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La rivoluzione del buon senso

TRUMP: la rivoluzione del buon senso

Donald Trump ha giurato di attuare la “rivoluzione del buon senso”, e l’America si risveglia diversa: un atto d’accusa contro anni di declino che sembravano inarrestabili.

Donald Trump official portrait, 2025
From Wikimedia Commons, the free media repository: Donald Trump official portrait, 2025

“Il declino degli Stati Uniti finisce qui”, ha tuonato il presidente dal palco dell’Inauguration Day, circondato da una folla compatta e traboccante di entusiasmo, quasi come se ogni singolo cittadino sentisse finalmente il richiamo a un destino condiviso.

 

Un discorso di rinascita

Nel suo discorso inaugurale, Trump non ha ceduto al politicamente corretto, quel veleno sottile che per troppo tempo ha anestetizzato le coscienze.

La meritocrazia è stata uno dei perni del suo discorso di insediamento.

In un Paese dove ogni individuo ha la possibilità di eccellere, la vera grandezza deriva dal merito, non dai privilegi o dalle appartenenze.

La sua visione di un’America forte e prospera è basata sul principio che il successo deve essere il risultato del lavoro duro e della dedizione, non della protezione dei privilegi acquisiti.

In un mondo dove troppe volte i diritti sono stati estesi senza considerare i doveri, Trump ha promesso di riportare la meritocrazia come valore fondamentale, riconoscendo che ogni cittadino deve guadagnarsi il proprio posto nella società, attraverso impegno, rispetto delle regole e contributo attivo.

Una “rivoluzione meritocratica” di cui la nostra Nazione ha esistenziale bisogno.

 

la rivoluzione del buon senso: America First
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Creator: Library of Congress

First America

Ha parlato di pace in Ucraina, promettendo una mediazione diretta tra Russia e Stati Uniti.

Ha evocato la necessità di fermare le guerre “senza senso” in Medio Oriente e di riportare l’America a essere protagonista, ma senza sacrificare inutilmente vite e risorse.

È stato chiaro: sarà “peacekeeper” (pacificatore) ma mai e poi mai porterà gli Stati Uniti in conflitti che non gli appartengono e che non toccano gli interessi americani.

L’Europa è avvertita.

 

L’emergenza migranti: azioni concrete, non parole

Trump ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale al confine meridionale, un atto coraggioso e inevitabile.

Il suo piano di deportazioni di massa – “La Grande Deportazione” – è già operativo. Gli Stati Uniti non possono più essere il rifugio di chi entra illegalmente, eludendo leggi e calpestando i sacrifici di chi ha rispettato le regole.

Questo è il cuore della nuova era: l’America è per chi ama l’America, per chi vuole costruire, non distruggere; per chi vuole rispettare, non sfruttare.

Le lacrime degli ipocriti, dei sepolcri imbiancati, che piangono per i migranti

la rivoluzione del buon senso: rimpatri
Migranti si radunano vicino alla recinzione di confine a Ciudad Juarez, nel nord del Messico, nel tentativo di entrare nel territorio degli Stati Uniti. (Foto delle immagini EPA)

illegali evaporano di fronte alla determinazione di un leader che mette al primo posto la sicurezza dei suoi cittadini.

 

Identità e orgoglio

E poi, il colpo di scena, passato in sordina in Italia ed in Europa, perché deflagrante come una granata: un ordine esecutivo che blocca lo ius soli.

Una misura attesa e temuta, discussa e invocata, simbolo di una volontà chiara di ristabilire le regole. “La cittadinanza non è un diritto automatico”, ha detto, “ma un privilegio che va meritato” attraverso il rispetto delle leggi, l’impegno civico e il contributo attivo alla società americana.

Secondo Trump, questa misura rappresenta un cambio epocale volto a preservare l’identità nazionale e a rafforzare il senso di appartenenza, eliminando automatismi che, a suo avviso, hanno indebolito la coesione sociale e il valore del concetto stesso di cittadinanza.

Parole dure, scelte draconiane certo, ma necessarie. Perché la giustizia non è sinonimo di tolleranza indiscriminata: la giustizia è dare a ciascuno ciò che è giusto, nulla di più, nulla di meno.

Questo è ciò che fa grande l’America.

 

Un New Deal americano: dazi, energia e orgoglio nazionale

“Non permetteremo più che i nostri lavoratori siano traditi”, ha affermato Trump annunciando dazi sui Paesi che sfruttano la debolezza delle economie occidentali.

La globalizzazione selvaggia ha arricchito pochi e impoverito molti; Trump lo sa e lo combatte. Non si tratta di protezionismo cieco, ma di strategia, di intelligenza economica.

Ha poi annunciato che il Golfo del Messico sarà rinominato “Golfo Americano”, un gesto simbolico che restituisce orgoglio e identità a un popolo.

Sul fronte energetico, ha messo in pausa il Green Deal, bollando l’agenda ecologista come un lusso che gli Stati Uniti non possono permettersi in un momento di crisi.

“Prima il lavoro, poi le utopie”: parole che risuonano come un richiamo alla realtà, spesso dimenticata nei salotti progressisti, anzi da sempre assente.

 

Trump e la rinascita del patriottismo

Ciò che colpisce è il tono: Trump non parla da politico, ma da uomo che crede profondamente in quello che dice.

La sua visione è chiara, netta, senza compromessi.

E questo è esattamente ciò di cui l’America aveva bisogno: una guida che non si piega, che non si scusa per essere forte, che non abbassa la testa di fronte ai venti del progressismo globalista.

Trump ha annunciato una serie di provvedimenti destinati a cambiare radicalmente il panorama politico, sociale, economico e strategico degli Stati Uniti.

 

La fine delle lobby

Ha posto termine all’educazione gender nelle scuole pubbliche, accompagnata da una ferma opposizione alla cultura woke, che per troppo tempo ha soffocato il pensiero critico e la libertà di espressione.

Ha garantito il ripristino della libertà di parola senza censura, riaffermando questo pilastro fondamentale della democrazia americana.

Inoltre, ha annunciato la creazione di una commissione d’inchiesta per far luce sulle responsabilità e manipolazioni legate alla gestione del Covid-19, promettendo giustizia e trasparenza.

 

Marte_(NASA)
From Wikimedia Commons, the free media repository: Marte_(NASA)

Riprendere a sognare in grande

Ha rilanciato con decisione il programma spaziale americano, sottolineando l’importanza della corsa a Marte come simbolo della grandezza, dell’innovazione e della determinazione del popolo americano.

E’ una straordinaria opportunità per stimolare l’economia, creare nuovi posti di lavoro e ispirare le future generazioni di scienziati, ingegneri e sognatori.

La sua visione di un’America che guida la corsa allo spazio riflette il desiderio di riaffermare la supremazia tecnologica e scientifica del Paese, dimostrando al mondo che gli Stati Uniti sono ancora capaci di grandi imprese e innovazioni rivoluzionarie.

In un’epoca in cui le sfide globali richiedono soluzioni audaci, Trump ha ribadito che l’America deve essere all’avanguardia, non solo sulla Terra, ma anche nello spazio.

 

Un messaggio per il mondo

La seconda era Trump non riguarda solo gli Stati Uniti. Il suo messaggio è universale: la libertà non è negoziabile, la sovranità non è in vendita. Questo è il manifesto di una civiltà occidentale che vuole tornare a credere in sé stessa. Non è una questione di muri, ma di confini. Non è una questione di esclusione, ma di ordine. E, soprattutto, non è una questione di odio, ma di amore: amore per la propria terra, per il proprio popolo, per i valori che hanno reso grande l’Occidente.

Ogni misura proposta rappresenta un ritorno ai valori fondanti dell’America, con un focus sul pragmatismo, sulla sovranità nazionale e sulla fiducia nel futuro.

Trump ha detto: “È tempo di ricostruire un sogno”. E forse ha ragione. Non è il sogno di tutti, ma è il sogno di chi ancora crede che l’America possa tornare grande. E non è questo, dopotutto, il compito di un leader?


Foto autore articolo

Gabriele Felice

Gabriele Felice Founder & CEO ISW | Italian Store World Connecting the Best of Italy with the U.S. Market
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