come tutti, Pellegrino che cerca se stesso attraverso i suoi simili e con arti diverse figlie di una sola, quella Regia, mediante la quale fa del bene e non smette di approfondire questa via. Arte che spesso lo lascia indifeso, e, nella comprensione della missione che lo carica, Balsamo non si ribella e muore. Ma cosa muore? Già una volta è morto e rinato, diventando Cagliostro. Muore ancora, o si libera per una missione più alta, o ancora non muore, dimostrando il livello del suo spirito?

Questa è la tesi, accattivante, di Mario Pavone, che dona, insieme a notizie e commenti ineccepibili su Cagliostro, studiato a fondo, un rapido compendio di cosa sia Alchimia, e del nuovo sentire culturale del Settecento, con uno stile espressivo inciso in brevi periodi ed alta qualità di lingua. Un libro questo che si legge di un fiato e che si rilegge per memorizzare le tracce dorate di quella scienza vera, generosa, biecamente definita diabolica e che non ha altro scopo che migliorare l’uomo.

Marilù Giannone