
Trump il rancoroso
Scritto da Gabriele Felice il . Pubblicato in Esteri, Diplomazia e Internazionalizzazione.
Trump il rancoroso più che “Trump il pacificatore” come ama definirsi. Non è un insulto, è ciò che vedo: un leader che poteva unire e invece ha diviso, che poteva costruire e invece ha alimentato risentimenti.
L’uomo che poteva essere il faro dell’Occidente, ha scelto di essere il suo demolitore.
E noi, conservatori, dovremmo applaudire?
Piango un’America che poteva guidarci verso l’alto, ma ha preferito scavare trincee di rabbia e rancore.
Piango per un leader che, pur avendo in mano le chiavi della rinascita, ha deciso di usarle per sprangare porte anziché aprirle.
Sono un conservatore. Di quelli che credono nella Patria, nella famiglia, nel lavoro che non delocalizzi, nella difesa dei confini—sì, anche dall’immigrazione senza distinzioni (apriti cielo anche solo a pensarlo), destinati a non morire democristiani (come si diceva un tempo).
Condivido molti degli obiettivi di Trump: espellere chi non ha diritto di stare qui, abbattere l’agenda woke che ci soffoca, riportare le fabbriche a casa, difendere interessi strategici come Groenlandia e Panama, arginare la Cina che ci sta divorando.
E sì, anche contrastare l’educazione gender che confonde i nostri figli.
Ma non posso tacere di fronte al modo in cui Trump ha scelto di combattere queste battaglie.
Non posso applaudire mentre lui cavalca la rabbia dell’americano medio e la trasforma in rancore.
Il rancore è un veleno, non un carburante. E l’America—l’Occidente tutto—sta bevendo da quella coppa avvelenata.
Gli obiettivi giusti, i metodi sbagliati
Trump ha ragione su molte cose.
Ha ragione quando dice che l’America deve tornare a produrre, a lavorare, a difendersi.
Ha ragione quando punta il dito contro la Cina, che con la sua espansione commerciale e militare ci sta mettendo all’angolo.
Ha ragione sull’immigrazione: non si può lasciare che chiunque entri e resti, soprattutto se porta criminalità.
Ha ragione quando si oppone all’agenda woke, che sta distruggendo la nostra cultura e i nostri valori.
Ma il modo, Dio mio, il modo in cui lo fa! È come se, per salvare una casa in fiamme, decidesse di abbatterla con una ruspa. Alla fine, la casa non c’è più, e noi restiamo senza riparo.
Prendiamo i dazi. Trump li ha usati come una clava, contro la Cina, certo, ma anche contro gli alleati. Ha alzato muri commerciali con l’Europa, con il Canada, con il Messico.
E per cosa? Per dimostrare che l’America è forte?
Ma la forza non è isolarsi, è guidare.
Avrebbe potuto fare l’esatto opposto: zero dazi tra i G7, per rafforzare l’Occidente, per creare un fronte comune contro la Cina.
E se gli alleati non avessero capito, allora sì, passare alle maniere forti.
Ma partire subito con la clava? È come sparare a un amico perché non ti ha prestato la macchina. Alla fine, resti solo, e la Cina ride.
Donald Trump aveva giurato di attuare la “rivoluzione del buon senso”: modi e toni non vanno in quella direzione.
Per inciso la proposta è stata invece fatta da Bruxelles: “Von der Leyen offre a Trump un accordo sui dazi “zero per zero” sui beni industriali tra Ue e Usa” prontamente respinta. Il nostro Premier Giorgia MeloniMeloni la riproporrà il 17 aprile prossimo alla Casa Bianca: ‘zero per zero’ sui dazi con l’Ue. Vedremo.
La NATO e l’arroganza del ricatto
Poi c’è la NATO.
Trump ha ragione: gli europei devono spendere di più per la difesa.
È dai tempi di Clinton nel ’94 che gli Stati Uniti invitano l’Europa a fare di più.
Non è giusto che l’America paghi il conto mentre noi ci giriamo dall’altra parte.
Ma minacciare di abbandonare la NATO, di lasciare l’Europa alla mercé di Putin, è follia.
È come dire a tuo fratello: “Se non paghi la tua parte di affitto, ti butto fuori di casa”.
No, si fissa un timing, una scadenza: “Entro questa data, o aumentate le spese, o ce ne andiamo”.
Chiaro, netto, ma non distruttivo.
Così, anche buona parte delle opinioni pubbliche europee avrebbero capito, avrebbero spinto i governi a muoversi.
Invece, Trump ha scelto il ricatto, e ora l’Europa è più divisa, più debole, e Putin brinda.
E che dire di quel video disgustoso su Gaza con Netanyahu? Loro due, sdraiati al sole, a bere cocktail, mentre a Gaza ancora oggi si muore.
È questo il volto dell’America che vogliamo? Un’America che ride mentre il mondo brucia?
No, l’America deve essere un faro, non un falò. Deve ispirare, non disgustare.
Il rancore non vince, il rancore uccide
Trump ha giustificato tutto dicendo che solo con i suoi metodi “bruschi” ha ottenuto risultati.
Ma è una bugia.
Avrebbe potuto ottenere di più, molto di più, senza far montare un antiamericanismo globale, senza far crollare le borse, senza rafforzare la Cina e la Russia, senza innescare una guerra commerciale “fratricida” con Europa e blocco Occidentale.
Bastava ispirare, bastava fissare deadline precise, bastava essere fermi senza essere rancorosi. Bastava guardare in alto, anziché scavare nel fango.
L’Occidente non è finito. Non ancora. Ma se continuiamo a seguire leader che ci spingono a odiare anziché a costruire, a dividerci anziché a unirci, allora sì, saremo spacciati.
Le autarchie cino-russo-iraniane non vinceranno perché sono più forti, ma perché noi ci stiamo suicidando.
Trump poteva essere il medico che ci salva, invece ha scelto di essere il becchino che ci seppellisce.
Un altro conservatorismo è possibile
Io sogno un conservatorismo diverso. Un conservatorismo che difenda i nostri valori senza trasformarci in mostri. Che sia fermo, ma non rancoroso. Che ispiri, non che distrugga. Che guardi in alto, non che si rotoli nel fango. L’America può ancora essere quel faro. L’Occidente può ancora rinascere. Ma non con il rancore.
Con la visione, con la leadership, con il coraggio di essere migliori.
Trump ha scelto un’altra strada. E per questo, non posso applaudirlo. Posso solo piangere. Per lui, per l’America, per tutti noi.
