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Trump: “voglio comprare la Groenlandia”

I bruschi cambiamenti climatici potrebbero sciogliere il permafrost (ghiaccio permanente ) della Groenlandia, facilitando l’estrazione di diamanti, oro, petrolio, gas naturali, piombo e uranio.

Nel 1803 gli Stati Uniti comprarono dalla Francia Napoleonica un territorio vasto oltre 2 milioni di chilometri per la ridicola cifra di 15 milioni di dollari. La Louisiana Francese che non è solo lo stato dell’attuale Louisiana ma anche la totalità di una serie di latri stati (Arkansas, Oklahoma, Kansas, Missouri, Nebraska, Iowa, South Dakota e buona parte del Minnesota, Montana, North Dakota, Wyoming, Colorado e parti dell’attuale Texas e New Mexico). Nel 1853 con l’acquisto Gadsden, per poco più bassa di 10 milioni, ottenne dal governo messicano meno di 77 mila chilometri quadrati, zone di confine dell’attuale Arizona e New Mexico. Nel 1867 acquistò dalla Russia zarista per 7 milioni di dollari un milione di chilometri e 600 mila dell’Alaska. Nel 1917 dopo cinquant’anni di trattative gli Stati Uniti acquistarono dalla Danimarca le isole vergini per 25 milioni di dollari, zona molto ambita per un controllo dei Caraibi.  Sebbene tali cifre per il tenore di vita dell’epoca erano più alte, i 7 milioni del 1867 equivalevano a oltre 120 milioni di oggi  e rimanevano affari che non si limitarono solo a ingrandire il paese territorialmente ma a fornirlo anche di grandi risorse.

Nel 1946 il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, propose 100 milioni di dollari al governo danese per l’acquisto della Groenlandia, trattativa che fallì, ripresa quest’anno da Donald Trump. Tutti gli altri acquisti passati avevano motivazioni territoriali simile a quelle del mito dell’Ovest. La ripetuta volontà di acquistare la Groenlandia da quale motivazione è spinta?

La Groenlandia è l’isola più estesa del mondo (l’Australia è un Continente per le caratteristiche di massa continentale) ma se i ghiacci si sciogliessero sarebbe più piccola, un arcipelago di isole. Sebbene si trovi sotto il governo danese che ogni anno fornisce quasi mezzo miliardo di euro in sussidi, da un punto di vista legislativo, giudiziario e di gestione del proprio territorio è indipendente dal 2009. Traguardi di indipendenza parziali rispetto all’ indipendenza totale voluta dal popolo. La popolazione prevalentemente Inuit, di origine eschimese, rappresenta la maggioranza e non arriva nemmeno a 60 mila abitanti. Prima dell’autogestione delle proprie risorse ha attraversato diverse crisi economiche, i guadagni erano nel mercato ittico, gambero e del raro halibut. Un turismo limitato per le poche stagioni che lo permettevano e il costo proibitivo dei trasporti. Il territorio ha poche città, è molto piccole ed è quasi completamente deserto. Ovviamente l’acquisto degli Stati Uniti non sono rivolti a tali risorse. La motivazione somiglia molto a quello già avvenuto in passato con l’Alaska. Sono le altre risorse della Groenlandia, ora sempre più ambite pure dal governo locale per il cambiamento climatico e lo scioglimento di quegli strati di ghiaccio perenne detti permafrost. Il petrolio (tanto desiderato dagli USA che lo trattano con il Venezuela), gas naturali, diamanti, oro, piombo e il preziosissimo uranio. Lo scioglimento dei ghiacciai inoltre potrebbe creare nuove rotte marittime, sarebbero già protette militarmente dalla base americana Thule presente sull’Artico. La grande miniera di Kvanefjeld, molto ambita, il nuovo passaggio a Nord Ovest che fa gola alla Russia che controlla buona parte dell’Artide sono solo una parte degli scenari.

La Cina che dopo aver sottratto molte fabbriche di litio agli USA, materiale di importanza strategica per le batterie future, recentemente si è fatta da garante alla Danimarca di finanziare le costruzioni di aeroporti sull’isola. La Cina continua nella sua politica internazionale così come sta facendo in Africa con le costruzioni di città, col suo settore automobilistico proposto in America Latina e su miriadi di altre questioni dal Corno d’Africa al Medio Oriente, oltre all’ interesse artico e antartico.

In tutto questo si aggiunge la volontà di indipendenza di un paese poco abitato, e soprattutto la volontà di diventare grazie a tali risorse uno dei paesi più ricchi del mondo. 

Nei passaggi di sovranità che ha avuto la Groenlandia, prima ancora di quello dalla Norvegia alla Danimarca e persino ancora prima del popolamento degli eschimesi che la chiamarono Kalaallit Nunaat (letteralmente Terra degli uomini), c’era stata intorno all’anno 1000 la scoperta da parte di Erik il Rosso che appunto la chiamò Grønland (terra verde). Riferito a quel periodo caldo che si attestò nel Medioevo, talmente caldo da farla essere verde.

Con il riscaldamento globale l’agricoltura europea potrebbe avere delle cadute, e magari chissà se proprio la terra verde Grønland oltre alle risorse del sottosuolo non potrebbe avere anche una grande produzione agricola. In questo scenario dovuto a bruschi cambiamenti climatici la Groenlandia sarebbe uno dei pochi paesi al mondo a guadagnarci.

Al momento hanno fatto sapere a Donald Trump di non essere in vendita.

 

om Enrico Paniccia

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