Oltre a Maria Grazia Chiuri, saranno presenti la giornalista Rai Barbara Modesti, la curatrice dell’evento Paola Ugolini e Cristiana Collu, direttore della Galleria Nazionale.
ACCADEMIA ANGELICO COSTANTINIANA di lettere, arti e scienze
Paolo Pecorari, classe 1965, nato a Mantova ove risiede anagraficamente pur vivendo prevalentemente in Roma, è coniugato ed è padre di due figli, rispettivamente studentessa universitaria Chiara e studente liceale Francesco. Laureatosi nel 1994 in Architettura presso il Politecnico di Milano, ha subito iniziato a collaborare con importanti Studi di Architettura e Società di Costruzioni, tra cui lo Studio Internazionale di Architettura del Paesaggio Novello Giardini Italiani di Montichiari (BS) e le Società di Costruzioni del Gruppo Mezzaroma, di Roma.Fin dal 1997 è iscritto all’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Mantova.
In occasione della Proclamazione della Repubblica Romana del 1849 si è svolta sul Gianicolo sabato 9 Febbraio scorso la Celebrazione di questo memorabile evento storico, alla presenza delle Rappresentanze Istituzionali, delle Associazioni d’Arma, di numerosi studenti e cittadini.
“Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversione, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!”
(Dante, Inf. XIX, 115-117)
Dal 7 febbraio al 3 giugno 2018 le celebri immagini e gli storici reportage della più grande agenzia fotogiornalistica internazionale
Roma, 6 febbraio 2018 – Arriva a Roma, nella sua prima tappa europea e unica italiana, la mostra Magnum Manifesto, che sarà ospitata dal Museo dell’Ara Pacis dal 7 febbraio al 3 giugno 2018. L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, proposta da Contrasto e Magnum Photos 70 e organizzata in collaborazione con Zètema Progetto Cultura, ha cominciato il suo tour globale nel giugno 2017 all’International Center for Photography di New York.
Una ricorrenza con un’infiorescenza di sentimenti differenti, che spesso appaiono perduti dietro gli affanni voluti da tristi governi: la commemorazione, il 28 gennaio (il diciottesimo anno) dei Caduti di Nikolajewka, sulla via Cassia, nella piazza ai Caduti sul Fronte Russo. Un fluido invisibile di Fratellanza Militare scivola sui presenti nel nome Patria, esalta l’onore e la sofferenza per i parenti caduti nell’eroismo di un inverno ingrato, l’inverno russo, tremendo e struggente.
È un canto, questa giornata, per i fiori dell’umanità che dormono sotto la neve e si spera possano al più presto risvegliarsi: il coraggio, l’onestà, il merito, l’amore anche familiare, il patriottismo. Mani, che stringono strumenti, bandiere, altre mani ansiose di stringersi nell’arpeggio fresco ed azzurro della terra italiana.
Passano divise, passano insegne ed onorificenze, trascorrono lenti o in carica uomini e corpi militari: Artiglieria, Alpini, Marina, Paracadutisti, Carabinieri, Bersaglieri, uniti a Croce Rossa, la Polizia di Roma Capitale con il Gonfalone, fra mantelli, chepì e scintillio di gradi.
Manca materialmente, ma “penna nera” Silvano Leonardi incarna l’indomito esercito che è morto lontano perché l’Italia fosse libera e grande: è andato avanti lo scorso anno ma ognuno lo vede, presso l’altare , nel proprio cuore che conosce il dovere, costi ciò che costi. A lui va la luce di questo giorno, il pensiero ammirato diffuso da voci e strumenti della fanfara dei Bersaglieri, la presenza commossa delle Istituzioni. A sigillare il senso di pace e l’augurio che non possano più esserci conflitti sono, fra i militari italiani, due addetti della Difesa dell’Ambasciata di Russia, un Ufficiale dell’Aviazione ed un Capitano di Fregata, che hanno aggiunto al commento del Generale Flumeri e del Tenente d’Artiglieria Sandro Bari la voce di uno Stato che ha dovuto, come il nostro, obbedire, ma conferma nella fede ai valori la meravigliosa e possibile fraternità di due grandi popoli.
Due parole da amico, con quel lieve accento slavo e la correttezza, questa volta non formale, da diplomatico. Nikolajewka è storia e dolorosa, ma questo gesto ha aperto un varco verso un sereno futuro da uomini liberi.
Marilù Giannone