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Un ricordo di Benigno Zaccagnini: “la Politica come Servizio”.

        Nel XXX ANNIVERSARIO dalla SUA SCOMPARSA,
un’
 analisi di FRANCO D’EMILIO
 

Tra pochi giorni saranno trascorsi trent’anni dalla morte di Benigno Zaccagnini, leader ed esponente di spicco della Democrazia Cristiana, scomparsa avvenuta, appunto, il 5 novembre 1989 a Ravenna.
Eppure, ancora di più nell’attuale povertà della cultura e della politica italiana, restano un grande esempio la statura umana e morale, lo spessore politico del cattolico faentino Zaccagnini, il medico pediatra con la passione per la politica, sempre intesa, vissuta come servizio da svolgersi con preparazione e competenze, con coraggio, ma senso della misura, infine con fede incrollabile nei valori della libertà e della democrazia.

Non a caso nel 2005 lo scrittore Nerino Rossi, ripercorrendo col suo romanzo “Il posto dei papaveri”, prefazione di Pier Ferdinando Casini, la storia degli uomini della Prima Repubblica, meritevoli di aver tratto l’Italia fuori dalla povertà del secondo dopoguerra sino a farne una delle maggiori potenze industriali al mondo, affiancò il nostro caro romagnolo alle figure di La Pira e Fanfani, Bonomi e Mattei, Nenni, Colombo e Moro ed altre ancora, degne di memoria storica.
Un incredibile novero di protagonisti, alcuni dei quali padri costituenti come Zaccagnini, che sino all’inizio anni ’70 dette radici alla libertà e alla democrazia, riconquistate dopo la dittatura, sospingendo l’Italia verso la crescita economica e sociale, anche attraverso le contraddizioni, le lacerazioni di una moderna società industriale, sempre in trasformazione e più celere rispetto ai tempi della politica.
Benigno Zaccagnini fu protagonista di una fondamentale, lunga stagione politica della DC, espressione di una classe dirigente cattolica, radicata nella cultura popolare, poi fortemente ancorata alla libertà e alla pratica democratica, infine incline alla composizione dei conflitti sociali, pur nell’impegno primario della solidarietà verso i più deboli. Benigno fu un fermo democratico, rigoroso nella coerenza e nell’onestà dei suoi principi, nemico del terrorismo al pari del suo precedente impegno contro il nazifascismo: per questo fu drammatico il suo ruolo di segretario DC durante il sequestro e l’assassinio di Moro, trovandosi combattuto tra la difesa  delle istituzioni democratiche del paese e la salvezza del fraterno amico.

Ancora Zaccagnini va ricordato quale tenace sostenitore del ruolo dei partiti nella vita politica, tanto da impegnare la sua segreteria in un progetto di vasto rinnovamento della DC sul piano culturale, politico, ma, soprattutto, su quello dei valori morali; importante, quasi una sua invenzione, la cosiddetta “apertura agli esterni” del partito. Benigno credeva e difendeva i partiti, ritenendoli i soli, reali strumenti per assicurare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, quindi collegare società ed istituzioni e, a tal fine, esprimere capacità progettuali e indirizzi politici. Solidarietà e pace furono per lui oggetto di continua attenzione e ricerca, con largo anticipo seppe intravedere le difficoltà future del processo di globalizzazione.

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Di Zaccagnini resta l’esempio di un uomo semplice e schietto, schivo, lontano da ogni protagonismo, dalla politica personalizzata fino allo spettacolo; per lui impegno politico voleva dire rispondere ai problemi della gente, per questo privilegiava ideali che ispirassero progetti e soluzioni: insomma era convinto che la buona politica vada testimoniata, mai sbandierata a vanvera o mediocremente esibita.

Lo ricordiamo, così, uomo di pace e di grandi pensieri.

 

 


Foto autore articolo

Franco D’Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell’Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali
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