Skip to main content

L’Amerigo Vespucci, una nave “Signora dei Mari”

L’ Amerigo Vespucci è la più anziana  nave della Marina Militare ancora in servizio.
La più bella nave del mondo, una Elegante Signora  che solca i mari dal 22 febbraio 1931, giorno in cui iniziò il suo servizio con il motto “Per la Patria e per il Re”: 90 meravigliosi anni di servizio!

Continua a leggere

Steve Jobs – il fondatore della Mela più famosa del mondo

 
L’incredibile storia del Signore delle mele: Steve Job, un californiano geniale e irascibile che ha messo la tecnologia nelle mani di tutti.

Computer e smartphone sono diventati i migliori amici dell’uomo, e se è cambiato il modo in cui ascoltiamo la musica o guardiamo l’orologio, ed il cellulare è diventato un apparecchio tuttofare, molta parte del merito (o no?) è sua.

Alcuni aspetti della vita di Steve Jobs sono stati avvolti dal mistero, a partire dalla nascita che avvenne il 24 febbraio 1955, ma dove? C’è chi dice che sia nato a San Francisco e chi sostiene che il piccolo Steven Paul sia nato in Wisconsin. Apple si è sempre rifiutata di fornire questa informazione, finchè la biografia ufficiale svelò l’arcano confermando la nascita di Jobs a San Francisco. I genitori erano entrambi due studenti universitari; il padre, Abdulfattah “John” Jandali, di origine siriana, sarebbe poi diventato un professore di scienze politiche, la madre invece era americana. Entrambi temendo di non poter garantire un futuro dignitoso al proprio figlio, decisero di darlo in adozione. «Voleva che fossi affidato a una coppia di laureati» raccontò Jobs in un discorso. «Quando scoprì che la mia madre adottiva non aveva finito il college, e il marito neppure il liceo, si rifiutò di firmare le carte. Finché non le garantirono che sarei andato all’università».

Come stabilito nel “patto di adozione” nel 1972 Steve Jobs si iscrisse al Reed College, in Oregon; ma ben presto capì che quei corsi non erano interessanti e che la vita del college era troppo costosa per le casse di famiglia. Così decise di lasciare i corsi ufficiali e di seguire solo quelli che gli interessavano tra cui quello di calligrafia, dove imparò tutto su scrittura, lettere e caratteri. Queste conoscenze sarebbero state alla base, molti anni dopo, delle capacità tipografiche e soprattutto stilistiche del Macintosh.

Per risparmiare lasciò la camera del dormitorio facendosi ospitare da amici, iniziò a raccogliere bottiglie di Coca-Cola vuote per restituirle ai venditori e avere in cambio cinque centesimi, arrivò a fare 10 km a piedi per raggiungere il tempio Hare Krishna dove, la domenica, si mangiava gratis. Secondo Leander Kahney (autore della biografia non autorizzata Nella testa di Steve Jobs, Sperling & Kupfer) provò anche una dieta a base di sole mele, nella speranza che ciò, e chissà perché, gli permettesse di non lavarsi.

Stay hungry stay foolish, il più famoso discorso e testamento spirituale di Jobs, sottotitolato in italiano

Tornato in California, Steve rispolverò la passione per l’elettronica iniziando a lavorare per Atari, uno dei primi produttori di videogame. In seguito con il suo amico e collega Steve Wozniak, decise di mettersi in proprio e nel 1976 fondò la Apple Computer. Sede della società era il garage di casa, il logo una mela morsicata, capitale sociale poco, molto poco. Per finanziarsi Jobs fu costretto a vendere il suo furgone Volkswagen, mentre Wozniak la sua calcolatrice scientifica.

Sulla scia di questo primo successo arrivò l’Apple II, il primo computer fatto e finito, in modo che una volta tirato fuori dalla scatola, poteva essere pronto da usare, senza nessuna parte da montare. Successivamente arrivò Apple III che risultò un flop a causa dei problemi di surriscaldamento. Nel progetto non era stata prevista la ventola di raffreddamento perché a Jobs non piaceva, ritenendola poco elegante.

Nel dicembre 1979 visitò il centro ricerche della Xerox, dove stavano studiando un sistema che avrebbe permesso di comandare i computer attraverso semplici menu a icone. Fu la svolta, e proprio grazie a questa idea Jobs e il suo team riuscirono a trasformare il computer in un elettrodomestico alla portata di tutti. Nel 1984 venne lanciato il Macintosh, il primo computer controllato da due nuovi accessori: la tastiera e un nuovo apparecchio battezzato mouse. Le quotazioni della Apple schizzarono alle stelle, ed iniziò l’eterna disputa tra i fan della Mela e quelli che utilizzavano computer di altre aziende. Alla Apple nacque anche la particolare figura del “Mac evangelista”, un tecnico “mistico” con la missione di convincere amici e parenti della superiorità del Macintosh rispetto al resto.

Riguardo alla vita privata e sentimentale sembra che a vent’anni fosse fidanzato con Joan Baez, icona della musica folk americana e già compagna di Bob Dylan, uno dei suoi miti. Secondo Alan Deutschman, autore di un’altra biografia non autorizzata (I su e giù di Steve Jobs), la storia sarebbe finita perché la Baez sarebbe stata troppo vecchia per avere un bambino. Un rapporto complicato, quello con la paternità; quando nel 1978 la sua prima ragazza Chris Ann gli comunicò di essere incinta, lui non fece una piega e reagì come se la cosa non lo riguardasse. La figlia Lisa nacque così in una comune. Nel 1991, durante un rito buddhista, Jobs sposò Laurene Powell con cui avrebbe poi messo al mondo tre figli.

Nel frattempo il rapporto con Apple iniziò ad incrinarsi; dopo continui contrasti con l’amministratore dell’epoca, nel 1985, Jobs fu costretto a dimettersi. Proprio lui che quella realtà l’aveva creata in garage e resa una compagnia da 2 miliardi di dollari e 4 mila dipendenti, veniva messo alla porta, perché ritenuto improduttivo e fuori controllo. «Essere licenziato da Apple» raccontò in seguito, «fu la cosa migliore che potesse capitarmi. […] Mi liberò dagli impedimenti permettendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita». Di sicuro non se ne rese conto subito.

Nuovamente nei panni del debuttante, Jobs fondò la NeXT con l’idea di produrre computer all’avanguardia; per 10 milioni di dollari ne rilevò poi un’altra, da George Lucas, il regista di Star Wars. La NeXT non decollò, vendendo appena 50 mila computer in 8 anni, mentre la Pixar (così fu ribattezzata l’altra società) si manteneva a galla a fatica. Ma proprio quando Jobs stava per affondare ed anche la stessa Apple, a causa di scelte sbagliate, a metà degli anni ’90 i loro destini si incrociarono. Jobs convinse i “rivali” di Apple a scegliere un rivoluzionario programma sviluppato da NeXT come base per i nuovi computer, gli iMac. Così Apple acquistò la NeXT stessa e nel 1996 Steve Jobs tornò a casa da numero uno.

Anche la Pixar si rimise in sesto con il debutto, nel 1995, nelle sale cinematografiche americane di Toy Story, primo film realizzato completamente con sistemi di animazione digitale. Fu un successo. Il primo di quello che sarebbe diventato ben presto il più importante studio di animazione di Hollywood.

Tornato al timone della Apple, Jobs si trovò ad affrontare una profonda crisi finanziaria e lo fece ricorrendo ai licenziamenti di massa. Sempre secondo una delle biografie non allineate, sembra che bloccasse i dipendenti negli ascensori, interrogandoli sul loro ruolo in azienda. Se a Jobs la risposta non piaceva, potevano essere licenziati anche su due piedi. Una pratica che divenne famosa con l’espressione “essere stevizzati”. Jobs era sì famoso per le sue intuizioni folgoranti, ma al tempo stesso aveva un carattere difficile, pignolo ed egocentrico.

Proprio queste caratteristiche del suo carattere, secondo i suoi fan, sono il segreto delle sue vittorie. Dal rientro in azienda non ha più sbagliato un colpo. Nell’ottobre del 2001 ha presentato l’oggetto che ha cambiato il nostro modo di ascoltare la musica: l’iPod. Qualche anno dopo nacque iTunes, il negozio virtuale dove si possono scaricare dischi e canzoni si legalmente, quindi a pagamento, dal web con il computer er poi esser copiate nel proprio iPod ed essere ascoltate ovunque. Un fenomeno mondialeche Apple ha celebrato nel 2010 dopo aver tagliato il traguardo dei 10 miliardi di canzoni scaricate.

Nel 2004 gli venne diagnosticato un rarissimo tumore al pancreas. «I dottori mi dissero di mettere ordine nei miei affari» raccontò a una classe di studenti, «e questo significa prepararsi a dire ai figli in pochi mesi ciò che pensavi di poter dire loro in dieci anni. Significa dire addio». Dopo l’operazione si rituffò negli affari decidendo di lanciare, o meglio di inventare, un iPod capace anche di telefonare.

Nel 2007, svelò al pubblico l’iPhone, un cellulare dal design minimalista senza tastiera, con schermo sensibile al tocco, con capacità musicali e in grado di navigare nel Web come un computer di casa. Le sue presentazioni erano dei veri e propri eventi. Il suo linguaggio e la sua mimica, il suo abbigliamento sempre uguale (jeans e maglionicino a collo alto nero) ma tutto studiato a tavolino.

L’iPhone divenne un oggetto di culto da subito, il giorno in cui venne lanciato ne furono venduti 500 mila e con l’iPad, venne creato addirittura un nuovo mercato.

La malattia tornò di nuovo quando Jobs aveva iniziato a condurre una vita più “tranquilla”  abbracciando completamente il buddismo. Si era dato uno stipendio di appena un dollaro l’anno, anche continuando a possedere molte azioni Apple e godere di vari benefit. Il 17 gennaio 2011 Apple annunciò che Steve Jobs aveva chiesto un nuovo congedo medico, precisando però che sarebbe rimasto CEO e, continuando a occuparsi delle principali questioni strategiche ma sostituito per le questioni di tutti i giorni da Tim Cook. Il 24 agosto si dimise da amministratore delegato di Apple annunciando di voler chiedere al Consiglio di Amministrazione la conferma di Tim Cook come suo successore. Morì il 5 ottobre 2011, a 56 anni, e fu sepolto nell’Alta Mesa Memorial Park di Palo Alto, insieme ad altri imprenditori dell’alta tecnologia informatica, come il co-fondatore di HP, David Packard e l’ingegnere Frederick Emmons Terman, con i quali Jobs lavorò per alcuni mesi estivi come dipendente all’età di 13 anni.

Quaresima in cucina in Campania tra piatti tipici e poche rinunce

Abbiamo ragione di pensare che ci sia (ancora?) una buona fetta di persone che segue i dettami della Quaresima, cioè il periodo immediatamente dopo Carnevale, che prevede una serie di rinunce alimentari, fino ad arrivare alla Pasqua. In Campania la Quaresima non è soltanto privazioni e ricette povere: un popolo ossessionato dal cibo, come lo è quello napoletano, non poteva esimersi dal creare una filosofia alimentare della Quaresima, con tutti i piatti tipici annessi e connessi.

Prima – molto tempo fa, insomma – la Quaresima era qualcosa che si slegava quasi totalmente dalla componente religiosa, per abbracciare quella aristotelica del tempo, quando questo era tutta la fusione del calendario sia civile che religioso. Cerchiamo quindi di ricostruire questo periodo particolare dell’anno, che letteralmente scandiva i tempi degli uomini del passato.

Come nasce la Quaresima?

Convenzionalmente, la Quaresima racchiude i quaranta giorniche intercorrono dal mercoledì delle ceneri (il giorno dopo il Martedì Grasso) ed il giorno di Pasqua. Durante questi giorni, banalmente, ci si priva di alimenti golosi, “ripercorrendo” i giorni che separarono il Cristo dalla crocifissione prima e resurrezione poi.

C’è molto più da dire, ovviamente: cercherò di farlo in maniera lineare e soprattutto breve.

Parlando di Quaresima, è necessario però fare una distinzione tra calendario naturale e calendario alimentare. Secoli fa, quando c’era poca possibilità di conservare alimenti per lungo tempo (se non con tecniche di salatura e poco altro), i ceti più ricchi dimostravano il loro status symbol mangiando cibi freschi fuori stagione; invece, i ceti più bassi erano “costretti” a mangiare cibi conservati, sfidando la stagionalità dei cibi.

Nel 500 d.C. circa si aggiunse a questa cornice l’elemento religioso, di natura cristiana. I giorni “di magro” raggiunsero anche la non modica quantità di circa 160 giorni all’anno in cui la carne (e in origine, anche pesce, formaggio e derivati animali) era bandita. Questo simboleggiava, sicuramente, una grande importanza data alla carne. Da non sottovalutare poi le invasioni barbariche: queste popolazioni, molto adepte alla carne, avevano costumi che mal si adattavano a quelli dei discendenti dell’impero romano.
Inizialmente, furono soltanto i monaci e gli asceti a praticare questo tipo di rinuncia. Si praticava durante le piccole e grandi Quaresime (c’erano dei periodi interi, mentre ora ce n’è solo uno), nei prefestivi, i mercoledì e i venerdì. Ora la cosa si è parecchio semplificata, dedicando solo i venerdì ed al massimo i mercoledì delle settimane prima della Pasqua. Le prime tracce di Quaresima le abbiamo soltanto nel XIII secolo, ne La bataille de Caresme et de Charnage (La battaglia della Quaresima e del Carnevale), fabliau francese medievale appartenente al genere della satira.

Dopo aver fatto questo riassunto rapido a beneficio di tutti, vi lasciamo ai piatti tipici della Quaresima in Campania.

Frittata di scammaro

Probabilmente il piatto più iconico della Quaresima napoletana, la frittata di scammaro è stata a lungo abbandonata e poi ripresa dalla gastronomia popolare, al punto da diventarne un’autentica icona. Perché scammaro? Da ciò che dice il dottor Tommaso Esposito, gastronomo napoletano, “scammaro” deriva da ex camera, cioè “fuori dalla camera”; i monaci mangiavano di magro nel refettorio comune con un vitto leggero. Quando ci si ammalava, si restava in camera. Mangiare leggero, scammariare; mangiare grasso, cammariare.

Dopo la nota storica, passiamo alla ricetta. Cos’è in buona sostanza la frittata di scammaro? Si tratta di una frittata di spaghetti, semi cotti in acqua bollente, successivamente ripassata in padella con olio, frutta secca (come noci, pinoli, ma anche uvetta), erbe spontanee per insaporire e pesce conservato (il tonno era quello più gettonato, ma non mancano versioni  o quello che c’era a disposizione).

Pasta e legumi

pasta-e-ceci

La popolazione napoletana è sempre stata avvezza al consumo dei legumi, soprattutto come fonte proteica sostitutiva alla ben più costosa carne (della quale, comunque, spesso avevano soltanto i tagli più poveri: les entrailles, il famoso quinto quarto napoletano, fatto di muso, piede, intestino tenue, stomaco, mammella). Quindi, il loro utilizzo non può che intensificarsi durante il periodo della Quaresima. In particolare, il primo giorno di Quaresima a Napoli (il cosiddetto mercoledì delle ceneri), è tipico mangiare pasta e ceci, anche chiamati tuon’ e lampi. Tra i formati di pasta secca utilizzati, solitamente si scelgono tubettoni lisci e rigati, oppure pasta mista composta da tutti i vari frammenti di altri formati; chi utilizza pasta fresca, solitamente “tira” le cosiddette lagane, dando vita proprio a lagane e ceci, piatto tipico anche del Cilento.

Baccalà e stoccafisso

Le differenze tra baccalà e stoccafisso dovreste ormai conoscerle a menadito; in Campania abbiamo una fortissima tradizione riguardo a entrambi, con ricette gustosissime che spaziano dal piatto povero all’opulenza gastronomica. Quest’ultima, soprattutto, si manifesta in maniera prepotente durante il periodo di Quaresima. La Campania ha molte zone dedite alla cucina di baccalà e stoccafisso: si va dall’entroterra irpino fino alle zone prossime al mare. Il merluzzo nordico conservato è stato da sempre merce di scambio tra i poli commerciali della regione, utilizzato per avere in cambio verdure, carni, formaggi e permettendo una diffusione di questo alimento e di svariate ricette.

Il baccalà alla napoletana è una ricetta comune del periodo di Quaresima, anche chiamato in alternativa baccalà arrecanato: consiste in baccalà con sugo di pomodoro arricchito con olio, aglio, origano ed olive nere, spesso insaporito da abbondante sale. A questo piatto, bene si abbina il pane cafone da criscito, spugnoso, adatto per la scarpetta.

Un piatto un po’ più povero ma ugualmente gustoso è lo stoccafisso conciato: il pesce viene bollito, poi arricchito da olio extravergine d’oliva a crudo, succo di limone ed olive verdi.

Alici e colatura di alici

salsa colatura alici

Le alici sono pesciolini poverissimi e facilmente reperibili dai pescatori; per questi motivi, da sempre fanno parte della dieta di magro. In Campania spesso vengono indorate e fritte, cioè passate in una pastella composta da farina, uovo, pepe e formaggio e successivamente fritte in abbondante olio. Consistono in un secondo piatto molto comune, spesso accompagnate da pane ed insalata. Ancora, un altro piatto tipico che non prevede la presenza di grassi animali sono le alici in tortiera, ricetta che prevede l’utilizzo di alici freschissime, prezzemolo, aglio, limone, sale ed olio extravergine d’oliva.

Storia affascinante è quella della colatura di alici, un prodotto famoso in tutto il mondo, ma in origine diffuso come condimento saporito e povero. Si dice che la colatura di alicisia una diretta discendente del garum romano, cioè di quegli intingoli che contenevano non-meglio-precisate interiora. Come fosse fatto il garum, possiamo solo immaginarlo: spesso l’archeologia gastronomica sfocia nella fantascienza, avendo a disposizione così pochi reperti. Sappiamo però com’è fatta la colatura e soprattutto quale sia il suo posto: infatti, viene prodotta a Cetara, piccolo borgo marinaro della Costa D’Amalfi, che da poco ha ricevuto il riconoscimento per la colatura d’alici di Cetara DOP. Alle alici appena pescate nel golfo di Salerno vengono tolte le teste ed eviscerate; tradizionalmente, le alici vengono poi poste e pressate nel terzigno di legno, una sorta di botte sulla quale vengono posti sale e dischi di legno, che fanno pressione sulle alici. Il liquido che affiora viene raccolto in vasi trasparenti, messi poi al sole, in modo tale da far evaporare l’acqua in eccesso, lasciando unicamente il concentrato. Bisogna ben dosare la colatura di alici: è umami allo stato puro, bastano poche gocce per insaporire un’abbondante dose di spaghetti. Basta aggiungere, a piacere, una piccola dose di frutta secca per avere un piatto sì magro, ma carico di sapore.

Uova in purgatorio

Il culto delle uova, a Napoli, è qualcosa di trascendentale: su un uovo si reggerebbe il destino di Napoli, il famoso uovo di Virgilio Mago, l’uovo cosmico posato nelle viscere dell’isolotto di Megaride, sotto Castel dell’Ovo appunto. Sebbene prima non fossero permesse, chi sceglie di ridurre il consumo di carne in questo periodo fa sicuramente uso delle uova.

Le famosissime uova in Purgatorio (ova ‘mpriatorio) prevedono l’immersione delle stesse in un sugo semplice di pomodoro; vengono così chiamate perché – a detta di alcuni – le uova assomiglierebbero ai volti dei defunti, avviluppati dalle fiamme del Purgatorio. Ciò che di vero sappiamo è che questa ricetta, dopo essere passata nel dimenticatoio, sta riscuotendo nuovo successo sulle tavole tradizionali delle trattorie partenopee.

Quaresimali napoletani

Non poteva certo mancare il lato dolce della Quaresima, qui rappresentato appunto dai biscotti chiamati quaresimali napoletani.

Del tutto simili ad una sorta di cantuccino toscano – quindi a base di farina, zucchero, mandorle tostate, i quaresimali napoletani si differenziano da questi sostanzialmente per l’aggiunta di diverse spezie come la vaniglia, i chiodi di garofano, noce moscata, cedro e talvolta la cannella.

 

Isole ponziane, al largo del promontorio del Circeo nel Basso Lazio, dove l’Europa non è utopia

L’incontro domani con gli operatori economici per il progetto “Ventotene-Santo Stefano”

Isole ponziane, al largo del golfo di Gaeta nel Basso Lazio. Oggi, 18 febbraio, a Ventotene è stato presentato alla stampa il progetto “Ventotene-Santo Stefano” alla comunità isolana come importante opportunità da implementare. È in programma domani, venerdì 18 febbraio, a partire delle 15.00, l’incontro online per fare il punto sul progetto integrato di recupero del complesso di Santo Stefano. Con questa iniziativa viene restituito ai cittadini di Ventotene il progetto strategico degli esperti, che nasce da una progettazione partecipata fortemente voluta dalla Commissaria Silvia Costa, momento finale di ascolto della cittadinanza avviato nei mesi precedenti. All’incontro parteciperanno le figure chiave della comunità: dal Sindaco, Gerardo Santomauro, alle associazioni, agli imprenditori e ai cittadini tutti. In parallelo al progetto strategico, si parlerà di sviluppo futuro insieme a Paolo Orneli, Assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lazio.

Continua a leggere

Il rosso oggi non è una zona, è un colore che ci piace tanto!

“Luna Rossa” e il suo doppio tra sport e camorra.

Il dominio assoluto italiano sui britannici nella vela – 2021, e quel
riferimento alla guerra di camorra nel film di un Ventennio fa – 2001

Raffaele Panico

Oggi è una giornata densa di miti e simboli. Nell’altro emisfero, l’australe dove la disposizione geografica della Nuova Zelanda riprende lo Stivale al rovescio. La volontà dei nostri Migliori italiani si è manifestata dopo aver imposto un dominio assoluto sui britannici, in mare, dove conducono per 4-0 la Finale della Prada Cup contro l’Ineos-Uk del Regno Unito. Sulla terraferma intanto l’America’s Cup Events (ACE) aveva proposto il rinvio di una settimana dell’atto conclusivo, per la solita emergenza legata al lockdown ovvero tradotto in italiano confinamento. Un rinvio per l’allerta portata a livello 2, in vigore nella capitale neozelandese fino a lunedì prossimo. C’è stata una Conferenza preceduta da un comunicato durissimo da parte di Tina Symmans, CEO di ACE (America’s Cup Events, gli organizzatori della Coppa) contro Noi che, a casa in questi mesi di confinamento o lockdown – che dir si voglia – ci immedesimiamo nei nostri Migliori campioni all’Estero.

Continua a leggere