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UFarmer la piattaforma per adottare ed acquistare le eccellenze del made in Italy

Un marketplace dedicato a Doc e Dop, dove è possibile scegliere il produttore, seguire la produzione e personalizzare l’acquisto

di Maria Teresa Manuelli via Il sole 24 Ore

 

Se in Italia la “Dop Economy” vale 16,9 miliardi di euro alla produzione, il 19% del fatturato del settore agroalimentare italiano (Rapporto Ismea-Qualivita 2020), tanto da entrare anche nel Vocabolario Treccani, la startup UFarmer si propone di creare un marketplace delle eccellenze italiane rappresentate dalle Dop e Doc. Uno strumento di valorizzazione dei territori, dove i prodotti non si acquistano ma si “adottano”. Tutto a portata di click per sostenere le filiere e le biodiversità agroalimentari di eccellenza trasformando i consumatori in “farmer digitali”.

Parte da Milano, ma si estende su tutto il territorio nazionale, la startup dedicata all’agroalimentare di eccellenza Made in Italy e all’economia di vicinato. «L’idea – illustra Francesco Amodeo, manager di una multinazionale delle telecomunicazioni, co-fondatore e presidente di UFarmer è nata con lo scopo di offrire ai consumatori la possibilità esclusiva di prendere parte al processo agricolo, adottando un albero di olivo, un appezzamento di vigna per poi riceverne direttamente il proprio prodotto personalizzato a casa. Un’esperienza appassionante, il cui risultato finale può essere condiviso con la famiglia o gli amici più cari, magari con un pizzico di orgoglio e vanità nel mostrare il frutto del proprio raccolto»

Con UFarmer non si acquista un prodotto, ma tramite l’adozione è possibile creare il proprio campo digitale sostenendo il territorio italiano e i produttori virtuosi che investono in termini di qualità e sostenibilità. Si può seguire la crescita delle coltivazioni, partecipare alla produzione, effettuare visite alle proprie “adozioni” e personalizzare le confezioni e le etichette diventando un vero e proprio ‘farmer digitale”

Il giro d’affari della piattaforma nel 2021 è atteso intorno ai 500 mila euro per 500 adozioni stimate, con una crescita che già nel 2022 porti a superare 1,5 milioni di euro.

Non tutte le aziende agricole possono entrare a far parte del panel di produttori proposto dalla startup. Si entra solo se si rispettano specifici criteri di qualità sull’intera filiera produttiva e se si garantisce al consumatore finale un prodotto esclusivo e personalizzabile. Luca Passini, co-founder e ceo di UFarmer, aggiunge come il marketplace UFarmer.it sia «il risultato di un’esperienza ricercata e vissuta direttamente da noi fondatori. Un percorso che ha richiesto tempo e che ha portato alla definizione del primo portale interamente studiato per aggregare produttori di eccellenza italiani e consentire il contatto diretto produttore-consumatore. Così da dare a quest’ultimo la possibilità di prendere parte all’intero processo produttivo diventandone sostenitore e vero adottante».

 

Esistono già realtà di aziende agricole che hanno sperimentato con successo la loro adottabilità, ma ad oggi, non esisteva una piattaforma che le geolocalizzasse sul territorio italiano e le raggruppasse per tipologia di prodotto. E anche dall’estero sarà più facile individuare quale filiera italiana è possibile adottare e quale prodotto personalizzato si può avere.

 

 
 

Ristorante Da Luigi all’Orto di Roma: dove la tradizione sarda incontra quella romana

Il Ristorante Da Luigi all’Orto di Roma si trova in via di Grotta Perfetta 551.

Il Ristorante offre un locale ampio e accogliente con ottima cucina. Il ristorante dispone di 400 posti ed è a disposizione per cerimonie, come matrimoni, battesimi, compleanni o pranzi/cene aziendali. Il locale dispone di ambiente climatizzato, veranda estiva ampia. La struttura è dotata anche di un ampio parcheggio. Da noi potrete trascorrere tranquille colazioni di lavoro, piacevoli pranzi di nozze o di battesimo. Penseremo a tutto noi, per organizzarvi cerimonie e banchetti memorabili! Su richiesta, possiamo predisporre anche menù personalizzati.

Il Ristorante è disposto su tre ambienti separati: una sala principale, capace di accogliere anche gruppi numerosi; una sala più piccola, adatta per organizzare cene aziendali, feste private, o semplicemente cene tra amici; ed infine un’ampia veranda estiva, tipico ambiente con pergolato, ottimo per pranzi e cene estive.

Il Ristorante Da Luigi all’Orto di Roma la tradizione sarda incontra quella romana: malloreddus pescatora , porceddu sardo, seadas, bucatini cacio e pepe, saltimbocca alla romana. Il ristorante offre una vasta scelta di piatti diversi. Oltre a antipasti, primi, secondi e dessert, è possibile gustare alcuni piatti speciali come il cartoccio di spigola.

Il locale propone anche una pizza cotta al forno a legna, leggera, molto gustosa e con un alto livello di digeribilità. Una buona lavorazione, ingredienti di qualità. Il segreto per una pizza perfetta risiede nell’attendere i tempi per una giusta lievitazione.  Oltre alla pizza, è possibile anche ordinare la Pinsa Romana. Il prodotto oltre a livello estetico si distingue per la sua digeribilità dovuta a vari fattori: lievitazioni lunghe (da 24 ore in poi), alta idratazione degli impasti (circa 80%), mix di farine meno calorico di una normale farina per Pizza, utilizzo della farina di soia, utilizzo di pasta madre, nessun utilizzo di grasso animale nell’impasto e basso uso di olio.

La friabilità, la digeribilità e la fragranza della Pinsa contraddistinguono il prodotto da tutti gli altri. Ne deriverà un prodotto croccante fuori e morbido dentro. La morbidezza all’interno viene mantenuta proprio grazie alla farina di riso che ha il compito “fissa” l’acqua presente nell’impasto durante la cottura. Grazie alla sua leggerezza la Pinsa Romana è particolarmente adatta a condimenti alternativi che possono sposarsi alla perfezione con questo impasto.

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Colomba – il dolce della tradizione pasquale e la sua storia

Abbiamo passato anni a dire che la colomba è la sorella sfigata del panettone. No signori: non è così. Madama colomba ha una storia di tutto rispetto, a partire dal volatile da cui prende il nome, molto presente nell’antichità e nelle comuni radici culturali indoeuropee. Andiamo quindi a tracciare una storia della colomba di Pasqua che si propone di spiegare la simbologia, le leggende e la verità storica a nostra disposizione.

La colomba nella mitologia

Partiamo da un dato incontrovertibile: i volatili di diverso tipo sono da sempre ritenuti in qualche modo messaggeri e divinità da varie culture del mondo. Il mondo greco prima e quello romano poi attribuivano ai volatili delle funzioni ctonie e psicopompe: significa che avevano la possibilità di comunicare con l’aldilà e di accompagnare i morti nell’Oltretomba.

L’etimologia di “colomba” risale probabilmente dal greco antico, kolimbas-a, che sarebbe una sorta di uccello acquatico; da qui, deriverebbe anche la parola comignolo, perché sogliono nidificare proprio sulle cime dei camini.

Concentriamoci ora sull’origine del mito, per forza di cose attraverso la tradizione mediorientale. Per gli antichi Assiri la colomba ha l’incarico di portare messaggi, ma per trovare più apparizioni di questo volatile è necessario pensare in particolare alle al racconto ebraico. La colomba è infatti presente sin dalle prime pagine della Bibbia: è una colomba a portare a Noè un rametto d’ulivo, a simboleggiare la fine del Diluvio Universale. Altro personaggio della Bibbia legato alla colomba è senza dubbio il profeta Giona, il cui nome nell’antico ebraico significa proprio “colomba”.

La colomba per gli Ebrei è la raffigurazione dello Spirito Santo, inteso come pensiero e non come persona fisica (come invece accade per il Cristianesimo). Appare continuamente come portatrice di messaggi di vario tipo nelle raffigurazioni sacre, compresi arazzi e codici miniati. San Paolino di Nola, nel V secolo, commissionò una Trinità sormontata da una colomba.

A questo punto è facile capire che il succitato pennuto sia portatore di notizie, perlopiù benevole; altrettanto semplice è il suo collegamento con la Pasqua, festa di Resurrezione.

Una colomba, tre leggende

Ora mettiamo da parte il campo simbolico ed addentriamoci più nella leggenda del pennuto lievitato. Come avevamo anticipato parlando di differenze tra panettone e colomba, la nostra beneamata possiede – tal quale al fratello natalizio – una serie di leggende a dire il vero… tutte molto simili tra di loro.

Tre, nello specifico, che concordano su un punto: siamo nell’epoca dei Longobardi, quindi nell’attuale Lombardia.

La prima leggenda ci dice che durante l’assedio di Pavia il re longobardo Alboino (siamo circa a metà del VI secolo d.C. ) si vide offrire un pane dolce a forma di colomba, come richiesta di tregua e pace.

La terza versione si riferisce alla Battaglia di Legnano, (1176), con la vittoria dei Comuni lombardi contro l’invasore Federico Barbarossa. Si narra che furono viste delle colombe bianche posarsi sopra le insegne dei lombardi; il condottiero che le vide diede ordine di preparare pani a forma di colomba per infondere coraggio ai suoi cavalieri.

Sembra abbastanza chiaro che la diffusione di pani pasquali – probabilmente coevi o addirittura discendenti del panettone – era una cosa abbastanza comune. In particolare nel Nord Italia, ma non mancavano versioni di dolci pasquali diffuse in tutta la penisola.

La verità storica della colomba

Così come è stato per il panettone, la fuoriuscita dai confini lombardi la si deve alla produzione su larga scala di questo bene, che avvenne per opera dell’azienda Motta; in particolare, dobbiamo l’invenzione vera e propria della colomba “industriale” ad un pubblicitario noto, Dino Villani. Difficile definire chi fosse Dino Villani: pubblicitario, artista, pittore, incisore, critico d’arte. Fu tra i primi ad utilizzare tecniche integrate di comunicazione, con risultati palesemente efficaci e che perdurano ancora oggi.

Era già riuscito nell’opera di diffondere il panettone a livello nazionale, proponendo di premiare i vincitori del Giro d’Italia con un lievitato da ben dodici chili. L’evento sportivo era seguitissimo, imperdibile per tutti gli italiani: anno dopo anno, dal 1934, sortì l’effetto desiderato. L’azienda di Angelo Mottaprese il dominio della scena nazionale del panettone.

Per quanto riguarda la colomba, Dino Villani fece una semplice ma efficace pensata: riutilizzare i macchinari e molti tra gli ingredienti già utilizzati per i panettoni natalizi per produrre fino alla fine della Pasqua.

Di fatto l’eclettico Villano aveva applicato quello che oggi è un concetto del marketing comune nell’industria alimentare: la line extension, ovvero l’ampliamento della linea di prodotto volto a coprire più fasce di mercato possibili, estendendo letteralmente il ventaglio dell’offerta a fronte di una domanda variabile, anche in base alla stagione.

Alla Motta subentrò, in un secondo momento (a partire dal 1944), la Vergani, azienda produttrice di colombe ancora oggi salda sul mercato dei lievitati da supermercato, nella fascia medio-alta.

 

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