
Trump e Putin: una pace che svelerà le vere intenzioni del Cremlino
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Italia ed Esteri, Esteri, Diplomazia e Internazionalizzazione.
Trump e Putin: una pace che svelerà le vere intenzioni del Cremlino. Meloni e Trump smascherano il gioco russo.
Negli ultimi giorni, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accelerato in modo sorprendente le trattative di pace per porre fine al conflitto in Ucraina con toni, atteggiamenti e modalità “discutibili” nei confronti non solo del Presidente dell’Ucraina Vladimir Zalensky ma dei suoi storici alleati europei e della stessa NATO.
Notizia di queste ore, a Riad dopo mille peripezie la delegazione ucraina e quella statunitense hanno trovato un accordo per arrivare almeno ad un cessate il fuoco di 30 giorni, che ora richiede l’approvazione e l’implementazione reciproca da parte del Cremlino per entrare in vigore. L’obiettivo appare quello di creare una pausa nelle ostilità, aprendo potenzialmente la strada a ulteriori trattative di pace.
Adesso la palla passa al Cremlino.
Un’azione che, a prima vista, potrebbe sembrare un successo diplomatico.
Tuttavia, dietro questa mossa si cela una strategia che ha messo Vladimir Putin con le spalle al muro, costretto a rivelare le sue autentiche ambizioni, che vanno (spero di sbagliarmi) ben oltre il controllo del Donbass.
Lungi dall’essere un semplice compromesso territoriale, il progetto di Putin affonda le sue radici in una visione imperialistica che risale almeno al 2008, quando la Russia ha avviato un massiccio riarmo, accompagnato da una sistematica campagna di repressione interna, disinformazione a livello nazionale e internazionale, e provocazioni verso l’Occidente.
Trump, con la sua politica di
“pace a tutti i costi”,
ha offerto a Putin su un piatto d’argento: il mantenimento dei territori occupati, la fine delle sanzioni e persino un ridimensionamento dell’impegno statunitense in Europa.
Un’offerta che, paradossalmente, non lascia a Putin margine di manovra per nascondere le sue vere intenzioni.
Che fosse proprio questo uno degli obiettivi di Trump dietro le sue azioni e frasi “discutibili” contro Zalensky, l’Unione Europea e la NATO? Lo scopriremo vivendo. Se gli Stati Uniti ci difenderanno sì, altrimenti no.
Per Putin accettare significherebbe cristallizzare i guadagni attuali, ma per un leader che ha sempre puntato a ridefinire i confini dell’influenza russa, accontentarsi del Donbass e di qualche altra regione ucraina appare come una rinuncia al sogno di restaurare la grandezza sovietica. Rifiutare, d’altro canto, lo esporrebbe come un aggressore che non cerca la pace, ma la dominazione.
Per questo sta cercando ogni cavillo per far saltare la trattativa a cominciare dalla scelta delle possibili truppe di interposizione: nordcoreane e cinesi sì, australiane no.
La nostra premier Giorgia Meloni
che “ha mangiato la foglia” suggerisce di bypassare il problema: nessuna truppa in territorio ucraino ma estensione dell’articolo 5 della NATO all’Ucraina pur non facendone parte. Del tipo: “Se tu non attacchi, noi non attacchiamo”, strappando così la “foglia di fico” al biondino.
Cosa aspettarsi?
Per carattere guardo ai fatti e non a ciò che viene detto e i fatti inchiodano Putin.
Il riarmo russo, iniziato nel 2008 dopo la guerra in Georgia, non è stato un semplice aggiornamento militare, ma il primo passo di una strategia a lungo termine.
Da allora, Putin ha silenziato le voci dissidenti – da Navalny ai giornalisti indipendenti come Anna Politkovskaja assassinata nel 2006 – costruendo un sistema autoritario che gli consente di controllare ogni aspetto della società russa.
Parallelamente, la macchina della disinformazione ha lavorato senza sosta, seminando divisioni in Occidente e preparando il terreno per interventi più audaci.
Gli attacchi ai cavi sottomarini, vitali per le comunicazioni globali, e le continue provocazioni alla NATO – dai voli di bombardieri vicino allo spazio aereo europeo, esercitazioni al confine, navi spia, da guerra e sommergibili nucleari nel Mediterraneo come a Cuba – dimostrano che il Cremlino non ha mai visto l’Ucraina come un obiettivo isolato, ma come una pedina in un gioco molto più ampio.
A questo si aggiunge la conversione dell’apparato produttivo russo, che negli ultimi anni ha spostato risorse dall’economia civile a quella bellica.
Fabbriche che un tempo producevano beni di consumo sono state riconvertite per sfornare carri armati, missili e droni, un segnale chiaro che Putin non sta preparando il paese per la pace, ma per un confronto prolungato.
La guerra in Ucraina, iniziata nel 2014 con l’annessione della Crimea e culminata nell’invasione del 2022, è solo una tappa di questo percorso.
Il Donbass, per quanto strategico, non è mai stato il fine ultimo, ma un trampolino di lancio per destabilizzare l’intera regione e sfidare l’ordine occidentale.
Trump, con il suo approccio pragmatico e a tratti spregiudicato, ha dunque costretto Putin a uscire allo scoperto. Dandogli “praticamente tutto” sul piatto delle trattative, lo ha messo di fronte a un dilemma: accettare una vittoria parziale e rischiare di apparire debole agli occhi dei suoi sostenitori nazionalisti, oppure rilanciare, svelando che i suoi appetiti non si fermano a Kiev, ma mirano a Varsavia, ai Baltici e oltre.
In questo senso, la mossa di Trump non è solo un regalo al Cremlino, ma un riflettore puntato sulle sue ambizioni, un modo per smascherare un progetto che non cerca la pace, ma la supremazia.
Il mondo ora osserva,
in attesa di capire se Putin accetterà il guanto di sfida o se, come molti sospettano, userà questa “pace” come un’occasione per riorganizzarsi e colpire ancora più forte.
Come scritto in un precedente articolo “La Guerra studiata a tavolino” ho il fondato timore che Putin attaccherà a pace fatta, quando tutti noi tireremo un sospiro di sollievo, nel modo vigliacco che gli è più congeniale.
Una cosa è certa: la storia del riarmo russo, della disinformazione e delle provocazioni non è finita. I primi messaggi non verbali di Putin per la prima volta, a mia memoria, in divisa militare e verbali del ministro degli esteri Lavrov che attacca von der Leyen: «Fuhrer Ursula sta rimilitarizzando l’Europa» (detto da chi detiene 6000 testate nucleari e ha sensibilmente ridotto la produzione civile a favore di quella militare) sono in linea con quanto fin qui espresso.
E Trump, volente o nolente, potrebbe aver appena scritto il prossimo capitolo.
FONTI
- UN – Resolution on Crimea Annexation – Risoluzione ONU del 2014 che condanna l’annessione della Crimea.
- Council on Foreign Relations – Ukraine Timeline – Cronologia del conflitto dal 2014 al 2022.
- EUvsDisinfo – Disinformation Review – Database della UE sulla disinformazione russa, con esempi concreti.
- RAND Corporation – The Russian “Firehose of Falsehood” Propaganda Model – Studio del 2016 sulla strategia di disinformazione russa.
- Amnesty International – Russia: Aleksei Navalny – Dettagli sulla repressione di Navalny.
- Committee to Protect Journalists – Anna Politkovskaya – Rapporto sull’assassinio di Politkovskaya nel 2006.
- SIPRI – Trends in World Military Expenditure, 2008-2022 – Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) documenta l’aumento della spesa militare russa post-2008 (vedi pag. 4-5).
- Reuters – Suspected Russian Submarine Activity Near Undersea Cables – Articolo del 2022 su attività russe vicino ai cavi sottomarini.
- NATO – Russian Military Activities Near NATO Borders – Report NATO su voli e provocazioni russe.
- BBC – Russian Warships in Cuba, June 2024 – Notizia sulle navi russe a Cuba nel 2024.
- Russia’s Military Modernization – Center for Strategic and International Studies (CSIS), analisi sul riarmo post-Georgia.
- Ucraina. NATO e l’Articolo 5: la proposta Meloni e il suo significato geopolitico – Notizie Geopolitiche
- Ecco cosa prevede l’articolo 5 del trattato Nato – Il Sole24ore
- Scontro tra Russia e Australia – ItaliaOggi
