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Un tema scolastico di Benito Mussolini,
studente nella Scuola Normale di Forlimpopoli

Un “insolito documento” custodito nell’Archivio di Stato di Forlì

_____________________FRANCO D’EMILIO

Da tempo intendevo proporre agli appassionati di storia – per fortuna davvero tanti, ma anche ai soli curiosi in cerca di novità, cose insolite o particolari – un documento archivistico di notevole valore storico perché relativo ad un protagonista molto discusso, “ingombrante” della storia italiana e mondiale del ‘900, quale, appunto, risulta tuttora Benito Mussolini.
Si tratta di un documento scolastico, riconducibile alla frequenza dal 1898 al 1901 della Regia Scuola Normale di Forlimpopoli (vds. foto di apertura), di seguito in una foto, da parte del giovane Benito.

Gli Istituti Magistrali, scuole medie superiori per la formazione degli insegnanti elementari non esistevano ancora nel nostro sistema scolastico; infatti sarebbero stati introdotti solo nel 1923 con la Riforma della Scuola ad opera di Giovanni Gentile, primo vero e sistematico ordinamento dell’istruzione italiana.
Quindi la formazione dei futuri maestri avveniva in una sorta di scuole di formazione professionale, dette appunto Regie Scuole Normali, distinte tra femminili e maschili: una di queste, appunto maschile, si trovava a Forlimpopoli, diretta, fra l’altro, da Valfredo Carducci, qui in uno sbiadito ritratto, fratello del grande Giosuè.

In realtà, a Forlimpopoli Benito Mussolini (Predappio, 29 luglio1883 – Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945), del quale seguono due ritratti giovanili, uno quindicenne, l’altro prossimo ai 26 anni, rimase dal 1894 al 1901, svolgendovi gran parte della sua carriera scolastica, così riassumibile: 1894-’95 completamento delle elementari; dal 1895 al’98 frequenza del triennio della scuola tecnica inferiore; infine, dal 1898  frequenza del triennio della Regia Scuola Normale con il conseguimento in data 8 luglio 1901, ventuno giorni prima del 18° compleanno, della patente abilitante all’insegnamento, tanto da inoltrare subito domanda di assunzione presso la scuola elementare di Castelnuovo Scrivia in provincia di Alessandria. Di questo periodo forlimpopolese Mussolini trascorre i primi anni nel convitto, gestito dallo stesso Comune di Forlimpopoli, altri, invece, come allievo esterno e l’ultimo anno, da “normalista”, di nuovo come convittore.                                

Il documento scolastico, qui proposto, è un tema di pedagogia sulla classificazione scolastica, svolto da Mussolini durante la seconda classe della Regia Scuola Normale, 1899-1900, conseguendo l’ottima votazione di 9.
Di questa prova di Benito non ancora diciassettenne, scritta sulle quattro facciate di un foglio protocollo, offro, a tutela dell’originale, solo la fotografia della prima facciata, ma riporto di seguito, per una lettura più agevole, l’intera trascrizione del testo.
Come si vede nella foto, il documento è stato maldestramente rimesso assieme utilizzando nastro adesivo trasparente, la cui colla col tempo ha macchiato la carta: tutto questo, con molta probabilità, per riparare ad un atto vandalico di evidente contrarietà politica, eufemisticamente chiamiamola così, che ha stracciato il foglio in quattro parti.
Se nulla è mutato da quando scattai la foto, spero che presto si provveda al recupero di tale documento, la cui spesa di restauro non è certamente particolarmente onerosa. Assieme ad altri documenti, riguardanti la carriera scolastica del futuro Duce, il tema di pedagogia, di seguito trascritto, si colloca nel fascicolo n. 106/B della busta n. 104 della Prefettura di Forlì, Gabinetto (1859-1923), fondo archivistico custodito dall’Archivio di Stato di Forlì.

Sicuramente si tratta di materiale documentario interessante per comprendere come le vicende scolastiche, fatte di studio, pagelle ed esami, meriti e difetti, e, perché no, pure di vacanze, assolvano l’importante ruolo di sviluppare il giudizio critico sul mondo e la vita anche in un giovane, destinato a diventare protagonista della storia.
Soprattutto è un fascicolo che fa intendere l’anticipato passaggio di Mussolini dall’adolescenza all’età matura, raccontando, fra l’altro, le ansie e le umiliazioni, le intemperanze e le aspirazioni, il desiderio di riscatto del giovane predappiese, segnato dalla povertà familiare, quindi dalla disuguaglianza sociale.
Questo svolgimento di pedagogia sul tema Della classificazione rivela un Benito studente molto preparato, riflessivo, capace di argomentare con notevole consequenzialità logica, capacità analitica e propositiva: così il giovane Mussolini delinea il ruolo efficace del maestro rispetto all’alunno; chiarisce la diversità tra l’ambito familiare e quello scolastico nella formazione del bambino; discute del rapporto tra classificazione, merito e premio; coglie nella scuola il peso della disparità sociale tra ricchezza e povertà; anticipa, auspica l’istituzione della refezione scolastica. Insomma, un documento che oggettivamente vale leggere senza aprioristica avversione.

 

                                       – “Della classificazione”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Quello che caratterizza l’educazione materna e la distingue dalla scolastica è l’assoluta libertà di agire che gode il bambino, entro una cerchia limitata. Sarebbe desiderabile che anche nelle nostre scuole egli godesse di questa libertà relativa, ma altre ragioni di grande importanza ci impongono di abituare il fanciullo ad una ragionata disciplina, perché la scuola non si può paragonare ad una famiglia, bensì ad una piccola società che ha leggi speciali alle quali ogni discepolo deve sottoporsi.

Però bisogna andare molto cauti e cercar di abituare il fanciullo, un po’ alla volta alla disciplina. Non bisogna prendere i principi in modo assoluto tanto da paragonare il maestro ad un padre anomalo. Guai se il maestro si lasciasse condurre solamente dall’affetto: chè se questo dev’essere la base educativa, non deve riguardarsi però come l’unico direttivo. Il maestro più che un padre è un giudice imparziale, punisce quando l’occorre e premia.

Il premio, secondo me, non dovrebbe consistere esclusivamente nella parata finale, ma deve essere dato diurnamente dal solerte educatore e con un sorriso, prova di intenso compiacimento, e col dono di un libro e colla classificazione. Io vorrei, e la sana didattica conforta la mia tesi, che ogni sforzo mentale, quindi ogni prodotto intellettuale dell’allievo, fosse classificato. E questo senza alcuna pretesa di volere con una cifra computare le forze intellettive, ma bensì per mostrare all’alunno come ogni compito suo abbia il riscontro da parte del maestro, e per maggiormente mettere in vista quanto gli resta a fare per compiere il suo dovere.

La classificazione è un incentivo per lo sviluppo dell’emulazione, la quale a sua volta, (come scrive l’illustre pedagogista francese *Compayré) è la molla dell’educazione. Il voto assegnato con giusto criterio più che sia possibile, mette in evidenza all’allievo quanto ha raggiunto e quanto ancora deve raggiungere e lo incita quindi a raddoppiare il lavoro per arrivare all’agognata meta. La classificazione farà sorgere nel bambino un po’ della tabe dell’atavismo egoistico e appunto perché non ha ancora l’idea del dovere e perché non ha ben costituita la forma volitiva; ma d’altra parte noi sappiamo che è quella la sola via da tenersi, inquantoché il voto per l’opera dell’educatore deve man mano rendersi alcunché d’immateriale almeno nell’intima essenza sua; e non deve più solleticare vanità, ma deve porgere un valido aiuto per la importantissima formazione dell’auto coscienza. La classificazione consegue pieno successo quando è data con criteri tassativi; quando non si classifica l’ingegno (alla memoria) che è dono di pochi, ma la buona volontà che si può e si deve ottenere da tutti.

Sia cauto però il maestro, stante la scuola odierna, nel classificare. Poiché la classificazione che in un regime veramente educativo deve essere prescritta, diventa nella scuola dell’oggi fomentatrice d’ingiustizie e d’altri mali. Ma dal momento che il maestro è obbligato dagli stessi programmi e regolamenti governativi a classificare, abbia però norme che lo guidino nell’arduo sentiero. Tenga adunque conto, il maestro, delle speciali condizioni fisio-psicologiche degli allievi; dell’ambiente ove il fanciullo passa la maggior parte della giornata; e non dimentichi soprattutto che, stante la disuguaglianza sociale, il prodotto intellettivo dell’allievo povero è più scarso del prodotto dell’allievo ricco, non per profonde diversità nelle forze mentali, ma puramente perché il povero trova nell’ambiente domestico non la pace, ma la discordia, non il pane, ma il rimasuglio gittato dalla carità borghese; mentre il fanciullo ricco non conosce gli affanni e il digiuno e gode invece di tutti quei comodi che fanno cara la vita.

Queste cose deve pensare il maestro quando classifica, se vuole tendere almeno a classificare secondo una larva di giustizia. Ma quando la refezione scolastica sarà istituita in tutte le scuole, quando verrà allungato l’orario e tutti i fanciulli, quindi, faranno i compiti nelle identiche condizioni fisio-psichiche, allora il maestro potrà dire di classificare giustamente e la classificazione assumerà grande importanza pel raggiungimento dell’educatività. I maestri cerchino adunque con sapienti cautele e seguendo le sane norme del rescritto pedagogico di avvicinarsi nella classificazione (per quanto lo consente l’odierna organizzazione della scuola) alla auspicata meta.

                          Mussolini Benito, II^ classe, anno 1900: voto 9/10

 

 

 

 

 

 

 

 


Foto autore articolo

Franco D’Emilio

Storico, narratore, una lunga carriera da funzionario tecnico scientifico nell’Amministrazione del Ministero per i beni e le atiività culturali
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