
Scontro tra Magistratura e Carta Costituzionale ?
Scritto da Massimo Rossi il . Pubblicato in Giustizia e Pianeta Magistratura.
OVVERO : Una lesione della Costituzione alla base della protesta della Magistratura
I magistrati in coccarda tricolore nella toga e la copia della Costituzione in mano hanno mandato un messaggio chiaro (almeno per loro): siamo i difensori della Carta Costituzionale. Difendere la Carta Costituzionale non significa non poterla modificare o migliorarla, ma esattamente il contrario. Difendere la Carta Costituzionale non è prerogativa dei soli magistrati: questo il cittadino comune deve saperlo.
La Carta Costituzionale è il nostro atto fondante della Repubblica, ma non per questo è un tabu presentare delle riforme. Questa contrapposizione che fa molto “ Rivoluzione francese” è antistorica e, come vedremo, anticostituzionale. Il 27.02.2025 si è assistito ad un atto che non è rilevante solo sul piano meramente politico e mediatico, sul piano storico e sociale, ma è dirompente sotto il profilo costituzionale.
Si è assistito alla deflagrazione dei principi costituzionali ed in particolare si è assistito al tentativo di annullare la tripartizione di Montesquieu.
Allora viene da chiedersi il tema è politico? Il tema è lo scontro tra il Governo ed il Parlamento da una parte e la Magistratura dall’altra? Il tema è quello dello scontro di “fazioni” (che i media enfatizzano e, colpevolmente, alimentano) che per lo più ignorano sia la riforma sia la Costituzione?
Noi crediamo che tutto ciò appartenga al circolo mediatico e della informazione “falsata” e distorta che viene propinata.
Noi crediamo che la vera lesione è avvenuta rispetto ai principi sanciti proprio nella Carta Costituzionale.
Allora, forse, dobbiamo fare chiarezza e dobbiamo partire dalla Carta Costituzionale che ci hanno “donato” i padri costituenti, ma che non può essere considerata un simulacro di norme intangibili né una legge che contiene dei totem e dei tabu di freudiana memoria.
La Carta Costituzionale deve essere conosciuta e deve essere studiata non solo sotto il profilo delle norme in senso letterale, ma (diremmo, soprattutto) nel senso di individuare i principi base e fondamentati della stessa.
La Carta Costituzionale nella Parte Seconda disciplina l’”Ordinamento della Repubblica”: titolo I Il Parlamento, titolo II Il Presidente della Repubblica, titolo III Il Governo e titolo IV La Magistratura.
Alla Sez. II del titolo I l’art. 70 recita “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.
All’art. 71/1 c.: “L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo [cfr. art. 87 c. 4], a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale”.
All’art. 72/1 c.: “Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.”
Il Parlamento con le regole previste dalla Carta Costituzionale e con le norme di legge e dei regolamenti delle singole Camere discute, emenda, approva le leggi. Quando si dice le leggi si intende tutte le leggi anche quelle costituzionali con le regole previste dall’art. 138 Cost. Quindi, riteniamo sia ben chiaro che il Parlamento e non altro potere ha la funzione di legiferare sia con norme ordinarie, sia ratificando i trattati internazionali sia andando a modificare la Carta Costituzionale. Inoltre, all’art. 71 Cost. si prevede (in Costituzione) che il Governo possa avere una iniziativa legislativa.
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Il titolo II della Parte Seconda della Costituzione è relativo alla persona del Presidente della Repubblica che rappresenta l’Unità Nazionale ed è il Capo dello Stato (Art. 87 Cost.).
Al comma V dell’art. 87 Cost. si rappresenta che il Presidente della Repubblica “promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti”.
Quindi, anche il Presidente della Repubblica ha un limitato ruolo nell’iter legislativo.
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Il titolo II della Parte Seconda disciplina “Il Governo” e ne disciplina la sua instaurazione.
L’art. 95/1 c. della Cost. recita: “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri”.
Il Governo che è sostenuto dalla maggioranza parlamentare ha il compito di indirizzare la politica interna ed estera del Paese e tale indirizzo è frutto del “programma di Governo” che viene letto davanti alle Camere prima del voto di fiducia che lo approva.
Come sappiamo dall’art. 71/1c. Cost. al Governo è riservata l’iniziativa legislativa, ovvero la presentazione di disegni di legge al Parlamento per la discussione e, solo in via eventuale, la loro approvazione con o senza emendamenti.
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Il titolo IV della Parte Seconda della Costituzione disciplina “La Magistratura”. All’art. 101 Cost. comma 2 si precisa: “I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. La Magistratura è soggetto indipendente e la sua indipendenza è tutelata dalla previsione di un organo Costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica che è il Consiglio Superiore della Magistratura.
La indipendenza della Magistratura è un bene assoluto ed è disciplinata dall’art. 104 Cost. che recita: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.”
In nessuna norma del Titolo IV della Parte Seconda della nostra Costituzione si tratta una evidente funzione diversa dal quella di applicare la legge e, per certo, non vi è alcuna norma che disciplina una qualche facoltà per la Magistratura di inserirsi nel processo di formazione delle leggi, di presentazione, discussione ed approvazione delle stesse.
Ci teniamo a precisare, inoltre, in nessuna legge né ordinaria né costituzionale. Tale mancata previsione è il precipitato tecnico della indipendenza della Magistratura che non può e non deve mai ed in nessun caso, entrare nel processo di formazione, discussione ed approvazione di una legge.
La Magistratura ha la funzione di applicare la norma, di interpretarla e, quindi, di “fare giustizia” e decidere con sentenza (o altri atti motivati) in nome del Popolo. La partecipazione della Magistratura alla formazione delle leggi è assolutamente assente ed ogni interferenza pone enormi dubbi su quanto disposto dall’art. 104 Cost. In particolare sulla autonomia ed indipendenza.
La ragione per la quale la Magistratura non ha alcun ruolo sul processo di formare delle leggi è del tutto evidente e chiaro: essa non può entrare nell’agone politico poiché ciò determinerebbe una mancanza di autonomia ed indipendenza nel momento della applicazione della legge. La Magistratura è un potere autonomo ed indipendente soggetto solo alla legge e per ciò stesso si comprende che alla legge si fa esclusivamente riferimento in via interpretativa ed applicativa. Fatte queste considerazioni che riteniamo capisaldi di riferimento per capire l’intero impianto costituzionale, si deve analizzare la norma che viene ad essere modificata sulla scorta della riforma costituzionale.
La questione di fondo è, e resta, che la Magistratura non ha e non può avere alcun ruolo nel processo legislativo che è proprio solo al Parlamento, al Governo in via di iniziativa ed al Presidente della Repubblica come Capo dello Stato che controfirma le leggi approvate dai due rami del Parlamento.
Pertanto, il tema relativo alla Magistratura che si ritiene il baluardo in difesa della Costituzione è già ampiamente chiarito alla luce di quanto sino a qui esposto.
La riforma dell’art. 104 Cost. è la seguente:
Art. 3. (Modifica dell’articolo 104 della Costituzione)
1. L’articolo 104 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 104. La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente.
Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati con almeno quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge.
Ciascun Consiglio elegge il proprio vicepresidente tra i componenti designati mediante sorteggio dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
I componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. I componenti non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale».
Appare in tutta evidenza che le norme così come modificate non hanno alcuna possibilità di “assoggettare” il PM all’esecutivo.
Semmai, il testo riformato e che con le procedure costituzionali deve essere approvato (ivi compreso il referendum) ha una funzione di distinguere le carriere, di segnare una effettiva divisione tra magistrati giudicanti e requirenti, creare due CSM entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica, ma soprattutto di aprire al sorteggio dei componenti del CSM con la fine per le correnti presenti in ANM di avere un controllo sull’organo costituzionale.
Non vorremmo che la tutela della Costituzione, in verità, si riveli la tutela di prerogative di potere di certa magistratura che non avrebbe più la possibilità di “controllare” i membri togati del CSM “eletti” dalle correnti.
L’art. 105 (nuova formulazione) recita quanto segue:
“Art. 4. (Modifica dell’articolo 105 della Costituzione)
1. L’articolo 105 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 105. – Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme sull’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.
La giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare.
L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o estratti a sorte dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato.
L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale e del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata. La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio».
Tale norma istituisce l’Alta Corte e ne disciplina la composizione ed il suo funzionamento e ribadisce che ai CSM (di cui all’art. 104 riformato) spettano i compiti e le funzioni inerenti: le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità ed i conferimenti di funzioni nei riguardi di magistrati. Pertanto, altra riforma che tutto pare meno che una sorta di assoggettamento all’esecutivo dei PM (e non si capisce perché non dei giudici) è quella di disporre e disciplinare l’Alta Corte.
Questa riforma tende a rendere effettiva una realtà che non è “molto praticata” nell’attuale assetto del CSM, ovvero, la irrogazione di sanzioni disciplinari ai magistrati.
La casistica e la prassi indicano, con estrema chiarezza che il potere disciplinare ha maglie molto larghe ed in certi casi cozza con il buon senso e con l’interesse primario della giustizia e dei cittadini.
Quindi, come si può agevolmente leggere (si veda anche doc. allegato) non vi è alcuna norma che assoggetti il magistrato (sia esso giudicante o requirente) al potere esecutivo.
Questa è una “balla mediatica” messa in giro proprio da coloro che, in modo aprioristico, propugnano la c.d. “difesa” della Costituzione.
La realtà è ben diversa: 1) siamo di fronte ad una “invasione” dell’ordine giudizio nelle prerogative del potere legislativo; 2) siamo di fronte a magistrati che hanno preso posizione rappresentando cose non reali rispetto alla riforma legislativa costituzionale che non ha alcuna valenza di controllo dei PM da parte del potere esecutivo o, come si dice più “barbaramente” sotto il controllo della politica; 3) siamo di fronte a magistrati che hanno espresso, con chiarezza, posizioni politiche quando, per la loro indipendenza ed autonomia, costoro devono avere un equilibrio naturale ed essenziale.
In più – dobbiamo dirlo chiaramente – non ha alcun fondamento l’assunto secondo cui la manifestazione e la protesta è fatta a tutela dei cittadini e della Costituzione. Siccome – come è agevole comprendere – nessuna norma prevede una interferenza con il potere giudiziario, non vi è alcuna “possibilità” di quanto paventato ai media ed ai giornali che (senza approfondire) rilanciano concetti che, in realtà, sono degli slogan.
Ci sentiamo di affermare, con assoluta certezza che questo scontro ha valenza costituzionale e non doveva esserci; quanto accaduto rende il nostro sistema molto più debole e genera “confusione” a livello collettivo e sociale.
Purtroppo, questo scontro ha una sola ragione plausibile: il controllo esercitato da ANM sull’attuale assetto del CSM sia sotto il profilo degli incarichi ed assegnazioni sia sotto il profilo meramente disciplinare.
Nessun diritto o prerogativa costituzionale e nessuna difesa della Costituzione, ma la difesa di “guarentigie” che non sono dei singoli magistrati (molti contrari alla protesta e alle sue modalità), ma della associazione sindacale ANM e di chi, a livello dirigenziale, ne fa parte.
Inoltre, si deve aggiungere un tema essenziale e rilevante che è la violazione delle funzioni e prerogative del Parlamento che viene messo alla berlina ed “accusato” di andare contro i cittadini e la Costituzione.
Riteniamo che questo sia un atto di notevole gravità e che si riverberi nella vita istituzionale e nei rapporti costituzionali.
La vera lesione che si realizza dalla posizione di protesta e di scontro dei magistrati in questi giorni è a livello costituzionale perché mai nella storia repubblicana era accaduto nulla di simile.
Questa è senza alcun dubbio una lesione dei valori e dei principi della Costituzione di cui all’oggi sono ignoti gli effetti.
