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Weltanschauung

NOI  CREDEVAMO…

 I tedeschi hanno un vocabolo particolare, Weltanschauung, per indicare la visione del mondo, la concezione della vita, il modo in cui ciascuno considera la propria esistenza e la propria posizione nella società. Questo termine, sul quale sono fiorite le più dotte dispute letterarie e filosofiche,  meriterebbe da parte nostra una seria riflessione per prendere coscienza di dove ci abbia condotto una classe politica indegna e cialtronesca, di affaristi farabutti e di beoti ignoranti, di accaparratori di privilegi, di sfruttatori del popolo, di ipocriti mentitori, di venduti agli interessi dei clan e delle lobby, di attaccati solo al proprio tornaconto, di imbonitori di un popolo di citrulli, di ricattatori con la promessa di un posto di lavoro, di nemici della nazione, dell’equità sociale, della giustizia, del risparmio, dei valori costituzionali.

Un romanzo apparso circa mezzo secolo fa “Noi credevamo” racconta il tramonto degli ideali di un rivoluzionario repubblicano che dopo aver partecipato alle battaglie risorgimentali ed aver sofferto la galera inflittagli dall’oppressore, una volta riacquistata la libertà constata amaramente che il paese, nato dal sangue e dai tanti sacrifici di veri patrioti, non è affatto quello per il quale ha lottato e che gli aneliti di vivere in una nazione libera, equa, giusta, solidale, moderna sono stati cancellati.

Così noi credevamo che dopo un secolo dalla disfatta di Caporetto l’Italia fosse in grado di fronteggiare situazioni di grave emergenza, come quella verificatasi nel cuore degli Appennini.

Senza nulla togliere al valore, alla abnegazione, al sacrificio personale dei soccorritori sul campo (Vigili del Fuoco, Forze Armate, Croce Rossa, Volontari, Soccorso Alpino, Protezione Civile ecc.) di fronte alla disperazione dei terremotati ed all’assenza dello Stato viene automatico fare paragoni. Qui non si tratta di guardare oltre confine, ma ricordare almeno le nostre passate capacità in epoche remote di fronte a calamità naturali ben più gravi, come il terremoto del Vulture del luglio 1930 che causò 1930 morti. Allora ci fu un impegno ed una dedizione al vertice del livello politico, amministrativo, burocratico istituzionale di tutt’altro spessore al quale il  Ministro Del Rio e il Commissario per il terremoto Errani non sarebbero degni nemmeno di allacciare le scarpe.

Allora era Ministro dei lavori pubblici tal Crollalanza che incaricato dopo 24 ore dalla calamità di far fronte all’emergenza con pieni poteri e tutte le competenze operative necessarie, decise immediatamente le tabelle di mobilitazione per il trasferimento nella zona sinistrata di tutti gli uffici del Genio Civile, del personale tecnico e delle attrezzature.

Nella stazione ferroviaria di Roma, fu allestito  in poche ore un treno speciale, completo di materiale di pronto intervento, di generi di conforto e di prime necessità, di tende complete, di ospedale da campo con medici, infermieri e attrezzature sanitarie e con ogni altro materiale ritenuto utile per la prima assistenza, sul quale prese posto il Ministro, insieme ai tecnici e al personale necessario, diretto all’epicentro della catastrofe.

Dopo aver fatto piantare le tende ed impostato le prime opere di assistenza, provvide a far arrivare tempestivamente sul posto, nei 30 giorni successivi altri treni al ritmo di due al giorno (che avevano la precedenza assoluta su ogni altro tipo di materiale rotabile), con i laterizi e tutti i materiali necessari per la ricostruzione.

Crollalanza non si allontanò mai dalla zona sinistrata, e spostandosi con quel treno (in cui viveva insieme all’ufficio tecnico) da una stazione all’altra seguì direttamente le opere di assistenza e di ricostruzione. Lavorando su schemi di progetti standardizzati fece realizzare la costruzione di casette antisismiche con il solo piano terra di due o tre stanze, e contemporaneamente riparare migliaia di abitazioni lesionate e ricoveri per il bestiame, perché potessero essere riconsegnate ai sinistrati prima dell’arrivo dell’inverno.

A soli tre mesi dal catastrofico sisma, nonostante i mezzi tecnologici relativamente antiquati di cui poteva disporre l’Italia del 1930, iniziò la consegna alle popolazioni della Campania, della Lucania e della Puglia di 3.746 case nuove e di 5.190 case riparate, completata in meno di due anni.

Così noi credevamo che dopo la terribile esperienza del terremoto dell’Aquila nel 2009 non sarebbero stati ripetuti gli stessi errori di assistenza ed invece constatiamo che a nulla sono serviti quei tanti morti, quelle sofferenze, quel disgregamento del tessuto sociale, delle attività artigianali e commerciali. Continuiamo oggi ad assistere sgomenti e con il cuore stretto alla disperazione di quei poveretti, rimasti senza casa, senza beni, che hanno visto sbriciolarsi in pochi istanti i sacrifici di una vita e morire nella sofferenza i loro animali rimasti all’addiaccio, senza ricoveri, senza cibo, né acqua.

Non ci voleva certo la fantasia di un marziano per immaginare che nel breve giro di qualche mese, l’Appennino sarebbe stato ricoperto, come ogni anno, dalla neve. Il non aver pensato subito a ricoveri di fortuna per proteggere il patrimonio zootecnico e quindi le attività economiche ad esso connesse è stato un delitto imputabile ai tanti politici e papaveri da passerella compreso il Ministro Martina.

Sull’onda dell’emozione per la magnitudine della sventura il popolo italiano ha reagito con un moto spontaneo di generosità versando piccole somme al numero solidale, o sul conto corrente bancario, credendo alla propaganda di regime che sarebbero finite in un aiuto subito in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto e da quelli successivi di ottobre. Nessuno è stato informato, e i media asserviti al Governo si sono ben guardati dal darne notizia, che con decreto legge del governo Renzi le donazioni al numero solidale e i versamenti sul conto corrente aperto dalla Protezione Civile presso il Monte Paschi di Siena (la culla di tutte le ruberie della politica) sarebbero confluiti nella contabilità speciale del Commissario straordinario Errani.

Noi credevamo che il Governo fosse ispirato ai principi di equità, di giustizia e di solidarietà come ripetono ad ogni occasione i vari personaggi da farsa degli inganni e che gli aiuti diretti di ciascuna famiglia italiana per oltre 24 milioni di euro sarebbero finiti immediatamente a favore diretto degli sventurati  terremotati e non avremmo mai immaginato che su quei fondi il Commissario al terremoto contasse per indire le gare della ricostruzione, cioè in favore degli amici degli amici ecc.

Ricapitolando il Governo ha trovato in un batti baleno 20 miliardi (ripetesi 20 miliardi) di euro per non far fallire il MPS scaricandone il conto su tutti i contribuenti e si è appropriato per finalità diverse da quanto fatto credere, dell’obolo offerto dal popolo ai più bisognosi.

Noi credevamo che i terremotati di agosto 2016 di Amatrice, dopo le solenni promesse fatte dal Capo dello Stato, dal Primo Ministro da tutte le altre autorità sempre in prima fila nelle parate non sarebbero stati lasciati soli e che avrebbero ricevuto le casette in legno entro ottobre. Invece abbiamo assistito all’abbandono  di quelle popolazioni e solo a gennaio 2017 alla deprimente cerimonia del sorteggio delle poche unità di case disponibili.

Noi credevamo di fronte all’esibizione televisiva della cerimonia funebre, fatta con tutti i crismi della ufficialità di Stato, come ripetuto costantemente dai mezzi di informazione, che almeno fosse risparmiata ai sopravvissuti la presa in giro di tanti personaggi che si sono aggirati tra le rovine come sciacalli e che hanno preteso il pagamento delle esequie.

Noi credevamo che la batosta del referendum ci avrebbe liberato definitivamente dalla cricca di Renzi e dei suoi amici (Boschi, Finocchiaro, Lotti, Orlando, Poletti, Martina, Del Rio ecc.). E invece  tutto l’assetto istituzionale è rimasto tale e quale con l’aggiunta di una grave torsione delle regole e del protocollo. La ex ministra Boschi, senza nessun titolo, era presente al Quirinale alla cerimonia del giuramento del Governo Gentiloni, come se fosse stata la padrona di casa.

Noi credevamo che la signorina avesse un minimo di pudore, dopo che la banca del papà aveva dilapidato i risparmi di una vita di tanti cittadini, ed invece come se nulla fosse ha avuto la stessa spudoratezza di Renzi che ancor oggi nega i fallimenti dei suoi tre anni di governo (semestre di presidenza europea sprecato in continui battibecchi con la Commissione, non aver sfruttato la eccezionale favorevole congiuntura del basso prezzo del petrolio e degli interessi sul debito scivolati sotto zero, della continua immissione di liquidità da parte della BCE, la riforma costituzionale bocciata dal popolo, la riforma della legge elettorale bocciata dalla Corte costituzionale, la riforma della pubblica amministrazione bocciata dal Consiglio di Sato, la riforma della scuola bocciata da professori e alunni, la riforma del jobs act sotto la spada di Damocle del referendum abrogativo ammesso dalla Corte costituzionale, l’eliminazione sulla carta delle province che continuano ad esistere con le stesse competenze e senza i fondi).

Noi abbiamo finito di credere

Torquato Cardilli