Skip to main content

Rome Insider: la guida d’autore di Iana Nekrassova festeggia la nuova edizione 2019

LA NUOVA “GUIDA d’ AUTORE”,
annualmente rinnovata, raggiunge il suo III° Traguardo  

Sono tre anni da quando Iana Nekrassova, nota blogger romana di origine russa, propone l’annuale guida d’autore dedicata a Roma nella sua lingua; condivide così con gli utenti, gli indirizzi di ristoranti, pasticcerie, boutique, terrazze, musei, gallerie e  ed angoli segreti della Città Eterna, unendo le tradizioni e le tendenze, gli indirizzi classici e le novità, aiutando in questo modo i viaggiatori e tutti gli innamorati di Roma a scoprire il modo di vivere alla romana e le abitudini dei romani, far sentire l’atmosfera della città, il suo carattere e l’anima.

Continua a leggere

Titanic: l’ultima cena a bordo del transatlantico

Veronica Hinke, esperta in gastronomia, ha rivelato nel libro The Last Night on the Titanic: Unsinkable Drinking, Dining and Style il menù dell’ultimo pasto consumato sul Titanic, affondato nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912.

La ricostruzione è stata possibile grazie ad un passeggero della prima classe, Irwin Flynn, che aveva conservato il menù in una tasca interna del cappotto poco prima dello scontro con l’iceberg.

Antipasti a base di ostriche, “consommé Olga”, brodo di carne a base di vino e verdure, salmone con crema di cetrioli, uova, succo di limone e burro fuso. Questo è solo l’inizio dell’ultima cena consumata dai passeggeri della prima classe. Oltre agli antipasti, la cena prevedeva filetto coperto da foie gras e tartufo, pollo alla Lionese cotto nell’aceto di vino rosso, agnello con salsa alla menta, roast beef e petto d’anatra. Il tutto accompagnato da pregiati vini e birra chiara, rum e champagne insieme a una selezione di dessert, tra cui la classica crema di gelato. 

La chiusura del banchetto era affidata al Clover Club, un prestigioso drink a base di gin, sciroppo di lampone e bianco d’uovo, ideato da un barman del Bronx.

 

Coca Cola: all’asta una bottiglietta da 100 mila dollari

Ebbene sì, potrebbe esserci qualcuno disposto a spendere più di 100 mila dollari per una bottiglietta di Coca Cola, che sarà battuta all’asta sul sito Morphy Auction.

Come ha riportato Food and Wine, la bottiglietta in questione è stata prodotta ben 100 anni fa, e pare sia una delle poche arrivate ai giorni nostri intatte. Per i collezionisti un affare da non farsi scappare, visto che si tratta di un ritrovamento raro. 

Nella descrizione, sul famoso sito d’aste, troviamo diverse informazioni tra cui quella che la preziosa bottiglietta è in vendita senza il suo contenuto, quindi è vuota.

E poi non manca la parte storica, nel 1915 Coca Cola decise di dare un design iconico alle bottigliette, uno stile che  fosse in grado di caratterizzare il prodotto rendendolo unico al mondo. Otto aziende hanno proposto i loro prototipi e la scelta cadde sul progetto di Earl R. Dean della Root Glass Company che poi venne riadattato per venire incontro alle esigenze di fabbricazione. Questa bottiglietta dovrebbe essere proprio una di quelle usate per i primi test.

Secondo un esperto di bottiglie, Bill Porter, Coca Cola decise di distruggere tutte le bottiglie prodotte in questa fase di restyling, ma a quanto pare non tutte vennero distrutte. Sembrerebbero essercene appunto due: una venduta nel 2011 per 240mila dollari, ed ora questa che dovrebbe valere circa 100mila-150mila dollari.

Ciao Karl

Riportiamo questo articolo di Costantino della Gherardesca scritto per Il Foglio

Lagerfeld ci mancherà
Ormai la moda si limita a sfornare trend dal fiato corto. Si è andati troppo dietro allo Zeitgeist

In questi giorni le riviste di moda e non, insieme ai social di mezzo mondo, piangono la morte di Karl Lagerfeld: stilista, direttore creativo per Chanel e Fendi, fotografo e icona di stile, l’uomo che nel 2014 dichiarò al Women’s Wear Daily che “i selfie sono la cosa che odio di più nella mia vita”.

Con lui sparisce un altro insostituibile pezzo di quel poco che resta della consapevolezza nel campo della moda mondiale: un settore che – per sopravvivere in questo clima infame – ha preferito rinunciare alla competenza per lanciarsi all’inseguimento dei gusti volatili e discutibili di una platea di influencer adolescenti.

Ora che ho superato la boa dei quaranta e sono dall’altra parte della barricata, ho tutto il diritto (se non il dovere, dovuto a un istinto di conservazione) di credere che non si debba cercare la verità nelle opinioni dei più giovani. Per questo mi chiedo: che senso ha fare da cassa di risonanza a queste sciacquette armate di smartphone?

Quando, nel secondo Dopoguerra, i ragazzi occidentali si sono imposti come categoria emergente di consumatori, alcune figure di punta della moda sono state in grado di mantenere un minimo di compostezza e di ricordarsi che non si trattava di una folla da accontentare e adorare a priori, ma di un confuso catalogo di input da cui trarre (se necessario) ispirazione. Quando Yves Saint Laurent ha intercettato le prime avvisaglie di una “moda di strada” e le ha inglobate nella sua produzione, non stava semplicemente cercando di accarezzare l’ego di una Instaqueen, ma stava accogliendo nel prêt-à-porter elementi di controcultura, per farli entrare in contrasto con un organismo che rischiava di arroccarsi su influenze a aspirazioni visive puramente borghesotte.

Ma se i ragazzi di allora erano reduci o testimoni diretti di disastri e stravolgimenti epocali (guerre, genocidi, carestie, ma anche nascita di nuovi gruppi sociali, messa in discussione di barriere razziali e progressiva rilettura dei gender roles: tutte ansie e ambizioni che ritroviamo nel prêt-à-porter del secondo Novecento), i giovani che i direttori delle case e delle riviste di moda oggi cercano di blandire sono già imbevuti di mainstream, perfetta espressione di una normalità chiassosa che diventa “trasgressiva” solo perché, attraverso i social, ha la possibilità di far rimbombare la sua onnipresente e colorita vacuità. Il mainstream non è più sbeffeggiato né reinterpretato, ma interiorizzato in tutto e per tutto, incluse le sue regole di diffusione per presidiare il mercato.

Non c’è da stupirsi, quindi, se la moda si limita a sfornare trend inconsistenti e dal fiato corto: le sue istituzioni – le riviste di settore in primis – hanno spalancato le porte a un cavallo di Troia carico di teenager con le felpe glitterate e una connessione 5G, li hanno incoronati influencer e li hanno ricoperti di brand altisonanti. Del resto, l’apocalisse della fast fashion l’aveva già predetta, anni fa, Claude Montana: ci si dimenticherà dei vestiti e si finirà a piazzare loghi su cappellini e borsette qualsiasi.

Fatte rare eccezioni (penso a isole felici come “Encens” di Samuel Drira o “The Leopard” di Alister Mackie), la stragrande maggioranza dei direttori delle riviste di moda non capisce più nulla di moda. Rimpiangono Karl Lagerfeld, anche se in realtà non se lo filano da anni, presi come sono nella loro rincorsa allo Zeitgeist dei selfie di ragazzine analfabete. E in questa corsa verso l’abisso hanno glorificato le grilline della moda, le giovani influencer che pur non capendo un cazzo di moda, la fanno grazie ai social media, diffondendo così la loro ignoranza, istituzionalizzata proprio da quei professionisti che avrebbero dovuto proteggere la moda di cui Karl Lagerfeld era un grandissimo studioso.

Come i giornalisti politici hanno messo sullo stesso piano Jacques Chirac e Luigi Di Maio (e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti), negli ultimi anni i direttori delle riviste di moda hanno messo sullo stesso piano Karl Lagerfeld e Kylie Jenner.

Cari editor, direttori, curatori eccetera di riviste di moda italiane, potevate avere un minimo di decenza e non postare coccodrilli o foto commemorative del povero Karl, visto che – obiettivamente – di moda non ne capite un cazzo.

Le Confraternite e le Corporazioni

Uno sguardo d’insieme sulla storia

Corporazioni nei tempi recenti ha un suono quasi ostile, il ricordo di un assetto della società italiana stabilito da Bottai, nel Ventennio, ed è un grande errore ritenere sia lo studioso sia la sua iniziativa come deplorevoli, anzi !  Nessuno, perso nel buio di una cultura marginale e superficiale, ha notato che l’uomo da sempre si è associato ad altri e da sempre ha cercato di darsi un regolamento affinchè un’organizzazione da lui tracciata avesse buon fine. Che qualche aspetto di una corporazione avesse un carattere incompreso o politicamente inquadrato, questo lo si deve semplicemente al fatto che si è posto un adeguamento con la società del tempo.

Continua a leggere

Lo “stile” di Vittorio Camaiani: 30 anni di attività

Guardare all’autunno/inverno per strizzare l’occhio all’estate nella nuova collezione dello stilista marchigiano, che presenta la sua nuova collezione intitolata “Fili d’erba”

Il 10 Agosto è stato presentato il defilè per la collezione autunno/inverno 2018/19 intitolato “Fili d’erba” dello stilista marchigiano, Vittorio Camaiani. Nella splendida cornice di Villa Montanari Rosati a Porto San Giorgio in provincia di Fermo, ospiti di Marilena Montanari Rosati, l’evento, giunto alla sua undicesima edizione, si conferma un appuntamento particolarmente sentito che ha visto il patrocino dal Consiglio Regionale Marche e del Comune di Porto San Giorgio.

Continua a leggere

Massimo Bottura vince al The World’s 50 Best Restaurants 2018

Massimo Bottura, con la sua Osteria Francescana, è stato il grande protagonista della serata degli Oscar della gastronomia tenutasi il 19 giugno al Basque Culinary Center di Bilbao. Per la seconda volta lo chef modenese si trova al primo posto della prestigiosa lista del The World’s 50 Best Restaurants 2018 che premia i migliori ristoranti al mondo.

Continua a leggere

Dolce e Gabbana Amore Infinto

Con l’ultima sfilata presentata a Firenze dal titolo celebrativo “Dolce e Gabbana Amore Infinito” il duo stilistico ha davvero stupito il pubblico riportando in passerella Monica Bellucci (che con loro non sfilava dal ’92) insieme a Naomi Campbell e Marpessa Hennink; da sempre amiche degli stilisti e convinte semplicemente con una telefonata.  

Continua a leggere

Laurearsi in Chanel

Cosa succede quando Chanel collabora con le più prestigiose scuole di moda?

Due giorni dopo il maxi evento, il cinque maggio Chanel ha aperto le porte a uno degli show più importanti della sua storia: la Cruise Collection 2018/2019 interamente ambientata nella riproduzione di una nave da crociera, La Pausa. Ma non è stato solo uno degli eventi vip only per la maison: perché il 5 maggio 2018 il lungo progetto di educazione alla moda della maison di Coco Chanel si è concretizzato con la giornata dello studente, ciliegina sulla torta del percorso di scuola della moda lanciato da Chanel nel 2015.

Continua a leggere

Roma: la città al mondo dove si mangia meglio

Tornati da un viaggio non si portano più i soliti souvenir, tutta quella serie di oggettistica, a volte pacchiana, che comprende calamite piattini, campanelle, ditali e mini riproduzione di monumenti  e/o edifici famosi. Ormai la nuova frontiera dei souvenir sono le esperienze culinarie, gli attestati di partecipazione a un corso di cucina e l’aver mangiato nel posto tal dei tali. Non si racconta più,  una volta tornati, di mare, monti, paesaggi, città, o di arte, architettura e storia ma di  cosa si è  assaggiato e quindi si torna con corposo elenco di ristoranti stellati dove si è mangiato, di cui ovviamente vantarsi con amici e parenti.

Continua a leggere

Gucci: ArtLab a Scandicci

“Rappresenta uno dei più importanti traguardi di questo incredibile viaggio di Gucci negli ultimi tre anni, nonché uno degli investimenti industriali più significativi oggi nel nostro Paese”. Così Marco Bizzarri, presidente e CEO di Gucci, ha commentato l’inaugurazione dell’ArtLab a Scandicci, dove la griffe ha concentrato le attività di ricerca e sviluppo (inclusi prototipia, laboratori test e area pre-industrializzazione) per calzature e pelletteria.

Continua a leggere

Bafta: Kate Middleton sceglie il verde e non il nero

Un verde molto scuro quello scelto dalla duchessa di Cambridge ospite alla Royal Albert Hall di Londra per i Bafta, gli “Oscar inglesi”. L’ abito, di Jenny Peckham, ha però subito acceso una polemica proprio per colpa del suo colore. Infatti tutte le presenti, da Angelina Jolie a Jennifer Lawrence, passando per Lupita Nyong’o,  hanno indossato abiti neri per testimoniare il proprio appoggio al movimento Time’s Up, che come già accaduto per i Golden Globes ha chiesto di associare al look una scelta di campo precisa a favore del movimento che denuncia le molestie sulle donne chiedendo maggior tutela e  diritti.

Continua a leggere

Kinder Bueno, Kit Kat e Starbucks…

…e tutte le nuove stranezze!

Cominciamo con la Nestlè, chiunque sia stato in Giappone sa quanto questo popolo ami il famoso Kit Kat, lo snack di cioccolato che nel Paese del Sol Levante è disponibile in ben 300 varianti tra gusti e colori diversi. Ovviamente non mancano le edizioni limitate per festeggiare le varie ricorrenze dell’anno, e l’ultima uscirà a fine in marzo in occasione della fioritura dei ciliegi e della fine dell’anno scolastico. Sono in arrivo quattro versioni, acquistabili anche online in un unico pacchetto.

La prima è un’esclusiva confezione speciale la Sakura Strawberry Kit Kat, venduta nei locali premium Kit Kat Chocolatory a 1080 yen, circa 8 euro: un cilindro bianco che contiene al proprio interno un ciondolo realizzato in legno di ciliegio, con la forma del caratteristico fiore rosa, insieme con cinque mini-barrette al gusto fragola ripiene di crema preparata con foglie di ciliegio. Le altre tre confezioni sono acquistabili anche nei supermercati a 324 yen, circa 2,40 euro: in questo caso, i mini snack all’interno sono quelli classici al cioccolato al latte, quelli fondenti o ancora quelli allo iyokan, una sorta di mandarino tipico giapponese.

Oltre ai fiori di ciliegio disegnati sulle confezioni, troviamo anche su ogni barretta un messaggio di incoraggiamento pensato per gli studenti, con incitamenti che spaziano dal “Forza!” al “Ce la puoi fare!”, ed uno spazio bianco sul retro su cui scrivere eventuali dediche.

6eb7ca7d-f30d-4e6b-a16b-f3ad14215c0f

Sul fronte gelati, invece, tra le uscite più attese, c’è il Kinder Bueno Ice Cream. A confermarlo arriva il portale di Langnese, la branca tedesca di Walls, in Italia Algida, su cui sono spuntate le prime immagini di questo “mitologico” gelato. Una sorta di cornetto ripieno “di squisito gelato alla nocciola, con un cuore di crema al cioccolato e una copertura di crema alle nocciole Ferrero”. I primi esemplari del cono in questione sono già iniziati a circolare, scatenando ovviamente la curiosità dei social; ma a quanto pare si dovrà aspettare fino all’arrivo della bella stagione per il definitivo lancio sul mercato.

Infine in attesa dell’imminente apertura in Italia di Starbucks con la Reserve Roastery di Milano, il colosso del frappuccino ha ufficialmente lanciato in collaborazione con Chase la sua Starbucks Rewards Visa Card, una speciale carta di credito integrata con la raccolta punti del gruppo di caffetterie. Utilizzando la carta i clienti potranno incrementare i punti stella, le Stars del programma fedeltà Starbucks Rewards, convertibili in bevande, dolci e snack.

In particolare, la Starbucks Rewards Visa Card – che avrà un costo annuale di 49 dollari – offrirà ben 2.500 stelle (pari a una ventina di bevande omaggio) a chi spenderà almeno 500 dollari nei primi tre mesi dall’apertura dell’account, fino a tre stelle per ogni dollaro speso in una caffetteria Starbucks e una stella ogni 4 dollari spesi in qualsiasi negozio, fisico o virtuale. Il tutto, insieme con una selezione speciale di prodotti riservati ai possessori della carta di credito.

1517830700_Carta-Starbucks-misura-2

credits wired

“T-shirt: Cult, Culture & Subversion”, la mostra a Londra

La parola t-shirt compare per la prima volta nel 1920 nel romanzo Di qua dal paradiso di Francis Scott Fitzgerald e subito dopo venne inserita nel Merriam Webster’s Dictionary. La prima t-shirt merchandising invece è stata realizzata per l’uscita del film Il mago di Oz nel 1939, mentre Marlon Brando e poi James Dean in Gioventù bruciata l’hanno resa iconica nel suo classico colore bianco.

Continua a leggere

Tokyo: a scuola con Armani

Una diatriba particolare quella intercorsa tra il preside di una nota scuola di Tokyo, nell’esclusivo quartiere di Ginza, ed i genitori degli alunni. La discussione riguarda la scelta del consiglio di istituto della scuola elementare Taimei di adottare per il prossimo anno una divisa disegnata da Armani che costerebbe intorno agli 80 mila yen, circa 600 euro. 

La questione è persino approdata ieri nella Dieta, il parlamento nipponico. Il preside ha deciso di cambiare il design dell’uniforme scolastica “Con l’intenzione di avere un’uniforme degna di una scuola a Ginza”  così ha spiegato la scuola. Si è poi andati al confronto con l’Associazione genitori e insegnanti, e ci sono stati almeno cinque ricorsi.

La polemica è quindi arrivata in parlamento, dove Manabu Terada del Kibo No To (Partito della speranza) ha portato la vicenda all’attenzione della Commissione bilancio della Camera bassa. “Dovrebbe esserci un limite di prezzo”, ha detto il parlamentare. Il ministro delle Finanze Taro Aso ha risposto in quella sede concordando che “potrebbe essere pesante se uno studente non può affontare quella spesa” e il ministro dell’Educazione Yoshimasa Hayashi ha spiegato che vigilerà perché il costo sopportato dalle famiglie “non sia eccessivo”.

Il preside e la scuola mantengono, però, il punto. “Ho preso questa decisione pensando al futuro della scuola. Accetto umilmente la critica che non vi sia stata sufficiente informazione”. Ma il consiglio d’istituto precisa che gli studenti non sono formalmente obbligati a indossare quelle divise.