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San Casciano dei Bagni, un ritrovamento di importanza storica

Jacopo Tabolli, archeologo e docente dell’Università per stranieri di Siena ha partecipato agli scavi di ricerca che hanno portato, in Toscana, alla scoperta del più grande deposito votivo di età etrusca o romana del nostro Paese.ha commentato la vicenda come “una scoperta eccezionale”

Il santuario che costituisce di fatto il più grande deposito di statue votive dell’Italia antica secondo tabuli esisteva già dal III secolo a.C. e rimase attivo fino al V secolo d.C. e si presentava con piscine di acqua calda, altari e fontane, e che, dopo il V secolo non venne raso a suolo per far spazio ad altre strutture, ma venne abbandonato e le numerose vasche romane sigillate con pesanti blocchi di pietra, che hanno costudito gelosamente il tesoro al loro interno per 2300 anni.

Un evento, dice l’archeologo, «destinato a riscrivere la storia, al quale stanno lavorando numerosi esperti provenienti da tutto il Mondo». Le statue realizzate finemente da artigiani locali rappresentano imperatori, fanciulli,  il dio Apollo, Efebo, Igea, la dea della salute che fu figlia o moglie di Asclepio, un serpente arrotolato sul braccio e altre divinità. A impreziosire la scoperta il ritrovamento di numerose iscrizioni in etrusco e latino, oltre a migliaia di monete oltre a una serie di altrettanto interessanti offerte vegetali.

Il progetto ha visto la luce a partire dal 2019 grazie alle concessioni del ministero della Cultura e incentivato dal sostegno del piccolo Comune della Toscana, sfruttando un nuovo metodo di scavo, che ha permesso tale scoperta, come evidenziato anche dal direttore per l’archeologia Luigi La Rocca, seguendo quanto avvenuto per gli scavi di Pompei, dove si sono messi all’opera professionisti provenienti da vari settori come archeologi, geologi, architetti, esperti di numismatica ed epigrafia e archeobotanici.

Soddisfatta anche la sindaca di San Casciano di Bagni, Agnese Carletti, che la considera “un sogno che si avvera” per la piccola comunità la cui economia principale si basa sul turismo. Essendo una località prettamente termale, garantisce circa 60mila presenze l’anno.

«Da una quindicina di anni le ultime tre amministrazioni comunali, credendo fortemente che potessero esserci le terme romane, hanno avuto come obiettivo  la ricerca delle antiche terme»,

«San Casciano» dichiara Carletti, «non era mai stata indagata dal punto di vista archeologico. Si decise con la soprintendenza di iniziare a cercare le antiche terme di cui si avevano soltanto testimonianze scritte. Sono seguiti gli scavi della necropoli di Balena e dal 2017 si scava nell’area del Bagno Grande, scoperta dall’ex sindaco e archivista Paolo Morelli, che nei suoi studi di documenti risalenti al 1500-1600, aveva identificato la denominazione dell’area. Da quando sono sindaca, nel 2019, abbiamo cercato le antiche terme e le abbiamo trovate. Il Comune ha dato la concessione di scavo. In questi due anni sono avvenute grandissime scoperte, il santuario termale, che si trova proprio accanto alle antiche vasche dove ancora si può fare il bagno liberamente nell’acqua termale, lo straordinario putto in bronzo. E ora le 24 statue»

«Quest’anno abbiamo avuto cinquanta studenti per alcuni mesi e hanno portato nuova linfa. Stiamo guardando al nostro Comune, a come è e a come sarà nel suo complesso. Il nostro progetto guarda lontano, al futuro, e vicino, alla comunità. I residenti ne sono parte attiva dal primo giorno. Hanno formato il Gruppo archeologico Eutyche Avidiena, partecipano agli scavi sotto la direzione degli archeologi e garantiscono le visite nei fine settimana» conclude la sindaca.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, recatosi in visita ai laboratori dove i reperti sono situati per essere custoditi e catalogati, ha dichiarato che questo è «un ritrovamento eccezionale che ci conferma una volta di più che l’Italia è un Paese fatto di tesori immensi e unici. La stratificazione di diverse civiltà è un unicum della cultura italiana. Credo che reperti come questi,  esprimono meglio di ogni altra parola, di ogni altro concetto l’unicum della cultura di un Paese, di una Nazione come l’Italia». «Tutto questo andrà valorizzato, armonizzato e potrà rappresentare un’ulteriore occasione per la crescita spirituale della nostra cultura, ma anche dell’industria culturale del nostro Paese» conclude complimentandosi con il team del progetto di ricerca.

Anche il direttore generale del MiC, Massimiliano Osanna si è voluto congratulate per la scoperta, sottolineandone l’importanza alla luce del fatto che ««Questa è la scoperta più importante dai Bronzi di Riace e, certamente, uno dei ritrovamenti di bronzi più significativi mai fatti nella storia del Mediterraneo antico».

Osanna ha recentemente approvato l’acquisizione del palazzo cinquecentesco che ospiterà nel borgo del Comune della Toscana di San Casciano dei Bagni, le meravigliose opere riportate alla luce dalle vasche romane e ospiterà, in futuro, un vero e proprio parco archeologico.

A guidare la scelta del punto di scavo nel 2019, racconta l’archeologo Emanuele Mariotti, esperto di archeologia romana, è stato il ritrovamento all’interno di un orto privato, di due colonne inserite in un muretto di siepe: un fatto insolito che però non condusse inizialmente a nulla di significativo. La svolta ci fu l’anno seguente quando decisero di svuotare le vasche per vederne il contenuto e poter procedere con gli scavi. «Trovammo la parte alta della vasca, l’edificio che vediamo oggi, gli altari con i bronzetti che testimoniano l’esistenza del santuario, scoperta, anche questa, eccezionale». Proseguendo i lavori di ricerca, rimuovendo il coperchio ermetico di travertino e allargando lo scavo, hanno potuto rinvenire il più grande tesoro intatto di epoca etrusco-romana. «Con questa scoperta possiamo dire senza enfasi che cambia il corso della Storia».

«Questo era un luogo regolarmente frequentato da residenti e turisti. Vi era una grande vasca costruita sopra una precedente di origine etrusca, un tempio, una cisterna romana delle terme pubbliche. Con il cristianesimo la vasca votiva fu chiusa da blocchi di travertino al fine di preservarne i voti all’interno. Nessuno imaginava che un enorme tesoro potesse nascondersi nel terreno sottostante. Questo sito è attivo infatti dal terzo secolo a.C. Qui gli Etruschi e poi i Romani, riconoscendo il valore sacro dell’acqua e comprendendone al contempo gli  effetti benefici, fecero nascere intorno alla sorgente un culto salutifero».

Gli antichi romani avevano un legame indissolubile con l’acqua, e veneravano molte divinità ad esse connesse. Basti pensare all’atto fondativo di Roma la cui storia è collegata al Tevere e alla leggenda di Romolo e Remo. Le statue, racconta Tabolli, erano in parte adagiate sui rami di un tronco d’albero fissato sul fondo della vasca, e in alcuni casi ricoperte di uova, fatto non del tutto chiaro e che rappresenta un mistero ancora da svelare.

Un luogo frequentato da esponenti delle élites del mondo etrusco e poi romano, proprietari terrieri e appartenenti a classi agiate, che sembra «raccontarsi da solo, unico nel proprio genere, come una “bolla di pace” considerando che in quelle epoche storiche vi furono numerosi conflitti anche tra etruschi e romani, che in posti come questo, sembrano convivere senza problemi».

Il lavoro del team composto da oltre sessanta studiosi e studiose, proseguirà per i prossimi due anni coordinato da Tabolli, con l’auspicio di fare altri ritrovamenti e svelare la natura del luogo sacro, la formazione del deposito, i processi produttivi dei metalli e le conoscenze anatomiche del passato. Oggetto di studio sarà anche la geochimica dell’acqua per scoprire come abbia potuto custodire e mantenere le statue di bronzo. «Anche perché la vera protagonista del rito è proprio la sorgente di cui ora conosciamo il nome in etrusco grazie alle iscrizioni». «Acqua che fluisce ancora in maniera costante» fa notare Emanuele Mariotti, fatto che ha complicato notevolmente il lavoro degli studiosi.

Il tesoro rinvenuto attualmente si trova presso l’Istituto centrale del restauro di Grosseto per essere restaurato, studiato e catalogato. Successivamente, come conferma la Prima cittadina, tornerà a San Casciano nel museo archeologico loro dedicato, dopo una probabile esposizione presso le Scuderie del Quirinale. Ada Salvi, archeologa funzionaria della Soprintendenza in merito al restauro ha affermato che questo si è reso necessario data la straordinarietà e l’eccezionalità dei bronzi rinvenuti, insieme allIstituto Centrale per il Restauro di Roma. Già finanziato, infatti, il restauro delle prime 2500 monete e dei bronzetti rinvenuti nella campagna del 2021.

Il sottosegretario di Stato alla Cultura Vittorio Sgarbi, in merito al restauro, raccogliendo alcune considerazioni del sindaco di Firenze Dario Nardella, afferma che darà il proprio assenso affinché alcune delle opere rinvenute vengano restaurate presso l’Opificio delle pietre dure di Firenze, sottolineando che «non c’è alcun braccio di ferro, Ministero e Comune troveranno un’intesa che concili le diverse esigenze tenendo conto delle valutazioni dell’Istituto centrale del restauro di Roma».

Sgarbi ha inoltre puntato il dito contro chi ha paragonato i ritrovamento di San Casciano ai Bronzi di Riace, benché siano sicuramente opere importanti, «sono ritrovamenti incomparabili rispetto a quello avvenuto a Riace 50 anni fa. Così come incomparabile è il mondo greco rispetto a quello romano. I Bronzi di Riace sono tra le opere più alte espresse dalla civiltà antica, mentre quelli di San Casciano dei Bagni sono di produzione media, di qualità media e di interesse soprattutto culturale. Ciò che stabiliscono sul piano antropologico è un nesso culturale tra Etruschi e Romani. In ogni caso non faccio fatica a dire che non c’è alcuna possibilità di paragone tra le due scoperte».

 

             M.dei                                                                        Gianfranco Cannarozzo

 

 

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