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“Russia ed Europa: tensione senza ragione” … la Lectio Magistralis di Aleksej Puskov

UNA CRISI CHE E’ UNA OPERAZIONE MONTATA AD ARTE  
Prolusione di Aleksej Puskov * al Centro Russo di Scienza e Cultura

Raffaele Panico

La serata presso il Centro Russo di Scienza e Cultura il 3 luglio ha visto la relazione di Aleksej Puskov, senatore della Duma e presidente di una importante commissione della Federazione russa, affermato giornalista da oltre 21 anni, considerato il numero uno, il migliore nel panorama della professione che, anche in Russia, è in divenire e si trasforma con i nuovi media della comunicazione. “Una buona penna” – per evocare il senso profondo del mestiere del giornalista – deve essere diretta ad una dimensione storica, geopolitica, non seguire effetti emotivi e contingenze del momento. Fare analisi e previsioni. Puskov in questo solco è stato ed è prezioso per senso diplomatico, perché vive, ascolta, segue il senso del tempo storico.

Ed è un particolare fondamentale e profondo quando si trova l’importantissimo senso della storia e comunicarlo. Il senso del tempo storico, avere ben chiaro il senso del tempo della storia in cui viviamo, diversamente da un giornalismo di facciata che non è capace di queste visioni. Chi ha questo senso e ben lo esercita nel giornalismo che è produzione quotidiana è portato ad immaginare il futuro, a sperare e augurare i cambiamenti nella storia. Non è una questione di ideologia, perché si tratta di filosofia della storia applicata al vivere quotidiano, nell’antichità, Orazio e Virgilio ci hanno tramandato dei giudizi sulla Roma antica, la prima Roma, attraverso la contemporaneità filosofica della coscienza storica. Ed un giornalista – si è detto – oltre ad analisi e previsioni, produce le interviste, domande poste al decisore politico istituzionale, agli accademici, al mondo scientifico.

Tornando alla prolusione del senatore Puskov sui rapporti tra “Russia ed Europa, tensione senza ragione”, fin da subito rileva l’artificiosa separazione segnata da inutili contrasti. 
La politica estera russa non è in contrasto con l’Europa e viceversa. Dunque, questa crisi nei rapporti quando è iniziata? Con la crisi Ucraina del 2013? No! Inizia molto prima, con l’allargamento della NATO ad Est e col ritiro degli Usa dagli accordi sugli armamenti strategici. La separazione seria inizia tra il 2011 e il 2012, e ha il precedente nel 2008 con lo scontro Russia Georgia, quando quest’ultima intervenendo militarmente in Ossezia del Sud ha attaccato i civili e provocato molti morti. Allora i media europei e americani mostrarono che l’aggressore era la Russia.
Al contrario, l’aggressore era la Georgia che entrava militarmente in Ossezia e Abcazia. E si è iniziato a parlare di isolamento della Russia ad un incontro internazionale a Como nello stesso anno. Atteggiamento poi mitigato ma la palla era stata come dire lanciata. Ed era una insinuazione miope, se si pensa che nel 1999 gli europei sono intervenuti in Kosovo e dieci anni dopo unilateralmente senza il consenso della Serbia hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. E cosa dire del bombardamento di Belgrado nel 1998? Due pesi, due misure. Quando la Georgia interviene nel 2008 la Russia si è limitata a proteggere le popolazioni civili nell’Ossezia del Sud e in Abcazia e non ha bombardato la capitale Tblisi.

Successivamente appunto tra il 2011 e il 2012 iniziano le operazioni di change regime, la propaganda occidentale e le cosiddetta Primavera Araba. E si va verso la strumentalizzazione della Libia di Gheddafi e la Siria di Assad, la prima con un tenore di vita alto tra i paesi africani; la Siria di Assad aveva una economia fiorente, era uno Stato multiconfessionale e multietnico, contrariamente al regno saudita, la Siria era al confronto progressista e guardava a standard tipo europeo, come in Libano, sono presenti gli Alawiti, cristiani, drusi e altre confessioni religiose, non c’era terrorismo. Così è, che [citando ancora la storia antica, si voleva passare il Rubicone, il “Dado era tratto” Ndr] in pochi anni si era deciso di annullare 5 paesi: Iraq, Libia, Yemen, Siria e poi Iran. Questo programma con Bush non ebbe seguito, terminò il suo mandato senza portarlo a termine. Il programma però andò avanti. La Russia era contraria al change regime. La Siria messa al confronto con le monarchie del Golfo appare un paese democratico e allora, gli americani, vedono dunque con un solo occhio? Si chiedono i russi. Quindi nel 2015 decisero di intervenire per arginare le varie formazioni jihadisti e la radicalizzazione islamica.

La Russia ha giocato un ruolo coerente e importante, se si pensa che gruppi che si consideravano terroristi dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, poi si ritrovano in Siria per rovesciare il governo di Assad e sostituirlo con il Califfato. Islamic State che allora ebbe proseliti in tutto il mondo infiammando i cosiddetti “Lupi solitari” fino in California. Il progetto doveva poi avere estensione in tutto il nord Africa, fino al sud della Spagna e l’Iraq, come ai tempi della massima estensione tanti secoli fa [giungeva anche in Sicilia; Ndr].
Quei pochi “Lupi solitari” hanno, come di recente in Sri Lanka, prodotto gli attentai di Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino e anche in Finlandia. In Siria – continua Puskov – abbiamo difeso i popoli e il governo legittimo. Anche in Russia in cinque anni ci sono stati 2/3 attentati ad opera di pochi individui se si pensa che dall’Asia centrale giungono tre milioni e mezzo di lavoratori. Si sono dunque intensificati i controlli ai confini. In Russia ci sono circa 16 milioni di musulmani e i russi vengono accusati di impedire la democrazia… Allora se gli occidentali voglio esportare la democrazia perché non iniziare con le monarchie del Golfo? Ecco la divisione russi europei è artificiosa. I russi, anche in Abcazia dove ci sono state 3.000 vittime, sono andati a difendere popolazioni civili che non voglio stare con la Georgia. Questa cosa ricorda la guerra civile europea che si è combattuta nella seconda metà degli anni Trenta in Spagna.

Terza guerra artificiosa? Quella in Ucraina! Perché l’Europa nel 2012 impose un diktat a Kiev, o state con Noi e con la Russia. Si è fatta propaganda in Ucraina, alimentando il sogno europeo, avere un tenore di vita come in Italia o di Paesi nel Nord, livelli di vita da raggiungere così, senza lavoro, sacrificio, solo per diritto ricevuto. Avere senza impegno. Livello che l’Europa neanche è riuscita a garantire a Cipro! Intanto dopo Maidan l’Ucraina si è impoverita, il Pil è quasi dimezzato, l’interscambio con la Russia si è ridotto a zero, e il sogno europeo è finito. E chi ricorda il 2 maggio 2014 ad Odessa, l’incendio nell’edificio “Casa del Sindacato” e i 42 morti?

In Ucraina vivono oltre 12 milioni e mezzo di russofoni. E oggi nel parlamento di Kiev sono apparsi gli ultranazionalisti russofoni che col 2,5% minacciano Zelensky. Poroshenko è stato sconfitto, perché? Per la fine del sogno europeo!

Altro punto il referendum in Crimea. Il risultato venne contestato ma alla fine oltre il 90% ha chiesto di ritornare alla Madre patria. La Crimea nel 1991 per caso si è trovata in Ucraina, come il Donbass. Gli accordi di Minsk prevedono la soluzione. A conclusione, le sanzioni sono state un atteggiamento non necessario, hanno prodotto l’effetto contrario, volute dall’America, sono state pagate dall’Europa. I russi si sentono europei e lo sono fino a Vladivostok e in tutta la Siberia, fino allo Stretto di Bering la civiltà e la cultura sono europee. Isolare la Russia vuol dire spingere questa parte d’Europa verso la Cina.

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* Senatore ed importante giornalista, già presidente della Commissione del Consiglio Federale sulla politica dell’informazione, presidente della Commissione Affari Esteri della Duma di Stato dal 2011 al 2016  

 

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