Trump, Putin e la falsa pace
Trump, Putin e la falsa pace: perché la guerra è più vicina di quanto pensiamo. Fantapolitica o reali rischi di un inganno geopolitico?
Introduzione:
Trump ha promesso di risolvere la guerra in Ucraina rapidamente, ma c’è una possibilità che tutti si rifiutano di prendere in considerazione: Putin vuole la guerra.
Di qui il titolo dell’articolo: “Trump, Putin e la falsa pace: perché la guerra è più vicina di quanto pensiamo”.
Putin ha dimostrato un approccio aggressivo e revisionista fin dagli inizi del suo mandato, cercando di ristabilire la Russia come grande potenza.
Putin non è solo espressione del secolo scorso (speriamo l’ultima) ma anche figlio dell’Unione Sovietica e plasmato dal KGB.
Ha vissuto il crollo dell’impero sovietico come Hitler la sconfitta della Germania nella Prima guerra mondiale.
Entrambi i leader, figli di ideologie imperiali ormai tramontate, hanno alimentato il loro potere su un sentimento di vendetta, rivincita e sul desiderio di restaurare un ordine che percepiscono come naturale.
Hitler cercò di ricostruire il “Reich” distrutto dalla guerra, mentre Putin, pur con mezzi più moderni, sogna di ripristinare la grandezza della Russia, un tempo dominante nel panorama internazionale.
In entrambi i casi, la strategia politica è alimentata da un risentimento personale verso l’Occidente, accusato di averli “umiliati”.
Questo parallelismo evidenzia come la percezione della “sconfitta” possa spingere un leader a rischiare tutto per cercare di recuperare quella potenza perduta, nonostante le enormi implicazioni geopolitiche.
In un mondo che si sta preparando a celebrare la fine del conflitto grazie a un accordo che sembra vantaggioso per entrambe le parti, Putin potrebbe vedere in questo il momento giusto per rilanciare il conflitto con una violenza devastante. Come? Semplice: con la falsa promessa di pace.
L’arte del negoziato sovietico:
Putin non è un leader che firma accordi per il bene comune, ma per guadagnare tempo.
A lui è servito tempo per portare avanti un disegno che covava da sempre.
Tempo per prendere il potere, tempo per riorganizzare lo Stato, tempo per creare un campo di alleanze capaci di sostenerlo nel momento del bisogno (lo abbiamo visto), tempo per riarmarsi, tempo per eliminare ogni forma di libertà di stampa e preparare così l’opinione pubblica con un lavaggio del cervello tipico dei regimi totalitari.
Le “amicizie” con Gerhard Schröder, Silvio Berlusconi, George W. Bush, Jacques Chirac sono servite proprio a questo: prendere tempo.
Noi europei oggi ci troviamo nel punto esatto in cui voleva che fossimo.
Questa visione fa leva sulla figura di Putin e sulle sue radici nell’Unione Sovietica, ma anche sulla sua personalità costruita nel KGB, dove le trattative e gli inganni erano parte integrante delle strategie.
Putin vuole la guerra
Le azioni del Cremlino suggeriscono una strategia mirata che favorisce l’escalation militare, sostenuta da diversi fattori ben documentati. Dal 2008, la Russia ha intrapreso un vasto programma di riarmo, intensificato dopo l’annessione della Crimea nel 2014. Parallelamente, l’industria russa è stata riorganizzata per sostenere un’economia di guerra, mentre la propaganda interna ha eliminato ogni traccia di libertà di stampa, consolidando una narrativa che giustifica le azioni militari come una difesa contro presunte minacce esterne.
A ciò si aggiungono le frequenti provocazioni militari nei confronti della NATO, che includono incursioni aeree nei confini dello spazio aereo alleato, simulazioni di attacchi navali e operazioni di intelligence aggressive. È stato proprio il senso di responsabilità dei vertici NATO e l’alta professionalità dei suoi uomini ad aver evitato l’innesco di un conflitto diretto, spesso rispondendo con moderazione e fermezza.
La disinformazione russa ha contribuito ulteriormente a dividere l’opinione pubblica occidentale, frammentando il consenso verso il sostegno all’Ucraina. Nel frattempo, le alleanze con Stati paria, come Iran, Cina, India e Corea del Nord, hanno permesso a Mosca di aggirare le sanzioni occidentali, scambiando armamenti e risorse strategiche. Infine, l’enfasi retorica sull’uso di armi nucleari è stata utilizzata come strumento di intimidazione psicologica verso le popolazioni occidentali.
Questi fattori, uniti all’abbassamento della soglia per l’impiego di armi nucleari nella dottrina russa, dipingono un quadro che suggerisce una preparazione deliberata verso un conflitto prolungato e mondiale, reso più evidente dalle provocazioni e dalla retorica bellicista costante. Fonti come il RUSI, analisi di istituti come il CSIS, Carnegie Endowment, Council on Foreign Relations, Rand Corporation e dichiarazioni NATO confermano il carattere strategico e premeditato di tali azioni.
L’escalation prevedibile: il piano di Putin:
Un accordo con Trump che sembri segnare la fine del conflitto potrebbe essere solo una mossa strategica per prepararsi a un’azione militare decisiva, proprio quando l’Occidente si sentirà più sicuro.
Putin non è mai stato intenzionato a fermarsi e
Attaccherà a pace fatta:
Quando l’Occidente tirerà un sospiro di sollievo grazie all’accordo, Putin potrebbe lanciare un attacco devastante. La falsa pace sarebbe la copertura per un piano molto più oscuro.
Trump e il rischio dell’illusione
L’approccio “affaristico” di Trump: Trump ha sempre cercato soluzioni rapide, anche con ampie concessioni. Ma in un contesto geopolitico come quello attuale, questa tattica potrebbe essere un errore fatale.
Trump è un leader che non conosce Putin: La sua visione pragmatica potrebbe non comprendere la profondità del risentimento e dell’ideologia che guida Putin. Una pace con troppi compromessi potrebbe dare al presidente russo la legittimazione per l’escalation.
Conclusione:
La promessa di pace di Trump potrebbe diventare un cavallo di Troia geopolitico. L’Occidente deve evitare la tentazione di abbassare la guardia: una tregua firmata con Putin rischia di costare più caro di qualsiasi conflitto aperto. La domanda non è se la guerra continuerà, ma quando e come Putin la rilancerà.
L’Occidente è davvero preparato per una mossa del genere?
Intanto ti invito ad accettare la realtà per quella che è e a leggere “Prepariamoci all’Emergenza in Europa” articolo in cui sono presenti tutta una serie di suggerimenti pratici su come fronteggiare e prepararsi alle emergenze.
GABRIELE FELICE
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E quindi, verranno pubblicate a breve alcune note su questo articolo a firma di Gabriele Felice, pur se decisamente apprezzabile ma – a mio parere e quale direttore editoriale – non condivisibile totalmente in talune sue affermazioni.
_________________Giuliano Marchetti