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A Palermo, MayDay per un futuro senza frontiere

PER UN POSSIBILE FUTURO
….. SENZA FRONTIERE 

Sabato 25 maggio sbarca nel capoluogo siculo, presso il Castello a Mare, in via Filippo Patti, il “MayDay”. Si tratta di un evento di dodici ore di arte, musica e cultura. L’iniziativa promuove un possibile futuro senza confini e barriere e si rivolge principalmente a tutti coloro che vogliono una realtà migliore senza differenze di sesso, colore della pelle e pregiudizi.

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Il caso Tortora: a 31 anni dalla scomparsa

Su “Il DUBBIO” di domenica 19 maggio leggiamo “”Tortora il vergognoso abbaglio. In carcere senza prove eppure poi nessuno ha pagato.. Il 18 maggio di trentun anni fa: quel giorno agenzie di stampa, e poi i notiziari radio- televisivi annunciano che Enzo Tortora è morto; il tumore che lo tormenta e lo fa soffrire da mesi, alla fine ha vinto. Fa in tempo, Enzo, a vedersi riconosciuta l’innocenza da anni proclamata: un anno prima la Corte di Cassazione lo ha assolto definitivamente dall’infamante accusa di essere un “cinico mercante di morte”, uno spacciatore di droga, affiliato alla Camorra di Raffaele Cutolo. Si aggrappa alla vita con le unghie e i denti, per poter vedere quel verdetto. Poi arriva lo schianto. “Mi hanno fatto scoppiare una bomba dentro”, dice a proposito di quel tumore, e della vicenda che lo vede vittima- protagonista. Nel corso della requisitoria del primo processo, il Pubblico Ministero sillaba: “Ma lo sapete voi che più si cercavano le prove della sua innocenza, più si trovavano quelle della sua colpevolezza?”.

Chissà che ricerche. Lo stesso Pubblico Ministero, tanti anni dopo, ammette l’errore. Che non può essere liquidato come “errore”, come “abbaglio”. Troppo semplice, troppo facile; perfino consolatorio definirlo un “errore”, un “abbaglio”. In realtà, fin da subito, contro Enzo non c’era nulla; e quel nulla era talmente visibile che anche un cieco lo avrebbe potuto vedere. Non si vide, perché non si volle vedere. Non si capì perché non si volle capire. Contro Tortora non c’era nulla. L’architrave dell’ipotesi accusatoria si regge sulla parola di due falsi pentiti: uno psicopatico, Giovanni Pandico; e Pasquale Barra detto, a ragione, ‘ o animale: in carcere uccide il gangster milanese Francis Turatello, lo sventra, ne addenta le viscere. Poi, a ruota, vengono un’altra ventina di sedicenti “pentiti”: tutti a raccontare balle, una più grande dell’altra, per poter beneficiare dei vantaggi concessi ai “pentiti”. Accuse che con fatica e infinita pazienza vengono smontate: la difesa di Tortora fa una vera e propria contro- inchiesta, che demolisce, letteralmente, l’inchiesta della Procura napoletana.

Una vicenda che ha dell’incredibile per la quale nessuno poi paga: non i falsi “pentiti”; non i Magistrati della pubblica accusa, che anzi, fanno carriera. Tortora invece patisce una lunga carcerazione. Al suo fianco il Partito Radicale di Marco Pannella che lo elegge al Parlamento Europeo ( poi si dimette, rinunciando all’immunità); Leonardo Sciascia, Piero Angela, Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Rossana Rossanda, Vittorio Feltri, Massimo Fini, chi scrive; davvero in pochi. Tanti, al contrario, si producono nel crucifige. Se è stata una pagina nera per la Magistratura napoletana, ancora più nera lo è stata per il giornalismo, che acriticamente ha pubblicato pagine e pagine di falsità infamanti, senza controllare, senza verificare. Eppure nulla giustificava quello spettacolare arresto. Anni fa ho intervistato per il Tg2 la figlia di Tortora, Silvia. Intervista che ancora oggi mette i brividi: Chiedo: Quando Tortora venne arrestato, cosa c’era oltre alle dichiarazioni di Pandico e Barra? “Nulla”. Sull’ondata di questo scandalo, radicali, socialisti, liberali, raccolgono le firme per tre referendum per la giustizia giusta; tra i tre, uno per la responsabilità del Magistrato che commette colpa grave. I referendum vengono poi vinti a furor di popolo; e traditi da un Parlamento che disattende platealmente il volere popolare. Ora Tortora riposa al Monumentale di Milano, con accanto una copia de “La colonna infame” di Alessandro Manzoni. Sulla tomba un’epigrafe dettata da Sciascia: “Che non sia un’illusione”. Chissà”“.

 Ora un passo indietro, anzi due…anche sull’onda dei ricordi personali…Domenica 30 settembre e lunedì 1 ottobre 2012, in prima serata su Rai Uno, è andato in onda “Il CASO ENZO TORTORA – DOVE ERAVAMO RIMASTI?”,  miniserie televisiva in due puntate; una fiction per raccontare la forse dimenticata vicenda giudiziaria di Enzo Tortora, uno dei personaggi televisivi più noti degli anni andati. 17 giugno 1983, Enzo tortora viene arrestato con l’accusa di essere un affiliato del clan camorristico Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo; in quel periodo è conduttore di “Portobello”, il programma di gran successo della Rai. È il caso, è la storia di un arresto inutile, un’istruttoria carnascialesca con i pentiti che concordavano in barba a Magistrati e 007 antimafia le loro dichiarazioni in una stessa struttura protetta dove erano ospitati tutti insieme appassionatamente (..la Caserma dei Carabinieri di Piazza Carità..in quegli anni ero Comandante della Compagnia Napoli Stella, nel quartiere Sanità con giurisdizione sui quartieri più sensibili sotto il profilo della sicurezza pubblica, dalla Sanità a Forcella, passando per San Carlo all’Arena e Borgoloreto (con la Stazione Ferroviaria e l’attiguo Mercato della Duchesca), Secondigliano e il quartiere “167”, oggi denominato Scampia e reso noto dal film “GOMORRA“, per arrivare sino a San Pietro a Patierno. All’ epoca, la zona di Secondigliano era, secondo statistiche specializzate, ritenuta la più “criminogena” d’ Europa, e a ragione; ma tale è certamente rimasta dopo oltre trent’ anni, forse anche di più, superando chissà quale record!..) e dalla quale facevano addirittura telefonate estorsive all’esterno, un processo kafkiano o, meglio, farsa, una condanna ingiusta basata su fatti non dimostrati e, infine, un’assoluzione giusta, meritata, necessaria che avrebbe dovuto costituire un monito per l’intero sistema giudiziario italiano. Durante la fase dibattimentale del processo il numero degli accusatori aumentò e ad incastrare Tortora  furono  oltre ai camorristi Giovanni Pandico, ritenuto pazzo, Giovanni Melluso, detto “il bello”, soprannome che la dice tutta sulla vacuità del soggetto (recluso e ben sorvegliato nella mia Caserma nella Sanità..Proprio in quel triste periodo fu ucciso dalla camorra il mio valoroso Brigadiere Domenico Celiento..), e Pasquale Barra, detto “O animale”, perché mangiava il cuore degli assassinati, anche altri otto imputati delinquenti plurimi e reiterati, tutti accomunati nello spasmodico desiderio di usufruire dei vantaggi della recente Legge sui pentiti. Le accuse si basavano su un’agendina trovata nell’abitazione di un camorrista, Giovanni Puca, detto “O Giappone”, sulla quale compariva un nome che assomigliava a quello di Tortora con un numero di telefono non corrispondente al suo recapito. In realtà, il nominativo si riferiva ad un tale Tortosa. L’unico contatto tra Pandico e Tortora erano alcune lettere inviate dal detenuto alla redazione di Portobello. Condannato a dieci anni, Tortora non si sottrae alla Giustizia e si fa arrestare, sebbene Parlamentare Europeo. Questa volta, però, le cose vanno in modo diverso; le accuse dei pentiti crollano, cominciano a emergere innumerevoli contraddizioni e nel settembre 1986 la Corte d’Appello di Napoli, con Presidente Di Leo e giudice a latere Mariani (il processo era iniziato il 4 febbraio 1984 agli 834 imputati e si svolse in tre distinti tronconi; al termine dei tre gradi di giudizio si perverrà all’ assoluzione di oltre due terzi degli imputati) lo dichiara non colpevole con formula piena, restituendogli la libertà e la dignità. Probabilmente già malato e sicuramente logorato nell’anima, Tortora torna al suo lavoro e al pubblico di Portobello, che saluterà con quelle parole che hanno lasciato un segno nella memoria degli italiani: “Dunque… dove eravamo rimasti?”. Per chi volesse approfondire le vicende del caso Tortora, suggerisco l’interessante libro di  Vittorio Pezzuto, “APPLAUSI E SPUTI. LE DUE VITE DI ENZO TORTORA” (Sperling & Kupfer, 522 pagine, euro 15) ora ripubblicato, da cui è stato tratto il film per la TV. “”Non siamo pazzi, non vogliamo essere screditati a vita” dichiararono il 19 giugno 1983 alla stampa i Magistrati Felice Di Persia e Lucio Di Pietro. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Cos’è cambiato, venticinque anni dopo questa storica Caporetto dei ‘pentiti’ e di una parte della Magistratura napoletana che li aveva voluti trasformare in onnipotenti oracoli?

Cos’è cambiato da quel “Non siamo pazzi, non vogliamo essere screditati a vita”? “Poco”, sostiene Vittorio Pezzuto nel suo libro, “soprattutto perché gli inquisitori del caso Tortora non sono stati screditati, sono stati addirittura promossi; Felice Di Persia è diventato membro del Consiglio Superiore della Magistratura (e non basta a consolarci il ricordare che, quando ne presiedeva i lavori, Francesco Cossiga, Capo dello Stato, si rifiutava platealmente di stringergli la mano) nonché Procuratore Capo della Repubblica di Nocera Inferiore, mentre Lucio Di Pietro, che fino a pochi mesi or sono era Procuratore Aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia, opera ora quale Procuratore Generale della Repubblica di Salerno; così, Luigi Sansone, il Presidente del Tribunale che condannò in primo grado Tortora a dieci anni di reclusione e a 50 milioni di lire di multa è Presidente della sesta Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione a Roma,  come anche è diventato Procuratore Capo del Tribunale di Nocera Inferiore  Diego Marmo che, vestendo all’epoca la toga del Pubblico Ministero nel processo di primo grado, urlò un giorno a uno dei difensori di Tortora, nel frattempo eletto Deputato radicale al Parlamento europeo: “Avvocato Coppola, lei deve moderare i termini! Le ricordo che il suo cliente è stato eletto con i voti della camorra. Voi non avete alcun rispetto della vita umana!””.

Concludo: Esempi che provano come, in questa sempre grande Italia, esponenti del settore pubblico operanti nella Magistratura, ma questo è valido anche per molteplici altri ambiti della Pubblica Amministrazione, nessuna esclusa, abbiano continuato a percorrere, con animo libero da preoccupazioni (“serenamente, pacatamente” direbbe Veltroni;”sobriamente”, Monti), la strada che li conduce in alto, molto in alto, magari con gli applausi dei “lieto pensanti” sino alla meritata pensione, certi come sono che gli errori eventualmente commessi nell’esercizio delle loro funzioni non possano in alcun modo minacciare la progressione di una fortunata pilotata carriera… Dobbiamo anche sostenere, per tornare all’ambito giustizia, come prima trattato, che a nulla è servito il voto degli italiani al referendum radicale che nel 1987 proponeva la responsabilità civile del Magistrato in caso di colpa grave; infatti, qualche mese dopo, il Parlamento ha varato una legge tuttora in vigore che ammette il risarcimento solo in casi eccezionali e comunque a carico non del Giudice ma dello Stato, quindi a spese nostre…Domanda: DOVE ERAVAMO RIMASTI?..DOVE ANDREMO A FINIRE..? Avendo prima ricordato il mio valoroso Brigadiere Domenico Celiento sento il dovere in Sua memoria e per rispetto ai Suoi familiari ricordarlo.. Su mia disposizione conduceva indagini sulle estorsioni nel quartiere Sanità, e in tale contesto oltremodo difficile per il clima di omertà, aveva proceduto in appena tre mesi all’arresto di ben dieci delinquenti, mentre già si delineava il coinvolgimento di elementi di spicco del clan camorristico dominante di Forcella. Di carattere generoso ed espansivo, ma diffidente e riservato nelle cose di lavoro, sorretto da valida preparazione professionale ed animato dai migliori sentimenti di attaccamento al dovere, lavorava senza guardare l’orologio, mai sottraendosi ai servizi più gravosi e pericolosi; parlava solo e giustamente con il suo Capitano…. Non passò molto tempo, purtroppo, che si arrivò a quel maledetto 28 aprile 1983, quando di prima mattina sulla Circonvallazione di Casoria ci fu l’ agguato al valoroso Sottufficiale. Due autovetture, con killer a bordo, lo  fermarono per colpirlo a morte; morte che sopravvenne il giorno dopo all’ Ospedale Nuovo Pellegrini, per la sua forte fibra…

 

articolo del Generale Vacca già pubblicato su Attualità.it a seguito di un intervento apparso su Il Dubbio

Dalla “Tragedia” alla “Memoria”:
la ferita ancora aperta della seconda guerra mondiale

IN PATRIA, o dove caduti, tutti i soldati
ritrovano la pace
e una onorevole sepoltura

GOLFO DEL CARNARO, dopo 74 anni, nella seconda settimana del corrente mese di maggio sono stati effettuati degli scavi presso una fosse comune localizzata attorno al perimetro esterno del cimitero di Ossero, piccolo paese sito in prossimità di un sottilissimo istmo che riuniva anticamente Cherso (in latino e in lingua dalmatica Crepsa) e Lussino (Lussin in veneto): in epoca romana erano una sola isola, i latini poi le separarono scavando la sottile lingua di terra realizzando il canale denominato della Cavanella. Si facilitavano così le comunicazioni delle navi romane dall’Istria verso la Dalmazia. Le due isole sono di fatto ancora collegate con un ponte girevole. Oltre il lembo di terra di Lussino si trova, appunto, il borgo di Ossero.

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Cuba, culti magia e politica

         A Cuba, con Fidel Castro, il fenomeno del comunismo sembrò ricalcare alcuni riti culti e magie che accadevano già nella Cuba di Batista. Oggi il fascino di Cuba e della rivoluzione cubana non è più emanato dall’ideologia o sostenuto dal sostegno internazionale, piuttosto si basa sulla carica umana di parte della sua popolazione.

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Harry Potter “blasfemo”: il libri dati alle fiamme in Polonia

Può una celebre serie fantasy, tra l’altro per ragazzi, essere considerata blasfema? Ebbene sì, i libri che hanno per protagonista il maghetto più famoso di tutti i tempi, sono stati additati come sacrilegi e addirittura dati alle fiamme. Questo è quanto avvenuto qualche tempo fa nella cittadina di Koszalin, in Polonia, e ovviamente stiamo parlando della saga di Harry Potter. Un vero e proprio rogo, dove alcuni sacerdoti cristiani, ha bruciato insieme ai libri della Rowling anche un pupazzo di Hello Kitty ed una maschera Indù.

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Albania. L’identità albanese attraverso la fede patriottica: la setta dei “Bektashi”

I Bektashi sono una originale e interessante setta che ancora alla fine dell’800 era presente in Albania. Questi erano devoti a Gesù e alla Trinità, si crede anche usassero alcuni sacramenti cattolici tra cui l’eucarestia. Possedevano dei monasteri dislocati sul territorio, a tragitti ben definiti da distanze chilometriche. Era il motore della conversione dal cristiano al musulmano, ed erano il nerbo del corpo militare dei Giannizzeri nell’Impero ottomano.

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Romania dal fascismo di Codreanu al comunismo di Ceaucescu con i suoi misteri

Due regimi totalitari del XX secolo a confronto

L’analisi degli aspetti del comunismo e del fascismo romeno presentano eccentricità rispetto a movimenti simili, tanto in Europa quanto nel resto del mondo. La situazione romena è ancora più singolare dato che si evidenziano sconcertanti analogie tra il fascismo di Codreanu e il comunismo di Ceausescu. Due forme di totalitarismo, tipiche dei regimi del XX secolo, che si appoggiano sulle religioni, non ufficiali, per rafforzare la loro presenza nel credo popolare e sbarazzarsi così dei culti tradizionali.

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Ordini Cavallereschi: Capitolo internazionale – nascita dell’OSMTHO sede Malta

Ordine Supremo Militare Tempio Gerusalemme nel Mondo

Ordo Supremus Militari Templi Hierosolomytami Orbis Italia

sede Malta

Confederato OSMTHWorld

È nostro grande piacere informarvi circa l’investitura dei candidati a Malta: si terranno le Ordinazioni di Dame e Cavalieri e l’accettazione di Novizi e Scudieri. Nei tre giorni di permanenza previsti si vedrà inoltre la nascita dell’OSMTHO sede Malta, che si terrà nel Palazzo Notabile “Saqqajja Hill” , Rabat Mdina.

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Ricetta del mese di Maggio: insalata di melone, menta e avocado

Insalata di melone, menta e avocado

Pulire il melone, togliere la polpa e tagliarlo a cubetti.

Condire con zucchero, sale e qualche foglia di menta.

Aggiungere l’avocado e spruzzare con qualche goccia di limone.

Dopo averlo fatto macerare in frigo per qualche ora, servirlo in coppe molto fredde.

  1. Due meloni
  2. 40 gr di zucchero di canna
  3. Poco zenzero secco
  4. Poco peperoncino
  5. Un pizzico di sale (nero delle Hawaii oppure sale rosa himalayano)
  6. Qualche foglia di menta e limone

 

 

 

 

 

 O.M  Enrico Paniccia

Il Risorgimento italiano organico alla storia d’Europa del XIX secolo

Il Risorgimento italiano, organico alla storia d’Europa del XIX secolo, è la corda tesa del secolo scorso ed è, nelle attuali tensioni, la speranza della civiltà del nuovo millennio

Centocinquanta anni di storia moderna dello Stato italiano unitario, con divisione, faglie, discontinuità è stata un’ebbrezza da Nazione dai primi posti nel mondo. Perché? Intanto, sentiamo Adolfo Omodeo, “gli uomini del nostro Risorgimento, che furono nella massima parte uomini aperti allo spirito della moderna civiltà europea (a renderli tali non poco influirono i lunghi esili) attuarono questo sviluppo armonico dell’indipendenza nazionale con le libere istituzioni nella penisola. E lottarono spesso contro la volontà di restarsi da parte dei popoli che per sé avevan conseguito la libertà e temevano la formazione di nuove nazioni; impiegarono ai propri fini la revisione e il completamento del programma napoleonico propostisi dal fondatore del secondo impero; si sforzarono di render reale una collaborazione e un’armonia dei liberi popoli, cola funzione europea di Mazzini, di Cavour e di Garibaldi”. (A. OMODEO, “L’età del Risorgimento italiano” Napoli 1931).

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Positivo il “Bilancio 2018” dell’ ENPAP Ente Naz. Previdenza e Assistenza Psicologi

Il Presidente dell’ ENPAP, Felice Damiano Torricelli, evidenzia i notevoli risultati di gestione che consentono di proseguire il percorso intrapreso in favore dei propri iscritti – oltre  61/Mila (+5,7% rispetto al 2017). L’utile dell’esercizio 2018 è superiore a 30,6 milioni di euro, il patrimonio immobiliare investito è di 1,31 miliardi di euro (+4% dal 2017), con un risultato finanziario pari a 143,7 milioni di euro.

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“Abbiamo RISO per una cosa seria” – la raccolta fondi promossa da FOCSIV

Anche quest’anno l’appuntamento è sabato 4 e domenica 5 maggio, dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 21,00, a Cefalù, in via Matteotti (Villa Comunale) e in via Roma, 92 (Istituto Artigianelli) per difendere chi lavora la terra grazie al pacco di riso. ENGIM in collaborazione con l’associazione “AMA il tuo Tempo” torna a proporre a Cefalù la raccolta fondi per un mondo più equo e solidale. A Castelbuono, riferimento don Lorenzo Marzullo, davanti la Chiesa dell’Itria e nel porticato della Matrice Vecchia.

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XXV Aprile, la Liberazione e la Resistenza

XXV  APRILE,  “LA LIBERAZIONE” …..UN FALSO STORICO

La stragrande maggioranza dei partigiani era di fede COMUNISTA e pertanto NON voleva liberare l’Italia, ma consegnarla al dominio Stalinista,   come avvenne per tutte le Nazioni “Liberate” dall’ Armata Rossa (Ungheria, Romania, Bulgaria, ecc. ecc).

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Perù, quando uno Zio stupido costringe il nipotino di quattro mesi a bere birra

Risultati immagini per William Daniel Camacho Díaz

 

Durante una festa di compleanno, l’insegnante William Daniel Camacho Díaz, di una scuola di Ferrenafe, città del nord-ovest del Perù, avrebbe costretto il nipote di soli 4 mesi a bere birra. Un video, diventato immediatamente virale sui social, testimonia l’inquietante vicenda. A riportare l’evento il quotidiano britannico The Sun. Il video in questione immortala il piccolo seduto in braccio a una donna, presumibilmente la madre, a un certo punto lo zio si avvicina al nipote con la bottiglia di birra e la porta alla bocca del bimbo, che quasi infastidito si volta rifiutando la sostanza alcolica.

Lo zio, a sua volta non accetta il rifiuto del nipote e lo costringe a bere, intingendo un dito nella birra e portandolo alle sue labbra. Successivamente posta il video su Facebook. Sicuramente l’uomo non si sarebbe mai aspettato una reazione così forte sui social; date le numerose segnalazioni, il video è stato immediatamente rimosso. Costringere un bambino così piccolo a bere può essergli fatale. Attualmente non ci sarebbero stati provvedimenti a carico di William Daniel Camacho Díaz, ma non si esclude che la triste vicenda possa essere già stata affidata ai servizi sociali.

In passato sono stati commessi simili gesti, probabilmente per far ridere amici e il pubblico dei social. Ma le cose sono sempre in tutt’alta destinazione. In Russia, ad esempio a Shebekino una madre di un bambino di otto mesi ha fatto bere al piccolo della vodka per farlo addormentare, ed anche in questo caso l’evento suscitò scalpore e scandalo.

…… Stultorum mater sempiter gravida !

Gianni Brera, Beppe Viola, Franco Zuccalà ed Italo Kunhe ….. Il “Giornalismo d’ Autore” e i Campioni del Football

I GENTILUOMINI DELL’INFORMAZIONE CON IL “CALCIO” SUI MACCHERONI

Laudatores temporis acti. Persino uno scrittore della levatura di Cesare Marchi,  così affezionato  ai valori ereditati dalla tradizione da dedicare un bellissimo libro al prode Giovanni dalle Bande Nere, morto per un colpo di falconetto, frutto dell’empio progresso, stigmatizzava  il  rimpianto  brontolone. La questione, tuttavia, non è semplice al punto da liquidarla con una battuta. Sia pure indovinata. Il “sentimento presbite”, che  vede il bene solo nelle cose lontane, merita comunque rispetto. La capacità di toccare il cuore nell’ambito  della comunicazione viene trasmessa di generazione in generazione. E non avviene esclusivamente con opere  snob ritenute di particolare pregio culturale.

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Fervicredo: 20 anni dell’associazione dei ferite e vittime della criminalità e del dovere

20 anni di “Fervicredo” (associazione dei feriti e vittime della criminalità e del dovere) .. convegno a Venezia il 12 aprile 2019.. il loro tributo..le famiglie… differenze nei riconoscimenti..

di Raffaele Vacca

Roma, 17 aprile 2019 – “Offrire attraverso il ricordo un tributo di riconoscenza a quanti in questo Paese hanno versato il loro sangue per difendere i cittadini e affermare la legalità in tutte le sue forme, e contribuire a trasmettere ai più giovani, attraverso la memoria viva di alcune vittime superstiti e familiari, la passione e la cultura della legalità”. È questo il duplice senso che “Fervicredo” ha voluto dare al convegno per celebrare la fondazione, nel maggio del 1999, dell’ “Associazione dei Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere“.
Mirco Schio, Presidente, ha ripercorso le motivazioni storiche che hanno portato alla nascita dell’associazione, con il duro tributo di sangue pagato dalle Forze dell’Ordine durante gli anni di piombo e la stagione del terrorismo politico ed eversivo. Un bilancio di 370 morti, 197 vittime di agguati terroristici, 38 caduti negli scontri, 135 persone dilaniate dalle bombe. Dati a cui si aggiungono più di mille feriti. E poi la stagione delle stragi, i 200 morti per mafia tra il 1990 e il 1995. Uomini e donne in divisa che hanno pagato un prezzo altissimo nella battaglia contro la criminalità, ma anche chi ha versato il proprio sangue per soccorrere le popolazioni colpite da calamità naturali come i Vigili del Fuoco. L’Associazione “Fervicredo“, partendo da una città come Venezia, ha voluto promuovere la memoria e il ricordo delle Vittime, ma anche sollevare la propria civile ma ferma protesta per rimettere in primo piano le Vittime e non i carnefici, o per denunciare le troppe disattenzioni da parte delle istituzioni e della politica.
Al convegno, sono intervenuti tra gli altri il Capo della Polizia Franco Gabrielli, il Magistrato Alfredo Mantovano, ex Sottosegretario e attuale Vice Presidente del Centro Studi Livatino, il sociologo Gianfranco Bettin, il capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco Fabio Dattilo, il Vice Presidente Nazionale del sindacato Fsp-Polizia di Stato Franco Maccari, fondatore della Fervicredo, lo psichiatra e criminologo Alessandro Meluzzi.
Per Franco Maccari, da me ben conosciuto in Veneto quale validissimo sindacalista della Polizia e tuttora stimato, sono “ancora attuali le motivazioni che ci hanno spinto 20 anni fa a dare vita alla Fervicredo, ma soprattutto anche la determinazione, la rabbia in qualche caso. Molte cose sono cambiate, ma se abbiamo avuto bisogno di creare una associazione per cambiare la normativa o renderla realmente efficace vuol dire che la realtà è ancora difficile. Noi abbracciando tutte queste categorie ci accolliamo un onere non indifferente, quello di sostenere un uomo o una donna che spesso troviamo emarginati e soli davanti alle lungaggini burocratiche, costretti a rincorrere per ottenere un proprio diritto, intrappolati in questi meccanismi”.
“I criminali diventano un modello -ha evidenziato il criminologo Meluzzi – perché la società è profondamente malata, ma anche perché le autorità dello Stato spesso irridono i propri Servitori, anziché difenderli, risarcirli e valorizzarli”.
Per il Capo della Polizia Franco Gabrielli, che ha concluso i lavori del convegno, “..Bisogna affermare l’importanza della memoria, l’importanza di ricordare chi in nome dei valori di legalità e di giustizia ha sacrificato la vita o ha visto la sua vita particolarmente segnata da atti criminali…Ma soprattutto bisogna affrontare il tema delle risorse, perché al riconoscimento del danno possa seguire l’effettivo risarcimento. Su questa materia il legislatore deve mettere un po’ di chiarezza, perché credo che la cosa più oltraggiosa per chi si è distinto in gesti di eroismo o espressione di senso del dovere è quella di dover continuamente chiedere per vedere riconosciuti i propri sacrosanti diritti”.
Numerose ed emozionanti le testimonianze di Vittime del Dovere e di loro familiari, presentate dal giornalista Gianluca Versace.
Ad accompagnare i lavori del convegno l’Orchestra degli Studenti di Venezia “Marco Polo”.
Ora, come di consueto, un passo indietro e ricordiamo eventi noti e meno noti, attingendo a mie personali esperienze….
Su il Fatto Quotidiano di novembre 2012 in un articolo di Chiara Paolin abbiamo letto: “La tragedia di Nassiriya apre una ferita sempre nuova quando a parlarne è una delle vittime. Una di quelle che alla paura, al dolore fisico, alla vita sconvolta, deve aggiungere il disagio di vedere lo Stato che elogia chi quel 12 novembre 2003 aveva la responsabilità del campo mentre i militari che lì hanno perso la vita (o la serenità) si ritrovano nove anni dopo cooptati nel ruolo di comparse inutili, di soggetti senza tutela a margine di un rito istituzionale. C’era anche il Maresciallo Riccardo Saccotelli quella mattina nel campo base quando il camion esplose. Le ossa gli si spezzarono, le orecchie rimasero sorde, ma non poteva immaginare che un giorno così drammatico sarebbe diventato per lui il distacco totale dalla sua passione professionale, civile, e civica. Qualche settimana fa Saccotelli, scrive Chiara Paolin, ha ricevuto un’invito: cerimonia per l’Unità Nazionale il 4 novembre al Quirinale. Ma a quella lettera ha risposto con un messaggio in cui spiega al Presidente Napolitano perchè non ci sarà. Spiega, il Maresciallo, che non vuole esserci quando gli uomini che hanno comandato la missione vengono premiati con le massime onorificenze senza che si sia potuto stabilire chi ha avuto la responsabilità della strage”.
Non entriamo in argomento per rispetto dei sentimenti del valoroso Maresciallo, ma diciamo solo che le responsabilità di quei bravi Comandanti, operanti nella più totale solitudine in contingenze tanto difficili e per questo meritevoli del più grande rispetto, sono state valutate dalla Magistratura..Come ricordiamo, alle 08:40 in Italia di quel maledetto 12 novembre, un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti alla base MSU (Multinational Specialized Unit) italiana di Nassiriya, provocando l’esplosione del deposito munizioni e la morte di diciannove persone tra Carabinieri, militari e civili. Il tentativo degli attenti e reattivi Carabinieri di guardia all’ingresso della base “Maestrale” di fermare con le armi in dotazione i due attentatori suicidi riuscì appieno, tant’è che il camion non esplose all’interno della caserma ma sul cancello di entrata, altrimenti la strage sarebbe stata di ben più ampie dimensioni. I primi soccorsi furono prestati dai Carabinieri stessi, dalla nuova Polizia irachena e dai civili del luogo.
Ora, quel che voglio in questa sede trattare è quanto accordato dallo Stato ai Caduti di Nassiriya, cioè la concessione di quella “Croce d’Onore” che fu istituita ad hoc con legge n.207 del 14 ottobre 2005 (per chi sia “deceduto ovvero abbia subito una invalidità permanente pari o superiore all’80% della capacità lavorativa, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo o di atti comunque ostili commessi in suo danno all’estero durante lo svolgimento di operazioni militari e civili autorizzate dal Parlamento”), vale a dire solo una attestazione commemorativa, assimilabile al Cuore Purpureo (Purple Heart) degli USA, maestri in tante cose… Fu così che nella ricorrenza dell’attentato, il 12 novembre 2005, il Presidente della Repubblica Ciampi consegnò ai parenti delle vittime la Croce d’onore. Tutto ciò ha lasciato ovviamente l’amaro in bocca sia ai Congiunti dei Caduti, sia ai loro Compagni d’armi, in quanto si riteneva più che giusta e adeguata ai tragici eventi una Decorazione al Valor Militare. E questo anche perché, come prima evidenziato, ci fu reazione armata nei confronti degli attentatori, presupposto necessario per tali ricompense.
Nella circostanza, lo scrivente, quale addolorato Comandante nazionale del NOE, quale primo riconoscimento, propose al grande Ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, che sanzionò, la concessione della Medaglia d’Oro al Merito dell’Ambiente “alla Memoria”, che fu concessa con la seguente motivazione: “”L’azione qualificata ed incisiva svolta dal Tenente dei Carabinieri Alfonso Trincone, in servizio presso il Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente dal 23 agosto 1989 e, dal 1° giugno 1996, al Comando della “Sezione Inquinamento da Sostanze Radioattive” dello stesso Reparto, è risultata strumento di eccezionale valenza operativa nell’azione di salvaguardia e conservazione dell’ambiente in Patria e in occasione di difficili missioni all’estero””. Un anno dopo presso il Comando, il Ministro appuntò sul cuore della cara signora Anna Maria Zollo, vedova del compianto e valoroso Tenente Trincone, la decorazione in parola.. La riunione fu anche l’occasione per conferire l’Encomio Solenne del Comandante Generale dell’Arma Luciano Gottardo al Reparto Specializzato, per l’elevata professionalità e incisività nello svolgimento di indagini complesse sulle ecomafie.
Passando ad altro argomento di natura similare, ricordiamo che ben diversamente, lo stesso Stato si comportò nei confronti di Nicola Calipari, il valoroso funzionario della Polizia di Stato effettivo al Servizio Informazioni e Sicurezza Militare, cui fu giustamente concessa la Medaglia d’ Oro al Valor Militare alla memoria per la sua “altissima testimonianza di nobili qualità civili, profondo senso dello Stato ed eroiche virtù militari, spinte fino al supremo sacrificio della vita”. Calipari, come si ricorderà, assunse la direzione dell’ operazione volta a liberare la giornalista Giuliana Sgrena, sequestrata da terroristi in Iraq e, nel momento in cui l’ autovettura sulla quale viaggiava veniva fatta segno per errore di colpi d’ arma da fuoco ad un posto di blocco USA, con estremo slancio di altruismo, fece scudo alla connazionale con il suo corpo, rimanendo mortalmente colpito. Era la sera del 4 marzo 2005..
Altra vicenda…Il 14 luglio 2009, a Tarvisio (UD), quindi in tempi recenti, perché quella storia è stata nascosta e poi rivisitata molto dopo per motivi politici che non sto a raccontare perché i miei 25 lettori conoscono, sono state conferite le Medaglie d’Oro al Merito Civile “alla Memoria” ai 12 Carabinieri caduti. Perché Merito civile e non Militare…..? Ai posteri l’ardua sentenza… Si tratta dei Carabinieri uccisi nelle foibe nella lunga storia ampiamente trattata solo dagli sfortunati Italiani Giuliani e Dalmati, che la sera del 23 marzo 1944, vennero aggrediti da criminali partigiani comunisti titini mentre la Caserma era già circondata da altri complici, rimasti nascosti per raggiungere a tappe forzate Malga Bala, dove i militari vennero sterminati barbaramente, dopo essere stati incaprettati con filo di ferro..I cadaveri dei militari vennero rinvenuti casualmente da una pattuglia di militari tedeschi e recuperati per essere ricomposti presso la chiesa di Tarvisio tra il 31 marzo ed il 2 aprile 1944.
Concludo, considerando che a volte in questa “piccola”, non certamente dal punto di vista geografico, ma pur sempre per tradizioni di civiltà e cultura grande Italia, le burocrazie dei Palazzi e la modestia della politica non sanno o non vogliono, probabilmente per difetto di valutazione, riconoscere adeguatamente i meriti di propri Figli che con valore hanno rappresentato in armi la Patria lontani da Essa e che nulla hanno chiesto in vita se non il riconoscimento del proprio ONORE da morti!
Il risultato che ne consegue è sotto gli occhi di tutti, cioè malcontento e amarezza, tanta amarezza!
Concludendo, un rinnovato compiacimento a Fervicredo, l’ “Associazione dei Feriti e Vittime della criminalità e del Dovere”..

via attualità.it

Cresce “la Casa di Italia Madre”

PROSEGUE LA RADICALIZZAZIONE SUL TERRITORIO

La Presidente di ITALIA MADRE Irene Pivetti, sentito il Coordinatore regionale pugliese del partito, Donato Tragni, ha conferito a Fabio Modesti l’incarico di coordinatore provinciale e cittadino di Bari, ritenendo che in Puglia “vi siano tutte le premesse per concretizzare gli obiettivi di ITALIA MADRE, ossia creare una classe politica competente e capace di ascoltare i territori promuovendo attività ed iniziative all’insegna della pragmaticità e della correttezza.

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