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L’Arte al Senato e alla Camera dei Deputati

IL POTERE DELL’ARTE
UN INVITO AI POLITICI E AGLI ITALIANI
ALZATE LA TESTAGUARDIAMO LONTANO

Palazzo Madama e Palazzo Montecitorio sono due importanti palazzi storici,  che nel 1871, esattamente 150 anni fa, quando Roma venne proclamata Capitale d’Italia, furono scelti come sede rispettivamente del Senato e della Camera dei Deputati del Regno d’Italia. In un primo momento si pensava a queste sedi come provvisorie, in realtà questi importanti organi istituzionali sono ancora lì, “Ma – si sa – a Roma niente è più definitivo del provvisorio”, così l’Illustrazione Italiana commentava le numerose discussioni al riguardo. Per rendere i palazzi all’altezza della nuova funzione istituzionale furono necessari degli interventi di ristrutturazione, che non si limitarono solo a lavori di adattamento, ma al fine di rafforzarne il valore altamente rappresentativo, furono decorati e affrescati con scene simboliche ed evocative del nostro glorioso passato. All’Arte fu attribuito un altissimo compito, lasciare una traccia indelebile del passaggio storico epocale.

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L’Amerigo Vespucci, una nave “Signora dei Mari”

L’ Amerigo Vespucci è la più anziana  nave della Marina Militare ancora in servizio.
La più bella nave del mondo, una Elegante Signora  che solca i mari dal 22 febbraio 1931, giorno in cui iniziò il suo servizio con il motto “Per la Patria e per il Re”: 90 meravigliosi anni di servizio!

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Steve Jobs – il fondatore della Mela più famosa del mondo

 
L’incredibile storia del Signore delle mele: Steve Job, un californiano geniale e irascibile che ha messo la tecnologia nelle mani di tutti.

Computer e smartphone sono diventati i migliori amici dell’uomo, e se è cambiato il modo in cui ascoltiamo la musica o guardiamo l’orologio, ed il cellulare è diventato un apparecchio tuttofare, molta parte del merito (o no?) è sua.

Alcuni aspetti della vita di Steve Jobs sono stati avvolti dal mistero, a partire dalla nascita che avvenne il 24 febbraio 1955, ma dove? C’è chi dice che sia nato a San Francisco e chi sostiene che il piccolo Steven Paul sia nato in Wisconsin. Apple si è sempre rifiutata di fornire questa informazione, finchè la biografia ufficiale svelò l’arcano confermando la nascita di Jobs a San Francisco. I genitori erano entrambi due studenti universitari; il padre, Abdulfattah “John” Jandali, di origine siriana, sarebbe poi diventato un professore di scienze politiche, la madre invece era americana. Entrambi temendo di non poter garantire un futuro dignitoso al proprio figlio, decisero di darlo in adozione. «Voleva che fossi affidato a una coppia di laureati» raccontò Jobs in un discorso. «Quando scoprì che la mia madre adottiva non aveva finito il college, e il marito neppure il liceo, si rifiutò di firmare le carte. Finché non le garantirono che sarei andato all’università».

Come stabilito nel “patto di adozione” nel 1972 Steve Jobs si iscrisse al Reed College, in Oregon; ma ben presto capì che quei corsi non erano interessanti e che la vita del college era troppo costosa per le casse di famiglia. Così decise di lasciare i corsi ufficiali e di seguire solo quelli che gli interessavano tra cui quello di calligrafia, dove imparò tutto su scrittura, lettere e caratteri. Queste conoscenze sarebbero state alla base, molti anni dopo, delle capacità tipografiche e soprattutto stilistiche del Macintosh.

Per risparmiare lasciò la camera del dormitorio facendosi ospitare da amici, iniziò a raccogliere bottiglie di Coca-Cola vuote per restituirle ai venditori e avere in cambio cinque centesimi, arrivò a fare 10 km a piedi per raggiungere il tempio Hare Krishna dove, la domenica, si mangiava gratis. Secondo Leander Kahney (autore della biografia non autorizzata Nella testa di Steve Jobs, Sperling & Kupfer) provò anche una dieta a base di sole mele, nella speranza che ciò, e chissà perché, gli permettesse di non lavarsi.

Stay hungry stay foolish, il più famoso discorso e testamento spirituale di Jobs, sottotitolato in italiano

Tornato in California, Steve rispolverò la passione per l’elettronica iniziando a lavorare per Atari, uno dei primi produttori di videogame. In seguito con il suo amico e collega Steve Wozniak, decise di mettersi in proprio e nel 1976 fondò la Apple Computer. Sede della società era il garage di casa, il logo una mela morsicata, capitale sociale poco, molto poco. Per finanziarsi Jobs fu costretto a vendere il suo furgone Volkswagen, mentre Wozniak la sua calcolatrice scientifica.

Sulla scia di questo primo successo arrivò l’Apple II, il primo computer fatto e finito, in modo che una volta tirato fuori dalla scatola, poteva essere pronto da usare, senza nessuna parte da montare. Successivamente arrivò Apple III che risultò un flop a causa dei problemi di surriscaldamento. Nel progetto non era stata prevista la ventola di raffreddamento perché a Jobs non piaceva, ritenendola poco elegante.

Nel dicembre 1979 visitò il centro ricerche della Xerox, dove stavano studiando un sistema che avrebbe permesso di comandare i computer attraverso semplici menu a icone. Fu la svolta, e proprio grazie a questa idea Jobs e il suo team riuscirono a trasformare il computer in un elettrodomestico alla portata di tutti. Nel 1984 venne lanciato il Macintosh, il primo computer controllato da due nuovi accessori: la tastiera e un nuovo apparecchio battezzato mouse. Le quotazioni della Apple schizzarono alle stelle, ed iniziò l’eterna disputa tra i fan della Mela e quelli che utilizzavano computer di altre aziende. Alla Apple nacque anche la particolare figura del “Mac evangelista”, un tecnico “mistico” con la missione di convincere amici e parenti della superiorità del Macintosh rispetto al resto.

Riguardo alla vita privata e sentimentale sembra che a vent’anni fosse fidanzato con Joan Baez, icona della musica folk americana e già compagna di Bob Dylan, uno dei suoi miti. Secondo Alan Deutschman, autore di un’altra biografia non autorizzata (I su e giù di Steve Jobs), la storia sarebbe finita perché la Baez sarebbe stata troppo vecchia per avere un bambino. Un rapporto complicato, quello con la paternità; quando nel 1978 la sua prima ragazza Chris Ann gli comunicò di essere incinta, lui non fece una piega e reagì come se la cosa non lo riguardasse. La figlia Lisa nacque così in una comune. Nel 1991, durante un rito buddhista, Jobs sposò Laurene Powell con cui avrebbe poi messo al mondo tre figli.

Nel frattempo il rapporto con Apple iniziò ad incrinarsi; dopo continui contrasti con l’amministratore dell’epoca, nel 1985, Jobs fu costretto a dimettersi. Proprio lui che quella realtà l’aveva creata in garage e resa una compagnia da 2 miliardi di dollari e 4 mila dipendenti, veniva messo alla porta, perché ritenuto improduttivo e fuori controllo. «Essere licenziato da Apple» raccontò in seguito, «fu la cosa migliore che potesse capitarmi. […] Mi liberò dagli impedimenti permettendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita». Di sicuro non se ne rese conto subito.

Nuovamente nei panni del debuttante, Jobs fondò la NeXT con l’idea di produrre computer all’avanguardia; per 10 milioni di dollari ne rilevò poi un’altra, da George Lucas, il regista di Star Wars. La NeXT non decollò, vendendo appena 50 mila computer in 8 anni, mentre la Pixar (così fu ribattezzata l’altra società) si manteneva a galla a fatica. Ma proprio quando Jobs stava per affondare ed anche la stessa Apple, a causa di scelte sbagliate, a metà degli anni ’90 i loro destini si incrociarono. Jobs convinse i “rivali” di Apple a scegliere un rivoluzionario programma sviluppato da NeXT come base per i nuovi computer, gli iMac. Così Apple acquistò la NeXT stessa e nel 1996 Steve Jobs tornò a casa da numero uno.

Anche la Pixar si rimise in sesto con il debutto, nel 1995, nelle sale cinematografiche americane di Toy Story, primo film realizzato completamente con sistemi di animazione digitale. Fu un successo. Il primo di quello che sarebbe diventato ben presto il più importante studio di animazione di Hollywood.

Tornato al timone della Apple, Jobs si trovò ad affrontare una profonda crisi finanziaria e lo fece ricorrendo ai licenziamenti di massa. Sempre secondo una delle biografie non allineate, sembra che bloccasse i dipendenti negli ascensori, interrogandoli sul loro ruolo in azienda. Se a Jobs la risposta non piaceva, potevano essere licenziati anche su due piedi. Una pratica che divenne famosa con l’espressione “essere stevizzati”. Jobs era sì famoso per le sue intuizioni folgoranti, ma al tempo stesso aveva un carattere difficile, pignolo ed egocentrico.

Proprio queste caratteristiche del suo carattere, secondo i suoi fan, sono il segreto delle sue vittorie. Dal rientro in azienda non ha più sbagliato un colpo. Nell’ottobre del 2001 ha presentato l’oggetto che ha cambiato il nostro modo di ascoltare la musica: l’iPod. Qualche anno dopo nacque iTunes, il negozio virtuale dove si possono scaricare dischi e canzoni si legalmente, quindi a pagamento, dal web con il computer er poi esser copiate nel proprio iPod ed essere ascoltate ovunque. Un fenomeno mondialeche Apple ha celebrato nel 2010 dopo aver tagliato il traguardo dei 10 miliardi di canzoni scaricate.

Nel 2004 gli venne diagnosticato un rarissimo tumore al pancreas. «I dottori mi dissero di mettere ordine nei miei affari» raccontò a una classe di studenti, «e questo significa prepararsi a dire ai figli in pochi mesi ciò che pensavi di poter dire loro in dieci anni. Significa dire addio». Dopo l’operazione si rituffò negli affari decidendo di lanciare, o meglio di inventare, un iPod capace anche di telefonare.

Nel 2007, svelò al pubblico l’iPhone, un cellulare dal design minimalista senza tastiera, con schermo sensibile al tocco, con capacità musicali e in grado di navigare nel Web come un computer di casa. Le sue presentazioni erano dei veri e propri eventi. Il suo linguaggio e la sua mimica, il suo abbigliamento sempre uguale (jeans e maglionicino a collo alto nero) ma tutto studiato a tavolino.

L’iPhone divenne un oggetto di culto da subito, il giorno in cui venne lanciato ne furono venduti 500 mila e con l’iPad, venne creato addirittura un nuovo mercato.

La malattia tornò di nuovo quando Jobs aveva iniziato a condurre una vita più “tranquilla”  abbracciando completamente il buddismo. Si era dato uno stipendio di appena un dollaro l’anno, anche continuando a possedere molte azioni Apple e godere di vari benefit. Il 17 gennaio 2011 Apple annunciò che Steve Jobs aveva chiesto un nuovo congedo medico, precisando però che sarebbe rimasto CEO e, continuando a occuparsi delle principali questioni strategiche ma sostituito per le questioni di tutti i giorni da Tim Cook. Il 24 agosto si dimise da amministratore delegato di Apple annunciando di voler chiedere al Consiglio di Amministrazione la conferma di Tim Cook come suo successore. Morì il 5 ottobre 2011, a 56 anni, e fu sepolto nell’Alta Mesa Memorial Park di Palo Alto, insieme ad altri imprenditori dell’alta tecnologia informatica, come il co-fondatore di HP, David Packard e l’ingegnere Frederick Emmons Terman, con i quali Jobs lavorò per alcuni mesi estivi come dipendente all’età di 13 anni.

Quaresima in cucina in Campania tra piatti tipici e poche rinunce

Abbiamo ragione di pensare che ci sia (ancora?) una buona fetta di persone che segue i dettami della Quaresima, cioè il periodo immediatamente dopo Carnevale, che prevede una serie di rinunce alimentari, fino ad arrivare alla Pasqua. In Campania la Quaresima non è soltanto privazioni e ricette povere: un popolo ossessionato dal cibo, come lo è quello napoletano, non poteva esimersi dal creare una filosofia alimentare della Quaresima, con tutti i piatti tipici annessi e connessi.

Prima – molto tempo fa, insomma – la Quaresima era qualcosa che si slegava quasi totalmente dalla componente religiosa, per abbracciare quella aristotelica del tempo, quando questo era tutta la fusione del calendario sia civile che religioso. Cerchiamo quindi di ricostruire questo periodo particolare dell’anno, che letteralmente scandiva i tempi degli uomini del passato.

Come nasce la Quaresima?

Convenzionalmente, la Quaresima racchiude i quaranta giorniche intercorrono dal mercoledì delle ceneri (il giorno dopo il Martedì Grasso) ed il giorno di Pasqua. Durante questi giorni, banalmente, ci si priva di alimenti golosi, “ripercorrendo” i giorni che separarono il Cristo dalla crocifissione prima e resurrezione poi.

C’è molto più da dire, ovviamente: cercherò di farlo in maniera lineare e soprattutto breve.

Parlando di Quaresima, è necessario però fare una distinzione tra calendario naturale e calendario alimentare. Secoli fa, quando c’era poca possibilità di conservare alimenti per lungo tempo (se non con tecniche di salatura e poco altro), i ceti più ricchi dimostravano il loro status symbol mangiando cibi freschi fuori stagione; invece, i ceti più bassi erano “costretti” a mangiare cibi conservati, sfidando la stagionalità dei cibi.

Nel 500 d.C. circa si aggiunse a questa cornice l’elemento religioso, di natura cristiana. I giorni “di magro” raggiunsero anche la non modica quantità di circa 160 giorni all’anno in cui la carne (e in origine, anche pesce, formaggio e derivati animali) era bandita. Questo simboleggiava, sicuramente, una grande importanza data alla carne. Da non sottovalutare poi le invasioni barbariche: queste popolazioni, molto adepte alla carne, avevano costumi che mal si adattavano a quelli dei discendenti dell’impero romano.
Inizialmente, furono soltanto i monaci e gli asceti a praticare questo tipo di rinuncia. Si praticava durante le piccole e grandi Quaresime (c’erano dei periodi interi, mentre ora ce n’è solo uno), nei prefestivi, i mercoledì e i venerdì. Ora la cosa si è parecchio semplificata, dedicando solo i venerdì ed al massimo i mercoledì delle settimane prima della Pasqua. Le prime tracce di Quaresima le abbiamo soltanto nel XIII secolo, ne La bataille de Caresme et de Charnage (La battaglia della Quaresima e del Carnevale), fabliau francese medievale appartenente al genere della satira.

Dopo aver fatto questo riassunto rapido a beneficio di tutti, vi lasciamo ai piatti tipici della Quaresima in Campania.

Frittata di scammaro

Probabilmente il piatto più iconico della Quaresima napoletana, la frittata di scammaro è stata a lungo abbandonata e poi ripresa dalla gastronomia popolare, al punto da diventarne un’autentica icona. Perché scammaro? Da ciò che dice il dottor Tommaso Esposito, gastronomo napoletano, “scammaro” deriva da ex camera, cioè “fuori dalla camera”; i monaci mangiavano di magro nel refettorio comune con un vitto leggero. Quando ci si ammalava, si restava in camera. Mangiare leggero, scammariare; mangiare grasso, cammariare.

Dopo la nota storica, passiamo alla ricetta. Cos’è in buona sostanza la frittata di scammaro? Si tratta di una frittata di spaghetti, semi cotti in acqua bollente, successivamente ripassata in padella con olio, frutta secca (come noci, pinoli, ma anche uvetta), erbe spontanee per insaporire e pesce conservato (il tonno era quello più gettonato, ma non mancano versioni  o quello che c’era a disposizione).

Pasta e legumi

pasta-e-ceci

La popolazione napoletana è sempre stata avvezza al consumo dei legumi, soprattutto come fonte proteica sostitutiva alla ben più costosa carne (della quale, comunque, spesso avevano soltanto i tagli più poveri: les entrailles, il famoso quinto quarto napoletano, fatto di muso, piede, intestino tenue, stomaco, mammella). Quindi, il loro utilizzo non può che intensificarsi durante il periodo della Quaresima. In particolare, il primo giorno di Quaresima a Napoli (il cosiddetto mercoledì delle ceneri), è tipico mangiare pasta e ceci, anche chiamati tuon’ e lampi. Tra i formati di pasta secca utilizzati, solitamente si scelgono tubettoni lisci e rigati, oppure pasta mista composta da tutti i vari frammenti di altri formati; chi utilizza pasta fresca, solitamente “tira” le cosiddette lagane, dando vita proprio a lagane e ceci, piatto tipico anche del Cilento.

Baccalà e stoccafisso

Le differenze tra baccalà e stoccafisso dovreste ormai conoscerle a menadito; in Campania abbiamo una fortissima tradizione riguardo a entrambi, con ricette gustosissime che spaziano dal piatto povero all’opulenza gastronomica. Quest’ultima, soprattutto, si manifesta in maniera prepotente durante il periodo di Quaresima. La Campania ha molte zone dedite alla cucina di baccalà e stoccafisso: si va dall’entroterra irpino fino alle zone prossime al mare. Il merluzzo nordico conservato è stato da sempre merce di scambio tra i poli commerciali della regione, utilizzato per avere in cambio verdure, carni, formaggi e permettendo una diffusione di questo alimento e di svariate ricette.

Il baccalà alla napoletana è una ricetta comune del periodo di Quaresima, anche chiamato in alternativa baccalà arrecanato: consiste in baccalà con sugo di pomodoro arricchito con olio, aglio, origano ed olive nere, spesso insaporito da abbondante sale. A questo piatto, bene si abbina il pane cafone da criscito, spugnoso, adatto per la scarpetta.

Un piatto un po’ più povero ma ugualmente gustoso è lo stoccafisso conciato: il pesce viene bollito, poi arricchito da olio extravergine d’oliva a crudo, succo di limone ed olive verdi.

Alici e colatura di alici

salsa colatura alici

Le alici sono pesciolini poverissimi e facilmente reperibili dai pescatori; per questi motivi, da sempre fanno parte della dieta di magro. In Campania spesso vengono indorate e fritte, cioè passate in una pastella composta da farina, uovo, pepe e formaggio e successivamente fritte in abbondante olio. Consistono in un secondo piatto molto comune, spesso accompagnate da pane ed insalata. Ancora, un altro piatto tipico che non prevede la presenza di grassi animali sono le alici in tortiera, ricetta che prevede l’utilizzo di alici freschissime, prezzemolo, aglio, limone, sale ed olio extravergine d’oliva.

Storia affascinante è quella della colatura di alici, un prodotto famoso in tutto il mondo, ma in origine diffuso come condimento saporito e povero. Si dice che la colatura di alicisia una diretta discendente del garum romano, cioè di quegli intingoli che contenevano non-meglio-precisate interiora. Come fosse fatto il garum, possiamo solo immaginarlo: spesso l’archeologia gastronomica sfocia nella fantascienza, avendo a disposizione così pochi reperti. Sappiamo però com’è fatta la colatura e soprattutto quale sia il suo posto: infatti, viene prodotta a Cetara, piccolo borgo marinaro della Costa D’Amalfi, che da poco ha ricevuto il riconoscimento per la colatura d’alici di Cetara DOP. Alle alici appena pescate nel golfo di Salerno vengono tolte le teste ed eviscerate; tradizionalmente, le alici vengono poi poste e pressate nel terzigno di legno, una sorta di botte sulla quale vengono posti sale e dischi di legno, che fanno pressione sulle alici. Il liquido che affiora viene raccolto in vasi trasparenti, messi poi al sole, in modo tale da far evaporare l’acqua in eccesso, lasciando unicamente il concentrato. Bisogna ben dosare la colatura di alici: è umami allo stato puro, bastano poche gocce per insaporire un’abbondante dose di spaghetti. Basta aggiungere, a piacere, una piccola dose di frutta secca per avere un piatto sì magro, ma carico di sapore.

Uova in purgatorio

Il culto delle uova, a Napoli, è qualcosa di trascendentale: su un uovo si reggerebbe il destino di Napoli, il famoso uovo di Virgilio Mago, l’uovo cosmico posato nelle viscere dell’isolotto di Megaride, sotto Castel dell’Ovo appunto. Sebbene prima non fossero permesse, chi sceglie di ridurre il consumo di carne in questo periodo fa sicuramente uso delle uova.

Le famosissime uova in Purgatorio (ova ‘mpriatorio) prevedono l’immersione delle stesse in un sugo semplice di pomodoro; vengono così chiamate perché – a detta di alcuni – le uova assomiglierebbero ai volti dei defunti, avviluppati dalle fiamme del Purgatorio. Ciò che di vero sappiamo è che questa ricetta, dopo essere passata nel dimenticatoio, sta riscuotendo nuovo successo sulle tavole tradizionali delle trattorie partenopee.

Quaresimali napoletani

Non poteva certo mancare il lato dolce della Quaresima, qui rappresentato appunto dai biscotti chiamati quaresimali napoletani.

Del tutto simili ad una sorta di cantuccino toscano – quindi a base di farina, zucchero, mandorle tostate, i quaresimali napoletani si differenziano da questi sostanzialmente per l’aggiunta di diverse spezie come la vaniglia, i chiodi di garofano, noce moscata, cedro e talvolta la cannella.

 

Isole ponziane, al largo del promontorio del Circeo nel Basso Lazio, dove l’Europa non è utopia

L’incontro domani con gli operatori economici per il progetto “Ventotene-Santo Stefano”

Isole ponziane, al largo del golfo di Gaeta nel Basso Lazio. Oggi, 18 febbraio, a Ventotene è stato presentato alla stampa il progetto “Ventotene-Santo Stefano” alla comunità isolana come importante opportunità da implementare. È in programma domani, venerdì 18 febbraio, a partire delle 15.00, l’incontro online per fare il punto sul progetto integrato di recupero del complesso di Santo Stefano. Con questa iniziativa viene restituito ai cittadini di Ventotene il progetto strategico degli esperti, che nasce da una progettazione partecipata fortemente voluta dalla Commissaria Silvia Costa, momento finale di ascolto della cittadinanza avviato nei mesi precedenti. All’incontro parteciperanno le figure chiave della comunità: dal Sindaco, Gerardo Santomauro, alle associazioni, agli imprenditori e ai cittadini tutti. In parallelo al progetto strategico, si parlerà di sviluppo futuro insieme a Paolo Orneli, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio.

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Il rosso oggi non è una zona, è un colore che ci piace tanto!

“Luna Rossa” e il suo doppio tra sport e camorra.

Il dominio assoluto italiano sui britannici nella vela – 2021, e quel
riferimento alla guerra di camorra nel film di un Ventennio fa – 2001

Raffaele Panico

Oggi è una giornata densa di miti e simboli. Nell’altro emisfero, l’australe dove la disposizione geografica della Nuova Zelanda riprende lo Stivale al rovescio. La volontà dei nostri Migliori italiani si è manifestata dopo aver imposto un dominio assoluto sui britannici, in mare, dove conducono per 4-0 la Finale della Prada Cup contro l’Ineos-Uk del Regno Unito. Sulla terraferma intanto l’America’s Cup Events (ACE) aveva proposto il rinvio di una settimana dell’atto conclusivo, per la solita emergenza legata al lockdown ovvero tradotto in italiano confinamento. Un rinvio per l’allerta portata a livello 2, in vigore nella capitale neozelandese fino a lunedì prossimo. C’è stata una Conferenza preceduta da un comunicato durissimo da parte di Tina Symmans, CEO di ACE (America’s Cup Events, gli organizzatori della Coppa) contro Noi che, a casa in questi mesi di confinamento o lockdown – che dir si voglia – ci immedesimiamo nei nostri Migliori campioni all’Estero.

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Chiacchiere, frappe, bugie, crostoli – il dolce di carnevale d’eccellenza

 
  • bugie (Piemonte, Liguria);
  • cenci o crogetti (Valdarno);
  • chiacchiere (Umbria, basso Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia, ma anche a Milano, in Lunigiana, in Emilia settentrionale e in alcune zone della Sardegna);
  • cioffe (Abruzzo, Molise);
  • cresciole (Pesaro);
  • cróstoli o gróstoli (Veneto, Trentino, Friuli Venezia Giulia, alcune zone della Liguria);
  • cunchielli (in alcune aree del Molise); fiocchetti (Montefeltro, Romagna);
  • frappe (Lazio, Aquilano, Umbria, alcune zone delle Marche e dell’Emilia);
  • frappole-sfrappole-sfrappe (alcune zone della Toscana, Marche, Bologna e Bassa Romagna);
  • galàni (zona tra Venezia, Padova e, in parte, Verona);
  • galarane o saltasù (Bergamo, Sondrio);
  • gale (Vercelli, Novara);
  • gasse (Montefeltro);
  • guanti (Alife, zona del Matese);
  • intrigoni (Reggio Emilia);
  • lattughe (Mantova, Brescia);
  • maraviglias (Sardegna)
  • merveilles (Valle d’Aosta);
  • sprelle (provincia di Piacenza);
  • stracci (alcune zone della Toscana);
  • melatelli (se con miele, Maremma toscana);
  • risòle (Cuneo e sud del Piemonte);
  • rosoni (Modena, Romagna);
  • stracci, lasagne, pampuglie, manzole, garrulitas (in sardo).

I nomi sono infinite ed anche le varianti locali sono infinite, ma il principio alla base della ricetta è pressoché lo stesso: un impasto di farina, zucchero, uova cui viene aggiunta una componente alcolica (acquavite, grappa, vin santo, marsala), fatta poi una sfoglia sottile e tagliata a strisce smerlettate, viene fritto e spolverato di zucchero.

La prima traccia risale ai tempi degli antichi romani, dove il Crustularius, il pasticciere che preparava il crustulum, friggeva questa crosta croccante che veniva poi passata nel miele. Il crustulum è, a sua volta, un’evoluzione della lagana, discendente del lasanon dei Greci. Si preparava impastando farina di farro o frumento con acqua, tagliata a strisce, al forno o fritta, e condita con sale. Veniva poi consumata con ceci e porri, così come scrive Orazio nelle Satire: inde domum me ad porris et ciceri refero laganique catinum.

Per quanto sia un dolce tipico, tradizionale e popolare, ci sono pochissimi ricettari che ne trattano in modo preciso. Nei grostoli di Bartolomeo Scappi (Opera, 1570), al posto delle uova, per colorare l’impasto, troviamo lo zafferano. Dal Basso Medioevo sappiamo che non sono più addolciti col miele ma con lo zucchero, ma riuscire a trovare le dosi e le proporzioni precise è ancora difficile. Le varianti regionali, provinciali e pure comunali delle “croste” sono decine, ognuna con differenze legate, allo spessore della pasta, alla forma ma soprattutto alle dentellature del bordo.

In Veneto ci sono sia i crostoli che i galani, più sottili e allungati e chiamati così dallo spagnolo gala, cioè fiocco sfarzoso e grazioso da indossare in occasioni mondane e frivole, al collo. In Toscana c’è il cencio (già attestato nel XIII sec.), quindi la frappa o sfrappa (1427, dal francese antico: frangia, lembo frastagliato di vestiti, ma anche da frappare “ingannare, ciarlare, millantare”), le chiacchiere (propriamente: chiacchiere delle monache), le bugie, gli intrigoni, a rifarsi al significato figurato di “inganno”, bugia”.

Qualunque sia il nome, e le varianti, restano sempre strisce di pasta, più o meno spessa, rese croccanti dall’olio bollente che fanno del Carnevale il dolce d’eccellenza. 

Reati contro la Pubblica Amministrazione nel settore della Sanità

Roma, 15 febbraio 2021 Nella mattinata odierna, i militari del Nas Carabinieri di Roma – coadiuvati da quelli del locale Comando Provinciale – hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura interdittiva della Sospensione dal Pubblico Servizio, per la durata di mesi 6, nei confronti di 2 persone e a nr. 33 decreti di perquisizione personale, locale e sequestro disposti dall’Autorità Giudiziaria di Roma. I provvedimenti scaturiscono da un’attività info-investigativa condotta dal Nas di Roma nell’ambito del contrasto dei reati contro la Pubblica Amministrazione nel settore della Sanità. L’indagine ha consentito di individuare variegate condotte delittuose (corruttive, falsità ideologiche e materiali, truffa aggravata ai danni dello Stato) da parte di funzionari e dipendenti operanti all’interno di un Dipartimento di Medicina Legale della ASL romana.

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Ode a Mario Draghi

Ode a Mario Draghi 
Quando la classe non è acqua

 

Come un sasso lanciato in un pantano, 
il povero governo italiano 
viene squassato da un colpo di mano.

La fragile maggioranza si assottiglia 
per una iattura che le carte spariglia, 
la situazione politica è un circo equestre

e siccome non c’è due senza tre, 
i grillo-piddini, dopo il Conte bis, 
sperano fortemente in un tris.

Invano il presidente del Parlamento 
ha lavorato per il cambiamento, 
senza trovare nessuna soluzione  
per sanare la grave situazione.

Il presidente della Repubblica Mattarella 
a questo punto ha messo sulla sella 
un noto personaggio non plus ultra, 
per dare vita a un governo extra 
formato da veri competenti, 
non come i ministri precedenti.

Tutti sono rimasti incantati 
da mister Mario Draghi che,
con la sua forte personalità, 
ha conquistato dei partiti l’unità.

La visita del Comandante Generale dell’Arma Teo Luzi al Comando Interregionale “Podgora”

ROMA – Questa mattina, il Generale di Corpo d’Armata Teo Luzi, dallo scorso 15 gennaio Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, si è recato in visita presso la sede del Comando Interregionale “Podgora”, unità di vertice da cui dipendono le Legioni Lazio, Marche, Sardegna, Toscana e Umbria.

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Un post-it per il Prof. Mario Draghi …ma non solo per Lui !

BEPPE  GRILLO  ….ovvero “L’ELEVATO
ed il “Ministero della Transizione Ecologica” (*1)

Ieri 1o Febbraio, nella“Giornata del Ricordo e della Memoria”, più volte le varie Emittenti di Stato e numerose altre hanno mandato in onda Beppe Grillo mentre replicava il suo Teatrino, (presunto o reale) circa la conversazione intercorsa con il Prof. Mario Draghi, apprezzando gioiosamente lo stesso Grillo di essere stato definito “L’Elevato” dal futuro Presidente del Consiglio dei Ministri. 

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Ricordiamo Bernando Schiavuzzi che come Arturo Bianchini studiava la malaria

Almanacco del 10 febbraio. Studiosi illustri dell’epidemie e delle emergenze sanitarie

Raffaele Panico

Arturo Bianchini, nato a Terracina, è conosciuto come studioso della malaria nell’Agro pontino; a lui sono state dedicate molte scuole ed istituti scolastici in provincia di Latina. Sul Bianchini si può trovare molto nell’Archivio di Stato di Latina, nelle Biblioteche pontine, e anche in “La Storia della pianura pontina…” dove si riportano i suoi studi sulla malaria e spopolamento del territorio pontino.  Nell’attuale temperie e ricerca sulle epidemie nella storia, non ci si può non imbattere negli studi sul campo dei ricercatori del passato a noi prossimo. Ed è avvenuto per accostamento su voci e questi argomenti e temi ritrovare nella penisola istriana, geograficamente penisola della stessa penisola italiana, Bernardo Schiavuzzi, che era nato a Pirano, in Istria, l’11 Marzo 1849. Nato da una antica famiglia d’origine dalmata di Sebenico poi stabilitasi a Pirano nel sec. XIII.

Interessante la biografia di Schiavuzzi. Compie le scuole elementari a Pirano, frequenta il Ginnasio a Capodistria e infine si laurea in Medicina a Graz nel 1874. Dopo aver lì esercitato medicina da Graz torna in patria come medico di base a Pirano fino al 1883, poi a Monfalcone fino al 1885 e infine a Pola fino al 1887. Nel 1878 è medico riservista durante la campagna militare in Bosnia-Erzegovina.

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Le Frittole di Carnevale storia delle frittelle veneziane

di CATERINA VIANELLO via disspaore.com
Personificazione stessa del Carnevale, cibo di strada secolare, comfort food spugnoso e zuccherato nelle rigide giornate invernali, traghettatrice fritta dai lievitati natalizi a quelli pasquali, la frittella veneziana non è classificabile come un banale “dolce tipico” ma assurge a modo di essere e di vivere la città, classificatore di personalità e rivelatore di caratteri, ben oltre i gusti gastronomici e le preferenze individuali. A tracciarne la storia, l’errore più grande che si possa commettere è quello di liquidarla semplicemente come appartenente alla grande categoria dei “cibi fritti”, che dai Romani in poi attraversano secoli e tradizioni regionali declinati in decine di varianti.

Per arrivare alla sfera dolce lievitata e piena, arricchita da pinoli e uvetta di oggi, infatti, la strada inizia sì in epoca romana, ma trova subito una sua identità unica. Ecco quindi la storia della fritola veneziana, per affrontare in modo scientifico il Carnevale.

Conosciuto più per la sua “delenda Cartago” e il suo ruolo politico che per le sue competenze in ambito gastronomico, Marco Porcio Catone è probabilmente il primo a redigere una ricetta di frittelle. Lo fa nel suo “Liber de Agricoltura”, dove parla di “Globulos sic facto” (“I globi si fanno così”): seppur diversa da quella odierna, contiene in sé i prodromi di quella che verrà. “Per fare i globi – spiega Catone – mescola insieme cacio e alica in quantità uguali; poi fa i globi della grossezza che vuoi: Tuffali nel grasso bollente in una padella di rame. Cuocili uno o due per volta e rigirali spesso con due palette; quando sono cotti, toglili, spalmali di miele, spolverali di [semi di] papavero e servili così.”.

A condurre progressivamente i globi verso una versione più simile a quella odierna gioca un ruolo fondamentale il mondo arabo: nella seconda metà dell’XI secolo vive infatti a Baghdadun personaggio interessante, Jazla, cristiano convertito all’Islam. Tra i diversi trattati di cui è autore, uno – mastodontico – intitolato più o meno “Cammino della spiegazione di tutto ciò che l’uomo utilizza” contiene due ricette, la Zelabia e la Zelabia alia (“un’altra zelabia”).

 

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La Thailandia è tra i migliori 5 paesi al mondo per la capacità di contenimento del COVID-19

Buone notizie dall’Asia e dall’emisfero Australe. Il centro studi accademico australiano
“Lowy Institute” 
ha classificato la Thailandia al quarto posto su 98 paesi in tutto il mondo

Il TAT – acronimo – di Tourism Authority of Thailand con grande soddisfazione ci segnala la posiziona della Thailandia la quale, in una ricerca condotta da un importante Accademia australiana, è stata classificata al quarto posto, su 98 paesi del mondo, per la qualità della sua risposta all’emergenza e alla crisi della Pandemia COVID-19. Interessante seguire l’analisi, l’iter, le valutazioni e l’aggregazione dei dati, i criteri e i fondamenti della ricerca. Il Lowy Institute è giunto ai risultati finali che hanno visto dare il massimo dei voti alla Nuova Zelanda, con il Vietnam al secondo posto, seguito da Taiwan, Thailandia e Cipro che completano la classifica dei cinque virtuosi migliori Paesi nel Mondo intero. L’Italia, siamo andati a verificare, è stata posizionata al 59.mo posto sul totale dei 98 Paesi, quindi posizione appena sufficiente. Segnaliamo nella stessa nota e si veda il link dello studio che, “la Cina non è stata inclusa in questa classifica a causa della mancanza di dati pubblicamente disponibili sui test”. Mentre continua la nota “I dati per Taiwan sono forniti separatamente da quelli della Cina”.

a cura di Raffaele Panico

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Carnevale in Campania dove i cibi tipi sono un’altra cosa

I napoletani, ma i campani tutti in generale, sono ossessionati dal carnem levare: il Carnevale, l’ultima festività che precede il periodo di Quaresima, prevede una ricchezza di piatti ed abbondanze quasi fuori misura. Ogni zona della Campania ha i suoi cibi tipici legati al Carnevale, dunque non fate i campanilisti, cari amici campani, se le tradizioni gastronomiche del vostro paesello non sono tra quelle che citeremo. Sono davvero troppe!

Brevissima storia del Carnevale in Campania

Salteremo a pie’ pari tutte le tradizioni pressappoco “ciarnavalesche” del mondo magnogreco e dell’Impero Romano: tanti erano i riti, principalmente di stampo dionisiaco e di altre ritualità pagane per andare direttamente in epoca moderna, dove ritroviamo molte testimonianze di prima mano.

Avete mai sentito dire di una festa di addio al celibato concomitante col Martedì Grasso? Bene, a Napoli abbiamo un illustre esempio di ciò.

Largo di Palazzo, attuale Piazza del Plebiscito: 1737 circa. Carlo di Borbone, capostipite della dinastia omonima arrivato scapolo al trono, intersecò i festeggiamenti del Carnevale con quelli del suo “addio al celibato”. La città di Napoli, ben avvezza ai festeggiamenti, mise da parte le differenze di caste e si riversò in strada per danzare, fare baldoria, mangiare fuori misura. Si dice che Carlo stesso si prestò fieramente ai festeggiamenti, indossando sontuose vesti da indiano ed elargendo cibi, lastricando praticamente la piazza di provoloni, soppressate ed altre cibarie.

Da qui nacquero le “cuccagne“: prima della Quaresima, ce n’erano fino a cinque nella città partenopea e non c’era molto da ridere. Il palo della cuccagna o “palo di sapone” carnevalesco colpì anche il Marquis Donatien Alphonse-François De Sade, in viaggio a Napoli. Il Divin Marchese descrisse con parole di sommo stupore il popolino napoletano che si graffiava, picchiava fino a stramazzare sul suolo pur di afferrare le mercanzie messe a disposizione dalla dinastia borbonica. Il Carnevale, a Napoli, si tingeva di sangue: non era infrequente che ci scappasse il morto, pur di portare le vivande a casa.

Se queste erano le tradizioni cittadini, quelle “di provincia” erano più parche: tradizionalmente agresti, si soleva festeggiare con gli insaccati e le ultime parti del maiale macellato poco tempo prima. Per questo motivo, nella nostra lista di cibi e tradizioni del Carnevale in Campania; troverete anche preparazioni tipiche di un solo comune, fuori dal perimetro napoletano, magari anche di altre province.

 

Lasagna

lasagne

Bboni, state bboni: lo sappiamo fin troppo bene che le lasagne hanno origini e dibattute, ma è innegabile l’importanza che esse hanno avuto ed hanno sulle tavole napoletane e di tutta la Campania. Dopotutto, abbiamo avuto anche un Re Lasagna: parlo di Ferdinando II di Borbone, così soprannominato perché ghiotto di questa preparazione.

Le lagane, cioè sfoglie di pasta sia fresca che secca, erano diffuse sin dall’antichità: la fama dei napoletani come “maccheronari”, poi, ha contribuito alla diffusione. Di lasagne borboniche abbiamo traccia finanche nei primi trattati di cucina meridionale: in quelli della corte angioina datati tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, troviamo la ricetta De lasanis , una sorta di pasticcio di pasta antenata della nostra.

La lasagna napoletana solitamente non prevede l’utilizzo della pasta all’uovo; è composta da un ragù molto ricco al quale viene aggiunto abbondante formaggio, a volte uova, qualcuno osa anche con i salumi. La lasagna napoletana prevede anche l’inserimento, ad ogni strato, di una quantità variabile di polpettine (vedi sotto per le specifiche), che rendono la nostra “riggiola” di pasta ripiena molto golosa e calorica: l’ideale prima di iniziare la Quaresima.

 

Migliaccio dolce (ma anche salato)

migliaccio-napoletano-taglio

Il migliaccio, dal latino miliaccium, è un piatto radicato nella più profonda tradizione contadina campana: si narra che in origine gli ingredienti fossero il miglio (diffuso nella civiltà contadina) insieme al sangue di maiale. Attualmente – bandito il sangue di maiale – , usata è la semola rimacinata abbondante ricotta, zucchero, latte, uova, una quantità variabile di essenza di fiori d’arancio, cannella. Se vi ricorda l’interno di una sfogliatella napoletana, beh, non andate molto lontani dalla realtà.  Preparato e riposto in un tegame di rame, dopo una cottura in forno di circa sessanta minuti, il nostro migliaccio avrà una crosta morbida, umida e dal colore dorato.

Esiste anche la versione salata del migliaccio, che ugualmente viene preparata nel periodo di Carnevale: si tratta di uno sformato di farina fioretto, lavorato con strutto ed arricchito di formaggi e salumi vari.

Polpette

Polpette napoletane

‘nnoja

'nnoja

Carnuluvaro mio chino re ‘nnoglie, oj maccaruni e rimani foglie.”. Facilmente tradotto: Carnuluvaro (personaggio di fantasia, uno straccione dedito ai vizi) pieno di noglie, oggi pasta e domani foglie. Ancor più tradotto: oggi si mangia grasso, domani ci saranno solo le foglie. Così si dice in quella parte di Campania chiamata Cilento.  Sì, ma che cos’è la ‘nnoja? La noglia era considerata la salsiccia dei poveri, ottenuta da parti di stomaco del maiale ed altri tagli meno nobili, aromatizzati per “stordirne” il sapore forte con finocchio selvatico, peperoncino e tavolta vino, poi insaccati in budello. Questa salsiccia è diffusa in Cilento così come in Irpinia, non soltanto a Carnevale: ad esempio, proprio in Irpinia, la noglia è usata per insaporire la minestra maritata di Natale. Essendo il Carnevale l’ultimo periodo utile per festeggiare l’uccisione del maiale prima della Quaresima, ne vediamo un grande consumo proprio in occasione di questa festività.

 

Scartellate

Cartellate

Ci troviamo qui a Baselice, comune del Sannio. L’alto Sannio è crocevia di diversi confini, tra i quali quello col vicino Molise e l’immediata Puglia: più che normale quindi che le tradizioni si fondano e sia pressoché impossibile stabilire dove sia l’origine di questa o quella cosa. Un esempio indicativo è quello delle scartellate, le “cartellate” pugliesi, che qui sono iconiche di Baselice. Si tratta nella fattispecie di striscioline di pasta dolce lievitata, successivamente cosparse di miele oppure zucchero.

Pastiere

Pastiera "capellini d'angelo" (con la pasta)

Al maschile a questo giro, troviamo IL pastiere, protagonista delle tavole in Irpinia e che può essere sia dolce, sia salato: a dimostrazione di quanto storicamente ci viene tramandato, cioè che la pasta veniva incondizionatamente condita sia con ingredienti dolci, che con ingredienti salati. Una cosa molto diversa dalla pastiera napoletana, fatta di ricotta, grano, semolino, canditi, fiori d’arancio e pettola di pastafrolla, anche se ci sono alcune cose in comune.

Il pastiere dolce è una specie di torta di spaghetti arricchita di zucchero, ricotta, uova, canditi ed eventualmente uva locale. La versione salata, invece, prevede che il pastiere sia condito con salsiccia fresca, formaggi vari e pepe. Viene preparato a Carnevale ma, passato il periodo di Quaresima, spesso viene riproposto anche per la Pasqua. Se una simile variante sul vi confonde, vi consigliamo un’approfondita lettura sul tema pastierE.

Vermicelli pertosani

Una ricetta davvero singolare quella dei vermicelli pertosani, tipici del comune di Pertosa (Salerno), famoso per le sue suggestive grotte carsiche; questa preparazione è così sentita che solitamente si tiene anche una sagra, la cui serata culmina proprio il Martedì Grasso. Andando più nel dettaglio, parliamo di pasta lunga tirata a mano, condita con tagli secondari del maiale come piede, orecchie, cotica a cui vanno aggiunti poi uova e formaggio (solitamente di pecora o similari). La presenza dell’uovo – qui ben cotto, tanto da formare una sorta di “frittatina” e altri ritagli di maiale potrebbe ricordare vagamente ben altra ricetta… lascio a voi le interpretazioni.

Scarpella di Castelvenere

Scarpella di Castelvenere

Parliamo qui di un particolare tipo di primo piatto, diffuso nel comune di Castelvenere, altra cittadina del Sannio. Questo piatto è tradizionalmente associato al Carnevale, ma viene anche abbinato al santo patrono locale, San Barbato, che cade il 19 febbraio. Potrebbe sembrare l’ennesima frittata di maccheroni, ma così non è: ci troviamo di fronte ad un esempio di lasagna bianca: il timballo viene unito a salumi, formaggio primo sale ed uova.

 

 

Zeppole dolci di Carnevale

Zeppole dolci di Carnevale

Come abbiamo già ampiamente detto nel nostro trattato sulla zeppola, la venerata tsippola può essere sia dolce che salata, proposta in diverse varianti, con crema o senza, cambiando di volta in volta foggia, nome e festività. In questo caso la zeppola è la graffa (dall’austroungarico krapfen, bomba fritta ripiena solitamente di crema), impastata insieme a patate e cannella, fritta in abbondante olio e cosparsa poi di granelli di zucchero. Sì, certo: obietterete che ormai la si trova tutto l’anno e che non è diffusa soltanto a Napoli… ma a Carnevale si frigge: volete forse perdervi un’occasione in più?

 

Hermès – truffa milionaria con finti show room

Un vero colpo da maestri. Eva Kant e Diabolik si congratulerebbero con la banda di truffatori che è stata appena arrestata dalle autorità parigine. The Times ha riportato la notizia che una gang di lestofanti ha assoldato per circa 4 anni alcune collaboratrici online e studenti delle scuole di recitazione per impersonare clienti altolocati e acquistare beni di lusso presso alcuni store europei di Hermès, con focus sulle famose borse dal valore di circa 8mila euro l’una.

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Quirinale e Parlamento, Palazzi Gattopardeschi ….Giuseppe Tomasi di Lampedusa docet

IL QUIRINALE  ed IL PARLAMENTO,
tra Giardino Zoologico e Bio-Parco
   

Tutto ciò si è consolidato nella serata di martedì 2 febbraio – A.D.2021, quando il musicologo Roberto Fico (3^ Carica dello Stato) è salito al Colle per annunciare l’epilogo del suo mandato esplorativo, terminato con la sconfitta del “Giovane Esploratore” da parte di un “Ex Boy Scout”, Matteo Renzi, attualmente Senatore in Firenze e precedentemente già Presidente del Consiglio dei Ministri.

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Lo Sputnik V dei russi

Cosa lega le malattie infettive, i virus e i batteri, l’apparire di terapie e dei vaccini dopo le guerre di
Napoleone Bonaparte, gli studi Pasteur e
Gamaleya con l’attualità? Spunti riflessioni e memoria storica

Raffaele Panico

I Virus e i batteri sono sempre esistiti, ed esisteranno, ma diventano preoccupanti o “importanti” dal punto di vista medico in condizioni igienico-sanitarie precarie. Grande è stata la diffusione di agenti patogeni nella Grande Armata di Napoleone Bonaparte nella sventurata Campagna di Russia. Altrettanto importanti gli studi di Pasteur in Francia durante la Restaurazione, e del russo Nikolai Gamaleya che si porta a studiare proprio presso il laboratorio del biologo, francese, Louis Pasteur, a Parigi nel 1886. Tornato in Patria seguirà il modello Pasteur. Gamaleya è stato un pioniere degli studi di microbiologia in Russia. Si è formato col biologo francese Pasteur e di ritorno da Parigi ha aperto la seconda stazione di vaccinazione contro la rabbia in Russia nel 1886. Nel XX secolo, Gamaleya a capo di importanti Centri di Studio ha combattuto epidemie come il colera, la difterite ed il tifo, ed ha organizzato campagne di vaccinazione di massa nell’Unione Sovietica. L’Unione Sovietica che, dopo la Grande Guerra Patriottica 1941-45, per Noi in Occidente seconda guerra mondiale 1939-45, come l’omologa superpotenza gli Stati Uniti, e i vari alleati dell’Una o Altra parte dei blocchi Est-Ovest avevano strutture militari che si occupavano di guerra batteriologica, sezioni diciamo iper specialistiche unitamente alla guerra chimica e nucleare.

È di alcuni giorni fa l’aggiornamento anche sui fatti interni della Federazione russa. L’aggiornamento maggiore però è stato in assoluto seguire il discorso del Presidente Putin all’annuale Forum di Davos che si è tenuto dal 25 al 29 gennaio 2021.

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