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Stili di vita e popolazione

Nel corso della storia l’umanità ha dovuto compensare, come tutte le altre specie presenti sul Pianeta, il basso tasso di aspettativa di vita con uno sforzo verso un aumento della natalità. D’altra parte una popolazione che cresce in modo indefinito finisce prima o poi per esaurire le risorse e gli spazi vitali a sua disposizione e questo è al giorno d’oggi lo scenario più probabile.

Questa considerazione si ricollega alle teorie del pastore della chiesa anglicana Thomas Malthus che pubblicò nel 1798 il celebre “Saggio sul principio della popolazione” in cui sosteneva che la popolazione tenderebbe a crescere più velocemente della disponibilità di alimenti. La ovvia conclusione dell’analisi è che una popolazione che cresce non può in alcun modo continuare a farlo in modo indefinito. Nel corso della storia la povertà, le epidemie, i disastri naturali e le guerre hanno costituito una limitazione alla crescita demografica. Per contro, nei periodi di pace e con il progresso della civilizzazione e della medicina la popolazione mondiale è progressivamente cresciuta. Avere una popolazione numerosa significa maggiori consumi con conseguente elevata produzione di rifiuti e emissione di gas serra.

La teoria demografica di Malthus ispirò vari intellettuali e originò in politica la corrente del malthusianesimo che sostenne, agli inizi del XX secolo, il ricorso al controllo delle nascite per impedire l’impoverimento dell’umanità. Le sue idee furono poi rielaborate  intorno al 1920 da Margaret Sanger, che era un’attivista scrittrice ed educatrice sessuale statunitense nonchè pioniera nell’ambito della contraccezione negli USA e che fondò la Planned Parenthood e più tardi divenne presidente della IPPF (International Planned Parenthood Federation). Nel 1966 il controllo della popolazione era parte integrante della politica estera statunitense anche grazie al suo lavoro.

Il bilancio chiamato Food for Freedom identificò nell’esplosione demografica mondiale, in particolare in quella del terzo Mondo, uno dei motivi della fame nel Mondo. In tempi più moderni, nel 1972, il binomio malthusianesimo–ambientalismo emerge esplicitamente quando viene pubblicato “Il Rapporto sui limiti dello sviluppo“ , commissionato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) dal Club di Roma. Il rapporto, basato su una simulazione al computer, prediceva le conseguenze della continua crescita della popolazione sull’ecosistema terrestre e e il pericolo per la specie umana. Negli USA cominciò a diffondersi un progetto di pianificazione familiare ideato da Frederick Jaffe, presidente del Guttmacher Institute dal 1968 al 1978. Egli fu vicepresidente anche della International Planned Parenthood Federation, e mise a punto per conto di queste istituzioni un memorandum di proposte per ridurre la fertilità umana chiamato “memorandum Jaffe”.

Queste proposte diventeranno oggetto di analisi anche da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) prevedendo in tal modo di limitare a livello sociale la fertilità mediante alcuni strumenti di azione. Si può notare che, dal 1969 ad oggi molte misure neo-malthusiane sono state introdotte nella legislazione di molti Paesi sviluppati. Per molti autori la natalità è vista come il principale problema dell’umanità. Dal memorandum Jaffe, emerge anche la modifica dell’immagine tradizionale della famiglia, un’istruzione dei bambini ai contraccettivi anche a livello scolastico e l’abbandono dei pregiudizi nei confronti dell’omosessualità. Il memorandum riteneva che qualsiasi forma di sessualità fra adulti, non dannosa e senza procreazione, alla luce del problema del controllo delle nascite, dovesse essere promossa e favorita.

Ma quali sono stati fino a ora i risultati di questa politica globale di lotta alla natalità? I dati dell’Onu sulla popolazione danno oggi 7,9 miliardi di persone e ci consegnano per il 2050 una Terra con poco più di 9 miliardi, in cui cresce la percentuale di popolazione africana (+8,4% rispetto al 2000) e si contrae ulteriormente la percentuale della popolazione europea (solo il 7,6% della popolazione mondiale, – 4,3% rispetto al 2000). Queste proiezioni evidenziano una diminuzione della fertilità passando dall’attuale livello mondiale di 2,5 bambini per donna a 2,1. Il dato certo è che al crescere dello sviluppo economico diminuisce il tasso di fertilità, ovvero il numero di figli per donna il cui valore minimo deve essere 2.1 per assicurare il ricambio generazionale. In sintesi fare meno figli fa invecchiare la popolazione, diminuisce la capacità innovativa della società e aumenta i costi sociali. Le proiezioni Onu prevedono una popolazione globale massima nel 2100 con 11 miliardi di persone per poi lentamente diminuire. Questi ultimi dati permettono di escludere la crescita illimitata della popolazione. I consumi di acqua, suolo, minerali e energia sono proporzionali al numero di utenti e quindi alla popolazione globale ma gli indicatori di benessere confermano che povertà, epidemie e fame ci sono sempre state, anche in passato, quando la popolazione globale era molto più bassa di quella attuale.

Sovrappopolazione

Come si vede dai grafici la mortalità infantilela percentuale di analfabetismo e la povertà migliorano nel corso degli anni e questo in presenza di una crescita demografica mai registrata prima. Tutto questo significa che si può convivere con la situazione se continuiamo con le politiche di sostenibilità in tema di consumi e trattamento dei rifiuti. Inoltre dobbiamo perseverare nella politica energetica non più basata sui combustibili fossili ma sulle rinnovabili con il controllo delle emissioni di gas serra. Continuare e migliorare questa politica di sostenibilità senza deroghe verso il consumismo senza freni è il segreto di un nuovo rapporto col Pianeta. In questo modo potremo affrancarci da tutte le ansie, durate per secoli, di catastrofi demografiche. Come previsto dall’ONU. dopo il 2100 la popolazione mondiale fletterà e comincerà a decrescere mentre il benessere mondiale salirà costantemente.

Nicola Sparvieri

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