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Retrovisione: Carl Schimtt, l’individuo e lo Stato, l’etica e la lealtà nel XX secolo

 In “Etica dello Stato e Stato pluralistico”

(Staatsethik und pluralistischer Staat, in Kantstudien, Band XXXV, Heft 1, 1930)

a cura di Raffaele Panico

Carl Schmitt filosofo e giurista tedesco, nato nel 1888, è una figura emblematica della cultura politica tedesca ed europea del XX secolo. Alla fine del secondo conflitto, a guerra finita, gli Alleati lo arrestano per i suoi legami col nazismo quindi processato e alla fine venne assolto per un “non luogo a procedere”.

Scrive Schmitt nel 1930: “Anche in Germania, dopo il crollo dell’impero bismarckiano, dottrine sullo Stato e sul Governo che si ritenevano stabilissime hanno subito una crisi; né ciò reca meraviglia se si pensi che, scuotendo lo Stato, si scuote anche la concezione etica dello Stato. In particolare, se non si concepisce lo Stato come unità e potenza superiore, tutti i dati dell’etica kantiana dello Stato, diventano contraddittori e fallaci”. […] “Una concezione anglosassone dello Stato, che ha tentato di insinuarsi in Germania, è la così detta pluralistica, sostenuta da G.D.H. Cole e da Harold Laski, per questi autori lo Stato è un gruppo sociale da juxtaporsi e non da sovrapporsi agli altri gruppi sociali. E come ogni gruppo sociale ha la sua etica, così anche lo Stato ha la sua. Vi è una etica della Chiesa, della classe, della famiglia, dell’azienda, del club, etc. Tutte queste etiche importano una pluralità di lealtà. Non vi è una gerarchia di doveri; ma un vario complesso di doveri che coesistono e si sommano. La lealtà verso lo Stato non ha alcuna preminenza sulle altre”.

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“FAME USURPATE” la Napoli nobilissima e i suoi uomini: Vittorio Imbriani

Raffaele Panico

Nel 1968 Gianfranco Contini, filologo e critico letterario, accademico e storico della letteratura italiana e importante partigiano negli anni della tragedia dell’ultima guerra, scriveva: “L’ora dell’Imbriani non sembra essere ancora giunta […] bisognerà rivalutare la sua posizione culturale” (Letteratura dell’Italia unita 1861-1968, Firenze, Sansoni, 1968 prima edizione). Per lo studioso della storia napoletana dell’Ottocento e del Mezzogiorno è necessario passare attraverso la raccolta di libri, saggi, opuscoli, pubblicistica e la stampa. Pensiamo alle edizioni del “Giornale Napoletano di Filosofia e Lettere”, diretto da B.Spaventa, F.Fiorentino e V.Imbriani, e a tutto quel materiale prodotto, raccolto e lasciato da Vittorio Imbriani e dal fratello Matteo Renato Imbriani. Siamo avidi di conoscere la storia vera dell’Italia! Da quel fondo Benedetto Croce fece una cernita che pubblicò in Studi letterari e bizzarrie satiriche (Bari 1907).

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C.E.R.K.I.O la Comunità degli emigrati in regione di Crimea – Italiani di Origine

 “Giornata del Ricordodella deportazione degli Italiani di Crimea

Raffaele Panico

Ho raggiunto, al telefono, il prof. Giulio Vignoli, di casa a Rapallo. Ormai siamo diventati amici, da ben oltre 20 anni, avendo in questo tempo sempre avuto – pur senza mai incontrarci di persona grazie alla tecnologia, occasione di trattare gli “Italiani nel Mondo”, ovvero italiani autoctoni, in opere e viaggi e contatti del prof. Vignoli, cui ho affiancato gli italiani all’Estero ossia gli emigrati e oggi oriundi nei 4 continenti Americhe, Africa del nord ed ex AOI (Africa orientale italiana). Europa e Australia. Vignoli già docente presso la facoltà di Scienze politiche, ha insegnato materie privatistiche ed insegnato anche come docente di Diritto e politica delle Comunità europee, poi diritto dell’Unione Europea, oltre a Diritto agrario comunitario, Organizzazione internazionale e Diritto pubblico comparato. Autore di centinaia di pubblicazioni monografiche, saggi, e articoli.

In copertina immagine di it.sputnik.com

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Anisemitismo, Cattolicesimo, Islam, Israele… quasi una requisitoria contro Matteo

STRAFALCIONI CULTURALI
ed ERRORI POLITICI
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*Con questo titolo è pervenuto alla Redazione della Consul Press un intervento di Torquato Cardilli, come qui di seguito integralmente riportato. L’Autore da più tempo collabora con la nostra Testata (e di questo ne siamo lieti ed onorati) affrontando tematiche geo politiche, grazie ad una sua innegabile esperienza e conoscenza essendo stato per molti anni Ambasciatore d’Italia in Albania, Tanzania, Arabia Saudita ed Angola. Con lo stesso impegno l’Autore interviene anche su argomenti di politica interna, in quanto motivato da una propria passione manifestando accentuatamente il suo dissenso ed avversione verso determinati “partiti” o il suo plauso e compiacimento verso determinati “movimenti” e verso i loro rispettivi esponenti.
Da parte nostra non abbiamo mai esercitato alcuna censura od effettuato alcuna mutilazione sugli interventi dei vari Editorialisti e Collaboratori, ma abbiamo comunque ritenuto poter e dover esporre – quando necessario ed al termine di determinati articoli, tramite “Note a Margine” – la nostra ben diversa posizione…. [vds. ad esempio il caso di  “Corruzione, Delinquenza, Droghe … Lega (ex Nord) e Movimento 5 Stelle” – un complesso articolo proprio a firma dell’Ambasciatore].  E, se a volte, qualche articolo non è stato pubblicato, il fatto non è derivato da alcuna forma di “oscuramento”, ma semplicemente per un sovra-affaticamento delle nostre esigue forze redazionali.
Ciò precisato, rinviamo i nostri commenti e/o puntualizzazioni in successive “Note” nei prossimi giorni, proprio per non ritardare – oltre il dovuto – la pubblicazione del presente articolo dell’Amico Torquato Cardilli.   

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Il Rapporto dei carabinieri al Prefetto di Latina sui “nuovi Italiani in Patria”

Dai documenti della Prefettura presso l’Archivio di Stato di Latina il capitano comandante della Compagnia di Latina, Ettore Bucciarelli, redige una pagina molto toccante dal punto di vista umano: il caso delle signore Nerina G. e Anna S.

Raffaele Panico

Il rapporto dei carabinieri redatto il 16 aprile 1947 al Prefetto di Latina[1 e 2] è molto toccante: “Le condizioni economiche e finanziarie delle sottonotate profughe, sono povere. Le medesime non dispongono di risorse e provvedono direttamente alle spese di vitto e alloggio con il ricavato della vendita delle masserizie, effettuate prima del loro esodo da Pola. A Cori non esplicano alcuna attività lavorativa. Sono in possesso del certificato di esodo da Pola” – seguono i dati anagrafici dell’intera famiglia.   Nerina era vedova di Ghianda “grande invalido di guerra e da recente le è stata assegnata una pensione di £ 500 mensili, ma non ancora corrisposta. Ha a carico la figliola, Ghianda Giuliana, di anni 4. Il marito della Smerchar Anna, catturato dalla polizia di Tito, il 5/5/1945 e deportato in Jugoslavia, non ha dato più notizie di sé”.

Infine, dalle carte, è interessante notare che, i territori perduti col Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947 annessi alla Jugoslavia, e il Territorio Libero di Trieste – la zona B – posti sotto l’amministrazione jugoslava in base al Memorandum d’intesa di Londra del 5 ottobre 1954 erano segnalati ancora nell’anno 1968 senza tener conto della mutata situazione. In alcuni casi enti italiani si rivolgevano ad enti ed uffici situati nei territori ceduti alla Repubblica federale popolare di Jugoslavia con indicazioni non aggiornate, ad esempio, si richiedevano notizie di Casellario al sindaco di Fiume, o recavano formule e procedure in uso tra uffici italiani come ad esempio “alla Procura della Repubblica di Pola, o anche al comune di “Postumia, provincia di Trieste”. Pertanto il prefetto di Latina, Pignataro, il 18 febbraio 1968, scrive al presidente della Giunta provinciale di Latina e ai sindaci e ai commissari di comuni, “al fine di ovviare a tali inconvenienti, si richiama l’attenzione delle SS LL sulla necessità di richiedere o di trasmettere, esclusivamente tramite il Ministero degli Affari Esteri – Servizio Affari Privati, atti o documenti diretti alle autorità jugoslave”[3]. Indicazione da seguire – precisa il dispaccio, per gli atti e documenti da richiedere o trasmettere tanto agli uffici o enti situati nei territori ceduti alla RFPJ dal 10 febbraio 1947, quanto a quelli situati nel territorio posto sotto l’amministrazione jugoslava col Memorandum d’intesa di Londra del 5 ottobre 1954.        

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“Vigilanza Privata, da agosto in attesa dello stipendio”:
inizia un presidio dei lavoratori Secur presso il Mi.S.E.

Vigilanza Privata,  i Sindacati a fianco dei Lavoratori SECUR
….al
Mi.S.E i Dipendenti, fin da agosto senza stipendio, in presidio e in attesa

comunicato stampa di Filcams-Cgil e Fisascat-Cisl

“I dipendentii e le loro famiglie sono allo stremo, chiediamo garanzie”

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25 aprile del 1911: l’onore usurpato nelle pieghe di una festa di circostanza

Discorsi di inizio anno.

Ricordo di Emilio Salgari, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia

Raffaele Panico

Solo per caso, ascoltando un canale televisivo della Rai, che ormai per niente o solo per pochi secondi osservo nel tempo giusto del giro del telecomando, con decisione da parte mia metodica nell’esclusione, di quasi tutti i canali. Credo, se ricordo tale esclusione avveniva dai tempi della cosiddetta Primavera era il 2011 all’incirca? In Egitto, si ricordo c’era Mubarak e in Libia il Colonnello. L’esclusione del 98 per cento circa dei canali fa fatto sì che ne assolvo solo alcuni, tra i pochi veduti, RAI Scuola (146) che è estremamente interessante formativo educativo da vedere. E mi ricorda il canale della Televisione Svizzera italiana che, in bianco e nero, da bambino potevo vedere a Parabiago, a pochi chilometri da Legnano la cittadina famosa per il Carroccio e la statua di Alberto da Giussano.  Educazione, anche i cartoni animati e i fumetti erano altra cosa da quelli che si vedono oggi che so, giapponesi o coreani totalmente lontani nell’animo dai monti delle Alpi italiane o Svizzere e del ritornello di Heidi ti sorridono i monti. Lungo preambolo! Eh sì. Perché sul canale succitato sul finire dello scorso anno ho appresso del suicidio di Emilio Salgari e la cosa mi ha toccato profondamente.

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Rimembrando le Vite Parallele di Plutarco: un italiano e un russo. Almanacco di una ricorrenza il 18 dicembre in Italia e in Russia

Ironia della Storia in poche battute

 Raffaele Panico

Italia. 18 dicembre 1932 inaugurazione di Littoria, una tra le oltre 100 città di fondazione. In circa un decennio, di città, comuni rurali e borghi in totale saranno all’incirca 190 fondati e disseminati, dopo Littoria nel ’32, nel regno d’Italia e d’Albania, Dalmazia, Libia Nordafrica e Africa Orientale Italiana. Nel 1942 la celebrazione del Decennio con l’inaugurazione dell’EUR, Esposizione Universale Romana. Ed il piano di bonifiche integrali avviato nel 1928 doveva andare avanti per 30 anni. 
A guerra finita che, nei piani originari non doveva proprio tenersi (essendo – disse Mussolini – l’Italia una nazione sazia e soddisfatta dei suoi confini dalle Alpi all’Oceano indiano), Littoria sarà rinominata Latina.
Dal 1934 era una nuova Provincia d’Italia Littoria-Latina. Venne inaugurata da Mussolini, conosciuto meglio con l’appellativo di Duce, Fondatore dell’Impero del 9 maggio 1936 e Maresciallo D’Italia. A farla breve convertitosi al Nazismo “sulla via del Brennero” come Saulo di Tarso su quella di Damasco, divenne un presidente fantoccio di uno degli Stati satelliti del Terzo Reich dopo il 25 luglio 1943, l’8 settembre stesso anno in corso, non trovando il coraggio visti i suoi fallimenti nel reggere le sorti dell’Italia dal 1929, con le infami leggi razziali e l’alleanza con il pittore austriaco Adolf Hitler, con lo sbarco in Sicilia angloamericano di prendere atto che era arrivato il suo momento, un Duce, un Maresciallo o altro al vertice di una catena di comando, che apra il cassetto e si spari un colpo alla tempia. 
Avrebbe così risparmiato agli italiani circa 20 mesi di guerra civile, ancora non terminata.

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Roberto Bartini italiano nato a Fiume, divenuto cittadino russo

La geniale attività di Progettista e di Ingegnere Aeronautico
per oltre mezzo secolo nella Russia Sovietica

di  Raffaele Panico

Roberto Oros di Bartini era nato a Fiume il 14 maggio 1897.  Un grande italiano un onore per la storia dei giuliano-dalmati, gente esule qui in Patria. La memoria, il valore e la sua genialità è tanta, molta storia, che ci corre ricordare: la vicenda di un ingegnere e di un vero italiano poi naturalizzato russo. Intelligente ed eclettico si era interessato anche, e ha pubblicato vari lavori, sulla cosmologia e la fisica teorica. È lui una parte importante della storia dei rapporti italiani con la Russia, nato nella parte orientale d’Italia che ha dato così tanti uomini geniali, a volte la si preferisce ricordare solo dopo la tragedia della seconda guerra mondiale con la conta funerea dei numeri sugli infoibati. Queste figure le loro personalità che hanno vissuto in pieno i rigori e le tragedie del Novecento, la storia, il loro tempo dovrebbero essere insegnate agli studenti.

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A colloquio con Emmanuel Vecchio sull’elemento emozionale della panificazione

UN GIOVANE ESPERTO DI PRE-FERMENTI E LIEVITI CHE PUÒ DIRE LA SUA NEL CAMPO DELLA GASTRONOMIA

Una conversazione con Massimiliano Serriello

Chi usa le scorciatoie del cervello, anziché soffermarsi ad approfondire le varie sfaccettature della gastronomia, ritiene la panificazione una sorta di parente povero della cosiddetta haute cuisin. Con tutto il rispetto, invece, per l’alacre allestimento delle pietanze, spesso passate in rassegna sulla scorta d’un eccesso di zelo non esente dal ridicolo involontario, come rimarca l’arguto regista cinematografico israeliano Oren Moverman nel feroce affresco familiare The Diner, remake statunitense del mesto scandaglio intimo I nostri ragazzi diretto dal romanissimo Ivano De Matteo, anche la Settima Arte riconosce ai diversi tipi di procedimento, contemplati per trasformare la farina in baguette da leccarsi i baffi, un fulgido valore emozionale.

Emmanuel Vecchio (nella foto alle prese con i dolci) lo sa bene. Dal padre salernitano Antonio ha ereditato l’attitudine a guardare al cinema come a una finestra aperta sul mondo, in grado di fungere anche da straordinario pungolo per la piena maturazione dello spirito e dell’intelletto. Dalla famiglia della madre francese ha ricevuto altrettanti stimoli al fine di capire le ragioni del cuore in termini eminentemente pratici. Imparando a impastare, nel periodo della permanenza in Normandia presso i solerti e calorosi nonni, in attesa di poter accortamente tradurre l’affascinante ma segregata teoria nell’opportuna prassi.

Estraneo all’improduttivo impeto tipico dei meri neofiti, fin dai tempi della scuola alberghiera di Battipaglia e dei tirocini curriculari ed extracurriculari, sostenuti sia nel Bel Paese – a San Vigilio di Marebbe, con Bolzano dietro l’angolo – sia ad Aix-en-Provence, Emmanuel ha sempre tenuto i piedi ben piantati per terra.

Per lui riuscire ad anteporre il conseguimento concreto degli obiettivi prefissi, ottenuti palmo a palmo, agli inutili svolazzi pindarici significa soprattutto dare la giusta forma al glutine sul tavolo di cucina senza incollarsi minimante le mani: lo strumento con il quale fondere tatto, allo scopo di custodire gli ampi alveoli che si creano nell’arco della lievitazione, ritmo ed energia. L’effetto conclusivo, con le peculiari bolle, parla da solo.

L’ammirato stupore, tuttavia, serve a poco. Occorre, piuttosto, evitare come la peste l’impasse delle elucubrazioni dottrinali. Gli studi universitari di scienze gastronomiche, con il master imperniato sull’ambìta panificazione, sono stati un trampolino di lancio per mettersi alla prova nella giungla metropolitana della Città Eterna. Esiste una sfilza infinta di corsi per pizzaioli incapaci di cavare un ragno dal buco. Le basi di chimica e fisica fornitegli dall’approfondimento post laurea rappresentano, quindi, un valore aggiunto. Non per pavoneggiarsi o per stendere trattati colmi d’improntitudine e trovare sterili pulpiti. La molla dell’inesausta curiosità è molto più utile dell’arroganza dei tromboni che montano in cattedra solo ed esclusivamente a scopo autoreferenziale. Buttandosi in avanti per non cadere indietro. L’antidoto contro la loquela sbracata dei falsi dotti in materia risiede nello stimolante terreno dell’incontro e del confronto. Lo scontro, esacerbato sui social dai moti d’invidia e dall’onnipresente cifra dell’odio, confonde le idee ed esaspera gli animi. Emmanuel, nonostante l’età verde, sembra, in tal senso, un vecchio saggio. Nomen Omen, d’altronde. Conscio che in ballo c’è pure lo slancio dell’evocazione.

«Amate il pane: cuore della casa, profumo della mensa, gioia del focolare. Rispettate il pane: sudore della fronte, orgoglio del lavoro, poema del sacrificio. Onorate il pane: gloria dei campi, fragranza della terra, festa della vita. Non sciupate il pane: ricchezza della patria, il più soave dono di Dio, il più santo premio della fatica umana

Non vi è nulla di scontato ed enfatico nell’inno sovraesposto. I movimenti di schieramento e le discipline di fazione cedono spazio all’aroma dell’assennatezza, al fascino della bontà e all’empatia dell’affinità elettiva. Barbara Frangi (nella foto) queste cose,  comprese quelle più difficili, le sa fare con incrollabile perseveranza e le sa spiegare con intensa accuratezza.

Panettiera e Pizzaiola anarchica per passione, così è solita definirsi, rifugge dai cultori troppo fanatici della panificazione quando il desiderio di sperimentare motu proprio paga dazio allo scotto di una febbre creativa fuori luogo. I grani antichi, che lei ricerca con scrupolo ed entusiasmo, non rientrano nelle priorità dei panettieri intenti ad aprire la saracinesca ogni mattina. La visita al Mulino Caputo, alla scoperta del grano a macinazione lenta, le è servito ad affinare ulteriormente i ferri del mestiere e porre le debite distinzioni. Non si finisce mai d’imparare. Ed è bello così.  Alle tendenze di punta, anche per quanto concerne i lieviti, Barbara replica con rimarchevole buon senso. Abbassare i ritmi in quest’ottica accresce il sapore ed emulsiona i compositi livelli dell’impasto apponendo un fulgido e genuino marchio di fabbrica.

Emmanuel è, quindi, in buona compagnia. Il processo di maturazione per la farina ricopre un ruolo decisivo. La trasmissione di pensiero tra persone allergiche agli sponsor e, principalmente, alle banalità scintillanti degli slogan rei di smerciare per speciali persino i pandori zeppi di additivi, trascende il margine di visibilità degli chef che mandano in visibilio i fan poco scaltriti al riguardo. Attingere ad alcuni degni esponenti, alieni per una questione di principio ai galloni guadagnati in televisione nelle vesti di discutibili aedi, diviene ciò che conta in maggior misura.

La pratica, con l’affiancamento ad Alba di Enrico Giacosa, presidente del Consorzio Pan Ed Langa, gli ha insegnato l’importanza delle peculiarità all’origine di qualsivoglia prodotto attento a proteggere gli amidi e le proteine. Il rispetto nei riguardi del destinatario optimum costituisce un diktat deontologico. La digeribilità è strettamente correlata al modo utilizzato per far fermentare l’impasto. Le bestie nere restano, perciò, le componenti denaturate. Gli agenti chimici in primis.

L’arte di panificare l’ha appresa altresì da docenti del calibro di Davide Longoni, Piergiorgio Giorilli ed Eugenio Pol (nella foto), milanese di origini veneziane, avvezzo alla tutela dei posti incontaminati dove regna l’ordine naturale, con l’acqua pura, e le interferenze lesive sono messe al bando. 

Tuttavia la lezione impartitagli simultaneamente dai guru sia da bosco che da riviera rimane imprescindibile. Occorre adattarsi alle circostanze, lontano dalle astrazioni pleonastiche, e rimediare agli imprevisti. Che sorgono quando uno meno se lo aspetta. La pasta madre non è una panacea. E neanche un’incontestabile garanzia d’indistruttibilità. Però torna utile. Su questo non ci piove.

La predilezione per i pre-fermenti non cade mai nello scoglio di un sapere monodisciplinare che vacilla, al pari dello stuolo di fan dei cuochi del grande schermo, dinanzi ai bruschi cambiamenti imposti talora dalle circostanze. Il lievito madre naturale aiuta tanto. L’elasticità e la morbidezza dell’impasto, ivi connessi, scongiurano malaugurati mali di stomaco. Ed ergo fanno la felicità dei ghiottoni di turno. Tuttavia a Emmanuel non interessa, di contro, demonizzare il lievito di birra. Le buone maniere, l’apparente timidezza, la profonda educazione vanno di pari passo con l’implicita coerenza in merito. L’adagio latino cum grano salis capita a fagiolo, dunque. Nella sua accezione più ampia. Che comprende i giochi di parola.

Divertirsi lavorando, mentre si fatica, per usare un modo di dire frequente in Campania, non implica deleterie concessioni ad alcun tipo di sbavatura.

Emmanuel adora cimentarsi in pizze e focacce che lasciano il segno dell’impegno. Nonché del divertimento. Eppure, seguirlo, step by step, nella preparazione dei soffici e profumati pan-brioche, siano essi dolci o salati, manda a carte quarantotto l’inerzia delle idee prese in prestito all’altrui acume.

Ricorrere, in ogni caso, alla sagacia della lingua latina, aiuta ad avere una visione a trecentosessanta gradi ed entrare in contatto con le differenti scuole di pensiero. La parola fermènto (da fermentum vale a dire fèrvere, bollire, essere in moto) non si presta a equivoci di nessun tipo. Casomai chiarisce il nesso di specie morfologica e il rimando alla vita congiunti all’idea operante di fermentazione. Il pre-fermento indica ciò che precede quella tappa evolutiva. Non discriminare, perciò, i pre-impasti fermentati con il lievito di birra, sull’onda di una seccante affettazione, testimonia l’intelligenza, ancor prima ché l’accortezza, di Emmanuel.

La soddisfazione di veder sfornare il pane è indescrivibile. Non si tratta di attribuirle lo status di un nobile incarico, che spegne le piccole vampate delle superflue polemiche e attizza il sacro fuoco della passione, bensì di aprire il varco all’affettuosa intimità volta ad animare un patrimonio di pregiate conoscenze. Sulla pasta madre, sugli andamenti segreti in merito alla fermentazione spontanea degli impasti, sulla capacità di conservazione del prodotto, grazie alle funzioni svolte dai batteri e dai lieviti. Il Saccharomyces cerevisiae, dunque. O lievito di birra che dir si voglia.

Riuscire a comprendere le caratteristiche fermentative, unite all’applicazione di elasticità ed estensibilità, conta tanto quanto tenere d’occhio il ruolo della melanoidine nella colorazione bruna della crosta dei prodotti nell’ambito della Reazione di Maillard. Con apprezzabile umiltà, Emmanuel specifica di possedere più dimestichezza con i salati ché con i dolci. Ma, a giudicare dai risultati, non si direbbe. 

La scienza infusa c’entra, per chiarire, come i cavoli a merenda. Occorre conoscere le fasi di reazione, dal carbone carbonilico agli amminoacidi N-terminali, che, se non avvengono nella fermentazione ex ante, prendono piede in quella ex post – detto papale papale – dei destinatari. Una volta che mangiano il pane e la brioche intesi come un prodotto che manda a farsi friggere l’opportunità di digerire come si deve.

Il richiamo cinefilo al celebre spaccato sociale Bread and Roses di Ken Loach, l’aedo per antonomasia della working class anglosassone, e alla commedia agrodolce Pane e Burlesque di Manuela Tempesta, paladina dell’animo femminile, certifica come la fabbrica dei sogni abbia a cuore l’aguzza valenza metaforizzante determinata dalla fermentazione eletta a moto dell’esistenza. Nel determinare i tempi di lievitazione, il forno e gli elementi ambientali  conducono l’operazione  a termine.

A Emmanuel rimangono molte frecce al proprio arco. Balza agli occhi. È un argomentatore sagace. Che parla a voce bassa. Sembra timido dapprincipio. La calma dei forti lo tutela, al contrario, dal rischio di andare a caccia di grilli e costruire vani castelli di carta. I sistemi moderni di molitura, le quantità crescenti di crusca, l’apporto rinforzante garantito dall’amido non lo colgono mai impreparato.

Come chi mastica amaro e sputa dolce. Il rigonfiamento della lievitazione sa tenerlo sotto controllo. Non è un ostacolo insormontabile. Unire l’utile al dilettevole gli riesce facile. La soppesata delicatezza lo solletica. L’attività di dialogo offre motivi di dibattito che non hanno nulla a che spartire con le battute sentenziose. La formulazione di un augurio ad maiora è pertanto legittima. Sfornare delizie, tirando a lucido il tema del pane parlando chiaro e tondo, può diventare un’abitudine. Ed è la forza della tradizione che ne gioverà. A buon diritto. Al pari di Emmanuel.

 

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Vergarolla 18 agosto 1946 strage di innocenti

L’ESODO di 360.000 ITALIANI, le FOIBE  
e la strage
di
Vergarolla a Pola  il 18 agosto 1946

Foibe le voragini dovute alla natura carsica del suolo della Venezia Giulia, ne sono state contate oltre 1700. Venivano uti­lizzate dagli abitanti come naturali discariche per i rifiuti di una economia rurale, dentro si gettavano carcasse di animali. La parte costiera della regione storica dell’Istria era la più popolosa con una maggioranza della popolazione italiana intorno al 90%, la restante era slava; all’interno, il rapporto oscillava attorno ad un 60% per la prima componente ed il 40% per la seconda. L’Istria è costellata di foibe. È con le foibe durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto dopo l’armistizio e ancora a guerra finita, che è stata effettuata la prima pulizia etnica dai tempi delle guerre risorgi­mentali dell’800.

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Classe politica e l’esercizio del potere

 La Tradizione Iniziatica Indo-Europea

Raffaele Panico

Lo storico delle religioni Georges Dumézil (Parigi 18981986) è conosciuto per le sue teorie sulla società, l’ideologia e la religione degli antichi popoli indoeuropei. La sua è una “lettura” di lunga durata comparando tra loro i miti dei popoli arii, scoprendo una struttura narrativa identica. Dumézil considerava la visione della società e del mondo caratterizzata dalle funzioni sacrale e giuridica, guerriera e produttiva.
Questa tipologia strutturale della mitologia si ritrovava secondo Dumézil anche nell’organizzazione sociale di alcuni popoli indoeuropei, a cominciare dalle caste dell’India, nella composizione sociale delle varie fasi della civilizzazione indoeuropea sotto il profilo dell’assetto sacrale e della ripartizione.[1] 
In termini generali è possibile distinguere tre fasi di insediamento degli indoeuropei in nuovi territori, vale a dire la fase indo-iranica, quella greco-romana e quella celtico-germanica. Dumézil ha riscontrato in ciascuna fase una quadripartizione dell’ordine sociale e delle funzioni del sacro. Infatti, sono quattro le classi: sacerdoti, guerrieri, commercianti e servi. L’età storica vede questa organizzazione delle funzioni ancora preservata.

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Emilio del Giudice uno dei più grandi fisici italiani

Emilio del Giudice dalla fisica nucleare alla biochimica dei corpi viventi

Raffaele Panico

Emilio Del Giudice, a differenza di Antimo Negri l’ho conosciuto con i mezzi propri della comunicazione di questo nuovo secolo. Il desktop del computer collegato alla rete internet. Antimo Negri l’ho conosciuto a Roma, tra l’autunno del 2002 e la primavera del 2005, e molto mi ha insegnato attraverso un suo libro in particolare che gli avevo ricordato sulla futurologia e su questo tema gli chiesi così di incontralo.  Conversare di futurologia un tema caro a un “Napolitano oriundo” in quanto il futuro appartiene agli Dei o a Dio. Nella lingua napolitana il tempo futuro dei verbi a ben rifletterci è eluso e sostituito da altre forme verbali. Una scienza del futuro per una volontà a ricercare scelte progressive contro l’approssimazione del presente e le false predizioni di chi si occupa della cosa pubblica, o della politica non come produzione di futuro, ma a proprio uso e consumo. Adulterazione, frode e indebita appropriazione del tempo dell’uomo e della sua felicità. Quindi è con il futuro e per il futuro che rivolgiamo lo sguardo all’avvenire. Dalla conversazione alle recensioni su saggi e pubblicazioni dietro rigorosi consigli e indirizzi mi attenevo quasi con scrupolo militare. I libri, le conferenze i convegni… premessa questa perché, come detto, a differenza di Antimo Negri, Del Giudice l’ho conosciuto solo ascoltando le sue video-conferenze viste on-line dal 2012 in poi. Emilio Del Giudice era un “Napolitano”, preferibile alla dizione “Napoletano verace”.

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Barneys – chiude lo storico negozio di New York

Fine di un’era a New York. Al posto delle tradizionali vetrine di Natale e degli addobbi, sono comparse da Barneys insegne a caratteri cubitali: “Il negozio chiude, tutto se ne deve andare”. Nell’ultimo tassello della crisi dello shopping tradizionale, i grandi magazzini simbolo del vivere da ricchi a Manhattan chiuderanno dopo essere stati venduti a pezzi: il nome al gruppo Authentic Brands Group, che detiene i diritti su Marilyn Monroe, Elvis Presley e Muhammed Ali più una sessantina di brand; scarpe, borse e prêt-à-porter di lusso alla finanziaria B. Riley che li sta liquidando fino ad esaurimento della merce.  

Per decenni Barneys è stato una parte essenziale dello shopping a Manhattan. Protagonisti di Will and Grace e Sex and the City, gli otto piani del flagship su Madison Avenue hanno fatto conoscere agli americani griffe come Armani, Alaïa, Comme des Garçons, Louboutin e Zegna. Oggi, negli stessi locali disegnati dall’architetto Peter Marino all’inizio degli anni Novanta, si respira l’aria del fallimento: divani danneggiati, bagni rotti, commesse incerte su cosa ha in serbo il futuro. Gli sconti sono per ora sull’ordine del 5-10%: questo spiega perché in tutto il negozio i manichini siano più numerosi dei clienti.  

Vittima anche del caro affitti a Manhattan, Barneys aveva gettato la spugna in agosto facendo ricorso alla bancarotta assistita. L’accordo da 271 milioni di dollari, ha dato a ABG il controllo di un brand protagonista dal retail di Manhattan dal 1923 e la possibilità di portarlo in esclusiva a Saks Fifth Avenue. Dopo la liquidazione tutte le filiali di Barneys saranno vendute, tranne l’ammiraglia su Madison che resterà aperta nel 2020 come pop up store.  

Quando Barneys ha aperto la procedura della bancarotta tra i creditori non assicurati c’erano nomi iconici della moda come Yves Saint Laurent, Balenciaga, Celine, Gucci, Prada, Chloé e Azzedine Alaïa. “Goodbuys, then goodbye!”: questo lo slogan dell’evento di addio, da cui le offerte del gruppo LVHM sono escluse per non svalutare il brand.

Gli sconti dovrebbero aumentare nel corso dei saldi, che proseguiranno fino a febbraio, “sulla base di una formula matematica che tiene conto della storia delle vendite per uno specifico oggetto e un senso della sua desiderabilita’, ha spiegato Scott Carpenter che cura i saldi per conto di B. Riley: “Non stiamo parlando di Toys ‘R’ Us o Payless Shoe”, altre due catene finite di recente in bancarotta: “Qui abbiamo capi di designer molto esclusivi, di alta gamma”.

articolo via ANSA

ROMA presentato il Calendario Storico e l’Agenda Storica 2020 dell’ARMA CARABINIERI

Roma 15 novembre 2019 ore 11.00, presso il Palazzo dei Congressi dell’EUR a Roma, alla presenza del Sottosegretario al Ministero della Difesa On. Angelo Tofalo e del Comandante Generale dell’Arma Giovanni Nistri, è stato presentato il Calendario Storico e l’Agenda 2020 dell’Arma dei Carabinieri

Prodotto editoriale con una tiratura di oltre un milione di copie, il Calendario Storico dell’Arma dei Carabinieri è un oggetto ambito, che possiamo trovare tanto nelle private abitazioni quanto nei luoghi di lavoro e di ritrovo, a testimonianza del fatto che “ovunque fa piacere la presenza di un Carabiniere” tanto è l’affetto e la vicinanza di cui gode la Benemerita. Nato nel 1928, dopo l’interruzione post-bellica dal 1945 al 1949, la pubblicazione del Calendario, giunta alla sua 87.a edizione, venne ripresa regolarmente nel 1950 e da allora è stata puntuale interprete, con le sue tavole, della vicinanza dell’Arma ai cittadini e, attraverso di essa, all’Italia.

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Italia senza la Russia zarista

1917 cambiano le carte per l’Italia: entra l’America esce la Russia dal conflitto. La “Piccola guerra” del 1911 del regno d’Italia contro l’Impero ottomano e i rapporti con la Russia zarista fino alla Grande Guerra 1915-18

  Raffaele Panico

La conquista della Libia e Isole dell’Egeo – sancite con la Pace di Losanna del 1912 era stata garantita dagli accordi di Racconigi, tra l’Italia e la Russia zarista, nell’insieme delle alleanze e degli equilibri tra le potenze del “Concerto europeo”, accordi che sono stati fondamentali per l’espansione geopolitica italiana fino alla rivoluzione d’Ottobre. Nel 1917, dopo tre anni di guerra in tutta Europa durante lo sforzo senza vie d’uscita, o di annientamento totale o di ricerca della pace tra gli imperi centrali, di Germania, d’Austria-Ungheria e degli Ottomani, da un lato, e britannici, francesi, italiani e russi sul fronte opposto, cosa avviene per cambiare le carte in gioco sul tavolo militare e poi a guerra finita della diplomazia? La Germania dal 1914 combatteva su due fronti, accerchiata e in difficoltà sicura di facile vittoria come a Sedan nel 1870 con la guerra franco-prussiana, vedeva risolutiva la possibile uscita dalla guerra della Russia. Opzione questa auspicata anche alla corte di Nicola II dal monaco Rasputin, assassinato nel 1916 a Pietroburgo con complicità inglesi, che volevano ovvio la Russia loro alleata impegnata in guerra, lunga mano inglese coadiuvata da aristocratici russi che odiavano il monaco, Rasputin, per la sua grande influenza politica presso la corte imperiale.

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Pol Pot e i Khmer Rossi un mistero del comunismo inestricabile

Pol Pot il Male banale ed assoluto: ricordare è dura ma dimenticare impossibile!

Raffaele Panico

Per non dimenticare. Nella foto del documento una immagine del dittatore dal sorriso facile, una personalità da Male assoluto della seconda parte del XX secolo. Capace di un genocidio senza precedenti arruolando poco più che dei bambini soldato a scatenarlo. Nato nel 1925 Saloth Sar assunse poi diversi pseudonimi Fratello Numero 1Pouk e Hai, e molti altri ma è passato alla storia come Pol Pot.

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“La libertà dei servi” di Maurizio Viroli. L’attualità di un saggio del celebre professore forlivese di teoria politica.

“La libertà dei servi” del forlivese Maurizio Viroli,  prestigioso accademico di caratura internazionale sino al titolo di Professore Emerito di Teoria Politica alla Princeton University,  è un saggio, pubblicato in prima edizione nel 2010, che, quasi dieci anni dopo, resta, però, ancora un’analisi attenta, rilevante, attuale sul tema della libertà, condizione essenziale nella vita di ogni cittadino, anche come principio regolatore dei suoi rapporti sociali e politici all’interno della comunità. Certo, nel 2010 il saggio fu sollecitato dalla presenza e dal ruolo di Silvio Berlusconi, allora al suo terzo mandato di Presidente del Consiglio, incarico, fra l’altro, assolto con l’esercizio di un vasto potere sia politico che personale, considerati gli interessi dell’uomo in diversi settori, in modo particolare nelle attività immobiliari e nel campo della comunicazione, giornali e televisione: l’enorme, incombente, articolato potere berlusconiano veniva allora ritenuto da Maurizio Viroli il fattore determinante per mutare, restringendola, la libertà degli italiani, costretta a configurarsi prevalentemente come “libertà dei servi o dei sudditi”, non più come “libertà dei cittadini”.

Secondo l’emerito professore forlivese gli italiani “servi” mantengono sì la libertà di perseguire e realizzare i loro scopi, progetti, ma non sono più, per loro volontà o soggezione, nella condizione di sottrarsi alla potente macchina di potere dell’uomo o della ristretta élite al governo della nazione, quindi la distinzione tra “servi” e “cittadini” deriva da una diversa gestione della libertà personale.

Il saggio di Viroli mi pare ancora di tanta attualità poiché dopo Berlusconi tutta la vicenda politica italiana resta fortemente condizionata da fattori analoghi a quelli dell’era dell’uomo di Arcore: il consolidato e crescente protagonismo politico personale, fondato sul leaderismo; l’esercizio, pure attraverso i “social”, di un potere persuasivo, fortemente fondato sulle qualità caratteriali, comunicative di chi comanda o si propone come capo; il conseguimento dei fini politici fuori dal rigore della ricerca e dell’analisi delle soluzioni possibili; la prevalenza del tatticismo politico, tale che il “buon capo” sia soprattutto colui che punta al risultato senza perdere tempo nell’elaborazione o nella dialettica politica. Questi fattori sono trasversali, da destra a sinistra attraversano tutta la vita politica italiana, certamente modulandosi diversamente tra chi, al momento, esercita il governo o l’opposizione.

Da Renzi a Salvini, da Zingaretti al tuttora immarcescibile Berlusconi è evidente il peso del leaderismo, delle sue armi di propaganda, ancora di più della sua organizzazione sulla base di una corte supina ad avvallare il “grande capo”. Fu proprio l’uomo di Arcore a ridurre “Forza Italia” ad una corte prona e plaudente, ma tutti gli altri protagonisti della politica italiana si sono, poi, in un modo o nell’altro, ispirati a quel modo gestionale della vita di partito. Neppure il Movimento 5 Stelle si è sottratto concretamente a questa logica leaderistica e di contrapposizione tra gruppi interni di potere. Questa condotta politica è diffusissima, non tralascia nemmeno la gestione amministrativa locale: regioni, provincie e comuni sono il campo di battaglia, spesso di vere e proprie faide tra gruppi o conventicole di potere, ne abbiamo riprova pure in varie realtà della nostra Romagna, dall’Adriatico all’Appennino.

La condotta leaderistica, ivi compresa quella di tono populista, con il suo sistema “cortigiano” condiziona la facoltà dell’uomo di pensare e agire in piena autonomia ovvero la sua stessa libertà, degradandolo da cittadino a servo. Il ritorno, anzi il recupero della cittadinanza sulla sudditanza servile è possibile solo attraverso una sorta di rinascita nazionale, in primo luogo di coscienza culturale e politica, chiamatela nuovo Rinascimento o, magari, Terzo Risorgimento. In proposito, valgono le parole del professor Viroli, evocatrici di quell’attenzione da sempre prestata dal nostro forlivese al pensiero mazziniano, al repubblicanesimo, al liberalsocialismo di Carlo e Nello Rosselli:

“Se davvero si vuole sconfiggere la corte, occorrono scelte coraggiose ispirate da una profonda devozione all’ideale della libertà repubblicana. La sola alternativa alla libertà dei servi è la libertà dei cittadini e soltanto un leader politico che capisca in che cosa consiste questa libertà e l’ami con tutto se stesso o se stessa potrà costruire in Italia le condizioni politiche e di costume che renderanno difficile la rinascita di un sistema di corte.”

 

I Curdi sono fratelli

 Ipotesi, tra Storia e Mito, dello studioso Felice Vinci, autore di “Omero nel Baltico” e neo Presidente onorario della Fondazione Levi Pelloni.

 

Perché i Curdi sono nostri fratelli? Andiamo con ordine. In un articolo uscito qualche anno fa su una importante rivista di filologia classica, intitolato “Ancient Curetes and the Western Baltic tribe of Kuri”, la professoressa Ilze Riminese mostra alcuni suggestivi paralleli a supporto dell’ipotesi che vi sia un rapporto fra gli antichi Cureti della mitologia greca ed i Curi o Curoni, una tribù di guerrieri e navigatori del mondo baltico.

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