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Fase 2: maggio il mese delle possibili riaperture ma come sarà cenare nuovamente al ristorante?

Il 4 maggio, il giorno che tutti gli italiani hanno segnato in rosso sul calendario, partirà la tanto attesa fase 2. Sicuramente non  un “libera tutti” dopo il quale sarà tutto come prima, ma un piccolo passo verso la così desiderata normalità. Già da oggi 14 aprile, hanno riaperto librerie, cartolibrerie (ad eccezione della Lombardia), negozi di articoli per neonati e bambini; dal 20 aprile dovrebbe poter iniziare la produzione in diverse fabbriche. Dal 4 maggio appunto, riapriranno negozi e attività commerciali con ingressi che andranno probabilmente scaglionati in una qualche modalità ancora da definire. Poi toccherà a tribunali e studi professionali l’11 maggio; il 25 maggio riaprono estetisti, parrucchieri ma con ingressi singoli ed il 31 maggio ripartirà lo sport professionistico.

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La “Benedizione alla Città e al mondo” un evento di fede e speranza a Monte Sant’Angelo

AUSPICANDO l’INTERVENTO dell’ ARCANGELO MICHELE  

a cura di GIAN PAOLO MENEGHINI

Un evento storico di fede e di speranza si è tenuto in occasione dell’apertura della Settimana Santa nella Città dei due Siti UNESCO, a Monte Sant’Angelo. La “Benedizione alla Città e al mondo” con la spada dell’Arcangelo Michele.

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PARTO AL MIULLI DA MADRE POSITIVA AL COVID-19: MAMMA E BIMBO STANNO BENE

L’8 aprile scorso all’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti una donna di 33 anni, positiva al Covid-19, ha partorito il suo quarto figlio.

Il delicato cesareo è avvenuto nella sala parto Covid appositamente attrezzata all’interno del Miulli, uno spazio completamente sicuro per lo svolgimento della procedura chirurgica e perfettamente separato sia dalla “zona verde” (in cui sono presenti le mamme non infette) sia in quella “grigia” (dove avvengono gli accertamenti dei casi sospetti).

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Prada e le sue “conversazioni possibili” dialoghi in diretta per unire le persone e condividere pensieri

Anche Prada scende in campo nell’ampia offerta globale di incontri, dirette e conferenze in streaming che stanno intrattenendo milioni di persone in tutto il mondo costrette a casa per l’emergenza coronavirus. Con le sue Possible Conversations, presenta una serie di dialoghi, in diretta sul proprio account instagram, che non tratteranno solo di moda ma anche di arte, cultura. “Parleranno professionisti, esperti, registi e creativi che si intrecciano fra loro e che includono la moda, l’arte, l’architettura, il cinema e il pensiero, dove quest’ultimo spazia dalla filosofia alla psicologia, fino alla letteratura” spiega il comunicato del marchio.
Ogni incontro si tradurrà anche in una donazione all’UNESCO, volta a sostenere progetti culturali ed educativi per gli oltre 1,5 miliardi di studenti in tutto il mondo che hanno risentito della chiusura di scuole e università, e per un programma di cooperazione internazionale in ambito scientifico.
La prima Possible Conversation di Prada si terrà oggi pomeriggio alle 18:00 con il dibattito sul tema “La moda in tempo di crisi” e vedrà protagonisti Pamela Golbin, autrice e curatrice di Jacquard x Google Arts & Culture Residency, e Alexander Fury, Fashion Features Director di AnOther Magazine e critico di moda maschile del Financial Times. 

 

Coronavirus e nodi che vengono al pettine:
la posizione del “Sindacato Commercialisti”

 CONSIDERANDO CHE
“I NODI VENGONO SEMPRE AL PETTINE”  ……….
  

Sull’ argomento in oggetto si riporta un comunicato del S.I.C. Sindacato Italiano Commercialisti  con cui lo stesso Sindacato espone la propria articolata posizione sulle problematiche del settore in merito all’emergenza coronavirus.  Su tale argomento sono stati pubblicati altri comunicati pervenutici in Redazione da parte della Associazione Nazionale Commercialisti, della Fondazione Nazionale, dell’ ODCEC, Unagraco, Un.I.Co. e non solo. 
Sarà cura della nostra Redazione ritornare su tali tematiche sia con eventuali interviste, sia con riflessioni (anche diversificate) da parte di alcuni colleghi professionisti e di alcuni collaboratori della Redazione.  Per ora invitiamo sia gli “Addetti ai Lavori”, sia le altre Persone interessate ad una buona ed attenta lettura.  

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I librai sono lavoratori non simboli

Riportiamo l’articolo di Adalgisa Marrocco pubblicato su  https://Huffington Post

 

“Dunque, saranno le librerie ad assumere il ruolo simbolico di un Paese che dovrà pian piano ripartire, rialzando le serrande dal 14 aprile (eccezion fatta per Campania, Lombardia e Piemonte: regioni che hanno preso decisioni autonome in materia rispetto alle indicazioni dell’ultimo Dpcm). Ma a quali condizioni? E a che pro?

Il provvedimento dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) dare un po’ di ossigeno al comparto dell’editoria, in queste settimane praticamente fermo (come quasi tutti gli altri settori) non solo a causa della chiusura delle librerie. Anche gli store online, infatti, lavorano comprensibilmente a scartamento ridotto e l’evasione degli ordini è lenta. Diverse librerie di quartiere hanno provato a riorganizzarsi con la consegna a domicilio (si veda, tra tutte, l’iniziativa #libridasporto), ma i dati del settore parlano chiaro.

Se l’Associazione Italiana Editori (AIE), infatti, riferisce un crollo del 75% dei fatturati, l’Associazione Librai Italiani (ALI) fa eco lamentando perdite, per le librerie indipendenti, di 25 milioni. A poco sembrerebbe servita l’entrata in vigore, a fine marzo, della legge sul libro che, limitando lo sconto massimo sul prezzo di copertina, metterebbe (almeno in teoria) i piccoli negozi di quartiere in grado di competere coi giganti dell’online.

Ma la riapertura delle librerie servirà davvero a ridare slancio al settore? Difficile pensarlo. Va da sé che un negozio aperto possa vendere e incassare, mentre un negozio chiuso non può farlo, ma ci sono alcuni elementi da tenere in considerazione. Il primo è che il tessuto delle librerie di quartiere, negli ultimi anni, è stato letteralmente decimato. Dunque, nelle grandi città (per non parlare della provincia), per trovare una libreria aperta è necessario muoversi con i mezzi o con la macchina: spostamenti al momento non consentiti.

In secondo luogo, la libreria appartiene a quella tipologia di negozio che funziona se può essere “vissuta”. Difficile pensare che, allo stato attuale, i lettori possano serenamente muoversi tra gli scaffali, sfogliare volumi o scambiare opinioni col libraio. C’è poi da aggiungere che le piccole librerie hanno puntato molto, negli ultimi anni, sulle presentazioni e sugli eventi, attività purtroppo irrealizzabili ora, e chissà per quanto tempo. Queste variabili non sfuggono ai negozianti del settore: in diversi hanno già annunciato che, nonostante il via libera, non rialzeranno la serranda. Anche e soprattutto per non mettere a repentaglio la propria salute, quella dei dipendenti e dei clienti. Non è chiaro, infatti, quali misure vadano adottate per garantire la sanificazione degli ambienti (nonché dei libri) e la sicurezza di librai e lettori nella frequentazione dei punti vendita.

Nelle scorse ore, un gruppo di 150 librai (indipendenti e di catena) hanno redatto una lettera pubblicata da Minima&Moralia, in cui si legge: “Riaprire le librerie non può essere considerato un puro gesto simbolico, ma deve essere un’azione strutturata e gestita nella sua complessità, così come dovrebbe avvenire per tutte le altre attività necessarie alla vita sociale”.

“Tanti di noi hanno continuato a lavorare senza alcuna certezza di sostegno economico, ad altri non è stato possibile portare avanti il proprio lavoro nel quotidiano, ma non abbiamo mai smesso di fare cultura […] Ora non abbiamo intenzione di esporci al solo scopo di fingere una ‘ripresa culturale delle anime’ che ci potrà essere davvero solo quando sarà possibile la messa in sicurezza di tutti i corpi. In mancanza di garanzie sulle richieste qui avanzate molti di noi si riservano di non riaprire comunque l’attività nemmeno dopo l’entrata in vigore del decreto, finché non sarà possibile esercitare il nostro lavoro nelle condizioni e con le tutele adeguate”, si legge ancora nella lettera redatta da LED – Librai Editori Distribuzione in rete.

E come dichiara la stessa Associazione Librai Italiani , che pure ha accolto con favore il provvedimento del governo, sarebbero altre le misure di cui il settore avrebbe bisogno. “Chiediamo l’istituzione di un Fondo speciale con contributi a fondo perduto”, dichiara il presidente Paolo Ambrosini. Difficile pensare a misure drastiche, soprattutto in un periodo di crisi. Ma qualcosa, forse, potrebbe essere fatto su altri fronti.

Un’idea potrebbe essere quella di estendere il regime forfettario al settore dell’editoria: per le piccole attività significherebbe un taglio importante dei contributi previdenziali, che attualmente rappresentano una ‘stangata’ da quattromila euro l’anno. Un’altra possibilità potrebbe essere quella di un equo canone per l’affitto dei locali alle librerie, da compensare con una cedolare secca e un taglio dell’IMU per i proprietari”, mi racconta un ex libraio indipendente che, come altri colleghi, la saracinesca ha dovuto abbassarla due anni fa. Definitivamente.

Restituire alle librerie la loro centralità è encomiabile ma, al di là dei romanticismi, bisogna essere pragmatici. Perché i librai sono lavoratori, non simboli. Perché le librerie non sono solo luoghi di sogno, ma anzitutto luoghi di lavoro.