Russia fuori dal Consiglio dei Diritti umani
L’Assemblea Generale dell’Onu ha sospeso la Russia dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra. La richiesta avanzata dagli Stati Uniti, è stata accolta con 93 voti favorevoli.
Il Paese si è unito all’organismo del Consiglio dei diritti umani nel gennaio 2021 come uno dei 15 eletti dall’Assemblea Generale per servire mandati triennali. Secondo la risoluzione del 2006 l’Assemblea generale può sospendere un Paese dall’adesione se commette violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani. La Russia da ieri 8 Aprile 2022 non ne fa più parte del Consiglio.
Sui 193 membri la risoluzione ha ricevuto una maggioranza di due terzi dei votanti, meno le astensioni. Quindi 93 Nazioni hanno votato a favore. 24 contro, tra cui Russia, Cina, Cuba, Corea del Nord, Iran, Siria, Vietnam. 58 si sono astenuti, per esempio India, Brasile, Sudafrica, Messico, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Qatar, Kuwait, Iraq, Pakistan, Singapore, Thailandia, Malesia, Indonesia e Cambogia.
Nella bozza di risoluzione – tra i co-sponsor c’era anche l’Italia – si chiedeva di “sospendere il diritto della Russia di far parte del Consiglio. Esprimendo grave preoccupazione per la crisi umanitaria in Ucraina, in particolare per le notizie di violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario da parte di Mosca”.
Le motivazione che hanno portato il consiglio dei Diritti umani a indire la votazione sono soprattutto le inquietanti immagini emerse da qualche giorno sulla città di Bucha, sobborgo della capitale Kiev. Centinaia i corpi di civili trovati nelle strade e nelle fosse comuni dopo il ritiro della Russia dalla zona. Immagini e fatti che hanno sconvolto il Mondo e hanno portato a conseguenze irrimediabili.
«Qui a Bucha abbiamo visto l’umanità andare in frantumi. Tutto il Mondo è con Bucha oggi». Così la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, in visita con l’alto rappresentante degli Esteri, Josep Borrell, nella città ucraina dove sono stati massacrati oltre 300 civili. «Qui è successo l’impensabile. Abbiamo visto il volto crudele dell’esercito di Putin, la sconsideratezza e la spietatezza di chi ha occupato la città».
Gennady Kuzmin, vice ambasciatore russo, nelle osservazioni prima del voto, ha invitato a «votare contro il tentativo dei Paesi occidentali e dei loro alleati di distruggere l’attuale architettura dei diritti umani».
Parlando dopo l’adozione della risoluzione, Kuzmin, ha improvvisamente dichiarato che la Russia aveva già deciso, quel giorno, di lasciare il Consiglio prima della fine del suo mandato. Ha sostenuto che il Consiglio è stato monopolizzato da un gruppo di Stati che lo usano per i loro scopi a breve termine.
«Questi Stati per molti anni sono stati direttamente coinvolti in palesi e massicce violazioni dei diritti umani, o hanno favorito tali violazioni. Nonostante la loro appartenenza al Consiglio, non sono pronti a sacrificare i loro interessi politici ed economici a breve termine a favore di una vera cooperazione e della stabilizzazione della situazione dei diritti umani in certi Paesi».
Anche l’ambasciatore ucraino Sergiy Kyslytsya, prima del voto, ha esortato i Paesi a sostenere la risoluzione. «Bucha e decine di altre città e villaggi ucraini, dove migliaia di residenti pacifici sono stati uccisi, torturati, violentati, rapiti e derubati dall’esercito russo, servono come esempio di quanto drammaticamente lontano sia andata la Federazione russa dalle sue dichiarazioni iniziali in materia di diritti umani. Ecco perché questo caso è unico e la risposta di oggi è ovvia e autoesplicativa».
Il voto ha avuto luogo nell’anniversario del genocidio del 1994 in Ruanda, e l’ambasciatore ucraino ha fatto dei paralleli con questa pagina buia della storia recente.
«Il genocidio in Ruanda è stato in gran parte dovuto all’indifferenza della comunità mondiale. Quando l’Onu non ha risposto agli avvertimenti nel Consiglio di sicurezza e nell’Assemblea generale, un anno prima della tragedia che commemoriamo esattamente in questo giorno», ha affermato Kyslytsya. «Oggi, nel caso dell’Ucraina, non è nemmeno un anno, perché la tragedia si sta svolgendo proprio ora davanti ai nostri occhi».
«I criminali di guerra non hanno posto negli organismi delle Nazioni Unite preposti alla difesa dei diritti umani. Grazie a tutti gli Stati membri che hanno sostenuto la risoluzione dell’Assemblea generale e hanno scelto la parte giusta della storia», ha esultato invece il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba.
Anche il Cremlino accusa il Consiglio Onu di «essere monopolizzato da un gruppo di Stati» e si è detto «dispiaciuto» ma ha ribadito che Mosca continuerà a «difendersi» con tutti i mezzi legali a sua disposizione e a manifestare il proprio punto di vista rispetto alla crisi.
L’Assemblea generale, a cui spetta il compito di eleggere i membri del Consiglio per i diritti umani, fino a oggi aveva sospeso solo un Paese: la Libia. Accadde nel marzo 2011, ma in un contesto completamente diverso da quello che riguarda la Russia. L’Onu decise l’esclusione della Libia dopo che il presidente Mu’ammar Gheddafi aveva sedato con violenza una manifestazione anti–governativa. Le rappresentanze libiche di New York e Ginevra avevano preso le distanze dal Governo.
La Cina è stata tra i Paesi che hanno votato contro la risoluzione. L’ambasciatore Zhang Jun, temeva che qualsiasi mossa affrettata nell’Assemblea generale sarebbe stata come “aggiungere benzina al fuoco”. In quanto avrebbe aggravato le divisioni, intensificato il conflitto e messo in pericolo gli sforzi di pace.
«Trattare l’appartenenza al consiglio dei Diritti umani in questo modo creerà un nuovo pericoloso precedente. Intensificherà ulteriormente il confronto nel campo dei diritti umani, portando un maggiore impatto sul sistema di governance delle Nazioni unite, e produrrà gravi conseguenze. Il dialogo e il negoziato sono l’unica via per uscire dalla crisi in Ucraina. Ci opponiamo fermamente alla politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani», ha commentato l’ambasciatore cinese al Palazzo di vetro, Zhang Jun. Ha anche annunciato il no del Dragone (che nelle altre risoluzioni si era astenuto) e ha sottolineato che «questa risoluzione aggrava le divisioni tra gli Stati membri, aggiunge benzina al fuoco, e non aiuta i colloqui di pace».
Per l’Unione europea, la portata e la gravità delle violazioni della Russia in Ucraina, e dell’integrità territoriale e della sovranità del Paese, richiedono una risposta internazionale forte e unita.
«La rara decisione che l’Assemblea ha preso oggi invia un forte segnale di responsabilità. Speriamo che aiuti a prevenire e scoraggiare altre violazioni dei diritti umani», ha affermato l’ambasciatore Olaf Skoog, capo della delegazione dell’Ue.
E per il rappresentante permanente italiano Maurizio Massari è stato «un sì alla responsabilizzazione, al mantenimento dell’integrità del Consiglio per i diritti umani, alla credibilità del sistema dei diritti umani delle Nazioni Unite e alla prevenzione di altre violazioni».
Gli Usa, dato che la richiesta proveniva da loro, sono stati l’ultimo Paese ad avere la parola durante la riunione.
L’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield ha descritto l’adozione della risoluzione come «un momento importante e storico. Ci siamo assicurati che a un persistente ed egregio violatore dei diritti umani non sarà permesso occupare una posizione di leadership sui diritti umani all’Onu. Continuiamo a ritenere la Russia responsabile di questa guerra non provocata, ingiusta e inconcepibile. E a fare tutto ciò che è in nostro potere per stare con il popolo dell’Ucraina».
La tutela dei diritti dell’uomo è uno dei fini delle Nazioni Unite. L’organismo politico incaricato di supervisionarne l’osservanza è il Consiglio per i diritti umani. Istituito con la risoluzione 60/251 dell’Assemblea generale Onu del 15 marzo 2006, in sostituzione della Commissione dei diritti dell’uomo.
Il Consiglio per i diritti umani (Human Rights Council, HRC) ha sede a Ginevra ed è organo sussidiario dell’Assemblea generale dell’Onu. Promuove la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Si occupa delle situazioni di violazione e formula all’Assemblea generale raccomandazioni orientate allo sviluppo della legislazione internazionale sul tema. Con la Universal Periodic Review-UPR il Consiglio sottopone tutti i membri dell’Onu a un esame periodico per valutare la situazione dei diritti umani.
La composizione del Consiglio tiene conto della rappresentanza geografica e i suoi 47 membri – eletti con voto segreto dalla maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea generale – occupano seggi assegnati. 13 ai Paesi africani, 13 ai Paesi asiatici, 6 ai Paesi dell’Europa orientale, 8 all’America Latina e Caraibi e 7 all’Europa occidentale e altri Stati. La durata del mandato è di tre anni per massimo due mandati consecutivi. Il Consiglio si riunisce per almeno tre sessioni l’anno oltre, se necessario, a sessioni speciali.
Alla carica di presidente del Consiglio dei diritti umani, che ha durata annuale, sono eletti alternativamente esponenti dei gruppi regionali. Dal 10 dicembre 2012 il presidente è il diplomatico polacco Remigiusz A. Henczel.
L’Italia, già membro del Consiglio per i diritti umani per il triennio 2007-2010, è stata nuovamente eletta per il triennio 2011-2014.
La guerra in Ucraina era già costata alla Russia l’esclusione dal Consiglio d’Europa. Organizzazione internazionale nata nel 1949 per difendere democrazia e diritti umani e che comprende tutti gli Stati del continente tranne la Bielorussia.