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Hitler, Mussolini e Churchill: il fallimento dell’Unità del Mondo negli anni Quaranta

Raffaele Panico

Su una cosa Winston Churchill aveva ragione: “La guerra inutile”, o meglio il secondo atto della guerra totale europea dopo il 1914-18, dopo la “pace drogata”, pace sedata dagli iniqui Trattati di pace, tra il Ventennio armato 1918-39, e la nuova guerra totale che avrebbe portato ad un colpo quasi definitivo alla nostra Civiltà Europea. Si è trattato infatti di 55 milioni di morti, di cui circa 27 milioni solo tra i popoli dell’ex URSS e altri milioni e milioni tra europei orientali e occidentali. Vediamo questa storia dalla parte d’osservazione geopolitica dell’Italia. La Germania era alleata sia con l’Italia che con la Russia sovietica nell’agosto del 1939 Patto d’Acciaio e Patto Molotov-Ribbentrop. 


Danzica allora, poco più grande dell’italiana Fiume, la cui questione era stata risolta da Noi con gli slavi del Sud, valeva forse una guerra totale sull’Europa? Hitler, dopo il Patto di Monaco del 1938 non andava più bene agli inglesi! Puntava all’Unità del Mondo. In 4 grandi aree: “l’America agli americani” secondo la dottrina di Monroe da Hitler recepita (anzi le Americhe agli USA); l’Impero Britannico il Commonwelth con l’India agli inglesi; e l’Europa e l’Africa agli italo tedeschi (che si chiamava anche Atlantropa come unico continente collegato dal Mediterraneo altamente antropizzato, con moderne tecnologie); infine un’area Estremo Orientale (esclusa l’India britannica) sotto dominio nipponico. Questo Londra, da Noi chiamata la perfida Albione, non lo poteva permettere.

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Multiservizi, Fisascat-CISL Roma

Multiservizi, Fisascat-CISL Roma: “Oggi ricevuti da Giampaoletti: 
dg sostiene che gli oltre 100 dipendenti SGS riceveranno arretrati”

 “I lavoratori sono senza retribuzione da novembre: l’auspicio è che le rassicurazioni ottenute si verifichino al più presto”

“Anche grazie alla mobilitazione dei lavoratori della SGS, che oggi e nelle ultime settimane hanno manifestato in circonvallazione Ostiense per la mancata corresponsione degli stipendi da novembre ad oggi, siamo stati ricevuti in mattinata dal direttore generale del Comune di Roma, Franco Giampaoletti, insieme a una delegazione di sindacalisti delle altre confederazioni, e abbiamo ottenuto rassicurazioni sull’erogazione delle spettanze”.

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Niccolò Tommaseo e Pasquale Paoli dagli studi di Virgilio Missori

Tommaseo, dalmata nato a Sebenico, Giampietro Viesseux e il Risorgimento
Raffaele Panico
 
Nel solco degli studi sul dalmata italiano, Niccolò Tommaseo, degno di tante fatiche è stato anche
l’importante carteggio intercorso tra Giampietro Viesseux e il Tommaseo. Abbraccia gli anni 1835-1863. In realtà, lettere tra i due amici vennero scambiate anche in anni precedenti, ossia fin dalla
reciproca conoscenza, dal 1826 circa. Ma, quelle sopra ricordate, rappresentano il periodo più significativo del nostro Risorgimento, e dovevano venire alla luce come necessario e autorevole
complemento dell’altra conversazione: Gino Capponi e Niccolò Tommaseo. Conversazione venuta
alla luce per merito di due studiosi, Paolo Prunas e Isidoro Del Lungo. Il Carteggio Vieusseux-Tommaseo è stato studiato, per oltre quaranta anni, grazie al merito di un valoroso studioso tommaseiano, il professor Virgilio Missori, sacerdote rosminiamo, scomparso a Roma nell’autunno del 2005.

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Retrovisione: Carl Schimtt, l’individuo e lo Stato, l’etica e la lealtà nel XX secolo

 In “Etica dello Stato e Stato pluralistico”

(Staatsethik und pluralistischer Staat, in Kantstudien, Band XXXV, Heft 1, 1930)

a cura di Raffaele Panico

Carl Schmitt filosofo e giurista tedesco, nato nel 1888, è una figura emblematica della cultura politica tedesca ed europea del XX secolo. Alla fine del secondo conflitto, a guerra finita, gli Alleati lo arrestano per i suoi legami col nazismo quindi processato e alla fine venne assolto per un “non luogo a procedere”.

Scrive Schmitt nel 1930: “Anche in Germania, dopo il crollo dell’impero bismarckiano, dottrine sullo Stato e sul Governo che si ritenevano stabilissime hanno subito una crisi; né ciò reca meraviglia se si pensi che, scuotendo lo Stato, si scuote anche la concezione etica dello Stato. In particolare, se non si concepisce lo Stato come unità e potenza superiore, tutti i dati dell’etica kantiana dello Stato, diventano contraddittori e fallaci”. […] “Una concezione anglosassone dello Stato, che ha tentato di insinuarsi in Germania, è la così detta pluralistica, sostenuta da G.D.H. Cole e da Harold Laski, per questi autori lo Stato è un gruppo sociale da juxtaporsi e non da sovrapporsi agli altri gruppi sociali. E come ogni gruppo sociale ha la sua etica, così anche lo Stato ha la sua. Vi è una etica della Chiesa, della classe, della famiglia, dell’azienda, del club, etc. Tutte queste etiche importano una pluralità di lealtà. Non vi è una gerarchia di doveri; ma un vario complesso di doveri che coesistono e si sommano. La lealtà verso lo Stato non ha alcuna preminenza sulle altre”.

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“FAME USURPATE” la Napoli nobilissima e i suoi uomini: Vittorio Imbriani

Raffaele Panico

Nel 1968 Gianfranco Contini, filologo e critico letterario, accademico e storico della letteratura italiana e importante partigiano negli anni della tragedia dell’ultima guerra, scriveva: “L’ora dell’Imbriani non sembra essere ancora giunta […] bisognerà rivalutare la sua posizione culturale” (Letteratura dell’Italia unita 1861-1968, Firenze, Sansoni, 1968 prima edizione). Per lo studioso della storia napoletana dell’Ottocento e del Mezzogiorno è necessario passare attraverso la raccolta di libri, saggi, opuscoli, pubblicistica e la stampa. Pensiamo alle edizioni del “Giornale Napoletano di Filosofia e Lettere”, diretto da B.Spaventa, F.Fiorentino e V.Imbriani, e a tutto quel materiale prodotto, raccolto e lasciato da Vittorio Imbriani e dal fratello Matteo Renato Imbriani. Siamo avidi di conoscere la storia vera dell’Italia! Da quel fondo Benedetto Croce fece una cernita che pubblicò in Studi letterari e bizzarrie satiriche (Bari 1907).

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