Venezuela: una analisi di Jorge Arreaza
– Ministro degli Esteri Venezuelano
LA REPUBBLICA BOLIVARIANA
– epicentro della disputa storica
Un intervento di JORGE ARREAZA – Ministro degli Esteri Venezuelano (*1)
- A livello economico, attraverso l’attacco dei settori capitalisti nazionali, in combinazione con il blocco commerciale feroce e disumano imposto dall’amministrazione Trump;
- La guerra mediatica, che parte dalla creazione di false matrici per screditare le istituzioni venezuelane e confondere l’opinione pubblica mondiale;
- La guerra sul campo attraverso le agenzie di intelligence di paesi stranieri che agiscono per alimentare le cospirazioni militari, comprare le coscienze, organizzare e formare gruppi armati per attentare contro la pace del paese;
- Il fronte ideologico, che ha rispolverato la anacronistica Dottrina Monroe e le più banali argomentazioni antisocialiste della guerra fredda, in una sorta di maccartismo del XXI secolo, attraverso l’attacco sistematico ai modelli di socialismo democratico che ha come scopo provocare il loro fallimento e confrontarli con il capitalismo selvaggio neoliberale “di successo”;
- Infine, il fronte politico diplomatico internazionale dove la burocrazia del Dipartimento di Stato, che si appoggia su altre agenzie come il Dipartimento del Tesoro, della Difesa e sui consiglieri della Sicurezza, si è diffusa in uno sperpero anti-diplomatico, per fare pressione, estorcere e tentare, con ogni mezzo, di isolare lo Stato venezuelano dal sistema internazionale, sia nelle entità multilaterali, sia nelle capitali di praticamente tutti i paesi del pianeta.
Capire il conflitto storico
Non è possibile analizzare la realtà sociopolitica del Venezuela senza comprendere la radice del conflitto storico in corso. Da un lato, bisogna considerare che la nostra America Latina e i Caraibi sono un continente in disputa perenne. A partire dal XVIII secolo, molto prima di instaurare le note dottrine di dominio annessionista, i “padri fondatori” degli Stati Uniti già affermavano che, una volta che la popolazione sarebbe cresciuta a sufficienza, avrebbero strappato alla corona spagnola i domini nella America ispanica, uno per uno. Sebbene il paese nordamericano abbia combattuto per la propria indipendenza contro l’impero inglese, non sostenne mai i processi di indipendenza delle colonie spagnole, simili alle loro, almeno in linea di principio. Già allora, a Washington non volevano vedere la nascita di popoli liberi, volevano conquistare l’intero continente ed esercitare il proprio dominio in quello che consideravano l’emisfero occidentale. La dottrina Monroe, il Destino Manifesto, il Corollario Roosevelt, i Sistemi Panamericani e Interamericani, i colpi di stato, le invasioni, gli interventi di tutti i tipi, le basi militari, la falsa lotta contro la droga, strappare territori direttamente e quant’altro: l’obiettivo è sempre stato lo stesso.
L’attuale capitolo della disputa
Dal mese di febbraio 2018, quando Washington ha dato l’ordine diretto alla delegazione venezuelana dell’opposizione di rifiutarsi di firmare l’accordo derivante dal processo di dialogo svolto nella Repubblica Dominicana per mesi, ha inizio questo capitolo della disputa storica, i cui seguiti li stiamo vivendo dal gennaio di quest’anno. Un colpo di stato in corso, con una minaccia perenne di invasione militare, nel bel mezzo di un blocco finanziario e commerciale selvaggio e criminale, i cui autori intellettuali e materiali ci mettono la faccia senza maschere. La responsabilità per i crimini contro il Venezuela è stata orgogliosamente rivendicata dai membri della stessa Amministrazione Trump: Donald Trump in prima persona, Mike Pence, John Bolton, Mike Pompeo, Elliott Abrams, Greg Faller, Marco Rubio; con l’assenso di alcuni “presidenti” e governi latinoamericani, che sono in realtà parti subordinate alla catena di comando della Casa Bianca e che cercano di trascinare la regione in questa guerra non convenzionale.
Mai prima d’ora i portavoce e funzionari di alto livello del governo americano si sono presentati apertamente e pubblicamente come i leader e i promotori di un colpo di stato, di un blocco e di minacce di guerra contro il Venezuela. Questo contrasta con il formato tradizionale dei colpi di stato e dei processi di destabilizzazione politica in America Latina e nei Caraibi, in cui, anche se la CIA e i governi degli Stati Uniti ne sono sempre stati gli autori intellettuali e i finanziatori, avevano mantenuto i modi e avevano spostato l’attenzione dei media sui militari o i politici delle élite borghesi dei nostri paesi, per non essere così evidenti.
Tra tutte le minacce e le dichiarazioni guerrafondaie del consigliere per la sicurezza, John Bolton, per tentare di strangolare il popolo venezuelano, far collassare l’economia e indurre un cambio di governo con la forza, risalta il riconoscimento dei veri scopi dell’assalto imperialista: le compagnie petrolifere statunitensi sono pronte a iniziare a produrre in Venezuela quando ci sarà un cambio di governo. Per completare la strategia, la borghesia venezuelana nell’Assemblea Nazionale non ha discusso una legislazione che fosse al servizio del popolo, ancora una volta si pone a favore di Washington nello sviluppo della disputa in corso e si dedica a discutere e approvare leggi per consentire alle multinazionali di sfruttare le risorse naturali per conto proprio, contravvenendo alla Costituzione nazionale; inoltre lavorano affinché il Venezuela si ricongiunga ai vecchi meccanismi di cooperazione militare con gli Stati Uniti, per facilitare l’intervento militare imperialista; costantemente richiedono l’imposizione di misure più restrittive, le cosiddette sanzioni, contro le istituzioni finanziarie e industriali dello Stato venezuelano per limitare la capacità istituzionali e agevolare il blocco criminale contro l’economia e tutto il popolo venezuelano.
Anche se la guerra totale contro il Venezuela è in pieno sviluppo, l’aggressione imperialista sta dando dei passi falsi e si muove goffamente, di fallimento in fallimento, sottovalutando il popolo venezuelano e il suo desiderio di indipendenza e libertà. La Rivoluzione Bolivariana non è un partito o una coalizione di partito di circostanza, non dipende né risponde a nessun potere economico o corporazione, né tanto meno una casta burocratica aggrappata al potere. La Rivoluzione è un fenomeno sociopolitico, culturale, che ha il sostegno incessante delle maggioranze tradizionalmente escluse dal processo decisionale, le cui radici si afferrano nelle profondità dell’identità storica del popolo venezuelano. Non esiste, né esisterà, impero, per quanto potente, capace di cancellare dalla faccia della terra, un corpo e un processo sociale così radicati come il Chavismo. Nonostante tutte le campagne più perverse di discredito che possano utilizzare, nonostante tutto l’odio politico che intendono generare, nonostante tutte le risorse che vorranno impiegare, nonostante tutte le minacce e l’imposizione di blocchi, sono destinati a fallire.
Il dialogo per creare meccanismi di gestione del conflitto
È tra cittadini venezuelani, tra la borghesia e i suoi rappresentanti, nonostante tutte le differenze, che dobbiamo progettare e sviluppare meccanismi per la gestione di tale disputa storica, per raggiungere accordi di coesistenza e convivenza per avanzare nella regolarizzazione di questo conflitto per il controllo e il futuro della ricchezza nazionale e il protagonismo o l’invisibilità delle maggioranze. Accordi che, senza ignorare le differenze e il processo di lotta sottostante, proteggano la pace e l’indipendenza nazionali, allontanando per sempre le minacce militari (esterne o interne) e gli attacchi imperialisti contro la nostra economia. Accordi che consentano all’apparato produttivo e al sistema di sicurezza sociale di funzionare, senza soffrire le conseguenze dell’ambizione capitalista di controllare il destino del paese. Che i venezuelani possano studiare, lavorare e sentire che i loro diritti sociali sono garantiti e democratizzati, senza tensioni e congiunture imposte per influenzare la vita in società.
Deve essere il Popolo, liberamente, a decidere e scegliere, la via da seguire, in condizioni di rispetto della propria sovranità. In tutte le sfide elettorali a venire, la borghesia dovrà essere libera di presentare la sua proposta di economia neoliberale e privatizzazioni senza complessi. Che il popolo abbia la possibilità di valutare e contrastare il progetto socialista, senza ingerenze, senza guerre imminenti, senza menzogne e false dichiarazioni. Come disse il Libertador: “Ho prove inconfutabili della saggezza popolare nella risoluzione delle grandi scelte; ed è per questo che ho sempre preferito le opinioni del popolo a quelle dei saggi”. Mentre la rivoluzione bolivariana è al potere, il popolo avrà sempre la prima e l’ultima parola nel definire il percorso e il destino della nostra società.
Abbiamo intrapreso processi di dialogo politico con l’opposizione nel 2014, 2016, 2017, 2018 e ora nel 2019. I colloqui sono stati mantenuti nonostante la violenza politica, l’ingerenza protagonista di Washington nelle cospirazioni continue e nelle reazioni di Stato di fronte l’aggressione. Affinché la comprensione dia dei risultati superiori e reali, le parti devono capire e partire dalla natura strutturale, permanente di questa lotta a cui abbiamo fatto riferimento, e contribuire alla costruzione e alla protezione dei meccanismi politici necessari a raggiungere accordi saldi nonostante le differenze, a volte inconciliabili. Coloro che puntato su un dialogo semplice e utilitario per beneficiare gli aggressori, o coloro che hanno un interesse nella guerra, o in un processo per rimuovere un gruppo dal potere o negare all’altro l’accesso, sbagliano ancora una volta il percorso e la strategia, senza considerare le forze profonde e le contraddizioni radicali che hanno definito l’evoluzione e l’interazione politica negli ultimi tempi.
Non è solo con una firma, un’elezione puntuale o un accordo istruttivo parziale che tali differenze vengono appianate e viene garantita la pace duratura. La soluzione potrebbe includere opzioni e accordi ma non la definiscono o la limitano. Siamo in grado di vedere molto più lontano. Di alzare la posta in gioco, di essere all’altezza della storia e del futuro. Dobbiamo fare politica partendo dalla realtà concreta, dalle nostre posizioni ideologiche ma avendo come obiettivo lo sviluppo umano, la meta bolivariana della massima somma di felicità possibile. La soluzione deve condurci a un meccanismo permanente e flessibile di gestione del conflitto storico che ci ha segnato e ci segnerà per decenni.
Il presidente Nicolás Maduro non si stancherà di muoversi per le vie del dialogo ma non per cercare di superare un ostacolo congiunturale o di circostanze specifiche, ma per ampliare l’orizzonte di pace e di prosperità attraverso la creazione di canali e metodi stabili di dialogo sociale, politico ed economico, con i partiti dell’opposizione, con la classe operaia, con il potere popolare, con le forze produttive. Avviciniamoci per riconoscerci, comprenderci e rispettarci reciprocamente nelle nostre differenze e coincidenze. Non dobbiamo temere la contraddizione che ha scatenato gli eventi del nostro futuro. Non ignoriamola, non sottovalutiamola non lasciamola da parte. Comprendiamola con coraggio e intelligenza e impariamo a gestire nei prossimi decenni questo conflitto costitutivo, questa disputa onnipresente, che ci domina, con la saggezza e la maturità che ci esigono il popolo del Venezuela, i Popoli della Nostra America, i popoli in lotta che resistono e hanno il diritto di vivere in pace, in condizioni di libertà e uguaglianza. Ovvero, hanno il diritto di vincere.
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(*1) – NOTE A MARGINE
Abbiamo pubblicato oggi, Domenica 30 giugno, questa ponderosa analisi sui contrasti da tempo esistenti tra il Venezuela e gli U.S.A., situazione che ultimamente ha registrato l’acuirsi di una tensione notevole e preoccupante. Tale analisi – a firma di Josè Arreaza, responsabile del Ministero del Potere Popolare per gli Affari Esteri – ci è pervenuta dall’ Ambasciata della Repubblica Venezuelana di Roma, con cui la Consul Press è da molti anni in contatto.
Al riguardo, desideriamo precisare come tutte le volte in cui abbiamo autonomamente ritenuto di condividere determinate posizioni, anche se difficili, la nostra Agenzia Giornalistica si è sempre schierata a favore sia del Popolo e sia del Governo Venezuelano, comunque distanziandosi e differenziandosi dal “coro di una certa sinistra” – a nostro giudizio – falsa, opportunistica e poco credibile.
La Consul Press, infatti, pur se non organicamente collegata con alcun “partito”, ha una propria “Linea Editoriale” ben determinata, decisamente “identitaria” e con notevoli affinità per quelle Idee che una volta venivano identificate come “Terza Via” o Terza Posizione”. E’ un tema che merita un maggior approfondimento, un ampio dibattito, una disamina a 360°, accantonando eventualmente le Ideologie ma non certo le proprie Idee o propri Valori di riferimento.
Pertanto questa “Testata” ripropone la propria disponibilità a collaborare coerentemente ed autonomamente con differenti Istituzioni, Fondazioni, Enti, Accademie e/o Associazioni, per tutta una serie di obiettivi totalmente condivisi od anche parzialmente condivisibili ___ G.M.