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Un Doppio Equilibrio
Scritto da Fulvio Muliere il . Pubblicato in Costume, Società e Religioni.
a cura di Fulvio Muliere
Giustizia e Misericordia
In un mondo dove il conflitto tra il giusto e il perdono plasma le sorti di eroi e villain, un giovane guerriero si troverà di fronte a un dilemma insormontabile: applicare la legge con la spada della giustizia o ascoltare il cuore che implora misericordia per chi ha peccato, in una battaglia tra il destino che un sistema rigido vuole tracciare e la libertà di scelta che un gesto di compassione può riscrivere.
Il concetto di giustizia è da sempre un pilastro fondamentale delle società umane, una costante che ha ispirato le leggi, le istituzioni e le pratiche giuridiche attraverso i secoli. Sebbene tradizionalmente la giustizia sia stata intesa come l’applicazione rigida delle leggi, con particolare enfasi sulla punizione dei trasgressori, una riflessione più profonda rivela che il concetto di giustizia si intreccia in modo indissolubile con quello di misericordia. La misericordia, lungi dall’essere solo un sentimento di compassione, ha un valore etico e giuridico che consente alla giustizia di assumere una dimensione più umana, più sensibile alle particolarità di ogni caso. Questo articolo si propone di esplorare la complessità della relazione tra giustizia e misericordia, analizzando come queste due forze si siano evolute nel corso della storia, influenzando il pensiero filosofico e le politiche giuridiche.
Per comprendere appieno la relazione tra giustizia e misericordia, è fondamentale partire dalle riflessioni dei filosofi greci, i quali hanno posto le basi delle nostre concezioni giuridiche. Platone, nel suo dialogo La Repubblica, offre una visione della giustizia che non è mai un concetto univoco, ma una virtù che si realizza solo quando ogni individuo svolge il proprio ruolo all’interno della società, senza interferire con quello degli altri. Platone scrive che “La giustizia è fare il proprio mestiere e non intromettersi in quello degli altri” (La Repubblica, 433a). In altre parole, la giustizia, per Platone, è legata all’armonia sociale, un principio che mira a garantire l’ordine naturale della società. La giustizia è, dunque, una legge universale che va applicata a tutti senza eccezione, senza tenere conto delle circostanze particolari dei singoli individui.
Tuttavia, una visione più complessa della giustizia emerge nelle riflessioni di Aristotele. Nella sua Etica Nicomachea, Aristotele distingue tra giustizia distributiva e giustizia correttiva. La giustizia distributiva concerne la distribuzione delle risorse in base al merito e ai bisogni, mentre la giustizia correttiva riguarda la punizione dei trasgressori. Aristotele afferma che “La giustizia non è soltanto la somma delle azioni rette, ma è anche la disposizione a vivere secondo ragione” (Etica Nicomachea, V, 3). Per Aristotele, la giustizia non è solo un principio di equità universale, ma implica una valutazione delle singole circostanze, considerando il contesto e le specifiche situazioni in cui si trovano gli individui. Questa visione, più sfumata rispetto a quella platonica, pone le basi per quello che oggi chiamiamo “giustizia sostanziale”, ovvero una giustizia che non si limita a una mera applicazione formale della legge, ma che tiene conto delle particolarità di ogni caso.
Il pensiero di Aristotele prepara così il terreno per una riflessione più profonda sul concetto di giustizia, che includerà anche la dimensione della misericordia. Sebbene la giustizia aristotelica non menzioni esplicitamente la misericordia, il suo concetto di giustizia correttiva suggerisce che, in determinate circostanze, la severità della punizione potrebbe essere attenuata da una considerazione delle motivazioni e delle circostanze che hanno spinto un individuo a commettere un atto ingiusto. In questo modo, la misericordia si inserisce come una possibilità di temperare la giustizia, conferendo un’ulteriore dimensione etica alla riflessione aristotelica.
La relazione tra giustizia e misericordia assume una nuova prospettiva nel pensiero cristiano medievale. In particolare, il pensiero di Tommaso d’Aquino, che esamina il rapporto tra giustizia divina e misericordia nella sua Somma Teologica, ha avuto un impatto duraturo. Tommaso d’Aquino, infatti, non vede la misericordia come un contrapposto della giustizia, ma come una sua dimensione complementare. Scrive nella Somma Teologica che “La misericordia è una passione che si muove verso il dolore di un altro e porta a un desiderio di alleviare quella sofferenza” (Somma Teologica, II-II, Q. 30, art. 2). Per Aquino, la giustizia divina premia i giusti e punisce i peccatori, ma la misericordia interviene per perdonare e curare le ferite causate dal peccato. La misericordia non elimina la giustizia, ma la completa, offrendo una possibilità di redenzione per chi si pente e cerca il perdono.
Nel contesto giuridico, questa visione della misericordia ha avuto ripercussioni notevoli. Se la giustizia si occupa di mantenere l’ordine e punire i malvagi, la misericordia è vista come una qualità che favorisce il recupero delle persone attraverso il perdono e l’aiuto. La misericordia, in questa concezione, diventa essenziale in un sistema giuridico che non si limiti al semplice rigore, ma che guardi alle possibilità di cambiamento, perdono e riabilitazione. Senza la misericordia, la giustizia rischia di diventare insensibile alle fragilità umane e alle circostanze particolari che possono influenzare le azioni di un individuo.
Nel pensiero moderno, il rapporto tra giustizia e misericordia si fa sempre più complesso. Immanuel Kant, nel suo lavoro Fondamento della Metafisica dei Costumi, propone una visione rigorosa della giustizia che si fonda sull’imperativo categorico, un principio di universalità e imparzialità. Kant afferma che “Agisci solo secondo quella massima che tu puoi al tempo stesso volere che diventi una legge universale” (Fondamento della Metafisica dei Costumi, 1785). Per Kant, la giustizia è legata all’obbligo morale di rispettare le leggi, senza eccezioni. Ogni deviazione dalla legge minerebbe l’universalità e l’imparzialità della sua applicazione, e per questo la misericordia, in quanto atto di discrezionalità, non può essere parte integrante di un sistema giuridico basato sulla pura razionalità.
Tuttavia, Kant riconosce che ci possono essere circostanze in cui la severità della legge può risultare ingiusta, e in questi casi la misericordia potrebbe servire a temperare le conseguenze di una punizione troppo severa. Nonostante Kant non consideri la misericordia una componente fondamentale del sistema giuridico, ammette che, in alcuni contesti, essa possa intervenire per alleviare le pene. Ciò solleva una questione cruciale: in che misura la giustizia può essere davvero universale e imparziale se non tiene conto delle particolarità della condizione umana? Se la legge è giusta solo in quanto applicata con imparzialità, allora non esiste una vera giustizia se essa non si adatta alle circostanze individuali.
Anche John Rawls, nella sua Teoria della Giustizia, esplora una concezione della giustizia che tenta di conciliare equità e considerazioni particolari. Nel suo modello di “giustizia come equità”, Rawls sostiene che le istituzioni devono garantire pari opportunità per tutti i cittadini, accettando disuguaglianze solo se queste risultano a beneficio dei più svantaggiati. Sebbene Rawls non si soffermi esplicitamente sulla misericordia, il suo “principio della differenza” implica una giustizia che riconosce le disuguaglianze sociali e le circostanze particolari. La giustizia, quindi, deve essere equa, ma non impersonale: deve riconoscere e adattarsi alle differenti condizioni degli individui.
Oggi, nella giustizia penale, l’integrazione tra giustizia e misericordia è sempre più evidente, specialmente con il crescente interesse per la giustizia riparativa. La giustizia penale, infatti, si è evoluta da un sistema che puniva in modo esclusivo a un sistema che mira anche a riabilitare e reintegrare il reo. La giustizia riparativa, in particolare, cerca di riparare il danno causato dal crimine, riconoscendo le sofferenze della vittima, ma anche dando al colpevole la possibilità di cambiare, di chiedere perdono e di reintegrarsi nella società. In questo contesto, la misericordia non è vista come un’eccezione alla giustizia, ma come una sua componente fondamentale. La giustizia riparativa riconosce che, pur essendo necessario che il colpevole paghi per il suo crimine, è altrettanto importante che egli abbia l’opportunità di redenzione e riabilitazione.
Un esempio significativo di come la misericordia sia applicata nella giustizia contemporanea è rappresentato dai programmi di educazione e lavoro all’interno delle carceri. Tali programmi non si limitano a punire, ma cercano di rieducare i detenuti, fornendo loro le competenze necessarie per reintegrarsi nella società. In questo modo, la giustizia non è più solo punitiva, ma inclusiva e trasformativa. La giustizia, in questo contesto, diventa un processo di guarigione, dove la misericordia è vista come il riconoscimento della possibilità di cambiamento e di miglioramento dell’individuo.
La giustizia e la misericordia, lungi dall’essere concetti opposti, sono due forze che si completano e si rafforzano a vicenda. Una giustizia che non consideri la possibilità di perdono rischia di diventare un sistema freddo, insensibile alle realtà individuali e incapace di rispondere alle complesse necessità della condizione umana. Allo stesso modo, una misericordia che non si basi su una giustizia rigorosa e imparziale potrebbe portare a ingiustizie sociali e disuguaglianze. La vera giustizia, dunque, è quella che integra la misericordia, permettendo un equilibrio tra rigore e umanità, tra universalità e attenzione alle circostanze individuali.
In ultima analisi, la giustizia che riconosce la misericordia è una giustizia capace di rispondere alle difficoltà e alle sofferenze degli individui senza mai perdere di vista l’importanza di mantenere l’equità e l’ordine sociale. La sintesi tra giustizia e misericordia non è solo una questione filosofica, ma anche una sfida concreta per la nostra società e il nostro sistema giuridico. Una giustizia che sappia integrare la misericordia è una giustizia che riconosce l’intrinseca complessità della condizione umana e che può guidarci verso una società più giusta, equa e capace di affrontare le sfide del futuro.