Skip to main content

Red Valentino, Cucinelli e Chanel tra presentazioni digitali e sfilate

 

Per questa collezione volevo veramente trasmettere un nuovo senso di sensualità. L’attitudine generale è meno innocente e delicata, più consapevole e sicura di sé. Invece di lavorare su uno storytelling, ci siamo focalizzati sulla creazione di capi audaci, dallo stile distintivo e con un evidente senso di personalizzazione. Questa idea di unicità e forte personalità penso che sia stata meravigliosamente interpretata negli scatti di Margherita Tamraz, che ha colto l’essenza della collezione con immediatezza e autenticità“.

Così il direttore creativo di Red Valentino (e di Valentino) Pierpaolo Piccioli, presenta la nuova collezione prefall 2021.  Un nuovo nuovo romanticismo che oscilla tra lo stile classico e lo street style, tutto presentato in un video girato in un palazzo rinascimentale dove archi e colonnati facevano da sfondo alle modelle con indosso i preziosi abiti.  

Anche Cucinelli ha scelto di presentare la sua nuova collezione in digitale tramite video sui suoi canali social, mentre Chanel ha annunciato che la prossima sfilata della collezione Cruise 2021/22 si terrà il 4 maggio, alle Carrières de Lumières a Les Baux-de-Provence, nel sud della Francia.

Le cave di calcare che si trovano in questo villaggio hanno fatto da sfondo al film del 1960 Testamento di Orfeo, diretto da Jean Cocteau, amico di Gabrielle Chanel, e negli ultimi anni questo sito è ha iniziato ad ospitare spettacoli multimediali di luci e suoni.

La collezione Cruise è sempre stata legata alla storia della maison, riproponendo i luoghi ed i simboli delle sue collezioni passate e delle sue vicende di vita privata, come palcoscenico per le sfilate. Anche in questa occasione abbiamo un rimando alla storia, quando Gabrielle Chanel propose alle sue clienti abiti leggeri, perfetti per le vacanze al sole in costa Azzurra, incoraggiandole anche ad abbronzarsi

Tessitura Lazzati – i tessuti ecosostenibili dell’azienda di San Vittore Olona

La pandemia non ferma la richiesta di prodotti ecosostenibili. Il caso della Tessitura Lazzati con Filati di poliestere e nylon riciclati post-consumer e finissaggi eco-friendly utilizzati dall’azienda di San Vittore Olona (MI) tracciano la strada del settore tessile. «L’attenzione per l’ambiente è ormai una scelta imprescindibile»

Continua a leggere

Bottega Veneta abbandona i social il brand va controcorrente dicendo no ai social network.

Potrebbe sembrare strano che un marchio del genere decida di scomparire del tutto dalla piattaforme soprattutto in un momento, come questo, che vede sempre più protagonista la comunicazione digitale veicolata attraverso i social network. Martedì scorso, invece, il marchio del gruppo Kering ha detto addio ai propri account Instagram, Facebook e Twitter oltretutto senza nessuna spiegazione da parte della direzione creativa affidata all’inglese Daniel Lee.

Continua a leggere

Prada Marfa – quel negozio di Prada in mezzo al deserto

“Buon giorno Upper East Siders. È Gossip girl che vi parla, la vostra unica fonte di informazioni sulle scandalose vite dell’elite di Manhattan.”

Questo è l’incipit di ogni puntata di Gossip Girl, celebre serie tv americana trasmessa dal 2007 al 2012. Famosa per raccontare la vita di un gruppo di liceali e delle loro famiglie della “New York bene” si è fatta conoscere anche per tutto il glam che ha portato, tra una borsa di Chanel e un sandalo di YSL, gioielli e limousine e appartamenti lussuosi. Ma c’era un altro dettaglio che colpiva lo spettatore quando i protagonisti si ritrovavano nell’attico della famiglia di Serena Van Der Woodsen. Un quadro con scritta nera su sfondo bianco che recitava Prada Marfa —> 1837 MI. Quel quadro diventò un vero fenomeno di costume negli anni in cui fu trasmessa la serie, tanto che venne rivisitato e riprodotto.  

 

Prada Marfa esiste per davvero, è infatti un’installazione artistica permanente realizzata nel 2005 dal duo scandinavo Elmgreen & Dragset, insieme agli architetti Ronald Rael e Virginia San Fratello.

La curiosa opera si trova nel bel mezzo del deserto del Chihuahua, in Texas, a circa 60 km da Marfa, piccola cittadina con poco più di mille abitanti che però divenne un punto riferimento per tutti gli appassionati d’arte quando nel 1971 Donald Judd, artista e architetto del movimento minimalista, vi si stabilì. 

L’opera anche se si trova sul territorio di Valentine, è stata finanziata dal Ballroom Marfa, centro di cultura e arte contemporanea, e dall’Art Production Fund, ed è per questo che il titolo vuole essere un riferimento chiaro a Marfa.

Prada Marfa non è altro che la fedele riproduzione di una boutique di Prada. Le insegne nere con logo bianco, il colore delle pareti, l’illuminazione e la pavimentazione sono tutti dettagli replicati dai veri negozi del marchio milanese. Sebbene l’opera non sia stata commissionata dalla maison italiana, Miuccia Prada ha voluto offrire il proprio appoggio ai due artisti, fornendo il “finto” negozio di alcuni accessori della del brand, e permettendo loro di utilizzare il logo Prada senza conseguenze legali. 

 
L’installazione nasce, in realtà, come un’opera di land art in quanto l’idea originale era il deterioramento della struttura stessa, abbandonata in un territorio ostile, senza alcun intervento di riparazione o restauro. Per questo motivo, i materiali usati per la costruzione dell’opera erano tutti biodegradabili. Alcuni giorni dopo l’inaugurazione, però, l’opera fu vandalizzata con scritte in vernice spray  mentre i prodotti di Prada furono rubati. Da allora la struttura e ogni oggetto all’interno è dotato di allarme, le vetrine installate sono resistenti agli urti, e dato i numerosi episodi di vandalismo, l’opera viene ciclicamente restaurata e ripulita, tradendo così le intenzioni originali degli artisti. 
Il lavoro di Elmgreen & Dragset fu concepito come una denuncia nei confronti del consumismo americano, del retail tourism, della gentrificazione, stagliandosi come una provocazione ironica verso il materialismo occidentale. Va tuttavia sottolineato che nel 2005, quando l’opera fu realizzata, Instagram e Facebook e di conseguenza la selfie culture che hanno originato, non esistevano. Con il passare degli anni, Prada Marfa è diventata una tappa obbligata per ogni blogger, influencer divenendo lo sfondo perfetto per selfie e foto.
Paradossalmente le migliaia di immagini di gente che salta di fronte al finto store sono la rappresentazione del tipo di società che l’opera voleva proprio andare a colpire e criticare, diventando esso stesso un atto consumistico, un luogo da utilizzare in funzione dei social, perdendo il proprio potenziale comunicativo.
Nonostante si siano ritenuti molto soddisfatti del successo del loro lavoro, Elmgreen & Dragset, non hanno potuto fare a meno di sottolineare che l’opera ha assunto, però un’identità diversa da quella originaria. Come hanno dichiarato i due artisti, i musei sono luoghi in cui l’arte va a morire, mentre l’arte pubblica vive di vita propria. Prada Marfa quindi non era concepito solo per dialogare con gli elementi naturali e il paesaggio che la circondano, ma è nata anche per dialogare con le persone che la visitano, che vivono ognuno a modo proprio l’esperienza dell’arte. Come ha dichiarato Elmgreen al Guardian, “Quando le persone interagiscono con l’arte, anche un atto vandalico può essere visto come qualcosa di positivo, significa che le persone hanno voce in capitolo sullo spazio pubblico.”
È forse ironico che per non incorrere in azioni legali e per evitare l’abbattimento dell’opera, Prada Marfa si fregi oggi del titolo di museo. 

“The age of new visions” – nuovi focus e Altaroma posticipata a febbraio

Altaroma posticipa di un mese la consueta edizione invernale, gl eventi infatti si svolgeranno dal 17 al 20 febbraio 2021. Ne da notizia Silvia Venturini Fendi in occasione dell’ultimo appuntamento di ‘The age of new visions’, forum online organizzati da Altaroma, Unicredit, Camera Nazionale della Moda Italiana, Pitti Immagine e Nomisma. I talk digital hanno raccontato il sistema della moda che verrà, riflettendo sugli scenari economici e sulle strategie da attuare per agevolare la ripartenza del settore.

Continua a leggere

Mascara – la storia di uno dei prodotti di make-up più antichi

Il mascara è uno dei prodotti di make-up sempre presente nei nostri beauty, ed anche uno dei pochi che continuiamo a usare in questo strano 2020, visto che di rossetti non ne possiamo più mettere…

Ha origini molto antiche, una storia millenaria, ed il suo nome deriva dall’arabo “mascharat” che vuol dire scherzo o burla.

Usato fin dall’Antico Egitto, sia da uomini che da donne, per valorizzare lo sguardo ma anche per proteggere gli occhi da malattie e spiriti malvagi, rendendo le ciglia più folte e spesse. La polvere del kohl, detto anche kajal, veniva mescolata a cere, grassi animali e resine, ed era usata anche per creare la famosa riga nera allungata “alla Cleopatra”, tipica del trucco del 4000 a.C.

Questa moda fu adottata anche dai Greci e dai Babilonesi e dai Romani, sembrava quasi che tutto le popolazioni del bacino Mediterraneo apprezzassero l’effetto di un tocco di nero sugli occhi. Dopo la caduta dell’Impero Romano scomparve altrettanto rapidamente, continuando però a essere usato nel Medio Oriente, dove agli occhi veniva data una grande importanza e quindi una giusta enfasi con questo tipo di trucco.

Nel Medioevo ci fu un cambio di tendenza perché la moda imponeva che ciglia e sopracciglia fossero rasate, per mettere in risalto la fronte, considerata il vero attributo di bellezza. Nella seconda metà del Cinquecento, invece, per assomigliare il più possibile alla Regina Elisabetta I, le donne si tingevano oltre ai capelli anche ciglia e sopracciglia per renderle più chiare, dai riflessi ramati. Le tinture però erano tossiche e spesso ne comportavano la caduta.

Finalmente nel 1860, Eugène Rimmel (il nome la diceva già lunga) profumiere francese, creò il primo mascara non tossico. Già considerato un innovatore senza pari nel mondo della profumeria e della cosmesi, oltre che un abile pubblicitario, l’invenzione del mascara ebbe un successo senza pari, tanto che il suo cognome divenne sinonimo della parola “mascara”. La sua miscela si componeva di polvere di carbone e vaselina e nonostante non fosse ancora nella forma che oggi conosciamo, svolgeva benissimo il suo compito. 

Circa cinquant’anni dopo, nel 1913, il chimico Thomas L. Williams aggiunse la polvere di carbone alla vaselina che usava la sorella Mabel per pettinarsi ciglia e sopracciglia, aumentandone così l’effetto e valorizzando lo sguardo. Williams fondò la sua azienda di cosmesi: la Maybelline. Anno dopo anno Thomas continuò a lavorare sul prodotto, creando prima una versione di mascara in cialda, che si applicava con la relativa spazzolina, per poi passare alla versione in crema, spremibile dal tubetto direttamente sulla spazzolina.

Infine un ultimo, ma importante, nome per completare la storia di questo prodotto, è Helena Rubinstein. Nel 1957 creò il famoso  applicatore come lo conosciamo oggi, inserendo sia il prodotto che la spazzolina in un unico tubetto, e creando così il mascara-matic o mascara automatico.