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Tavola Rotonda sull’Inno di Mameli
nella Basilica di S.Maria degli Angeli

Venerdì 24 maggio, per gli Incontri in Basilica, organizzati dall’Ing. Cinzia Longo e l’Avv. Gianni Borrelli per il Parroco, Don Franco Cutrone, nell’apposita sala affrescata riservata agli eventi si è ascoltata la relazione di un noto Storico, l’Ing. Roberto Piazzini, avente il titolo di “Suggestioni dell’Inno di Mameli”.

Il Relatore non è nuovo ad esporre temi storici inconsueti ed interessanti, troppo ricchi di date e passaggi storici chiave per poter essere considerati semplici curiosità: ed infatti dall’Inno celebre del garibaldino e patriota Goffredo Mameli lo studioso ha tratto una vera fioritura di notizie intorno al periodo sanguinoso del 1830 – 48, quando l’Italia si preparava più o meno coscientemente ad aggredire l’invasore austriaco, senza dare troppa libertà d’azione all’altro invasore più astuto, la Francia, e a dichiarare quella guerra che fu detta in seguito I^ Guerra d’Indipendenza (marzo 1848 – 1849).

Ci si preparava da tempo a dare una spallata agli imperiali, e questo spiega la scarsa citazione delle date. Già Giuseppe Mazzini aveva infiammato molti cittadini insofferenti a vedersi frammentati e sparsi in una terra che dal secolo IX vedeva già solo una civiltà unita ed omogenea, quella etrusca, disposta dai Colli Euganei ed oltre fino alle terre di Capua, porti compresi, poi sfociata nell’Impero Romano.

La poesia di Giuseppe Giusti sull’arlecchinata delle terre italiane aventi ognuna un colore proprio si accompagnava alle chiamate alle insurrezioni organizzate di molti “tecnici”, quali Carlo Bianco o l’esule Guglielmo Pepe, scritte in testi che passavano di mano in mano (della Guerra Nazionale d’insurrezione per bande applicata all’Italia, e Memorie sui mezzi che menano all’italiana indipendenza) , rivolte che scoppiavano sia nel Meridione che nel Settentrione della Penisola ( Tumulti in Sicilia, battaglia di Palermo, Milano, Venezia). Citare questo scenario può fare meditare sulle attuali condizioni politiche d’Italia: non ci sono, ufficialmente, re ed imperatori, ma i loro simili: presidenti, banchieri, papi.

Roberto Piazzini ha parlato con dovizia di particolari e con un italiano chiaro e scorrevole: si è fatto silenzio, qualcuno si è meravigliato a sentire citato Balilla, un altro del numeroso pubblico ha cercato di evidenziare l’opera del Borbone,: “è stato il primo a fare la ferrovia in Italia” . Roberto ha risposto che il Piemonte cominciava il Frejùs, la galleria del quale è la più lunga d’Europa, ed altre opere pubbliche grandi: bonifiche, strade. Non solo, le campagne campane avevano solo il 4% degli abitanti che sapevano scrivere , e soprattutto, mentre Borbone negava, ed altri re italiani cancellavano lo Statuto già approvato, Carlo Alberto lo manteneva senza una sbavatura, e “per il bene dei miei soggetti” .

Racconto interessante e rigorosamente aderente ai fatti, che rivela quanto i soldati e gli ufficiali italiani siano orgogliosi e forti, così come l’Inno recita : “siam pronti alla morte”, dopo un giusto richiamo alle origini romane della potenza d’Italia e del suo valore; forse qualcuno giovane capisce, forse no, ma se si scambiano poche parole con i ragazzi in divisa sparsi per Roma c’è speranza.

La conclusione è stata letteralmente corale: tutti in piedi, a cantare l’Inno, che potrà anche sembrare, talvolta, così carico di ideali da apparire soltanto una creazione letterale, ma per chi crede che questa nostra verde e fruttifera Penisola sia il fulcro della vera Civiltà umana, contrastata ma sempre viva, l’Inno sarà un pensiero realistico, un motivo ancora per alzare la testa, e sentirsi fiero di appartenerle.

Marilù Giannone