I cosmetici tra passato, presente e futuro
articolo di FEDERICA CAPITANI via VanillaMagazine.it
In Italia, per ora, all’indirizzo shop.vogue.it è presente un vasto assortimento di t-shirt, felpe, pantaloni da jogging e una capsule frutto della creatività del team dell’edizione nazionale. La collezione Vogue Italia Limited Edition è composta da due t-shirt e quattro felpe oversize nei toni del bianco optical e del nero assoluto, caratterizzate dal logo della testata, nella sua versione classica datata 1964 e in quella reinterpretata da Ferdinando Verderi, direttore creativo del magazine. Due felpe celebrano anche il magazine maschile L’Uomo Vogue. I prezzi sono compresi tra i 59 e i 149 euro. Vogue Italia sottolinea l’anima green dei prodotti: tutti i capi sono realizzati in cotone 100% biologico certificato, e proposti in colori naturali per garantire un processo di lavorazione a basso impatto ambientale e idrico. Inoltre, le collezioni vengono realizzate in quantità limitate, senza giacenze, da aziende europee selezionate in base a criteri di sostenibilità.
“Condé Nast sta sviluppando in tutto il mondo nuovi progetti ‘direct to consumer’ che avvicinano ulteriormente i brand al pubblico: in Italia, con il nuovo e-shop di vogue.it nasce una collezione di abbigliamento street style per tutti coloro che amano Vogue e il suo mondo”, dichiara in una nota Alessandro Belloni, consumer revenue director Condé Nast Italia. “Vogue Collection è il primo progetto digitale pan europeo di Condé Nast, realizzato e gestito interamente in house, grazie a cui Vogue Italia entra nell’e-commerce con una linea esclusiva all’insegna della sostenibilità”, afferma Roberto Albani, digital director Condé Nast Italia.
articolo via PambiancoNews.com
Apre ufficialmente il bando per la prima edizione di Roma Jewelry Week. L’evento si propone di valorizzare il gioiello contemporaneo, d’autore, d’artista e realtà orafe storiche con l’intento di offrire al pubblico un alto valore culturale che esalti il grande patrimonio della Città Eterna, mettendo in connessione le realtà più interessanti del settore.
Protagonisti dell’iniziativa sono i designer di gioielli e l’eccellenza degli orafi romani, e di atelier del gioiello, gallerie, accademie e associazioni con sede a Roma. L’esposizione è aperta, su selezione, anche a designer provenienti da altre città italiane e dall’estero.
Una tre giorni romana all’insegna della cultura e della bellezza animata da mostre, presentazioni, premiazioni e talk per far vivere e rivivere la capitale grazie a un progetto inedito per la città, dove inclusione, connessione e gioia sono le parole chiave.
La Roma Jewelry Week è stata ideata dall’architetto Monica Cecchini, che è anche il direttore del progetto. La selezione delle realtà coinvolte si avvale della curatela dell’artista orafo Emanuele Leonardi e della storica e critica del gioiello Bianca Cappello, mentre il giornalista Jonathan Giustini animerà uno degli incontri in calendario. Il progetto di marketing e comunicazione è affidato alla consulente Eugenia Gadaleta.
“È importante fare sistema per dare voce e fare conoscere l’eccellenza in questo settore a livello internazionale”, afferma Monica Cecchini. “Vogliamo creare un evento di riferimento per valorizzare la città di Roma e il suo vasto patrimonio culturale, immateriale e artistico che vada incontro alle esigenze di una nuova generazione di turismo lontano da quello frettoloso e consumista. Soprattutto in questo periodo storico così complesso, la città si deve riappropriare degli spazi deputati all’arte, al design e all’artigianato, e deve tornare ad attrarre non solo per le sue magnifiche vestigia storiche ma anche per l’immenso heritage anche nel campo del gioiello artistico”.
Tutti coloro che volessero presentare un progetto, candidare la loro location o esporre durante l’evento devono mandare l’iscrizione entro il 12 luglio 2021.
L’evento si terrà in concomitanza con la seconda edizione del Premio Incinque Jewels, indetto dall’associazione Incinque Open Art Monti. Il contest intende promuovere la cultura del gioiello contemporaneo sul territorio di Roma e si svolgerà per la prima volta nella location storica dell’Auditorium di Mecenate, che risale al 30 a.C. L’auditorium è un antico ninfeo fatto costruire da Gaio Cilnio Mecenate, consigliere di Augusto e protettore di letterati e poeti. Inoltre è il sito dove Virgilio e Orazio declamavano i loro versi, e dove si promuoveva la condivisione nell’arte.
Convivialità, interdisciplinarità, rigenerazione sociale e gioia sono i temi scelti per la seconda edizione del concorso. Il Premio Incinque Jewels quest’anno vuole favorire una riflessione sul tema del “recuperare i gesti e gli animi di convivialità per una rigenerazione sociale” e creare un dialogo tra chi realizza l’opera e chi la osserva. Si chiede ai partecipanti di pensare e progettare un gioiello che valorizzi le antiche arti e che possa creare un legame con l’arte contemporanea, di interrogarsi sul valore della condivisione di idee, sentimenti, stati d’animo.
(in foto Glauco Cambi, collana “In Touch”, in titanio, argento e acciaio, vincitrice del Premio Incinque Jewels 2019)
I tre vincitori avranno la possibilità di esporre le loro creazioni con una personale per il primo classificato e una bipersonale per il secondo e terzo classificato presso la galleria Incinque Open Art Monti di Roma. Un premio speciale di comunicazione per il gioiello sarà offerto dalla consulente e docente Eugenia Gadaleta che consiste in un press kit professionale e una consulenza di comunicazione. Iscrizioni entro il prossimo 1 luglio.
La sostenibilità irrompe anche nel tempio della tradizione britannica. Dal 15 al 19 giugno tornerà uno degli eventi più amati dagli appassionati di equitazione, il Royal Ascot. Da oltre 300 anni la manifestazione unisce sport, tradizione e folklore. Oltre alle corse dei cavalli si assiste infatti allo sfoggio di mise attentamente studiate dalle invitate, molte delle quali di sangue blu. Da dieci anni a questa parte, l’organizzazione diffonde una pubblicazione realizzata in collaborazione con il luxury brand Longines; al suo interno si susseguono le regole di stile per partecipare alle giornate di gare, cocktail e mondanità. A sorpresa quest’anno c’è stata un’inaspettata virata green: “Sinonimo di stile individuale e scena delle tendenze sartoriali, la Royal Ascot Style Guide quest’anno celebra anche la sostenibilità e l’arte dello shopping consapevole. Vogliamo dimostrare a tutto il mondo che ad Ascot essere vestiti bene non significa necessariamente comprare qualcosa nuovo di zecca”, si legge nell’opuscolo.
Facebook e Gucci uniscono le forze e collaborano nella lotta contro la diffusione e la vendita di prodotti contraffatti sui social media. Il gigante americano e la maison italiana del lusso hanno avviato una causa congiunta contro una persona fisica per violazione dei termini di servizio e delle condizioni d’uso di Facebook e Instagram, nonché per violazione dei diritti di proprietà intellettuale di Gucci, contraffazione dei marchi Gucci e concorrenza sleale.
Elbaz, deceduto sabato, ha creato collezioni per una mezza dozzina di case di moda, inclusa la sua, anche se è stato il periodo di 14 anni da Lanvin quello in cui ha lasciato maggiormente il segno, scrivendo un capitolo della storia della moda che gli è valso un posto nel Pantheon dei più grandi designer di tutti i tempi.
Il suo cerebrale senso del fascino e dell’incanto, la sua profonda sensualità e il lusso opulento delle sue creazioni per la maison Lanvin hanno fatto inserire per un decennio e mezzo i suoi show fra i cinque o sei più importanti e attesi défilé del calendario internazionale. Dotato di un caloroso senso dell’ironia, di uno spirito poetico e di una naturale bonarietà, era anche una delle figure più popolari dell’intera industria della moda. E in un settore che può arrivare ad essere spietatamente competitivo, irriconoscente o persino maldicente, Alber è sempre riuscito ad essere rispettoso di tutti.
Elbaz, deceduto all’età di 59 anni, era ancora nella fase ascendente nella sua carriera, avendo appena lanciato l’etichetta AZ Factory, che prende il nome dalla prima e dall’ultima iniziale dei suoi nomi, finanziata dal colosso del lusso Richemont. Un progetto ambizioso, che sembrava destinato a scrivere un altro appassionante episodio nel mondo dello stile.
Il designer è morto all’ospedale Pitié-Salpêtrière di Parigi circa tre settimane dopo aver contratto il Covid-19, anche se era stato vaccinato due volte. Sembrava che avesse superato il momento peggiore e stesse recuperando le forze, ma sabato ha avuto un infarto. Il suo funerale dovrebbe essere celebrato in Israele mercoledì, dove sarà sepolto accanto ai suoi genitori.
Si ritiene che Richemont stia progettando un memoriale in suo onore, anche se, dato il distanziamento sociale richiesto dalle misure anti-Covid-19, l’evento potrebbe non essere organizzato per diversi mesi.
Nato a Casablanca nel 1961, Elbaz si è trasferito da bambino in Israele con il padre parrucchiere e la madre pittrice. Risiedevano a Holon, la città-dormitorio della classe operaia a sud di Tel Aviv. Illustratore di innato talento, Elbaz ha iniziato a disegnare abiti all’età di sette anni, andando poi a studiare alla grande scuola di moda e design di Israele, lo Shenkar College.
Poco dopo la laurea, Elbaz partì per New York, dove finì per essere assunto da Geoffrey Beene, uno dei più grandi designer americani, famoso per l’utilizzo di tessuti modesti, come panno e tela jeans, per creare abiti da sera alla moda. Ad Alber piaceva ricordare che era arrivato a New York con 800 dollari, datigli da sua madre Allegria, e due valigie, una piccola con le sue cose e l’altra grande con i suoi sogni.
Alber ha lavorato per sette anni con il solitario Beene nel suo studio e showroom della 57th Street a Manhattan, mantenendo un profilo basso, visto che Beene era impegnato in una guerra prolungata con il redattore capo di Women’s Wear Daily, John Fairchild. Una polemica che portò quello che allora era il quotidiano di moda dei record a bandire totalmente Beene dal giornale. Un giorno, dopo una presentazione in cui Beene ricevette una pioggia di complimenti per un vestito che Elbaz aveva disegnato dal primo all’ultimo elemento, lo stilista israeliano si rese conto che era ora di voltare pagina e trasferirsi.
Fortunatamente, nel 1996 Elbaz è stato strappato all’oscurità dell’anonimato quando è stato nominato direttore creativo di Guy Laroche dal suo visionario CEO Ralph Toledano.
“Mi aveva mandato il suo curriculum su carta rossa, con sopra il suo nome “Alber Elbaz” scritto come un logo. Comprendeva chiaramente la sua identità ed era molto consapevole e intuitivo. Così l’ho incontrato al Carlyle di New York, e questo tipo basso e grassoccio si presenta con giacca, scarpe e occhiali rossi, e senza calzini… in inverno! E io pensai: è lui. Al suo book mi bastò dare appena una scorsa”, ha ricordato Toledano, oggi presidente della Fédération de la Haute Couture et de la Mode e presidente del marchio Victoria Beckham.
Così Elbaz lasciò Beene dopo 10 giorni e arrivò su un volo di linea con in mano i bozzetti per la sua collezione di debutto a Parigi, dove venne creato un nuovo studio per Guy Laroche, maison all’epoca quasi dimenticata, acquistando i mobili al negozio BHV di rue de Rivoli.
Il suo impatto fu immediato. Lo stilista ottenne recensioni entusiastiche per la sua combinazione di chic francese, brio newyorkese e glamour hollywoodiano.
Durante il suo debutto, a una modella che sta sfilando in passerella si spezza il tacco, ma la top riesce miracolosamente a uscire di scena con eleganza. E, per la gioia di un mortificato Elbaz, il pubblico inizia ad applaudire con entusiasmo. L’applauso fragoroso per il suo debutto, messo in scena all’interno del Carrousel du Louvre, lo porta a fare un lungo giro della passerella, dando inizio a una gloriosa tradizione della sua carriera professionale. Sembrava più un intellettuale di New York nel suo completo sartoriale; capelli ribelli e occhiali cerchiati di metallo, Elbaz amava palesemente questi suoi momenti finali in passerella in cui veniva adorato.
Quello è stato uno di quegli show in cui tutto è andato a posto come doveva, in cui il mood, la musica, lo stile e il trucco si sono mescolati in modo nuovo… Ma ciò che contava di più erano i vestiti, dove un tocco di futurismo, una dose di nitore chic e alcuni abiti strepitosamente ben tagliati hanno portato alla creazione della collezione più importante della stagione. La linea per la Primavera-Estate 2007 ha segnato anche una svolta significativa nel design per il direttore creativo di Lanvin, che ha portato la sua moda su un terreno molto più sexy. Prima, Elbaz si attaccava agli stili, esibendo un’eleganza parigina modernista. Quel giorno abbiamo assistito a un maestro che creava vestiti più estremi e provocatori: bellezze autoritarie e vestite di scuro in tessuti high-tech che arrivano a dominare qualsiasi spazio o stanza in cui entrano.
“C’era un filo di futurismo”, disse Elbaz a FWD, pochi minuti dopo aver ricevuto una standing ovation e il più grande applauso collettivo della stagione. “Ma non è come negli anni ’60 o ’80 quando si trattava di power dressing. Le donne hanno più potere oggi. Questa collezione parlava del potere delle loro menti”.
Elbaz avrebbe continuato a mettere in scena alcuni show straordinariamente teatrali spaziando per Parigi, partendo dall’Opera Comique, dove Bizet ha proposto per la prima volta la “Carmen”, prima di accontentarsi della Halle Freyssinet, una gigantesca stazione ferroviaria in disuso dove il suo bellissimo cast sembrava apparire dall’infinito, in un magico gioco di prospettiva. Lavorando con il produttore di spettacoli Etienne Rousseau, Elbaz ha anche sviluppato un portale a sbalzo unico, che dava ai suoi défilé un’illuminazione cinematografica immediatamente riconoscibile. Inoltre, le sue collezioni erano sempre messe in scena in modo estremamente elegante, a partire dalle targhette scritte a mano – con solo i nomi degli ospiti indicati sulle sedute in stile Luigi XVI.
Decine di star del cinema hanno assistito alle sue sfilate, mentre Elbaz ha continuato a vestire letteralmente centinaia di attrici a livello internazionale. Da Natalie Portman, Meryl Streep, Kim Kardashian e Kate Moss a Nicole Kidman, Chloé Sevigny e Sofia Coppola.
Collaborando con il designer dell’abbigliamento maschile di Lanvin Lucas Ossendrijver, Elbaz ha anche reso il marchio influente nell’abbigliamento maschile – utilizzando tessuti improbabili per gli uomini, come il raso duchessa; realizzando camicie button down con le perle; e abbinando smoking con pantaloni da jogging. Lo stile personale di Elbaz (dalle sue cravatte gros-grain agli occhiali neri squadrati alla sua preferenza per non indossare mai i calzini) ha anche creato una nuova idea di stile maschile.